TEMPO DI QUARESIMA

APRIRE ADIO CHE BUSSA

 

La quaresima è tempo per aprirci alla novità che scaturisce dalla croce di Cristo, quale segno della nostra salvezza; tempo di diventare nuove creature facendo rivivere la grazia del nostro battesimo,di abbandonare gli idoli moderni e di rinnovarela nostra fedeltà al Dio vivo e vero mediante l’ascolto della sua Parola.

 

Quaresima: tempo di conversione, tempo per una profonda revisione di vita, tempo di deserto, tempo di preparazione alla festa delle feste che è la Pasqua, tempo per una comprensione sempre nuova del mistero pasquale nella nostra vita e in quella del mondo, tempo di guardare con attenzione a colui che è stato innalzato sulla croce e ha avuto il cuore trafitto, tempo di guardare a tanti crocifissi di ogni epoca, tempo di contemplare la luce che viene dal sepolcro vuoto di colui che fu il desiderio dei colli eterni e che affascinò il cuore di Maria di Magdala.1

 

NUTRIRSI

DELLA PAROLA DI DIO

 

San Leone Magno scrive: «Alla scuola del nostro Redentore, impariamo che l’uomo non vive solo di pane ma di tutto ciò che è uscito dalla bocca di Dio. È opportuno che in questi giorni di quaresima il popolo di Dio desideri nutrirsi più della parola di Dio che non del cibo materiale».

In mezzo alle preoccupazioni che quotidianamente ci assillano sentiamo la voce del Signore che passa e parla: “Ascoltate oggi la sua voce e non indurite il vostro cuore!”.

Nutrirsi della parola di Dio vuol dire confrontare il nostro progetto di vita con il progetti di Qualcuno che sta al di là delle piccole cose che ci danno l’illusione della felicità, il progetto di Qualcuno che ci invita a seguirlo con fiducia e generosità. Nutrirsi della Parola vuol dire ascoltare attentamente la Parola della liturgia quotidiana, ruminare i salmi della liturgia delle ore, mettere in questione ciò che ci viene offerto come soluzione mirabolante ai nostri mali. L’uomo che ha sete di pienezza si domanda qual è il desiderio di Dio nei suoi riguardi. Indaga nel tempo della giovinezza, nell’ora delle decisioni, nei momenti di serenità e nelle ore della sfida e del dolore. La Parola incide nella nostra storia e ci rende “gravidi” di Dio. Beati coloro che ascoltano la Parola.

 

LA SOBRIETÀ

LIBERTÀ DAI CONSUMI

 

Il monaco benedettino, Vitor Antonio, osserva: «Tutti possiamo vivere meglio se impariamo a vivere con meno. Manifesteremo chiaramente la nostra libertà interiore nella misura in cui rinunciamo al consumo eccessivo».

Viviamo infatti in un tempo di consumismo e di spreco. Gli apparecchi più sofisticati diventano obsoleti da un giorno all’altro. I cellulari dell’ultima generazione si modernizzano continuamente così pure gli apparecchi fotografici. Siamo continuamente sollecitati a comperare il nuovo, l’ultimo prodotto, ad acquistare ciò che può esprimere uno status. Abbiamo vergogna di andare a una festa con lo stesso vestito usato l’anno precedente. Ci sono molti che consumano mangiando, bevendo, comprando cose non importanti, accumulando, aggiungendo continuamente cose a quello che già hanno. C’è un consumo persino delle persone. Ci sono coloro che si dicono innamorati e vivono con un uomo o una donna per un certo tempo. Finché credono bene. Poi cambiano compagno come si cambia la camicia, come se fosse un fatto derisorio essere fedeli. Siamo schiavi dei beni, del denaro, della posizione, della moda, di quello che gli altri possono pensare nei nostri riguardi. Bisogna semplificarsi interiormente se si vuole assaporare il gusto della libertà. Il tempo di quaresima ci mette in guardia dal non lasciarci fagocitare dal consumo, ci permette di condividere, di stare con gli altri non con l’intenzione di usarli, ma per la gioia di stare insieme con l’integrità di un cuore puro. Per possedere la libertà interiore è necessario rinunciare al consumo.

