LECTIO DIVINA QUOTIDIANA
QUANDO DIO PARLA AL CUORE
Natura e funzione
della lectio è di aprire e accompagnare la giornata, come costituisse il
respiro segreto e cadenzato, il punto di riferimento d’ogni giorno della vita,
senz’alcuna eccezione. Non è qualcosa di speciale, da fare una volta alla settimana,
ma qualcosa che va collocato all’inizio di ogni giornata.
Oggi si parla molto di lectio divina, forse ancor più di quanto la si
pratichi realmente e quotidianamente. Vogliamo offrire con queste pagine
qualche semplice suggestione sulla natura, ovvero sul concetto e sulla
metodologia, di questa preghiera che apre ogni giorno la nostra vita di
apostoli e consacrati, preghiera che la tradizione ci consegna e che la
spiritualità moderna non fa che raccomandare a ogni credente. Quanto più a un
consacrato!
La vedremo alla luce di quattro caratteristiche: lectio matutina, divina,
continua, vespertina (o nocturna).1
LECTIO
MATUTINA
La maturità spirituale o la sintonia coi desideri di Dio nasce e cresce
ogni giorno esattamente attraverso la lettura per eccellenza della vita del
credente, quella delle Scritture sante, e più in particolare tramite la lettura
della Parola-del-giorno. Non potrebbe avere altra fonte, altra scuola, altro
contenuto, altro maestro, altro ritmo quotidiano e mattutino…
Lectio… straordinaria?
Forse non è particolarmente originale dire questo, la lectio è entrata
ormai nella cultura del credente, all’interno di quel movimento di ritorno alla
centralità della Parola innescato dal concilio, e che senz’altro è stato uno
dei suoi frutti più belli. Eppure si ha l’impressione che si stenti ancora a
comprenderne la natura profonda, ben oltre il fatto d’esser una pratica di
pietà, più o meno facoltativa. La meditazione della Parola è ciò che
normalmente apre la giornata del credente e del discepolo, il quale è tale
proprio perché crede nella Parola, si nutre d’essa, e solo d’essa, secondo il
menù preparato dal Padre ogni giorno, e dunque della Parola-del-giorno, quella
di cui tutti i credenti in tutta la Chiesa sono invitati a nutrirsi. Natura e funzione
della Parola-del-giorno è quella di aprire e accompagnare la giornata, come
costituisse il respiro segreto e cadenzato, il punto di riferimento d’ogni
giorno della vita, senz’alcuna eccezione, e senza pure esser essenzialmente in
funzione del proprio ministero, della catechesi o della predicazione o dello
studio personale, quasi usandola in modo interessato.
Ogni giorno, ogni mattino
Per questo motivo non può esser solo qualcosa di speciale, da fare una
volta alla settimana, perché costituisce invece ciò che dà il ritmo a ogni
giorno, quasi la sua unità di misura, ciò che la raccoglie attorno a un centro
che le affida un compito, qualcosa che non può mancare per nessun motivo e che
va collocato ragionevolmente all’inizio della giornata: ogni vocazione,
infatti, è mattutina,2 prim’ancora che io mi svegli e dia il via alle corse
quotidiane essa è già all’opera, già pensata e pronunciata dall’Eterno, alta e
luminosa come il sole che sorge sul giorno che sta per cominciare.
E così la Parola-del-giorno: è mattutina per natura sua, perché contiene e
svela la vocazione di colui che la legge, perché non solo la Parola-del-giorno
apre la giornata, ma perché ha la precedenza su tutto il resto, sulla mia
agenda, su quella fila di pensieri che affollano la mia mente non appena mi
sveglio, pretendendo ognuno la precedenza, e che spesso hanno il potere di
diventare subito pre-occupazioni; e al tempo stesso la Parola di oggi è ciò che
dà senso e ordine a quel che farò durante il giorno, che dà intelligenza al mio
essere e rende attento il mio agire.
Il buongiorno di Dio
La Parola-del-giorno è il buongiorno di Dio al mio risveglio, come un
messaggio puntuale e sempre nuovo, che non cessa di trasmettermi giorno per
giorno il suo piano amoroso; per questo non può che essere una lectio amorosa.
