A 50 ANNI DAI TRATTATI DI ROMA

RILANCIO DELL’EUROPA

 

Firmata a Berlino una “Dichiarazione” per il rilancio dell’Europa unita. Si tratta di un testo piuttosto debole, dove, tra l’altro, non figura alcun riferimento all’identità cristiana del continente. Ora si guarda al 2009 quando bisognerà approvare una nuova Costituzione dopo il fallimento di quella precedente.

 

L’Europa ha festeggiato il 25 marzo scorso, a Berlino, i 50 anni della firma dei Trattati di Roma, avvenuta il 26 marzo 1957. La giornata si è aperta con una cerimonia al Deutsches historisches Museum, a lato del celebre viale Unter der Linden.

Accolti dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, i rappresentanti dei 27 stati membri, dopo aver ascoltato l’Inno alla gioia dalla nona di Beethoven, hanno presentato insieme la “Dichiarazione di Berlino”, firmata dalla stessa Merkel, da José Manuel Durao Barroso, presidente della Commissione europea e da Hans Gert Poet­tering, presidente del Parlamento europeo.

Il documento approvato si apre con queste parole: «L’Europa è stata per secoli un’idea, una speranza di pace e comprensione. Oggi questa speranza si è avverata». Prendendo la parola per primo, Romano Prodi ha dichiarato: «Mi aspetto che questa Dichiarazione sia la fine del lutto”. Un “lutto” dovuto alle perplessità, alle diffidenze e persino ai rifiuti con cui in questi ultimi anni è stato segnato il cammino di unità del nostro continente, non solo per gli scossoni provocati nelle economie nazionali dall’introduzione della moneta unica, l’euro, ma anche per le diffidenze verso la Costituzione per l’Europa, approvata nell’ottobre 2004, e destinata a entrare in vigore il 1 novembre 2006, data poi rinviata per la crisi profonda dovuta alla bocciatura mediante referendum da parte della Francia e dell’Olanda. Il 2009 dovrebbe essere comunque il termine ultimo per presentare una nuova bozza costituzionale, nella speranza che possa essere da tutti accolta.

La giornata, confortata anche da un sole primaverile, si è conclusa con un suggestivo spettacolo di fuochi d’artificio davanti alla Porta di Brandeburgo, dove un gruppo di bambini delle scuole tedesche, con in mezzo a loro la cancelliera Merkel, hanno lancia­to in aria migliaia di palloncini con sopra il disegno delle bandiere degli stati membri dell’Unione europea.

 

IL SOGNO DEI

PADRI FONDATORI

 

Si sono compiuti così 50 anni di storia, di un cammino, non privo di ostacoli, voluto e sostenuto con tenacia e lungimiranza da personalità di grande spicco come Paul Henry Spaak, De Gaspe­ri, Schuman, e concretizzato in un protocollo in cui figurano le firme dell’allora cancel­liere tedesco Adenauer e del presiden­te del consiglio Antonio Segni per l’Italia, oltre a quelle dei ministri degli esteri di Francia e Benelux.

Il protocollo fu firmato il 25 marzo 1957 in Campidoglio, a Roma, città indicata esplicitamente da Henry Spaak perché – ebbe a dire – «la più augusta delle nostre città, da cui la civiltà è venuta tre volte all’Europa». Due i trattati approvati: il primo che istituiva la Comunità economica europea (CEE); il secondo che creava la Comunità europea dell’energia atomica, meglio conosciuta come Euratom.

Era il primo germe di un’Europa decisa a lasciare alle sue spalle e per sempre le tremende esperienze della seconda guerra mondiale.

Iniziava così un lungo paziente cammino di unificazione che attraverso tutta una serie di altri trattati si allargherà fino a comprendere gli attuali 27 paesi. Nel 1972 ai primi sei paesi fondatori si aggiungono il Regno Unito, la Danimarca e l’Irlanda; nel 1979, la Grecia; nel 1985, la Spagna e il Portogallo; nel 1994 l’Austria, la Finlandia e la Svezia, nel 2003 Cipro, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia e Slovenia, raggiungendo così il numero di 25 stati aderenti. A questi, nel 2007, si sono aggiunte recentemente Romania e Bulgaria. Nel frattempo altri stati sono in lista d’attesa come la Croazia, l’ex repubblica iugoslava di Macedonia e la Turchia.