 

TEMPO DI ASCESI

E DI PREGHIERA

 

Paul Evdokimov, noto scrittore ortodosso, ha scritto: «L’ascesi cristiana non è mai stata fine a se stessa; è soltanto un mezzo, un metodo a servizio della vita e come tale dovrà adeguarsi alle nuove necessità. In altri tempi l’ascesi dei Padri del deserto imponeva digiuni e privazioni intense ed estenuanti; oggi la lotta è un’altra. L’uomo non ha bisogno di una sofferenza supplementare; cilicio, catene di ferro, flagelli correrebbero il rischio di estenuarlo inutilmente. La mortificazione della nostra epoca consiste nella liberazione dal bisogno di ciò che intorpidisce, dalla fretta, dai rumori, dagli stimolanti, dalla droga, dall’alcol sotto tutte le forme. L’ascesi consiste soprattutto nel riposo imposto a se stessi, nella disciplina della tranquillità e del silenzio, dove uno ha la possibilità di concentrarsi per la preghiera e la contemplazione, anche in mezzo ai rumori del mondo, del metro, tra la folla, nei crocevia di una città. Consiste soprattutto nella capacità di percepire la presenza degli altri, degli amici, in ogni incontro. Il digiuno, al contrario della macerazione imposta, consisterà nella rinuncia gioiosa del superfluo, nella condivisione con i poveri, in un equilibrio spontaneo e sereno».

All’inizio della quaresima abbiamo ascoltato il vangelo delle tentazioni nel deserto. Tutta la scena, in particolare in Luca, si svolge in un quadro di profonda intimità con Dio. Siamo davanti a un Gesù che prega. “Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto” (Lc 4,1). La quaresima è un tempo intenso di preghiera. Non si tratta soltanto di una preghiera ritualistica, ripetitiva, monotona e insipida e molto meno di una frenesia di persone esaltate che parlano e si agitano. Pregare vuol dire entrare nella preghiera che Dio suscita in noi. E lo Spirito è soffio di Dio.

I giorni della quaresima sono caratterizzati da una interiorità di spogliazione che ha a che vedere con la sabbia delle cose insignificanti, con il volteggiare della polvere mossa dal vento e con il silenzio necessario e pieno di verità. In questo quadro soffia lo Spirito di Dio e le persone respirano nell’Altissimo.

Come giungere a questa preghiera che sospira e produce in noi gemiti ineffabili? Bisognerà abbandonare le false sicurezze delle preghiere e e delle preci per lasciarsi guidare dallo Spirito che soffia dove vuole.

Lo pseudo Crisostomo osserva: «La preghiera è la messaggera che ci porta alla presenza di Dio, rallegra l’anima e rasserena il cuore. È desiderio di Dio, amore inesprimibile che non viene dagli uomini, ma è effetto della grazia divina, come dice l’apostolo: “Noi nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili” (Rm 8,26)».

Una preghiera del genere, quando il Signore la concede a qualcuno, è un cibo celeste che sazia l’anima. Chi ne fa l’esperienza si infiamma del desiderio eterno di Dio, come di un fuoco divorante che infiamma il cuore.

 

NEL DESERTO

PER INCONTRARE DIO

 

Che cosa avviene in noi quando vediamo delle immagini del deserto? L’impressione è di desolazione e insieme di bellezza. Coloro che hanno avuto l’occasione di attraversare tratti del deserto parlano di freddo di notte e di caldo di giorno, di sete e di estasi dinanzi al cielo azzurro.

C’è un deserto di sabbia. Queste immense estensioni sono marcate dal silenzio o dal rumore forte del vento, vento freddo, terribilmente freddo di notte e bruciante di giorno. C’è anche un deserto del nostro cuore. Niente. Nessuno. Aridità nella preghiera. Deserto perché le persone scompaiono, le sicurezze diventano dubbi, è un deserto di certezze. C’è il deserto della grande città, del traffico, dell’assoluto anonimato, di desolazione in mezzo alla folla.