Per questo, soprattutto, senza la lectio del mattino io perdo la chiave di
lettura della mia persona, come fossi privo d’intelligenza e ignorante, il
giorno si preannuncia vuoto e insensato, gl’impegni diventano dispersivi, i rapporti
umani superficiali o ambigui, gl’imprevisti una rottura che viene a spezzare il
ritmo che io pretendo d’aver impresso al mio tempo, mentre l’agitazione nervosa
di fronte alle tante cose da fare prende il sopravvento e sottrae la gioia
pacata (come in Marta), e poi siccome sono tante, davvero tante, devo correre e
non posso stare a fare meditazione o dedicarle troppo tempo... Mica sono un
novizio, poi!
Che tristezza quando la meditazione diventa semplice pratica di pietà o
obbligo disciplinare, e non è cercata come dono, come dono di Dio che
m’illumina, come ordo o regola-di-vita che dà ordine alla mia giornata, come
parola autorevole che mi assegna un compito da attuare durante il giorno, come
gesto affettuoso di chi si prende cura di me, come amore preveniente che ha la
precedenza su tutti i miei appuntamenti, oasi che calma la mia fretta e sgonfia
le mie ansietà…
LECTIO
DIVINA
La lectio si chiama divina proprio perché è Dio l’autore di quella parola,
è Dio che mi parla attraverso essa, è l’Eterno che l’ha ispirata, e non un Dio
lontano nel tempo, ma quello che oggi mi rivolge quella parola, e «se lo
Spirito ha ispirato Isaia, quello stesso Spirito ha scelto anche questo momento
e questo versetto, sul quale io mi soffermo…, per darmi un aiuto e quasi una
seconda ispirazione»;3 e se Dio ne è il soggetto, ne è anche l’oggetto, è Dio
che mi parla di sé, che mi svela il mistero, e sempre secondo la sua sapiente
pedagogia che tiene conto delle mie limitate capacità, cioè ogni giorno
svelandomene un aspetto nuovo, inedito, che risponde alle mie reali necessità
del momento, che lui conosce molto meglio di me, “per la razione d’un giorno”
(Es 16,4), come la manna un tempo, e risponde pure alle reali domande del cuore
in questo preciso oggi della mia esistenza, quelle che Dio stesso ha posto in
me e che lui solo conosce.
Teofania
e antropofania
E non solo Dio mi parla di sé, ma anche di me; non è solo una teofania che
apre la mia giornata di credente e discepolo della Parola, ma un’antropofania.
Attraverso la quale il Padre e Creatore mi svela progressivamente anche la mia
personale identità, la mia vocazione, come abbiamo accennato prima, quello che
sono chiamato a essere per divenire conforme al Figlio suo e avere i suoi
sentimenti. E anche questa rivelazione è situata nell’oggi, ovvero mi dice quel
che oggi il Signore mi dona e pure mi chiede. Quasi potremmo dire che mi
consegna il compito per questa giornata che va a cominciare, e che io potrò
accogliere e portare a termine solo se lo accetto dalle sue mani, dentro un
dialogo d’amore, come è e dev’esser la meditazione del mattino.
E la cosa singolare, e misteriosa, è che le due rivelazioni in qualche modo
coincidono, poiché la mia identità è dentro quella di Dio, per così dire,
perché in quella stessa Parola che parla di Dio sono invitato a cogliere anche
la mia vocazione, il mio modo di rassomigliargli, il mio progetto esistenziale,
il mio nome nascosto nel suo. Proprio perché viene da Dio e parla del Dio
eterno e immutabile, la Parola-del-giorno parla anche di me nell’oggi della mia
vita. E allora va accolta nel silenzio delle parole umane, nel raccoglimento
interiore con cui ci s’avvicina al mistero, nell’attesa di chi si prepara a
ricevere un tesoro che gli verrà messo tra le mani, con la meraviglia di chi
conosce l’agire di Dio ed è abituato alle sue sorprese cui non ci si abitua
mai. In una parola va accolta con atteggiamento tipicamente mariano.
