SVILUPPI DEL PROGETTO CULTURALE
IN DIALOGO CON LE CULTURE
L’VIII Forum del progetto culturale della
chiesa italiana ha avuto come tema La ragione, le scienze e il futuro delle
civiltà. Sono stati precisati meglio gli ambiti del dialogo e del confronto
secondo una visione più ampia e complessa che investe il rapporto globale e
l’apporto globale della Chiesa alla nostra società.
«Il Progetto culturale della Chiesa italiana è
dialogo con la società, con la cultura nelle sue diverse sfaccettature – dalle
scienze umane alle scienze esatte – e con “le culture” che abitano il nostro
paese. Inoltre «il cammino del progetto culturale si collega strettamente alla
“novità”, non soltanto metodologica, che il convegno di Verona ha proposto e
che consiste nell’articolazione in cinque ambiti di esercizio della
testimonianza (la vita affettiva e la famiglia, il lavoro e la festa,
l’educazione e la trasmissione della cultura, la povertà e la malattia, i
doveri e le responsabilità della cittadinanza)». Lo ha detto il card. Camillo
Ruini, presidente della Cei, nella sua prolusione in apertura dell’VIII Forum
del Progetto culturale che ha avuto per tema La ragione, le scienze e il futuro
delle civiltà e che si è svolto venerdì 2 marzo a Roma. Il progetto culturale
ha, poi, «molto a che fare con quella missionarietà dell’intero popolo di Dio,
e in esso specificamente dei laici», chiamati a saldare “fede e vita” e a
«mantenere viva la caratteristica “popolare” del cattolicesimo italiano».
Per il card. Ruini il progetto culturale ha
ricevuto da Verona «un più preciso orizzonte: dopo l’emergere della questione
antropologica, il grande tema della verità, bellezza e “vivibilità” del
cristianesimo, da pensare, vivere e proporre nelle condizioni di oggi e di
domani, specialmente in rapporto alla ragione e ai codici etici dell’Occidente
neoilluminista, che tenta di universalizzare il suo secolarismo». In
riferimento, poi, al discorso del papa a Regensburg e a un recente articolo del
filosofo Habermas che criticava la posizione assunta dal santo Padre in
quell’occasione perché, a suo dire «avrebbe dato una piega sorprendentemente
antimoderna al dibattito su ellenizzazione o de-ellenizzazione del
cristianesimo», il card. Ruini ha chiarito alcuni punti: «Si può e si deve
anzitutto precisare che in Dio, lógos e agápe, ragione-parola e amore, si
identificano», ma il papa «non si limita a questo». «Il Dio della Bibbia supera
infatti radicalmente ciò che i filosofi avevano pensato di lui», «non è una
realtà a noi inaccessibile», a cui «sarebbe inutile rivolgersi nella preghiera,
come ritenevano i filosofi», ma, al contrario, «il Dio biblico ama l’uomo e per
questo entra nella nostra storia».
ATTUALITÀ
DEL DIO DELLA STORIA
Per il card. Ruini, «il Dio della fede cristiana è
dunque sì il Dio della metafisica, ma è anche e allo stesso modo, il Dio della
storia, il Dio cioè che entra nella storia e nel più intimo rapporto con noi. È
questa, secondo Joseph Ratzinger, l’unica risposta adeguata alla questione del
Dio della fede e del Dio dei filosofi». Nell’attuale clima culturale, ha detto
il card. Ruini, «l’uomo con le sue sole forze non riesce a fare completamente
propria questa “ipotesi migliore”: egli rimane infatti prigioniero di una
“strana penombra” e delle spinte a vivere secondo i propri interessi,
prescindendo da Dio e dall’etica». Soltanto la rivelazione «ci rende davvero
capaci di superare questa penombra». Di qui l’atteggiamento più diffuso oggi
tra i non credenti non è propriamente l’ateismo, ma «l’agnosticismo, che
sospende il giudizio riguardo a Dio in quanto razionalmente non conoscibile».