Il deserto non è soltanto un territorio arido, ma è anche un luogo di morte a se stessi e di incontro con Dio. Per quarant’anni il popolo d’Israele camminò nel deserto. Gesù vi rimase quaranta giorni in digiuno e preghiera. Il deserto diventa luogo di lotta e di incontro con Dio. Osea dice che Dio gioisce di condurre la sua amata nel deserto per sussurrarle parole di amore. Il deserto si trasforma così in uno spazio di tenerezza di Dio. La quaresima è tempo di deserto, un tempo di tornare al silenzio per ascoltare i segreti di Dio.

Ma il deserto è anche occasione per spogliarsi di sé. L’uomo, nella sua nudità, è posto così senza alcuna maschera di fronte a due scelte: Dio o ciò che non è Dio. La conformità totale al piano della redenzione o il rifiuto della propria vocazione.

Il deserto è, inoltre, un impegno a camminare spogli, deboli e senza alcun appoggio umano, nel digiuno di qualsiasi cibo terreno, e persino spirituale, verso l’incontro con Dio. Non potremmo andare molto lontano se Dio stesso non ci mandasse il cibo come avvenne con il popolo di Israele che raccoglieva la manna ogni mattina. Si tratta di un impegno, di un test, di un tentativo nella fiducia che lo stesso Dio viene in nostro aiuto, nella nostra impotenza, per condurci fino a lui (René Voillaume).

 

IL DESERTO

E GESÙ

 

Il Deuteronomio offre un’interpretazione molto interessante della lunga permanenza nel deserto da parte di Israele. Era il disegno di Dio che in essa si manifestava: «Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi» (Dt 8,2).

Gesù iniziò la sua vita messianica propriamente detta ritirandosi nel deserto (cf. Mc 1,12; Lc 4,1). Qui, nella solitudine e nel silenzio il Padre gli farà prendere una coscienza attiva della sua identità e della sua missione. Poco prima egli aveva ascoltato la voce del Padre (Mc 1,11). E come se gli dicesse: «Farai delle opere intimamente unito a me, sempre attento a me, lasciandoti guidare da me, confidando in me».

È il momento di confrontarsi con la sua vocazione specifica di Messia-Servo, alla presenza del Padre. Per Gesù si tratta di rimanere a lungo nella solitudine inospitale. Lo Spirito lo conduce in questo luogo affinché contempli il futuro che lo attende, la missione che il Padre gli affida, come e in che misura dovrà affidarsi a lui.

Egli è il Messia e come tale ha da agire. Ma la sua sarà una missione costosa: non gli darà molte soddisfazioni. Il tempo del deserto sarà come un esame, un progetto che si definisce prima di intraprendere un’opera, la percezione degli atteggiamenti da prendere davanti al Padre e alla sua volontà.

Il tempo e il luogo preciso di questa prova non è importante. L’importante è che Gesù sia stato sottomesso a una prova, come era avvenuto con Israele.

Indubbiamente qui entra in gioco il simbolismo dei quaranta giorni e delle quaranta notti trascorse da Mosè a colloquio con Dio e in sua presenza (Es 24,18; 34,28). Gesù trascorre un periodo di tempo considerevole vicino al Padre, in comunicazione con lui. Ciò che interessa rilevare è che qui avviene una illuminazione a riguardo della sua missione, così come dovrà essere, una missione che Gesù dovrà tenere presente fin dall’inizio e che ha un significato globale. A mano a mano che gli avvenimenti andranno manifestandosi, Gesù accetterà sempre la volontà del Padre.

Il deserto è anche dimora di demoni, luogo di tentazioni. È qui che satana cerca di far fallire la missione di Gesù. Non abbiamo particolari per ricostruire la scena. Certamente Gesù fu tentato, ma si mantenne fedele: atteggiamento questo che manterrà per tutta la vita.

La quaresima è tempo per far rivivere in noi il mistero pasquale di Cristo, vale a dire, il mistero di morte e risurrezione, affinché nasca in noi l’uomo nuovo. André Louf, monaco benedettino, afferma: «L’intenzione di Dio è esattamente quella della felicità. Il desiderio che l’uomo avverte di realizzarsi, di diventare se stesso, non è illusorio. L’uomo è creato a immagine di Dio, è fatto per unirsi a Dio, per diventare Dio, come osano affermare i Padri della Chiesa. Egli trova però delle resistenze, quale conseguenza del primo rifiuto di Dio. Oggi però è necessario parlare in maniera diversa del peccato originale. La Bibbia si serve dell’immagine dell’uomo vecchio da cui bisognerà spogliarsi per raggiungere l’uomo nuovo in Cristo. Bisogna liberarsi dalle resistenze. L’essenziale è scoprirsi poveri, deboli, fare l’esperienza del bisogno assoluto della grazia di Dio».