Come Maria
Perché la Parola-del-giorno mi viene incontro, in realtà, come l’angelo che
apparve a Maria il giorno dell’Annunciazione, e Maria è l’immagine
dell’autentico credente che l’accoglie davvero da discepolo della Parola, con
tutto il suo carico di mistero, con il timore e tremore di chi sa di trovarsi
dinanzi a Dio, dinanzi a una Parola che è dolce nella bocca, ma amara nelle
viscere (cf. Ap 10,9), ma pur sempre dinanzi a un progetto che ha Dio per
autore, e che dunque sarà Dio a portare a termine.
Nel mosaico di p. Rupnik nella cappella della “Casa incontri cristiani” di
Capiago dei padri dehoniani, la scena dell’Annunciazione è resa in modo da
sottolineare proprio questo turbamento umano che poi s’apre alla fiducia,
perché illuminato dalla certezza che si tratta d’una iniziativa divina. Maria,
infatti, nel mosaico volge stranamente le spalle all’angelo che le parla e
guarda pensosa addirittura dall’altra parte. L’angelo, allora, ne rimane così
intenerito che, per proteggerla, allunga la sua ala, quasi avvolgendola, ma
insieme scosta l’ala stessa, per non fare rumore e incutere spavento,
sconcertando ulteriormente Maria. Gesto d’infinita dolcezza! Maria, a questo
punto, lascia cadere la mano, ma al tempo stesso la apre. È ancora il suo
turbamento, ma è anche gesto di disponibilità. Non capisce – come potrebbe? –
ma ha compreso che è il Signore e questo le basta: “sono la tua serva, fa di me
quello che a te piace”. È l’Ecce ancilla, che incontra l’Ecce venio di Gesù
(cf. Eb 10,9), il Verbo che bussa alla sua porta.4
Parola-del-giorno e “giorno fatto dal Signore”
Come può una giornata diventare “giorno fatto dal Signore” (Sal 118,24,
come canta la liturgia del giorno di Pasqua), messo in atto da lui per compiere
la salvezza attraverso una creatura chiamata e plasmata per questo, se non
partendo dalla Parola, accolta con atteggiamento tipicamente mariano? Solo
allora quella giornata qualsiasi, feriale e ordinaria, è riscattata dalla
possibile banalità dei giorni che scorrono rotolando uno sull’altro senza
lasciar traccia alcuna sul vivente, e si preannuncia come giorno di formazione
permanente.
Grazie all’atteggiamento di colui che accoglie e legge la Parola come
lectio divina, non umana, con tutto ciò che questo significa e implica in
pratica per la coscienza del credente. è Dio che mi dà l’appuntamento, non io
che assolvo a un obbligo o che scelgo di fare una cosa bella, ma tutto sommato
facoltativa, che posso permettermi di fare quando mi sento di farla, quando c’è
un testo che mi piace o andando a scegliermelo (o aprendo, peggio ancora, la
Bibbia a caso), o quando e finché sono nella formazione iniziale e se l’orario
lo prevede, quando ne ho il tempo e magari comprimendola nel ritaglio di tempo
che le posso “concedere” (bontà mia! con tutto quel che ho da fare…).
Non si tratta d’esser moralisti (non è questo, in genere, il problema
oggi), ma di capire, ancora, che siamo di fronte a un dono che anticipa l’agire
umano, che l’iniziativa è di Dio, il Padre-maestro della mia formazione
permanente, che gode di stare con me, che ogni giorno pone mano al suo progetto
e mi chiama e mi propone un passo avanti, una nuova meta, definita da lui e
dalla sua Parola, proprio perché la mia formazione abbia un preciso punto di
riferimento, ogni giorno, e non giri a vuoto. E io non corra il rischio di
divenire uno splendido ignorante (quanto analfabetismo biblico-teologico di ritorno
in tanti consacrati!)…5
Come potrei non tener conto di questo invito, sottovalutarlo e trattarlo
con sufficienza, o ritenere che il mio cammino di crescita possa avere altri
punti di riferimento al di fuori della sua Parola, nella quale anch’io, come
tutte le cose, sono stato creato, pensato, amato?
LECTIO
CONTINUA
Con le prime due sottolineature abbiamo indicato soprattutto il contenuto
della nostra conoscenza (e formazione) quotidiana, con le prossime due
indichiamo in particolare il metodo che ci porta allo stesso obiettivo
conoscitivo e formativo.