Ma, per Ratzinger, l’agnosticismo «è un programma non realizzabile per la vita
umana» perché «la questione di Dio non è soltanto teorica ma eminentemente
pratica, ha conseguenze cioè in tutti gli ambiti della vita». Insomma, se Dio
esiste, «non può essere un’appendice da togliere o aggiungere senza che nulla
cambi, ma è invece l’origine, il senso e il fine dell’universo, e dell’uomo in
esso». Nella “assolutizzazione” della ragione secolare, propugnata da Habermas,
«abbiamo – ha chiarito il porporato – in qualche modo il corrispettivo, a
livello teoretico, di quella “dittatura” o assolutizzazione del relativismo che
si verifica quanto la libertà individuale, per la quale tutto è finalmente
relativo al soggetto, viene eretta a criterio ultimo al quale ogni altra posizione
deve subordinarsi».
RAPPORTO GLOBALE
CON LA SOCIETÀ
Dopo la relazione ampia e articolata del presidente
della Cei, i successivi interventi hanno chiarito meglio i diversi ambiti del
dialogo e confronto a vasto raggio, che costituisce la fase nuova del Progetto
culturale, in una visione ampia e complessa che investe il rapporto globale e
l’apporto globale della Chiesa alla società italiana. Andrea Riccardi nel suo
intervento sull’argomento “futuro” ha sottolineato così che «per l’India e la
Cina il futuro vuol dire l’espansione economica e politica su un modello
abbastanza classico, anche se fatto per vie inedite», mentre «per il mondo
islamico il futuro è discusso tra la prospettiva bellicosa e fondamentalista e
quella di un’occidentalizzazione delle società». Ancora: «La negazione del
futuro nei mondi più poveri – come l’Africa – è un terreno pericoloso, la cui
carica esplosiva non siamo in grado di individuare ma solo di segnalare». In
Europa, infine, si avverte «la mancanza di una proiezione sul futuro che sia
investimento, orientamento delle energie migliori ma occorre raccogliere la
sfida: qual è il contributo dell’Italia e dei paesi europei e a che servono nel
sistema mondo?».
Da un lato c’è il «pericolo d’una visione puramente
strumentale delle scienze» al quale è connesso il rischio che la ricerca non sia
libera, perché legata a interessi particolari, come quelli economici.
Dall’altro vanno faticosamente ricercati “criteri di indirizzo” per le
questioni delicate che la scienza va a toccare. Si è mossa tra questi due poli,
uno teorico, l’altro etico, la relazione di Giandomenico Boffi, ordinario di
Algebra all’università di Chieti-Pescara, secondo cui la conoscibilità
dell’uomo e del mondo resta molto al di là e si aprono spazi per «ulteriori
dimensioni della razionalità». Andrebbe, però, prima di tutto sgombrato il
campo da una visione strumentale delle scienze, anche se la ricerca libera «è
cosa ben diversa dalla facoltà di sperimentazione senza vincoli talvolta
reclamata, per lo più in riferimento alle scienze biomediche». Va considerato,
poi, che la ricerca non nasce nel vuoto, ma «risponde a problemi aperti nella
comunità scientifica, oppure a stimoli provenienti da altre discipline o dalla
società», evidenziando l’esistenza di una «dimensione organizzativa e
pragmatica della scienza che – visti i risvolti di carattere etico – chiama in
causa un «sereno dialogo tra comunità scientifica e società circostante», il
cui obiettivo deve essere «operare un difficile discernimento tra quello che
non attiene all’esclusiva competenza degli addetti ai lavori e quello invece
che gli attiene e che va sottratto agli incompetenti, ai demagoghi, ai
propagandisti di affascinanti estrapolazioni ideologiche».