Ciò sembra in contrasto con il bisogno di realizzare se stessi. Ma la ricerca di sé nella verità fa sì che uno si riconosca debole. Non esiste altra strada che quella della Pasqua che passa attraverso la morte e la risurrezione. È importante il momento in cui prendiamo coscienza della nostra radicale fragilità. In nessun modo si dovrà fuggire col pretesto di voler essere forti, generosi, resistenti. I moralismi non servono a nulla. Bisognerà attraversare ciò che gli antichi chiamavano la “fenditura del cuore”, una crisi che giunge in profondità. Allora la grazia si fa sentire. La forza di Dio si manifesta nella debolezza. Questo è l’unico cammino cristiano: quello seguito da Gesù. L’atteggiamento fondamentale nel cammino spirituale è di lasciarsi toccare dall’amore misericordioso. Fondamentale non è dire, ma fare l’esperienza.

 

TEMPO DI FAR CRESCERE

LA FEDE DEL BATTESIMO

 

La Chiesa chiede a ciascun battezzato ciò che diceva ai neofiti Gregorio di Nissa verso il 387: «Voi tutti che vi gloriate del dono della nuova nascita, mostratemi il cambiamento operato nel vostro comportamento. Ecco in che cosa consiste la trasformazione: mostrarsi riservati; essere contenti di ciò che si ha; disponibilità a condividere (…); preoccupazione per la verità e il rispetto di tutti» (Omelia nella festa delle luci).

La nostra quaresima dovrà essere un esame di coscienza battesimale. Durante questo tempo, fino alla notte di pasqua, la Chiesa per rinnovare, ringiovanire e rendere concreta la fede del nostro battesimo dovrebbe rivolgerci le seguenti domande:

“Credi in Dio Padre onnipotente, creatore del mondo che ci invita a fare di questa terra un’opera molto buona come egli ha voluto fin dall’inizio?”.

“Credi in Gesù Cristo, suo Figlio e nostro Signore, che è venuto ad abitare in mezzo a noi; lui che è morto e risorto per metterci in comunione con Dio e vuole che ci impegniamo a vedere in ogni essere umano un figlio e una figlia di Dio?”.

“Credi nello Spirito Santo, spirito di santificazione, di amore e di unità che ci suggerisce di vivere nella verità di Dio che è amore e che ci invita a essere sensibili a tutto ciò che ci avvicina e ci unisce alle creature umane?”.

“Se così credete, siete decisi a vivere nella Chiesa la fedeltà al vangelo per la grazia del battesimo che ci ha sottratto al peccato, e ci ha resi figli di Dio?” (p. Maurice Jourjon…).

In conclusione, la quaresima è tempo di aprirci alla novità che scaturisce dalla croce di Cristo, quale segno della nostra salvezza; tempo di diventare nuove creature facendo rivivere e rendendo effettivo il nostro battesimo, confermando così la nostra appartenenza alla Chiesa, popolo di Dio; tempo di abbandonare gli idoli moderni e di rinnovare la nostra fedeltà al Dio vivo e vero, mediante una scuola attenta alla sua Parola; tempo di salire sul Tabor con Gesù, di vivere nell’intimità con lui e di rallegrarsi della sua amicizia e tenerezza...; tempo di lasciarci toccare dal suo amore misericordioso; tempo di risorgere con Cristo e di mettersi al servizio del suo Regno.

 

1 Questo articolo nelle grandi linee è tratto dalla riflessione che la rivista Grande Sinal edita dall’Istituto teologico francescano di Petropolis, Brasile (gennaio-febbraio 2007) ha offerto ai suoi lettori. Il testo, a causa della sua lunghezza, è stato liberamente rielaborato per adattarlo ai nostri spazi.