La lectio nella giornata
La lectio è continua quando segue in modo regolare il medesimo libro della
Scrittura, senza interruzioni o salti di sorta. Ma non è questo il senso che
noi attribuiamo ora all’espressione: la lectio è continua quando l’approccio
meditativo mattutino alla Parola-del-giorno continua lungo la giornata. Ovvero,
quando la Parola che ha aperto la giornata la accompagna nel suo svolgersi,
d’istante in istante, fino a sera, in qualche modo compiendosi in essa. È per
questo, in fondo, che la Parola è stata detta da Dio, non per una semplice
consolazione spirituale del pio lettore, ma per incarnarsi nella storia, nella
piccola storia di ciascuno di noi, e realizzare salvezza. Altrimenti siamo
simili a quel terreno pietroso di cui dice Gesù, che ha accolto all’inizio con
entusiasmo la Parola e fatto germogliare i semi, lasciandoli poi inaridire (cf.
Lc 8,6.13). Non basta la prima adesione mattutina.
La Parola fecondata dagli eventi
Quella Parola, allora, come dice il profeta (Is 55,10-11), non tornerà al
Padre così come è uscita dalla sua bocca, bensì ricca di ciò che ha operato nel
cuore del credente, ma ciò avverrà solo se la giornata del credente, e dunque
la sua vita, la sua persona, i suoi affetti, le sue relazioni, persino i suoi
fallimenti e delusioni…, tutto, insomma, diventa come un grembo, come il grembo
di Maria, ancora, che ogni giorno partorisce una parola sempre nuova di Dio.
È lo schema rigorosamente biblico della Parola fecondata dagli eventi. La
Parola-del-giorno è seme divino, da Dio seminato nel terreno della nostra
giornata: sarà solo l’incontro tra i due elementi che consentirà alla Parola di
svelarsi pienamente, d’esser compresa in tutta la sua ricchezza, di compiersi
in maniera sempre nuova e inedita per la salvezza. Quel compimento, o tutte
quelle fasi che portano a esso, è la nostra formazione permanente ordinaria.
A che serve, infatti, una meditazione accurata e condotta secondo le
moderne e classiche regole della lectio, se resta confinata in uno spazio
rigoroso? A che pro meditare, passando ordinatamente e con certo sussiego
attraverso lectio, meditatio, oratio, contemplatio, discretio…, se questo non
continua poi lungo il giorno? Come si può parlare di unità di vita attorno alla
Parola se il credente non trova il modo di proseguire durante le attività
quotidiane il suo rapporto con quella Parola specifica? Sarebbe come uno che si
nutre anche abbondantemente (della Parola), ma poi non fa movimento (=non fa
circolare la Parola lungo la giornata). Ovvero c’è in noi una certa abbondanza
di conoscenza della Scrittura, ma con scarso risvolto e coinvolgimento
esistenziale; e la Parola rimane sterile in un discepolo sterile, che magari
non ricorderà nemmeno durante il giorno quale Parola ha dato l’avvio al giorno…
Credo che sia uno dei limiti dell’interpretazione odierna della lectio, che
finisce per relegare l’incontro con la Parola a un momento della giornata, per
quanto dignitosamente gestito. È, tutto sommato, un’interpretazione riduttiva e
debole, che fa della lectio una pratica di pietà qualsiasi e non rispetta la
centralità assoluta della Parola nella vita del discepolo, non solo in teoria o
nella sua testa di studioso (quando va bene). In particolare nella vita così dinamica
e complessa dell’apostolo canossiano oggi è fondamentale chiarire questo punto,
nel quale consiste buona parte di quella che chiamiamo formazione permanente
ordinaria, quotidiana.
Sarà certo indispensabile l’approccio mattutino con la Parola-del-giorno,
ma senza pretendere d’esaurire in quel momento il rapporto con la Parola
stessa. Quello è solo il primo approccio, destinato a segnare la giornata e
continuare in maniera sempre più intensa e articolata nella giornata stessa. In
che modo?
Con alcune attenzioni metodologiche riguardanti sia il momento specifico
della meditazione che il séguito poi della giornata.
