LETTERA DI PASQUA DELL’ABATE M. TIRIBILLI
TERZA ETÀ EVENTO PASQUALE
La Pasqua è la festa della “giovinezza”, ma della giovinezza dello Spirito.
Infatti, come scrive Paolo “ma se anche il nostro uomo esteriore si va
disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno” (2Cor 4,16).
L’invecchiamento è una fase della vita che presto o tardi
arriva per chiunque viva a lungo. Importante è viverla fecondamente. Senza
dubbio a essere più attrezzato spiritualmente a viverla in maniera appropriata
è soprattutto il monaco (o la monaca) che ha trascorso l’intera sua esistenza
nel silenzio di un chiostro, immerso nelle cose di Dio. Per è più che mai vero
ciò che scrive Paolo: “ma se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo,
quello interiore si rinnova di giorno in giorno” (2Cor 4,16).
Non stupisce pertanto che l’abate generale della
congregazione di S. Maria in Monteoliveto, dom Michelangelo Tiribilli, entrato
egli stesso da poco nella “terza età”, si sia sentito ispirato a scegliere
questo tema per la lettera pasquale ai confratelli della sua congregazione. A
convalidare questa scelta, inoltre, c’è anche il fatto che a tenergli compagnia
è circa il 25% dei suoi monaci. Attualmente, infatti, come egli stesso scrive,
l’età media nella congregazione, considerando solamente i 205 professi
perpetui, è di 65 anni, con 6 novantenni, e ben 26 ottantenni, 37 settantenni;
anche i sessantenni sono 37, seguono 33 cinquantenni, 38 quarantenni, 26
trentenni, 2 ventenni.
A tutti ha voluto presentare «con semplicità» alcune
considerazioni, nella convinzione che anche in monastero «l’anzianità, come
stato mentale, psicologico e spirituale, non s’improvvisa», ma è “un’arte” che
si impara poco alla volta.
“FARE NOSTRO
IL PASSAGGIO PASQUALE”
Quale il collegamento di questa tema con la Pasqua? «La
Pasqua, nel suo significato profondo, scrive l’abate, è festa del rinnovamento,
della giovinezza dello spirito, della ripresa, del ringiovanimento interiore;
in altre parole è una festa che accomuna tutte le stagioni della vita e invita
ciascuno di noi, qualunque età della vita stiamo vivendo, a partecipare e fare
nostro il passaggio pasquale: “dalla vecchiaia del peccato, dell’accidia, della
demotivazione alla giovinezza della grazia, della santità, della ripresa, della
rivitalizzazione; dall’essere spenti, demotivati al risveglio spirituale, al
dinamismo interiore... E anche l’anzianità, in particolare quella monastica,
può essere stagione feconda per la vitalità della persona e della comunità».
Dom Michelangelo cita a questo proposito Giovanni Paolo
II: «Gli anziani, con la saggezza e l’esperienza frutto di una vita, sono
entrati in una fase di grazia straordinaria, che apre loro inedite opportunità
di preghiera e di unione con Dio. Nuove energie spirituali sono loro concesse,
che essi sono chiamati a porre a servizio degli altri, facendo della propria
vita una fervente offerta al Signore» (Insegnamenti III, 1980).
Ora, prosegue la lettera, «ciò che lo stesso papa
scriveva per i laici anziani, vale anche a maggior ragione per noi monaci e
monache della terza età, vivendo noi perseveranti nella scuola del servizio del
Signore: “Il proprio ruolo nella Chiesa e nella società non conosce soste
dovute all’età, bensì conosce solo modi nuovi... L’ingresso nella terza età è
da considerarsi un privilegio: non solo perché non tutti hanno la fortuna di
raggiungere questo traguardo, ma anche e soprattutto perché questo è il periodo
delle possibilità concrete di riconsiderare meglio il passato, di conoscere e
vivere più profondamente il mistero pasquale, di divenire esempio nella Chiesa”
(Christifideles laici 48).
