ESPERIENZA DI UNA DIOCESI AMERICANA

UN PERDONO DATO E RICEVUTO

 

Un vescovo americano visita le parrocchie e avvia un programma biennale per favorire anzitutto la guarigione dagli odi e dai rancori e aiutare la gente a riconciliarsi; in secondo luogo, per ridare vitalità al sacramento della riconciliazione, con risultati stupefacenti.

 

Nella società e anche all’interno delle stesse famiglie oggi si nota di frequente il prevalere di atteggiamenti di rancore, per non dire di sentimenti di vendetta, per i tanti torti subiti e una grande difficoltà a perdonare. Che cosa fare dal punto di vista pastorale per aiutare la gente a superare questi stati d’animo che sono spesso causa di ulteriori sofferenze?

A porsi questa domanda – che, detto tra parentesi, potrebbe interessare anche tanti religiosi e religiose che vivono a contatto con la gente nei vari ambiti pastorali – è stato recentemente il vescovo americano Gregory M. Aymond, della diocesi di Austin (Texas), assieme al suo comitato diocesano, giungendo alla conclusione che favorire la guarigione e il perdono costituisce uno dei compiti principali della pastorale. Da questa convinzione è nata l’idea di percorrere la diocesi per presentare il tema Forgiveness: The Challenge and ther Pain (Il perdono: la sfida e la sofferenza) in una dozzina di parrocchie diverse e di concentrare l’interesse per un intero biennio sul tema del perdono e della riconciliazione e sulla bellezza del sacramento del perdono, la confessione.

Intervistato su questa iniziativa il vescovo ha risposto che sono state sostanzialmente due le ragioni che hanno consigliato a intraprenderla: anzitutto la costatazione che in molte famiglie c’è bisogno di perdono e di riconciliazione e, nello stesso tempo, la presa di coscienza che anche nella chiesa, a livello parrocchiale e diocesano, c’è urgente bisogno di perdono di fronte a situazioni di rottura e a sentimenti di sofferenza che richiedono di essere risanati. Ho avuto l’impressione, ha dichiarato, che anche nella nostra chiesa prevalgano più sentimenti di vendetta che di perdono. Oserei dire che se c’è una cosa che caratterizza la nostra generazione è l’impazienza e la vendetta.

La seconda ragione di questa iniziativa è la consapevolezza che noi come chiesa cattolica abbiamo un dono meraviglioso di compassione e di guarigione che è il sacramento della penitenza. Parlando con diversi sacerdoti del consiglio pastorale, ha sottolineato il vescovo, è maturata la convinzione della necessità di rivitalizzare questo sacramento e di suscitare nei suoi riguardi una maggiore stima. Per questo, ha precisato, abbiamo deciso di dedicare un anno intero anzitutto per invitare la gente al perdono e in secondo luogo per aiutare la gente della nostra diocesi a comprendere e apprezzare maggiormente il sacramento della penitenza, e a rendersi conto che attraverso di esso siamo chiamati ad accogliere il perdono di Dio per poter poi perdonare agli altri e accettare il loro perdono.

Io credo nel perdono di Gesù, ha aggiunto il vescovo. Sento di essere ancora stimolato nella mia stessa vita e nella mia spiritualità a imparare a perdonare e di lasciarmi perdonare da Dio, dagli altri e anche da me stesso. Ritengo di essere ancora un alunno in questa scuola di perdono e guardo al mio maestro, Gesù, che mi insegna la via da percorrere e mi dà la forza in mezzo alle sfide del tempo e nei momenti di confusione, di superare i disagi, le paure e i sentimenti di vendetta per entrare nel regno del perdono, dove le acque sono sempre turbolente.

Ha affermato di aver ascoltato durante una trasmissione un giocatore di football il quale dichiarava che i risultati positivi ottenuti nel gioco derivavano dal fatto che egli fin da una settimana prima dell’incontro cominciava con il riempirsi di odio verso la squadra avversaria e di colmarsi di rabbia. Si può pensare quello che si vuole di questo episodio, ha sottolineato il vescovo, ma se è questo che la nostra società insegna alla gente e se questi sono coloro che chiamiamo eroi, che cosa ci dice questo della nostra società?

 

DESIDERIO DI PERDONARE

E DI ESSERE PERDONATI

 

Ritornando alle visite compiute nelle parrocchie, sembra che esse abbiano avuto un riscontro quanto mai favorevole. Mons. Aymond, infatti, scrive di aver ricevuto numerose telefonate e lettere di persone che gli raccontavano le loro storie di sofferenza e gli esprimevano il desiderio di perdonare e di essere perdonate.

Racconta di aver visitato anche tre università statali e un’università battista nella diocesi di Austin che l’avevano invitato a dialogare con gli studenti. È stata un vera gioia, ha detto. Non risponde a verità ciò che alcuni dicono, ossia che i giovani non sono interessati alla religione e non amino la fede cattolica. Mi sono reso conto, ha sottolineato, che un buon numero dei nostri giovani impegnati nel ministero nei campus hanno fame di Dio, della Chiesa e di un rapporto più intimo con Dio e con il prossimo. Sono rimasto molto impressionato, ha precisato.