Custodire la Parola
Anzitutto, in concreto, dalla meditazione del mattino è importante che il
lettore ne venga via con una Parola, un versetto, una scena o immagine
precisa…, ciò in cui sente concentrarsi il dono e l’appello del Signore per
quella giornata. Dice infatti Bossuet che, quando si medita e si coglie una
verità rilevante per la propria persona è importante fermarsi, e non passare da
un pensiero all’altro, da una verità all’altra: «tenetene una, stringetela
finché penetri in voi; legate a essa il vostro cuore, estraetene, per così
dire, tutto il succo a forza di strizzarla con la vostra attenzione».6 La
meditazione mattutina è più il momento dell’accoglienza che non quello della
comprensione, momento nel quale si lascia che la Parola o una parte d’essa
entri nel proprio cuore, per esservi custodita e conservata lungo la giornata
come un tesoro, anche se non è stata “capita” in tutto il suo senso (è
l’ascolto verginale, di chi, come Maria, non fa alcuna violenza alla Parola,
neppure per capirla o per capirla subito, cf. Lc 2,19.51).
Quella Parola così custodita assumerà sempre più un ruolo attivo nella vita
del credente, diventerà suo custode: «se conserverai e custodirai la Parola… in
modo che scenda nel profondo della tua anima e si trasfonda nei tuoi affetti e
nei tuoi costumi…, non c’è dubbio che tu pure sarai conservato da essa», dice
infatti s. Bernardo. E qui inizia la lectio nella giornata, o durante la
giornata.
Rimanere nella Parola
Quella stessa Parola conservata-custodita dovrà concretamente durante il
giorno diventare la radice d’ogni gesto e pensiero, affetto e desiderio…, in
modo che tutto nell’essere e nell’agire della persona trovi in essa la propria
sorgente e forza, come fosse piantato in essa, esattamente come il tralcio che
è unito alla vite (cf. Gv 15), o come se il credente desse in ogni circostanza
la parola a Gesù, fidandosi del vangelo e andando ben oltre il buon senso umano
o le proprie esclusive congetture. Così nasce di fatto la familiarità profonda
e appassionata con la Scrittura, mentre la Parola “rimane” nel cuore e nella
mente; ed è proprio questo rapporto costante e vitale tra la Parola-del-giorno
e il credente che dà luogo lentamente a quel processo d’incarnazione della
Parola stessa nella vita del discepolo, che ne renderà sempre più comprensibile
il mistero.
La formazione permanente è parte e frutto di questo processo, ed è già in
atto a questo punto, rinnovando la mente e mantenendola giovane e creativa.
Come ben dice Origene: «la nostra mente si rinnova, esercitandosi nella
sapienza, con la meditazione della parola di Dio e l’intelligenza spirituale
della sua Legge, e quanto più trae profitto quotidianamente dalla Scrittura, e
penetra in essa, tanto più si rinnova. Non so come possa rinnovarsi invece una
mente pigra nel leggere la sacra Scrittura e nell’esercizio della meditazione,
la quale ci permette non solo di capire ciò che abbiamo letto, ma anche di
chiarirlo ulteriormente e comunicarlo agli altri».7
Scommettere sulla Parola
Il passo successivo in tale cammino è il riferimento esplicito alla
Parola-del-giorno quando c’è da prendere qualche decisione lungo la giornata.
Ovvero si tratta di render la Parola che Dio ha in qualche modo consegnato al
credente criterio di discernimento in generale e punto di riferimento specifico
delle proprie scelte, piccole o grandi che siano; e noi sappiamo quante siano o
quante potrebbero essere le scelte che riempiono un giorno: la
Parola-del-giorno è compresa solo se e quando ogni progetto passa attraverso
essa, ne è filtrato e purificato nelle sue componenti impure, e solo quando
quella stessa Parola diventa l’unico motivo, l’unico fondamento, l’unica
spiegazione della decisione.