Traducendo con un vocabolo monastico quest’ultimo
concetto, possiamo dire che la terza età è il tempo della ruminatio. È l’occasione
propizia in cui far lentamente riaffiorare nella nostra preghiera le tante
verità sempre credute, ascoltate, eventualmente predicate, ma mai completamente
scoperte, come accade per tutto quello che riguarda il mistero di Dio, sempre
insondabile, con la capacità di provare anche lo stupore, come i “piccoli” del
Vangelo, di fronte a squarci nuovi di quelle verità, mai prima sospettati e
goduti».
LA STAGIONE
DEI FRUTTI
La terza età può essere paragonata all’autunno, che è la
stagione dei frutti. È una stagione della vita, sottolinea l’abate, che
«presenta doni da valorizzare, ricchezze da condividere, anche se non mancano
rischi da affrontare». Ma osserva: «Le vere rughe da combattere, se ci sono,
sono quelle interiori: malinconie, ansie, senso di inutilità, ripulsa
psicologica del processo di invecchiamento... L’anzianità ha una propria
fecondità, particolari risorse e numerose possibilità proprio nel contesto
della vita comunitaria; siatene consapevoli. ‘’Nella vecchiaia daranno ancora
frutti, saranno vegeti e rigogliosi” (Sal 91,15).
Può essere sotto certi aspetti l’età di un relativo
riposo, ma non della inerzia. Il consacrato anziano, anche se forzatamente
inoperoso per la gravità degli acciacchi, ha qualcosa di essenziale da dire, da
dare e da ricordare a tutti nella comunità, nella congregazione, con la sua
capacità di riflessione e la sua saggezza. Non solo, ma ha anche una
molteplicità di piccoli servizi da rendere... In ogni caso, in una comunità
monastica l’anziano non deve essere sentito come un problema: è una persona.
Rappresenta la memoria vivente delle radici del monastero ed è una specie di
“banca dati” della sua storia. Perciò, «è più che mai utile, in certi casi
necessario, sollecitare il fratello, la consorella anziani perché aprano lo scrigno,
dove sono custodite le loro memorie significative; e si avranno splendide
sorprese, oltre che gratificazioni e scoperte nuove. La presenza degli anziani
ha un grande valore nella vita comunitaria, soprattutto accanto ai più giovani.
Diversi monaci anziani veicolano valori monastici la cui
presenza risulta provvidenziale, soprattutto quando la comunità attraversa
momenti difficili. In certe situazioni di conflittualità tra l’abate e qualche
monaco, l’anziano secondo la sapiente e saggia visione di S. Benedetto, ha una
particolare funzione (RB 27,2).
Quanto è preziosa in una comunità la presenza di monaci
anziani, calmi, concilianti, tolleranti, che in modo delicato e prudente si
inseriscono in rapporti tesi fra confratelli, per smussare spigoli, levigare
asprezze, calmare ribollimenti».
IL TEMPO
DELL’AMORE PURO
«Per l’anziano, l’anziana, che si rendono disponibili, il
tempo della terza età apre loro la porta a nuove manifestazioni di equilibrio
personale, di fraternità; conservando il senso della misura, sanno chiedere con
discrezione, quasi con pudore, non sono pretenziosi.
Ci sono molte parole significative nei loro silenzi, e
molto silenzio nelle loro parole. Se poi vogliamo approfondire la missione del
monaco anziano, andare al cuore del ruolo del monaco, della monaca in età
avanzata, allora possiamo dire – e con fondamento – che questo è per loro il
tempo dell’amore puro.
