AL CUORE DELLA CHIESA C’È IL CUORE DI GESÙ
La Chiesa è come la
tunica del Cristo che l’emorroissa può toccare ,come
il fango impastato della saliva di Gesù posto sugli occhi del cieco nato. È la
mano che rialza chi è caduto, il cibo che rinnova le forze per il cammino. Una
visione dell’Ortodossia.
L’Ortodossia non è affatto il cristianesimo nella sua forma semplicemente
«mistica»; non intende affatto cavalcare sopra le nubi e aprire gli spazi
celesti… Sa molto bene, infatti, che la situazione dell’uomo è quella dell’uomo
«ferito» lungo la strada da Gerusalemme a Gerico. L’uomo «oggettivo» delle vie
della storia è l’uomo debilitato, appesantito dalle passioni che lo bruciano,
confuso nelle sue percezioni, facile alle illusioni e ai miraggi, alla mercé
dei predatori: è l’uomo «malato», la pecorella smarrita che corre lungo il
ciglio del dirupo.
Quest’uomo rimane povero anche quando veste paludamenti
satanici; anche quando genera inenarrabili sofferenze e partorisce violenza,
egli resta pur sempre senza risorse, profondamente bisognoso, radicalmente
malato. È un pover’uomo sotto l’ombra della morte.
È nella luce di questa povertà che l’Ortodossia legge prevalentemente il
peccato dell’uomo.
Il peccato è certamente un atto libero e i Padri non hanno mai smesso di
sottolinearne il carattere arrogante: spesso lo definiscono come tracotanza,
superbia, trasgressione, ingiustizia, allontanamento o esilio, caduta nel
«contro natura», ecc.
Tuttavia, si è sempre conservata in essi un’indistruttibile convinzione: il
peccato è una malattia dell’uomo; il peccatore è un essere che ferisce e si
ferisce, distrugge e si auto distrugge.
Se da una parte il peccato è frutto della forza dominante delle passioni
che abitano l’uomo, dall’altra è lesione che rende il peccatore stesso ancor
più debole, ferito e schiavo. Schiavo di sé e insieme schiavo di colui che è
nemico dell’uomo e di Dio.
Come si legge nel Canone o Poema del pentimento di Andrea di Creta:
«Tutto ferite e piaghe io sono. I colpi del nemico anima e corpo hanno
trapassato: ferite e mutilazioni inferte dalle mie coscienti passioni»...
Se il buon samaritano non fosse passato per la strada da Gerusalemme a
Gerico l’uomo sarebbe davvero senza speranza e conoscerebbe continuamente il
gusto amaro del limite e del peccato. Ma non è così: all’uomo è stata ridata la
possibilità della vita risanata, della vita vera, «in lui», nel Signore Gesù,
vero buon samaritano dell’umanità (cf. s. Ireneo,
Contro le eresie, Lib. 3,17,3: SC 34,306; s. Massimo
il Confessore, Lettera 11:
Dopo il peccato, infatti, «l’uomo non è lasciato solo a tentare, in mille
modi spesso frustrati, un’impossibile scalata al cielo: vi è un tabernacolo di
gloria, che è la persona santissima di Gesù il Signore, dove divino e umano si
incontrano in un abbraccio che non potrà mai essere sciolto: il Verbo si è
fatto carne, in tutto simile a noi eccetto il peccato. Egli versa la divinità
nel cuore malato dell’umanità e, infondendovi lo Spirito del Padre, la rende
capace di diventare Dio per grazia» (Orientale lumen, 15).
Il «cuore malato dell’umanità» è raggiunto dalla potenza sanante del
Risorto e può incominciare così la guarigione della creatura umana, piegata dal
peccato e tradita dalla sua presunzione. Il divino guaritore versa infatti il
vino e l’olio dello Spirito sulle ferite visibili e invisibili dell’uomo e ciò
che si compie è molto più di una superficiale cicatrizzazione: è la generazione
della nuova umanità in Cristo, una vera trasformazione o ricreazione della
forma vivente dell’uomo perché sia secondo verità figlio nel Figlio. Tutto
questo il Signore Gesù lo compie nella Chiesa, attraverso la potenza del suo
Spirito di guarigione. Nella Chiesa, infatti, tutto è in ordine al risanamento
dell’uomo: la Parola, i sacramenti, i ministeri.
Lo Spirito suscita la Chiesa come luogo del ristabilimento dell’uomo: essa
è come la tunica del Cristo che l’emorroissa può
toccare, come il fango impastato della saliva di Gesù posto sugli occhi del
cieco nato. È la mano che rialza chi è caduto, il cibo che rinnova le forze per
il cammino.
La Chiesa è il grande farmaco dell’uomo attraverso il quale il Cristo
Signore continua a guarire i lebbrosi, a sanare gli infermi, a far udire i
sordi e a far vedere i ciechi.
Attraverso i sacramenti, la guarigione del Signore Gesù continua a fluire
abbondante e ristabilisce l’uomo. A cominciare dal battesimo fino
all’Eucaristia, ai sacramenti specifici della guarigione e al compimento
ultimo nella Pasqua eterna.
Perciò, al cuore della Chiesa c’è lo stesso cuore di Gesù, il pastore e il
medico dell’uomo, colui che ha compassione dell’uomo e che si china su di lui
per sostenerlo, incoraggiarlo, rialzarlo, asciugargli le lacrime.
Basilio Petrà,
La Chiesa dei Padri, EDB, 2007