V ASSEMBLEA DEL CELAM

NUOVO SLANCIO ALLA MISSIONE

 

La Chiesa dell’America latina si attende da questa Conferenza episcopale un rinnovato slancio alla missione. Giunge a questo appuntamento dopo tre anni di assidua preparazione. Nella giornata inaugurale, il 13 maggio, sarà presente anche il papa.

 

Ad Aparecida, piccola città brasiliana di circa 30.000 abitanti, situata nello stato di San Paolo, dove sorge il grande santuario nazionale mariano di Nostra Signora della Concezione (oltre 8 milioni di pellegrini ogni anno), gestito dai redentoristi, tutto è pronto per accogliere i rappresentanti alla V Conferenza generale dell’episcopato latino-americano (CELAM) che si svolgerà dal 13 al 31 maggio prossimo. Vi prenderanno parte 176 vescovi, arcivescovi e cardinali, compresi alcuni degli Stati Uniti, Canada, Spagna e Portogallo, 24 sacerdoti diocesani, 23 religiosi/e, 4 diaconi, 17 laici, 6 rappresentanti ecumenici e 5 membri di organizzazioni umanitarie che operano in America latina, oltre a 15 esperti di varie discipline.1

A inaugurare i lavori sarà lo stesso Benedetto XVI. Giungerà in Brasile qualche giorno prima e la domenica 13 maggio presiederà la messa di apertura nel santuario di Aparecida, proprio il giorno che ha un forte significato mariano, poiché coincide con i novant’anni della prima apparizione della Madonna di Fatima, nel lontano 1917.

La conferenza avrà come tema : Discepoli e missionari di Gesù Cristo, affinché le nostre popolazioni abbiano in lui la vita – Io sono la via, la verità e la vita. Popolazioni che da sole rappresentano il 43% dei cattolici del mondo, anche se il loro numero è continuamente eroso dall’avanzare delle sette; un fenomeno dilagante, soprattutto in Brasile, che la Conferenza dovrà avere ben presente; basti pensare che i cattolici di questo paese sono passati dall’83% nel 1991 all’attuale 65%, con una perdita di circa un punto all’anno.

La proposta di organizzare questa V Conferenza risale al 2001. Ad avanzarla furono i vescovi riuniti per la XXVIII Assemblea Ordinaria del CELAM inoltrandola quindi al papa. Ad accompagnare i primi passi di preparazione fu lo stesso Giovanni Paolo II. Fra il 2003, anno in cui la fase preparatoria entrò nel vivo, e il 2006, furono raccolti i contributi di 21 conferenze episcopali, dei vari compartimenti del CELAM, di alcuni dicasteri della Curia romana, di esperti dell’intero continente e di tutte le chiese locali oltre che delle varie compagini del popolo di Dio – parrocchie, associazioni, università, congregazioni religiose, movimenti. I contributi (2400 pagine) sono stati studiati da una commissione speciale formata da vescovi, teologi, biblisti e pastoralisti, nominati dalla presidenza del CELAM, e quindi affidati a una commissione di nove esperti perché ne elaborasse una sintesi. Ne uscì un testo di circa 180 pagine e sarà questo il testo che servirà da strumento di lavoro ai partecipanti durante i 18 giorni di lavori, quanto durerà appunto la conferenza. Secondo il parere unanime, mai c’era stata una preparazione così vasta e capillare come in questa circostanza.

 

DAVANTI A UNA REALTÀ

PROFONDAMENTE CAMBIATA

 

La Chiesa del continente giunge a questo appuntamento dopo aver celebrato in precedenza altre quattro conferenze: Rio de Janeiro (1955), Medellin (1968), Puebla (1979), Santo Domingo (1992). In più ha potuto avvalersi anche del contributo del sinodo speciale dei vescovi dell’America, convocato da Giovanni Paolo II in vista del terzo millennio della Redenzione, sul tema: Incontro con Gesù Cristo vivo, via per la conversione, la comunione e la solidarietà in America.

La Conferenza di Rio aveva avuto come principale preoccupazione la situazione degli evangelizzatori; preoccupazione dovuta alla scarsità del clero. A Medellin invece si trattò di applicare al continente il rinnovamento promosso dal concilio: fu scelto infatti il tema La presenza della Chiesa nell’attuale trasformazione dell’America latina alla luce del Vaticano II. Nella terza conferenza continentale, a Puebla, fu posto al centro l’evangelizzazione nel presente e nel futuro dell’America latina. Nella successiva, a Santo Domingo si parlò di Nuova evangelizzazione, promozione umana e cultura cristiana: Gesù Cristo lo stesso ieri, oggi e sempre.

Ripercorrendo queste Conferenze si può cogliere come un filo conduttore che le collega tutte ed è l’evangelizzazione.