Anzi, lì nasce il credente, quando uno può dire, come Pietro quella volta
sul lago: «Signore, questa scelta la faccio solo poggiandomi sulla tua Parola,
non perché una certa logica umana vorrebbe portarmi in questa direzione, ma
perché mi pare che tu mi chieda questo attraverso quella Parola che ha aperto
oggi la mia giornata; anzi, un certo criterio umano mi condurrebbe altrove, ma
io voglio scommettere su quella Parola che m’hai donato, e proprio perché me
l’hai donata oggi so che essa ha qualcosa da dire a questa mia giornata e può
dar senso e vigore alle mie scelte, voglio credere che essa è vera e non
inganna, voglio provare cosa diventa la mia vita costruita solo in verbo tuo…».
Rigorosamente parlando, chi non ha mai fatto questo tipo di scommessa tratta la
Parola come un libro interessante, che magari parla di Marte e dell’ipotesi di
vita su quel pianeta. Ovvero, chi non ha mai scommesso sulla Parola non è
credente, tutt’al più è un’ipotesi di credente.
Compiere la Parola
Quando invece c’è il coraggio di scommettere sulla Parola allora la Parola
si compie e anche la nostra formazione si compie, ovvero diventa permanente nel
giorno qualsiasi. Si compie la Parola per la sua forza intrinseca, come disse
quella volta Gesù nella sinagoga di Nazaret (cf. Lc 4,21); ma anche perché di
fatto il credente la compie, le dà vita e sembianze umane, le dà visibilità e
calore nella sua persona, le dà originalità e novità nell’imprevedibilità del
proprio vivere quotidiano. Anzi, “uno diventa la Parola che ascolta (...). La
assimila come latte”.8 La compie come in Maria si compirono i giorni del parto
e diede alla luce Gesù.
Torniamo ancora per un attimo al mosaico dell’Annunciazione di p.Rupnik:
Maria vi è rappresentata con in mano un gomitolo di lana rossa appoggiato
discretamente sul suo grembo, mentre il filo già in parte srotolato dal
gomitolo giunge all’altra mano, la sinistra, tenuta aperta a significare
l’assenso della Vergine. Il filo rosso che dal grembo di Maria va fino alla
mano girando attorno alle dita indica che la decisione contenuta nel suo “sì” è
già un tessere la carne del Verbo. È il mistero dell’incarnazione: mistero
grande che può essere racchiuso nella misura piccola e limitata di ogni nostra
giornata, di ogni nostra scelta!
La Parola-del-giorno è come il filo rosso che lega tra loro tutti
gl’istanti della giornata, li connette tra loro dando unità alla vita e alla
personalità del credente, ma è anche il filo rosso con cui ognuno di noi tesse
la carne al Verbo nel grembo verginale della sua giornata, d’ogni sua giornata.
Con gelosa vigilanza e pazienza testarda, con senso di responsabilità e cuore
pensante. Senza pretendere che ogni giorno venga fuori chissà quale ricamo,
ovvero che ogni giorno vi sia chissà quale rivelazione e scoperta, ma
semplicemente “accontentandosi” di realizzare la propria vita in coerenza con
quella Parola, o di compiere quella Parola nel tessuto della vita.
Detto in altre parole: la formazione diventa davvero permanente, o diciamo
pure “si compie”, nell’ordinarietà della vita, ma grazie al dono quotidiano e
sempre nuovo della Parola, che trova terreno accogliente nel discepolo della
Parola, nel suo impegno fattivo, nella serietà con cui accoglie la Parola ogni
giorno, la conserva-custodisce in sé come un tesoro, rimane in essa facendone
la radice d’ogni espressione vitale, e il punto di riferimento d’ogni sua
scelta. È come un tessere e ritessere il tessuto della vocazione con il filo
della Parola. Così quella Parola si compie nella sua vita.
Formazione permanente nella dimensione ordinaria vuol dire in fondo passare
dalla concezione antica della meditazione come preghiera del mattino, a questa
logica della Parola-del-giorno che abbraccia tutta la giornata. O, altrimenti
detto, la formazione iniziale sta alla formazione permanente così come la
lectio matutina sta alla lectio continua.
LECTIO VESPERTINA
(O NOCTURNA)
E siamo alla fine della giornata. L’appuntamento con quella Parola che ha
aperto la giornata e che è proseguito lungo la giornata stessa, non cessa ma
continua ancora. Anzi, è sempre quella stessa Parola, che ha aperto la
giornata, che ora la chiude. Logico che sia così, in teoria.