Quando si spengono certe tensioni, si attutiscono certi
narcisismi, perché il cuore sta sperimentando in modo nuovo e intenso
esperienze spirituali, come la bellezza del silenzio, della solitudine
monastica, della sobrietà, dell’intimità con Dio, o meglio di un più
approfondito rapporto interiore con l’Amore trinitario, allora l’animo si
purifica in modo progressivo e il cuore cerca e trova ciò che è essenziale: si
accorge sperimentalmente che “la tua grazia, o Dio, vale più della vita, di
questa mia vita”... In una vita sempre meno pianificata da noi stessi, lo
Spirito può agire ancora più efficacemente; ove maggiore è l’impotenza umana,
lì si manifesta la misteriosa potenza della grazia divina».
«Carissimi fratelli e sorelle anziani – scrive l’abate –
siate sempre più consapevoli e convincetevi che non è mai l’ora di chiudere le
valigie, perché c’è sempre qualcosa di nuovo e di valido da metterci dentro,
anche nell’ultimo respiro di affidamento totale alla misericordia colma di
amore del Padre. Per noi credenti non esiste il viale del tramonto, perché il
nostro viaggio terreno sfocia nel giorno radioso senza tramonto».
MONACI ANZIANI
COSÌ E COSÌ...
Non si tratta comunque né di mitizzare i giovani, e
nemmeno di idealizzare gli anziani. In effetti «tutti abbiamo bisogno di
avanzare in una conversione permanente e dinamica usque in finem:.. Vi sono
volti di molti monaci anziani che riflettono serenità e una carica di
sentimenti positivi, mentre i visi di altri (in verità, pochi) lasciano
trasparire quasi un concentrato di frustrazioni mal digerite... di ferite
interiori mai volute cicatrizzare... che talvolta scaricano, magari inconsapevolmente,
sui più giovani; in qualche caso essi, più che confratelli, rischiano di
essere... “conflagelli”: li vediamo sovente controllori petulanti dei movimenti
e delle attività dell’abate e dei confratelli, diffusori dei “si dice”. Oppure
all’opposto, sono talvolta scontrosi e taciturni. Si fanno condizionare
dall’amarezza, se non dal rancore, perché volutamente prigionieri di eventi
tristi del loro passato, che nell’amore di Cristo sarebbe realisticamente
meglio azzerare... Come dice una famosa abbadessa italiana, madre Canopi: “I
monaci anziani dovrebbero potersi compiacere nel vedere realizzarsi nei giovani
le loro più belle e nobili aspirazioni, nel vedere magari fiorire su un’altra
pianta il fiore che non era sbocciato sui loro rami, nella loro stagione”».
«Scusate, prosegue l’abate, se mi permetto anche di
accennare ad alcuni difetti più vistosi, da cui noi anziani dobbiamo stare in
guardia o correggerci. Anzitutto l’abitudine di giudicare tutto e tutti, che si
accompagna alla sentenziosità antipatica, corrosiva; poi l’esagerata nostalgia
per il passato, che si trasforma nella intolleranza per il novum e per
qualsiasi cambiamento o modifica, anche i più prudenti e necessari (“si è
sempre fatto così”); inoltre l’incontentabilità invece di esprimere gratitudine
per attenzioni ricevute in merito alla cura della nostra salute.
Stando alla nostra Regola (3,3) non dovrebbero pretendere
di avere sempre il monopolio della saggezza.
Un passaggio pasquale appropriato ai monaci e alle
monache della terza età potrebbe, anzi dovrebbe essere questo: passare dai
ripiegamenti nostalgici alla speranza (cf. Lettera Natalizia 2006), dalle
mormorazioni alla benevolenza.
Qui potrebbe inserirsi il discorso sulla formazione alla
terza età, un’esigenza che riguarda tutti: monaci giovani e adulti, poiché la
formazione alla terza età comincia molto presto. L’anzianità, come stato
mentale, psicologico e spirituale, non s’improvvisa. È necessario prepararci e
disporci non solo ad accettare fino in fondo la legge inesorabile della
vecchiaia, che incombe e che inizia sempre più a mandare messaggi
inequivocabili, ma a vivere questo passaggio il più possibile come evento di
grazia sul piano spirituale, e come accettazione personale sul piano
psicologico.