La conferenza di Aparecida lo riprende e si propone di svilupparlo ulteriormente, tenendo presenti i cambiamenti intervenuti e le nuove sfide che nel frattempo si sono profilate nel continente. L’urgenza oggi maggiormente avvertita è di diventare discepoli e missionari di Cristo. Si vuole così indicare che la Chiesa trova in Gesù la fonte e il significato di tutta la sua vita e che a lui deve continuamente guardare come punto di riferimento di tutto il suo essere e operare; inoltre che è lo Spirito Santo l’anima di tutta l’evangelizzazione, da cui trae ispirazione, forza e coraggio per vivere il suo slancio missionario. A lui pertanto deve essere docile e da lui lasciarsi illuminare e guidare.

La Conferenza si propone di guardare ai popoli del continente «alla luce del progetto del Padre», che è un progetto di amore. Di conseguenza, anche la missione che è chiamata svolgere dovrà essere sempre animata e caratterizzata dall’amore.

Adottando il metodo divenuto ormai “classico” di vedere, giudicare, agire, ci si soffermerà anzitutto sui volti che interpellano oggi la Chiesa. «Cristo, leggiamo infatti nella sintesi dei contributi dell’intero continente, ci chiama a partire dai fratelli che soffrono, che (la Chiesa) intende servire mediante la nostra collaborazione con l’atteggiamento di fede e materno di Maria». Essa intende prendere coscienza viva dei cambiamenti di epoca e delle sfide che derivano dalle trasformazioni sociali e culturali che agitano il mondo attuale. «Viviamo, è detto, un forte cambiamento di epoca il cui livello più profondo è quello culturale». Si tratta di un cambiamento caratterizzato dal pluralismo e dall’emergere della soggettività, dovuto all’impatto della globalizzazione, segnato dall’egemonia del fattore economico e tecnico-scientifico, che spesso non riconosce più l’essere umano come soggetto nella sua dignità e come un valore che viene prima dell’organizzazione sociale ed economica. Tra gli altri elementi di questo cambiamento sono segnalati le tendenze secolariste, che peraltro convivono con una diffusa richiesta di spiritualità, la crisi della famiglia, l’avanzare della cultura urbana con tutti i fenomeni che l’accompagnano: si calcola che presto più del 70% della popolazione vivrà in città con oltre un milione di abitanti.

In questo contesto di cambiamenti anche la Chiesa si sente interpellata. Anzitutto dal pluralismo culturale e religioso che tende a relativizzare e a indebolire la sua incidenza sociale e la sua azione pastorale. Oggi, per esempio, non si accetta più un pronunciamento solo perché proviene da una autorità, per cui è necessario proporre sempre un adeguato fondamento al discorso dottrinale ed etico.

Senza dubbio il messaggio cristiano offre principi solidi in ordine all’integrazione personale e la convivenza sociale. Bisognerà, pertanto, che la Chiesa riaffermi il primato della parola di Dio in modo che questa nutra la teologia e sia l’anima dalla pastorale; che il rinnovamento liturgico accentui la dimensione celebrativa e festosa della fede cristiana, che l’ecclesiologia conciliare, che già è stata in grado di rinnovare la vita ecclesiale, continui a interpellarla.

Davanti alle nuove realtà, leggiamo sempre nella sintesi, «si impone un esercizio continuo di discernimento in grado di interpretare in maniera profetica e sapienziale i segni contradditori e promettenti che attualmente viviamo»; «crediamo, è detto ancora, che sia giunta l’ora di creare, attraverso un grande amore alla verità e un’apertura fraterna e di dialogo rispettoso, una nuova sintesi integratrice, per esempio: tra evangelizzazione e “sacramentalizzazione”, tra testimonianza e annuncio, tra annuncio e denuncia, tra pastorale popolare e formazione dei laici, tra liberazione sociale e promozione della fede, fra teologia e prassi, tra culto e testimonianza di vita, tra identità cattolica e apertura al dialogo con i diversi», facendo in modo che «la Persona di Gesù Cristo illumini tutte queste realtà e permetta ad essa un’adeguata articolazione».

 

CRISTO FONTE

DI UNA VITA DEGNA E PIENA

 

Dopo aver considerato l’attuale situazione, lo sguardo si volge al Vangelo «per contemplare Gesù Cristo, ricordando che l’attività della Chiesa è posta al servizio del suo Regno». Tutta la seconda parte della sintesi è dedicata a questo argomento per riaffermare che «il criterio di discernimento e di valutazione per qualsiasi credente è la Persona di Cristo». È lui infatti che «invita a una vita degna e gioiosa... che sana e perfeziona i nostri desideri di vivere meglio... che di fronte a una vita senza significato ci apre alla vita della Trinità... e di fronte all’idolatria dei beni terreni ci presenta la vita in Dio come valore supremo».