Contemplazione grata
In altre parole, la lectio prosegue, prosegue con quella preghiera della
sera che è posta al termine del giorno del discepolo. Potremmo addirittura dire
che è più lectio quella della sera, che non quella del mattino. Perché? Perché
al termine della giornata il credente ha di fronte a sé non solo la Parola, ma
la Parola più gli eventi del giorno nei quali la Parola stessa s’è compiuta,
come prima abbiamo visto, dunque una Parola più chiara e comprensibile, più
evidente nel suo significato, più bella da contemplare, più viva e vivente. È,
in effetti, il momento della contemplazione. Di quella cognitio vespertina o
visione nuova, serale, forse notturna, comunque conclusiva della giornata, in
cui la luce s’oscura, il sole scompare, le voci tacciono, certe tensioni
s’allentano, ed è un’altra la luce quieta che illumina gli occhi e rende mente
e cuore capaci di intus-legere.
è la tipica contemplazione dell’apostolo, contemplazione piena di
gratitudine per quanto il Signore ha rivelato di sé, ma anche contemplazione
ruspante, terra terra, intrisa di storia, di vicende umane, di domande magari
rimaste inevase, di ansie che si sono riversate nel cuore dell’apostolo…, ma
tutto questo è ora lasciato aperto alla potenza della Parola e della
Parola-del-giorno, è luogo misterioso di grazia, per una rivelazione ancora non
del tutto chiara, per certi versi opaca, ma quanto basta perché l’apostolo vi
scorga il seme del Regno che sta per venire, i germi di quella salvezza che si
sta per compiere.
“Buonanotte, mio Dio”
E allora può pregare con Simeone: “Ora lascia, Signore che il tuo servo
vada in pace, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza…” (Lc 2,29-30).
Simeone pregò così al termine della sua lunga vita, dopo aver finalmente
“visto” la salvezza; il discepolo della Parola prega così al termine della sua
giornata, di ogni giornata, perché ogni giorno vissuto alla luce della Parola è
per lui giorno in cui si compie la salvezza. È la maturazione e maturità della
fede, favorita dall’intelligenza delle Scritture: gli occhi e tutti i sensi si
sono resi attenti, cuore e mente son sempre più intelligenti, capaci di “legger
dentro” il mistero, la persona intera sempre più docibilis per lasciarsi
formare ogni giorno dalla Parola-del-giorno.
E così il cantico del vecchio credente che saluta la vita diventa simile
alla buonanotte che il credente di oggi rivolge a Dio con cuore grato; come la
lectio matutina è il buongiorno di Dio, così la lectio vespertina o nocturna è
la buonanotte del discepolo. La giornata è proprio finita, attraversata dalla
Parola che s’è compiuta in essa. E l’animo è pieno di gioia, quella gioia serena
e distesa che concilia il sonno, e prepara una nuova giornata, in cui un’altra
Parola si compirà.
Pace e distensione
L’apostolo che ha faticato tutta la giornata non potrebbe concludere
diversamente la sua giornata, non potrebbe trovare altra distensione al di
fuori di quella che gli è offerta dal ritorno a quella Parola che ha aperto la
giornata e che ora vede come dispiegarsi lungo la giornata medesima,
raccogliendola e dandole un cuore, e quasi illuminarsi così d’una luce nuova.
Questo, ripeto, è distensivo, oltreché intrinsecamente formativo, perché
profondamente rappacificante, armonico, divino e umano, lineare e coerente (e
nulla è distensivo come la coerenza). E il religioso che ha annunciato
l’evangelo ai piccoli e agli umili ha bisogno di distensione, di distensione
vera, del corpo e della mente, al termine della fatica quotidiana, ne ha
diritto.
Nessuno dica, allora, che non fa la preghiera della sera perché è stanco,
perché vorrebbe dire che non ha capito nulla della natura della stessa preghiera
della sera, e perché sarebbe contraddittorio: proprio perché è stanco ha
bisogno dell’orazione della lectio vespertina e di quella pace profonda e
rilassante che solo dalla Parola può venire.
