UN SANTO ALLA NOSTRA PORTATA

 

In una lettera per esporre la ragione della scelta del beato Charles de Foucauld come protettore speciale dell’istituto per il 2007, p. A. Fiorentini, dopo aver tracciato un profilo del beato, spiega come egli sia un santo alla portata dei missionari della Consolata.

 

“Gesù, Gesù solo, Gesù in tutto, Gesù sempre”.

 

È convinzione profonda del beato de Foucauld che Gesù Cristo deve essere al centro della nostra vita, affinché possiamo trovare il gusto di conoscerlo, di lasciarci sedurre da lui, di seguirlo e di imitarlo, di portare la nostra croce dietro di lui. In questo modo, gli permettiamo di dirci la verità sulla nostra vita, sui nostri desideri, sui nostri progetti, sulla nostra storia. Ciò deve avvenire anche a costo del martirio, che il beato Charles non scartava: «Pensa che devi morire martire, spogliato di tutto, steso a terra, nudo, irriconoscibile, coperto di sangue e di ferite, violentemente e dolorosamente ucciso... e desidera che sia oggi». Così è stato per lui che muore “violentemente e dolorosamente ucciso”, come aveva sempre desiderato, per essere configurato a Gesù anche nella morte.

 

“Essere caritatevoli, miti, umili con tutti: è questo che noi abbiamo imparato da Gesù”

 

Sull’esempio del beato de Foucauld, siamo chiamati anche noi a vivere un nuovo modo di essere Chiesa, sacramento di salvezza per l’umanità. Nella fraternità evangelica, innanzitutto, che non è soltanto una fraternità riunita nell’amore attorno a Gesù e con Gesù, ma una fraternità che fa della carità, sia al suo interno che all’esterno, il comandamento supremo fino a “fare della salvezza del prossimo, come della propria, il grande compito della vita”.

Questo ideale è raggiungibile solo se si è capaci di “vedere in ogni essere umano un fratello”. Se uno vive superficialmente, accoglie l’altro superficialmente; se vive in profondità, là dove abita Dio, accoglie l’altro in profondità, come fratello e figlio dello stesso Padre.

Siamo chiamati a vivere una vita comunitaria che sappia apprezzare e valorizzare la vita ordinaria, quotidiana, quale luogo nel quale realizzare la santità. Una santità che si esprime nella comunione profonda con Dio, nel lavoro e vicinanza alla gente per rendere la nostra vita più simile a quella di Gesù nei trent’anni trascorsi a Nazaret. Egli ci insegna a non fuggire l’aspetto quotidiano e ordinario della nostra esistenza per cercare le esperienze straordinarie. Solo se sappiamo vivere in maniera straordinaria e con amore il nostro “ordinario”, faremo sì che le nostre relazioni diventino sempre più giuste, vere, fraterne e più ricche di umanità e tenerezza nei confronti degli altri.

 

“Leggere e rileggere incessantemente il santo Vangelo”

 

Il beato Charles si convertì a Dio attraverso il Vangelo. La ricerca vocazionaIe e la sua intera vita spirituale sono state, fino alla morte, sotto il segno del Vangelo meditato, ruminato, assimilato, vissuto. Nutriva un grande amore per il Vangelo, visto non come studio di norme e leggi, ma come l’incontro con “lo sposo, il fidanzato, il beneamato”, per così “piacergli, essergli gradito, servirlo, glorificarlo, consolarlo, come desidera che si faccia ogni cosa”. La vita della comunità e il cammino del discepolato, con le sue modalità, i suoi criteri, i suoi giudizi e i suoi valori, devono passare al setaccio della Parola. «Leggere e rileggere incessantemente il santo Vangelo per avere sempre dinanzi alla mente gli atti, le parole, i pensieri di Gesù, al fine di pensare, parlare, agire come Gesù, di seguire gli esempi e gli insegnamenti di Gesù e non gli esempi e i modi di fare del mondo, nel quale ricadiamo così alla svelta appena stacchiamo gli occhi dal divino Modello».

Nella vita di ogni comunità missionaria, il primato del Vangelo deve assomigliare al seme che germina e fruttifica nell’oscurità e nel silenzio, per poi diventare cibo abbondante per tutti coloro che hanno fame.

 

“Farsi tutto a tutti per donare tutto a Gesù”

 

È questa un’ altra caratteristica che deve contraddistinguere la nostra vita. Una vita che, come quella di Gesù Cristo, diventa dono a favore di tutti gli uomini, in modo particolare dei poveri con cui Gesù si è identificato (cf. Mt 25, 31­46). Siamo chiamati, alla luce anche della testimonianza e dell’insegnamento del beato Charles de Foucauld, a rivalorizzare la nostra presenza missionaria nella debolezza e nell’efficacia evangelica dei mezzi poveri. «I mezzi di cui egli (Gesù) si è servito nel presepio, a Nazaret, sulla croce, sono: povertà, abiezione, umiliazione, abbandono, persecuzione, sofferenza, croce. Eccole, le nostre armi, quelle del nostro Sposo divino, il quale ci chiede di lasciare continuare in noi la sua vita, lui l’unico Amante, l’unico Sposo, l’unico Salvatore e anche l’unica Saggezza e l’unica Verità...».

 

“Diventare un’altra Maria vivente e operante”

 

«lo mi propongo di custodire in me la volontà di lavorare per trasformarmi in Maria, allo scopo di diventare un’altra Maria vivente e operante».

Anche il nostro modo di vivere e operare in mezzo alla gente trovi nell’esperienza mariana del beato Charles un’ulteriore spinta a incarnare quello stile di consolazione “materno” e “missionario” che abbiamo imparato dal nostro beato Fondatore.

 

 

P. Aquiléo Fiorentini, IMC

Superiore Generale