Sappiamo che la vita umana oggi è minacciata da tante parti. Di fronte all’esclusione Gesù difende i diritti dei deboli. Perciò, dopo averlo personalmente incontrato, «non possiamo concepire un’offerta di vita in Cristo senza un dinamismo di liberazione, di umanizzazione e di inserimento sociale». E di fronte alle strutture di morte si dovrà agire per sradicare le cause strutturali dei mali, ossia quelle “strutture di peccato” che intaccano il tessuto sociale, impediscono lo sviluppo e pregiudicano la vita e la convivenza sociale.

Nella promozione della missione che Cristo le ha affidata, la Chiesa intende agire in comunione e nella partecipazione in base a tre particolari criteri: il criterio “cristologico”, ossia “l’annuncio del Vangelo come offerta di vita”; il criterio ecclesiale, tenendo presente che il “discepolato è missionario”, nel senso che «la vita e la missione sono sempre comunitari ed ecclesiali»; infine, il criterio missionario, intendendo con questo che «la missione convoca tutti»; tutti infatti, senza eccezioni, devono essere evangelizzatori e perciò sono «convocati a dare la vita per il Regno partecipando all’attività missionaria della Chiesa».

 

SOTTO LA GUIDA

DELLO SPIRITO

 

Ad animare l’impegno di evangelizzazione della Chiesa è lo Spirito Santo. Inoltre da Maria, madre di Gesù e della Chiesa, essa trae ispirazione per imparare come essere discepoli e missionari di Gesù. La sua presenza è entrata fin dagli inizi nel tessuto della storia dell’evangelizzazione del continente e i suoi santuari sparsi dovunque sono una testimonianza della sua vicinanza, e nello stesso tempo manifestano la fede e la fiducia che tante gente nutre verso di lei: «Maria – leggiamo nella sintesi – appartiene loro ed essi la sentono come madre e sorella». Non per niente, Giovani Paolo II la definì “Madre ed evangelizzatrice dell’America». La chiesa latino-americana trova inoltre dei sicuri punti di riferimento anche in tanti apostoli e santi vissuti nel continente: la loro testimonianza continua a essere viva e il loro esempio e i loro insegnamenti sono fonte di stimolo e di ispirazione per tutte le comunità cristiane.

Oggi tutti sono invitati a ricoprire la loro vocazione cristiana e a diventare veri testimoni di Cristo. Di qui l’impegno a promuovere una “vera cultura” vocazionale affinché ciascun battezzato abbia a discernere il dono della propria vocazione e a fare di essa il progetto della propria esistenza, nell’amore a Dio e nel servizio dei fratelli.

 

MISSIONE

ANIMATA DALL’AMORE

 

A suscitare l’ardore missionario dovrà essere l’esperienza dell’amore di Dio, proprio perché “Dio è amore”, e noi abbiamo creduto a questo amore.

Tutta l’evangelizzazione, pertanto, è intesa come una risposta riconoscente a questo amore. Infatti, afferma la sintesi, «l’esperienza dell’amore di Dio in Gesù Cristo, quando è autentica e profonda, è il nostro tesoro e ci trasforma in appassionati testimoni, nella convinzione che questa esperienza è ciò di cui tutti hanno bisogno per trovare il vero significato della propria vita.

Per questo è necessaria una grande docilità allo Spirito Santo, quale condizione per avere uno sguardo sapienziale e profetico che aiuti a riconoscere ciò che Dio vuole per il tempo presente. Per possederlo – leggiamo ancora – occorrono preghiera sincera, dialogo, lettura di fede dei segni dei tempi e una grande libertà interiore. Richiede, soprattutto, la consapevolezza che lo Spirito di Dio conosce meglio di chiunque altro il progetto del Regno sui popoli del continente.

Ne derivano allora alcune importanti esigenze: l’affermazione del primato dell’azione della grazia nella vita pastorale; un rinnovato ascolto della parola di Dio nella preghiera; la forza di dire sempre la verità su Dio, sull’essere umano e sulla Chiesa. Inoltre, una spiritualità di comunione e un impegno a vivere un vero spirito di fraternità «quando preghiamo, dialoghiamo e programmiamo».

All’interno della missionarietà della Chiesa e l’invito rivolto a tutti a viverla, ciascuno secondo la sua vocazione e chiamata, una grande importanza viene attribuita anche alla vita consacrata, nonostante le difficoltà che essa sta incontrando (disillusione, crisi, sconcerto...). «La Chiesa dell’America latina, è detto, si aspetta molto dalla vita consacrata specialmente dalla testimonianza e dal contributo delle religiose, contemplative e di vita apostolica, poiché, assieme agli altri fratelli, membri di istituti secolari e comunità di vita apostolica esse mostrano il volto materno della Chiesa e il suo desiderio di ascolto, di accoglienza, di povertà e servizio».