Il dialogo con i giovani e il viaggio attraverso la diocesi, ha proseguito il vescovo, mi hanno insegnato tre cose: anzitutto a sperare poiché vedo gente che vive il messaggio del Vangelo ed è desiderosa di abbracciare ciò che Dio desidera che essi siano, persone di perdono e di riconciliazione; in secondo luogo mi sono sentito io stesso provocato a perdonare di più. Si può infatti predicare il perdono senza rendersi conto che per ciascuno di noi ci sono una o più persone a cui dobbiamo perdonare maggiormente. Il perdono è un lungo processo. In terzo luogo la provocazione per me è di pregare per coloro che non mi perdonano e di offrire loro la mano, nella speranza che se ciò non potrà avvenire in questa vita, avverrà in quella futura, nel regno dei cieli, in paradiso.

 

RINNOVATO INTERESSE

PER LA CONFESSIONE

 

L’altro momento della visita alle parrocchie aveva come scopo di risvegliare l’interesse per il sacramento della penitenza. È mia convinzione, ha affermato mons. Aymond, che esso non sia sufficientemente compreso e, certamente, non apprezzato da molti cattolici come anche da gente di altre fedi o denominazioni. Molti si domandano come mai non possono andare direttamente a Dio per chiedere perdono e ottenerlo. Noi dobbiamo prendere molto sul serio ciò che Gesù ha inteso quando disse ai suoi apostoli di assumersi il ministero di perdonare e di guarire così come egli ha fatto. “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi” (Gv 20,23). Gesù ha dato ad essi il potere di andare e di essere strumenti del suo perdono e della sua misericordia e di attuare la riconciliazione nella comunità di fede. Tutto ciò che facciamo e che non è di Dio non solo compromette le nostre relazioni con lui, ma introduce una frattura anche nei rapporti nella comunità. Colpisce la comunità di fede.

Gesù, nella sua sapienza ha inviato gli apostoli non solo a perdonare e a offrire la misericordia nel nome di Dio o a svolgere il ministero di guarigione di Gesù, ma anche a riconciliarci tra di noi e ricostruire la pienezza della nostra relazione con la Chiesa, la comunità di fede, il corpo di Cristo oggi vivente.

Molte volte sentiamo la gente dire che è difficile andare a confessarsi. Non conosco nessuno che vada di corsa a manifestare le proprie colpe. Tuttavia, come cattolici abbiamo la possibilità di andare da una persona, il sacerdote, che non è un giudice, ma una che risana. Le sue parole nei nostri riguardi devono essere parole di guarigione, di incoraggiamento e di perdono. Gesù è presente a noi nel sacramento della penitenza come fu presente a quella donna che era stata condannata per il suo adulterio, di cui parla il capitolo ottavo del vangelo di Giovanni. Gesù l’ha avvolta con la sua compassione e la sua misericordia. Egli è presente a noi come lo fu un giorno a lei. È presente a noi come lo fu a Zaccheo e agli altri peccatori che erano andati da lui per chiedergli la sua misericordia. Nel sacramento della penitenza c’è un’esperienza intima, unica di Cristo che perdona.

Molti trovano varie scuse per non andare a ricevere questo sacramento, magari perché è passato molto tempo o per altre ragioni. Io penso, ha affermato mons. Aymond, che si debba vedere il sacramento della penitenza in maniera diversa. Questo sacramento è, per quanto possibile, una conversazione informale tra il sacerdote, che rappresenta Cristo e la sua Chiesa, e il penitente. È una conversazione che riguarda il bisogno che abbiamo della misericordia di Dio e della necessità di riconciliarci con la Chiesa. Il sacramento ci offre la possibilità di presentare al Signore la nostra debolezza e di ascoltare una parola di perdono e di amore. Avviene qualcosa come quando si va dal medico. Gli chiediamo di aiutarci non solo a considerare la nostra sofferenza, ma di trovare la causa che sta alla base della malattia. Questo non è forse vero anche per la confessione? Noi presentiamo una lista di peccati, e ciò è importante, ma la domanda vera è: «quale il denominatore comune di tutte queste cose che porto alla confessione? Cosa c’è nel mio cuore che mi permette di dire queste cose? Cosa c’è nel mio cuore che mi ha permesso di fare questi atti o di non fare qualcosa, di non prendermi cura degli altri? Questa è la radice del peccato, e la penitenza deve aiutarci a trovare il rimedio, a risanare quella parte del nostro cuore che è ferita e ha bisogno di guarigione.

È stato chiesto al vescovo quali raccomandazioni fare ai responsabili della pastorale. Anzitutto, ha risposto, leggere la Scrittura con maggiore attenzione per scoprire in essa quel Gesù che compie sempre il primo passo in vista della riconciliazione e della guarigione. In secondo luogo vedere cosa si può fare nelle nostre famiglie, parrocchie, scuole e comitati diocesani, nelle nostre comunità religiose per vivere più pienamente il Vangelo di guarigione e di riconciliazione. Come possiamo noi, come capi, presentare il perdono a coloro che hanno davanti a sé ben pochi modelli di misericordia? A persone che hanno davanti a sé un numero molto maggiore di modelli di vendetta e di risentimenti? In terzo luogo, parlare l’un l’altro con maggiore frequenza del sacramento della penitenza. Di qui l’invito: parlate di più della bellezza di questo sacramento e vedrete crescere la stima verso questo grande dono che abbiamo. Infine, rendere più accessibile il sacramento. Facendolo, credo che potremo vedere crescere il numero di coloro che sono più disponibili ad accettare la misericordia e l’amore di Dio e la riconciliazione con la sua Chiesa.