Evento di grazia perché non solo il momento finale della
esistenza terrena, ma ancor prima l’invecchiamento, il progressivo deperimento
organico, la stessa eventuale infermità, non sono nella vita del discepolo
semplicemente un’ingiustizia del destino, ma la conseguenza di un dono ricevuto
prima e la possibilità d’imitare il Maestro “completando nel corpo ciò che
manca ai patimenti di Cristo per il suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24) )
Il confratello, la consorella, che imparano a invecchiare
serenamente, danno un contributo prezioso, anche se diverso, nella comunità a
cui continuano a offrire i grandi valori di cui sono portatori, in particolare
lo sguardo su ciò che è essenziale».
INVECCHIARE: VOCE
DEL VERBO... RINGIOVANIRE
«La Pasqua – esclama dom Michelangelo – che splendido evento
salvifico... Essa ci fa perfino vedere la vecchiaia dal versante giusto, dal
versante della Risurrezione... È il versante della speranza, che conferisce un
valore inedito al nostro vespro, alla nostra compieta della vita terrena.
La Pasqua di Cristo, nella quale siamo stati inseriti
esistenzialmente con il battesimo, è una giovinezza dinamica, che non finisce
mai...
Non c’è scetticismo che possa attenuarne l’esplosione di
quell’annunzio: “se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono
passate, ecco ne sono nate di nuove”. (2Cor 5,17).
A voi anziani dico: Cristo rivolge a tutti i suoi
discepoli, in tutte e a ogni fase della vita, la chiamata alla santità: Siate
dunque perfetti, come il Padre vostro che è nei cieli. Anche voi anziani, malgrado
il trascorrere degli anni che rischia di spegnere slanci ed entusiasmi, dovete
sentirvi più che mai interpellati a misurarvi con gli affascinanti orizzonti
della santità, superando con il sostegno della grazia, apatia e aridità...
facendo credito a un futuro che attende ancora molto da voi, da noi tutti.
Sentiamoci sempre incamminati in novità di vita verso
quei nuovi cieli e quella terra nuova, senza mai stancarci di credere
all’Amore, come fece l’ultracentenario apostolo Giovanni.
Invecchiare... Può essere pieno di vitalità, anzi è pieno
di vita questo verbo... Contiene passato-presente-futuro...
La Pasqua vi trovi giovanilmente inappagati del “già” e
protesi al “non ancora”...
Tutti insieme: giovani, adulti e anziani, eleviamo il
cantico pasquale della giovinezza e dell’età avanzata. I due cantici si fondino
nel cantico dell’ età adulta, come soave profumo d’incenso che sale sempre più
in alto».
La lettera termina con un augurio: «Ai confratelli e
consorelle della terza età auguro in particolare una incontenibile capacità di
“bene... dire”, dire bene della vita, della comunità, dei confratelli, della
congregazione, cosicché tutti quelli che vi avvicineranno, restino sorpresi da
tanta vostra freschezza, dalla vostra apertura, dalla vostra disponibilità di
pensare più agli altri che ai vostri limiti, ai vostri acciacchi, in una parola
dal vostro amore per tutti.
“Correvano insieme Pietro e Giovanni, ma l’altro
discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro” (Gv 20,4).
Miei carissimi coetanei e coetanee, certamente la velocità dei nostri passi è
più simile a quella trafelata dell’attempato Pietro, che a quella delle gambe
del giovane Giovanni, ma essi insieme sono entrati nel sepolcro vuoto...
Partecipiamo con i confratelli e le consorelle giovani e adulti attivamente
alla “corsa”, al cammino della nostra comunità verso l’approdo pasquale,
lasciandoci coinvolgere dalla galassia di suggestioni operative derivanti dalla
dinamica della Risurrezione.
Il Risorto vi illumini tutti di gioia e vi riempia di
fiducia! Con lui ce la faremo!».