Nella parte conclusiva della sintesi si parla ampiamente dell’esigenza della formazione dei discepoli-missionari (compresi i laici) che deve diventare «una chiara e decisa opzione». Dovrà trattarsi di una formazione “integrale, permanente e kerigmatica” e abbracciare le diverse dimensioni da integrare tra loro lungo tutto il processo formativo: la formazione umana e comunitaria, quella spirituale e intellettuale, inoltre quella evangelizzatrice. Dovrà aiutare le persone a raggiungere la statura della vita nuova in Cristo. È un cammino che richiede degli itinerari diversificati, rispettosi dei processi personali e dei ritmi comunitari, continui e graduali, per identificarsi con lui e la sua missione.

Una particolare attenzione viene rivolta anche alla formazione dei presbiteri. Si dice che i seminari e i centri che preparano alla vita sacerdotale dovranno essere vere scuole di discepoli missionari e offrire una formazione seria, in armonia con le necessità pastorali della gente del continente. Il seminario, inoltre dovrà offrire una formazione intellettuale seria e profonda nel campo della filosofia, delle scienze umane e, specialmente, in campo teologico, in modo che il futuro sacerdote impari ad annunciare la fede in tutta la sua integrità, attento al contesto culturale del nostro tempo e le grandi correnti di pensiero.

Si richiede infine una profonda formazione comunitaria e spirituale in grado di motivare il candidato a una permanente e rinnovata opzione per Cristo, la Chiesa e il Regno in comunione con tutto il presbiterio.

 

Le chiese del continente, mentre sta per aprirsi la V conferenza del CELAM, scrive ancora la sintesi, si trovano davanti ad alcune “preoccupazioni fondamentali”. In primo luogo l’esigenza di evangelizzare la cultura che anche in questo continente tende a essere centrata sull’individualismo; una cultura che presenta luci e ombre, valori e disvalori, fattori di vita e di morte, elementi di solidarietà e di egoismo, tutte realtà che dovranno essere confrontate con la luce del Vangelo. In altre parole si tratta di «purificare ed elevare la cultura, avvicinandosi a Cristo e al suo Vangelo, fonte di vita, pietra angolare di tutto l’edificio, invito ad assumere la croce e a risorgere con lui».

Vi sono poi altre preoccupazioni più particolari, alcune di ordine culturale come l’evangelizzazione della comunicazione sociale e altre inerenti alla pastorale; altre ancora sono di ordine sociale, come promuovere la dignità della persona umana, ricostruire il tessuto sociale, rinnovare e consolidare l’opzione per i poveri. Altre sono di ordine ecclesiale: rispondere alla sete spirituale dei nostri contemporanei; l’espansione delle sette, la promozione di un laicato più attivo. «Le difficoltà che incontriamo, è detto, costituiscono una sfida che lo stesso Signore ha voluto affidare alla nostra mediazione umana e responsabilità ecclesiale».

La Chiesa dell’America latina, con questa conferenza di Aparecida, come abbiamo visto, si propone di assumere un volto ancor più missionario. A convalida di questa scelta, una volta terminata la Conferenza, come è stato annunciato, sarà avviata una grande missione evangelizzatrice sul piano continentale, sulla spinta di quanto è maturato sia nella fase preparatoria di questa conferenza, sia delle linee proposte durante i lavori.

 

A. Dall’Osto

 

1. La storia di Nostra Signora di Aparecida comincia nel 1717, quando si seppe che il conte di Assumar, don Pedro di Almeida e del Portogallo, governatore della provincia di San Paolo e Minas Gerais, si sarebbe fermato nel villaggio di Guaratinguetá, durante il suo viaggio verso Vila Rica, l’odierna Ouro Preto, in Minas Gerais. Per l’occasione alcuni pescatori furono incaricati di fornire il pesce per il banchetto da tenersi il giorno dopo in occasione della visita del conte. Tre pescatori, Domingos Garcia, Filipe Pedroso e João Alves andarono a pescare nel fiume Paraíba. Dopo alcuni tentativi infruttuosi, gettarono le reti in un area chiamata Porto Itaguaçu. João Alves trovò nella sua rete una statua della Madonna, ma le mancava la testa. Gettò nuovamente le reti e questa volta vi era la testa della statua. In seguito i tre pescatori provarono a gettare le reti e queste erano colme di pesci. Per 15 anni la statua rimase nella casa di Felipe Pedroso, dove i vicini si riunivano per pregare il rosario. La devozione cominciò a diffondersi, alcuni fedeli che avevano pregato davanti alla statua, affermavano di aver ricevuto delle grazie. Il culto ben presto si diffuse in tutto il Brasile.