La “Dichiarazione di Berlino” rappresenta una fase interlocutoria, importante tuttavia poiché si propone, da una parte, di superare i pessimismi che tuttora serpeggiano in Europa in vista della sua unificazione e dall’altra di imprimere un rinnovato slancio al cammino intrapreso. Malgrado sia ritenuta “debole”, la Dichiarazione riafferma tuttavia principi che sono fondamentali e rappresentano ideali comuni irrinunciabili. Leggiamo testualmen­te: «... per noi al centro vi è l’uomo. La sua dignità è inviolabile. I suoi diritti sono inalienabili. Donne e uomini hanno gli stessi diritti. Noi abbiamo come obiettivo la pace e la libertà, la democrazia e lo stato di diritto, il rispetto reciproco e la responsabilità, il benessere e la sicurezza, la tolleranza e la partecipazione, la giustizia e la solidarietà. Noi viviamo e operiamo insieme nell’Unione europea in una maniera straordinaria. Ciò si esprime nella convivenza democratica degli stati membri e delle istituzioni europee... Noi siamo di fronte a grandi sfide, che non si fermano alle frontiere nazionali. L’Unione europea è la nostra risposta ad esse. Solo insieme possiamo conservare anche in futuro il nostro ideale sociale europeo, per il benessere di tutte le cittadine e i cittadini dell’Unione europea..._Noi combatteremo insieme il terrorismo, la criminalità organizzata e l’immigrazione illegale. I diritti civili e di libertà li difenderemo anche lottando contro i loro nemici. Razzismo e xenofobia non dovranno più avere una chance. Noi ci impegniamo affinché i conflitti nel mondo vengano risolti pacificamente e le persone non siano vittime di guerre, terrorismo o violenza. L’Unione europea vuole favorire libertà e sviluppo nel mondo. Noi vogliamo reprimere povertà, fame e malattie. in questo vogliamo anche per il futuro assumere un ruolo guida.

Noi vogliamo andare avanti insieme nella politica energetica e nella difesa del clima, e dare il nostro contributo affinché venga scongiurato il mutamento climatico..._L’Unione europea continuerà a favorire la democrazia, la stabilità e il benessere al di là dei suoi confini. Con l’unità europea è divenuto realtà un sogno delle passate generazioni. La nostra storia ci ammonisce a difendere tale fortuna per le future generazioni. A questo scopo dobbiamo rinnovare di continuo la forma dell’Europa in conformità ai tempi».

Guardando ora avanti, entro giugno è prevista una conferenza intergovernativa per cercare di salvare l’essenziale della Costituzione. La Merkel ha dichiarato in una conferenza stampa che prima delle elezioni del 2009 per il nuovo parlamento europeo sarà necessario trovare un accordo e giungere a un nuovo assetto della Costituzione. «Se falliremo, ha sottolineato, sarà un fiasco; se ci divideremo, l’Europa inciamperà e deraglierà prima di quanto non pensiamo».

Non figura nel documento alcun accenno ai valori religiosi cristiani, anche se quelli affermati hanno il loro fondamento nel cristianesimo. Ed è quello che conta. Un riferimento esplicito, tuttavia, non sarebbe stato fuori luogo.

 

QUALE EUROPA

VOGLIAMO?

 

Proprio in concomitanza con la giornata di Berlino ha avuto luogo a Roma il congresso della Conferenza degli episcopati della Comunità Europea (COMECE) sul tema: «I 50 anni dei Trattati di Roma – Valori e prospettive per l’Europa di domani». Per la circostanza il papa ha rivolto ai congressisti un importante discorso che ci permette di cogliere lo stato d’animo della Chiesa nei riguardi dell’attuale cammino dell’Europa.

La Comece, come ha affermato mons. Dominique Mamberti, segretario vaticano per i rapporti con gli stati, si è chiesta: “quale Europa vogliamo?”. Un’Europa, è stata la sua risposta in cui ci sia un’attenzione particolare alla “dimensione etica” e dove ci sia «un sano equilibrio fra l’Europa economica e quella sociale». Preoccupa la caduta del tasso di fecondità, l’invecchiamento... Le cause della diminuzione della natalità non sono di ordine economico-sociale, ma psicologico e morale: «Si tratta di individualismo e di una profonda crisi di fiducia nel futuro da parte delle nuove generazioni...». Le istituzioni politiche ed economiche dovrebbero perciò sostenere la vita e la famiglia con azioni risolute: «La famiglia infatti è il pilastro del modello sociale europeo...». La Comece ricorda, inoltre, citando una frase di Max Scheler che «mai, in nessun luogo, i semplici trattati hanno creato una comunità». In altre parole, vuol dire che «non sarà la ratifica del trattato costituzionale a fare nuova l’Europa». Bisognerà pertanto «lavorare sulla coscienza dei popoli europei e di quanti la governano».