E stia attento, semmai, a non cercare forme strane e improprie di
distensione a fine-giornata (dando una sorta di libera uscita, più o meno
trasgressiva, a certi impulsi e istinti, in modi irriflessi, o semplicemente
cliccando e navigando…), forme distensive strane e improprie nel senso che, al
di là dell’esser moralmente rilevanti, non sarebbero in linea con la sua
identità e verità, e dunque sarebbero anche incapaci di dargli quel che lui
cerca e che esse sembrano promettergli, non potrebbero mai assicurargli la vera
distensione della mente e del cuore, ma tutt’al più solo qualche briciola di
gratificazione dei sensi, subito bruciata da un retrogusto doloroso, ma pronta
poi a ripresentarsi sempre più esigente e prepotente, fino a renderlo
dipendente. Altro che distensione, qui nascono piano piano nuove schiavitù!
Ancora una volta, al di là della virtù o della fedeltà in senso morale, c’è
poca intelligenza e molta stoltezza nella facilità e leggerezza con cui molti
non s’accorgono di questi tranelli finendo per svendere dignità e libertà
personale e per smarrire la pace interiore.
Verifica di fronte alla Parola
Al tempo stesso la Parola dinanzi alla quale si conclude la giornata
diventa anche verifica molto realistica, punto di riferimento per un esame di
coscienza puntuale. Ed è del tutto logico e coerente con quanto abbiamo detto:
la contemplazione della Parola che s’è compiuta negli eventi del giorno,
renderà inevitabilmente più chiari ed evidenti quei momenti della giornata o
quegli atteggiamenti del discepolo che non hanno consentito alla Parola, per
quanto dipende dall’uomo, di compiersi e operare salvezza.
D’altronde è nella natura della Parola: non sei tu che la leggi e
contempli, ma è essa che ti guarda, ti fissa, ti rivolge uno sguardo tenero e
pure severo, ti accusa, ti ferisce, ti risana, ti salva, ti chiama, ti
accarezza, ti trafigge il cuore… Per questo la Bibbia appartiene a chi la
legge, perché ogni lettore sa che in un rotolo del libro c’è qualcosa scritto
su di lui e per lui (cf. Sal 40,8). E proprio questo, forse, si sente e scopre
ancor più nella preghiera della sera.
E così l’esame di coscienza assume importanza a partire anch’esso dalla
Parola-del-giorno, perché può esser fatto solo dinanzi a essa, per cui non sarà
mai ripetitivo e scontato (per poi finire per esser abbandonato come cosa non così
importante), ma mi darà di conoscere sempre aspetti nuovi della mia povertà e
debolezza. E così la conoscenza di me, del mio mondo interiore, cresce assieme
alla conoscenza di Dio, della sua Parola, della sua salvezza.
E si realizza così uno dei primi obiettivi della formazione permanente: la
capacità di lettura della vita alla luce dell’intelligenza delle Scritture.
Perché la vita sia “vera”.
p. Amedeo Cencini, canossiano
1 La presente riflessione di p. Amedeo Cencini fa parte del volume, il
terzo sulla formazione permanente, che uscirà con la San Paolo in aprile
intitolato La verità della vita. Formazione continua della mente credente. Qui
è pubblicata in anteprima con l’autorizzazione dell’autore e della Casa
Editrice.
2 Nuove vocazioni per una nuova Europa, 26.
3 Guitton J., Il lavoro intellettuale, 89.
4 Cf Guccini L., Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto,
13-14.
5 Al IV Convegno della chiesa italiana, celebrato a Verona, il monaco
Mosconi ha provocato soprattutto sacerdoti e consacrati a chiedersi, a 40 anni
dal Concilio:«Questo tempo che per la Bibbia è il segno d’una intera
generazione quanto è stato inquietato e trasformato dalla Parola? cosa ne
abbiamo fatto della Parola?» ( Cf. Mosconi F., «Meditazione», in Avvenire
18/10/2006,10).
6 Bossuet J., Méditations sur l’Evangile, cit. da G.Ravasi, Meditare e
masticare, in Avvenire, 17/05/1997, 1.
7 Origene, Commento alla Lettera ai Romani, 12,1-2.
8 Mosconi, «Meditazione», in Avvenire, 10.