Al teologo don Piero Coda, docente alla
Lateranense, è toccato il compito di evidenziare che «la nube della non conoscenza
è squarciata definitivamente: com’è avvenuto per il velo del tempio di
Gerusalemme nell’atto stesso del morire sulla croce del Logos fatto carne». E
quindi «il nostro tempo – fa notare il sacerdote – esige il coraggio delle
grandi visioni che si alimentano dell’attualità sempre viva del Vangelo e che,
proprio per questo, sanno intercettare le istanze che vengono dai segni dei
tempi». In particolare «la razionalità scientifica moderna – prosegue Coda –
ritaglia per sé uno sguardo sulla realtà e un metodo di osservazione della
stessa che non può pretendere all’assolutezza e alla totalità». Essa invoca
piuttosto «l’inserzione di quella razionalità “più ampia” che sa disincagliarsi
da un’astratta separazione contrappositiva tra sapere della fede e sapere delle
scienze». E in questo senso si può alimentare «un autentico dialogo e una
libera cooperazione tra le discipline», che tali sono perché «illuminate da
quel Logos da cui scaturisce e verso cui tende ogni autentica ricerca della
verità». Posizione dialogante che costituisce non certo «un passo indietro
rispetto al Vaticano II», ma anzi «un coerente e necessario passo in avanti».
Se, infatti, il concilio «ha orientato la Chiesa cattolica a imboccare la
strada del dia-logos, l’invito del papa ci orienta a tirare le estreme
conseguenze della strategia conciliare». Una strategia di cui le dinamiche
culturali sempre più complesse «rendono evidente l’ineludibilità».
“RIFLESSIONE PERSONALE”
DEL CARDINALE RUINI
E così l’intervento di don Coda si è saldato con la
“riflessione personale” proposta al mattino dal cardinale Ruini, allo scopo di
«chiarire ulteriormente il punto decisivo del discorso che intende risalire a
Dio dall’intelligibilità dell’universo».
Per il porporato, è necessario correggere «la
scelta compiuta da Kant» per il quale «non è la nostra conoscenza a doversi
regolare sugli oggetti, ma al contrario gli oggetti sulla conoscenza», per «la
corrispondenza tra la matematica, creazione della nostra intelligenza, e le
strutture reali del mondo fisico, corrispondenza che è continuamente verificata
dai successi delle scienze e delle tecnologie e che implica una conoscibilità
di fondo – per quanto imperfetta e sempre in progresso – del reale da parte
della nostra intelligenza».
Perciò, si ripropone inevitabilmente “la domanda
sull’origine di tale corrispondenza e quindi sulla “ipotesi” dell’Intelligenza
creatrice, ossia di Dio». Questo superamento di Kant non è un rifiuto degli
«sviluppi della cultura degli ultimi due secoli», ma serve «a propiziare il cammino
ulteriore che sta davanti a noi», adottando, come ha detto il papa a Verona, un
«taglio coraggioso che diviene maturazione e risanamento», «tipico del
rapportarsi della fede cristiana alle culture e alle forme di razionalità di
tutte le diverse epoche e che non esclude affatto, ma al contrario garantisce e
favorisce l’accoglienza e lo sviluppo dei loro valori autentici».
RISULTATI
RAGGIUNTI
In questi dieci anni di sviluppo del Progetto
culturale la Chiesa ha maturato quattro acquisizioni, come ha ricordato un
comunicato diffuso al termine dei lavori del Forum. Primo: lo sviluppo del
progetto culturale si caratterizza come il consolidamento e il radicamento
della prospettiva gradualmente concretizzata a partire da Palermo, della quale
ora si riconosce la pertinenza e l’efficacia sia in chiave formativa, che in
prospettiva missionaria. Secondo: emerge l’esigenza di sostenere la capacità
dei laici di dire parole e di proporre gesti di senso rispetto alla
responsabilità dell’animazione cristiana delle realtà sociali e rispetto alla
testimonianza di vita nel quotidiano. Terzo: servono delle occasioni e dei
luoghi di confronto anche a livello locale, rendendo capillare quella dinamica
di raccordo, di incontro e di elaborazione che si è espressa in questi anni a
livello nazionale. Quarto: emerge rafforzata l’esigenza da tutti avvertita di
tenere unite una riflessione a tutto campo che aiuti ad «allargare gli spazi
della nostra razionalità» (Benedetto XVI) e il sostegno di un cattolicesimo
popolare, evitando che esso diventi un “cristianesimo minimo” e sia invece un
cristianesimo capace di produrre anche una condivisione di idee e di scelte che
segnino la testimonianza personale e comunitaria in Italia.
Fabrizio Mastrofini