Accennando quindi alle radici cristiane dell’Europa fortemente osteggiate a causa dell’intolleranza di certi ambienti europei, mons. Mamberti ha citato Toqueville secondo il quale «Il dispotismo non ha bisogno della religione, la libertà sì. Il laicismo, in fondo, è una forma d’intolleranza, presentata come la quintessenza della tolleranza». Ha quindi aggiunto: «Certamente non si può assimilare l’Europa alla cristianità e nemmeno ridurre la cristianità all’Europa, ma è indubbio che il cristianesimo non è soltanto uno degli “ingredienti” del “cocktail” europeo. Tocca in primis alla Santa Sede, oltre che a tutti i cristiani, di ricordare a questo continente che non può abbandonare il cristianesimo come si abbandona un compagno di viaggio che diviene straniero; non può tradire i valori cristiani, come un uomo non può tradire le sue ragioni di vivere e di sperare, senza cadere in una crisi drammatica». Ha poi precisato che non si tratta affatto di una svista. Basti ricordare, ha precisato, che «nelle ultime due legislature del Parlamento europeo le posizioni della Chiesa cattolica e il Vaticano sono stati attaccati quasi 30 volte ed ingiustamente accusati di indebita ingerenza in campo europeo».

La Comece ha anche inviato ai capi di stato e di governo degli stati membri dell’Unione, al presidente del parlamento europeo e al presidente della commissione europea riuniti a Berlino un messaggio, chiamato “Messaggio di Roma”, per esprimere i suoi punti di vista.

 

MOLTE RISERVE

ANCHE DAL PAPA

 

Piuttosto critico anche il discorso del papa il quale ha affermato: «Sotto il profilo demografico, si deve purtroppo constatare che l’Europa sembra incamminata su una via che potrebbe portarla al congedo dalla storia. Ciò, oltre a mettere a rischio la crescita economica, può anche causare enormi difficoltà alla coesione sociale e, soprattutto, favorire un pericoloso individualismo, disattento alle conseguenze per il futuro. Si potrebbe quasi pensare che il continente europeo stia di fatto perdendo fiducia nel proprio avvenire». Accennando quindi al problema dell’identità del continente ha aggiunto: «Da tutto ciò emerge chiaramente che non si può pensare di edificare un’autentica “casa comune” europea trascurando l’identità propria dei popoli di questo nostro continente. Si tratta infatti di un’identità storica, culturale e morale, prima ancora che geografica, econo­mica o politica; un’i­dentità costituita da un insieme di va­lori universali, che il cristianesimo ha contribuito a forgiare, acquisendo così un ruolo non soltanto storico, ma fonda­tivo nei confronti dell’Europa. Tali valori, che costituisco­no l’anima del continente, devono restare nell’Europa del terzo millennio co­me “fermento” di civiltà. Se infatti essi dovessero venir meno, come potrebbe il “vecchio” continente continuare a svolgere la funzione di “lievito” per il mondo intero?».

Si è quindi chiesto: «Non è motivo di sorpresa che l’Europa odierna, mentre ambisce di porsi come una comunità di valori, sembri sempre più spesso contestare che ci siano valori universali e assoluti? Questa singolare forma di “apostasia” da se stessa, prima ancora che da Dio, non la induce forse a dubitare della sua stessa identità?».

In forza del pragmatismo su cui si vuole fondare l’Europa, ha aggiunto, «si innestano tendenze e correnti laiciste e relativistiche e si finisce per negare ai cristiani il diritto stesso di intervenire come tali nel dibattito pubblico o, per lo meno, se ne squalifica il contributo con l’accusa di voler tutelare ingiustificati privilegi...».

Un’importante contributo ci si attende ora dalle chiese cristiane d’Europa in occasione della terza assemblea che si terrà a Sibiu, in Romania, dal 4 all’8 di settembre di quest’anno, sul tema: La luce di Cristo illumina tutti. Speranza di rinnovamento e unità in Europa.

Già da tempo è in atto un cammino di avvicinamento a questo incontro che avrà come punto di riferimento la Carta ecumenica approvata a Strasburgo nel 2001. Il desiderio è di lavorare insieme nonostante le differenze: anche di recente si sono verificate in Europa nuove spaccature, mentre continuano a persistere notevoli divergenze sul piano teologico ed ecclesiologico. Ma le chiese europee, se vogliono avere voce in Europa, devono affrettare il loro cammino verso l’unità. In caso contrario, rimarranno tagliate fuori dall’attuale processo e il continente andrà avanti per conto suo rendendo sempre più marginale e irrilevante la loro presenza.

 

A. D.