PIEGATI MA NON SPEZZATI
Il libro rosso dei martiri cinesi è una straordinaria raccolta documentaria
di cristiani
cinesi «che hanno provato sulla loro pelle fino a che punto possa arrivare
la violenza di un potere che aveva deciso di sterminare i “nemici senza
fucile”». Le testimonianze riportate sono le memorie autobiografiche di persone
vittime della persecuzione comunista cinese dagli anni quaranta fino al 1983.
Il libro si presenta pertanto anche come un «forte atto di denuncia del maoismo
e dei suoi crimini».
LA STRUTTURA
DEL LIBRO
Fazzini, curatore del volume, ha voluto selezionare e raccontare cinque
storie di persecuzione e martirio cristiano. Si tratta di diari scritti di
prima mano dagli autori, o raccolte compilate da chi ha conosciuto gli stessi.
Un’ampia introduzione spiega le finalità della collezione, il contesto storico
e l’attuale situazione in Cina. Due appendici, in calce al volume, aiutano il
lettore a ripercorrere cronologicamente lo sviluppo della Chiesa in Cina dal
1921 al 2006 e lo status attuale della sua conformazione giuridica.
Soggiace, fra gli obiettivi del curatore, un intento ben preciso: far
risplendere la dignità, la fedeltà al Vangelo e alla Chiesa di uomini e donne
esposti per anni al coatto tentativo di rinnegare il cristianesimo. Leggendo le
testimonianze come non vedere in loro la figura di Gesù buon pastore che offre
la vita per il suo gregge e l’ energia di Paolo che affronta con coraggio la
“buona battaglia della fede”?
Dei protagonisti non vengono tralasciate le crisi, i dubbi, le paure,
dinnanzi ad accuse assurde e ingiuste, ma la fedeltà incrollabile al Vangelo e
l’amore incondizionato per la Chiesa prevalgono su tutto.
PRIGIONIERI
PER CRISTO
Il primo capitolo riporta il diario autobiografico di padre Tiande, oggi
novantenne. P. Tiande inizialmente esercitò il ministero a Canton ma fu poi
incarcerato nel 1953. Rinchiuso in un campo di lavoro forzato, visse
«quell’inferno» fino al 1983. «Seguendo la polizia fuori da Shishi non avevo
assolutamente paura. Al contrario, mi sentivo onorato. Quando avevo ricevuto il
sacramento della cresima avevo promesso che sarei stato un soldato coraggioso
di Cristo per tutta la vita. Non avrei esitato a soffrire e persino a
sacrificare tutto me stesso. Quando divenni sacerdote promisi ancora una volta
di offrire la mia vita per il Signore Gesù: “Vivere per lui e morire per lui”.
Oggi ricevo la grazia speciale del Signore di rendere testimonianza al Vangelo.
Era un avvenimento così gioioso».
Padre Giovanni Hung passò quasi 25 anni tra prigione e campo di lavoro
forzato ed è morto il 7 ottobre 2005. Momenti di profonda crisi furono quasi
all’ordine del giorno: «La vita di un prigioniero in Cina è più amara della
morte!»; «mi sentivo spesso prostrato dal pensiero di non rivedere più il mio
caro padre, i miei superiori, i miei fedeli. Tutta la mia vita sembrava
completamente tagliata fuori e gettata nel fiume. Durante questi periodi di
notte oscura della mia anima, causati dalla pressione mentale e corporale della
persecuzione comunista, soffrivo a tal punto da credere che non poteva esserci
cosa peggiore. Durante questi vent’anni di carcerato non avrei potuto resistere
se non ci fosse stato il ricordo della sacra Scrittura, se non avessi pregato
con i salmi che potevo ricordare».
Anche nella biografia di padre Li Chang raccontata dal cugino, possiamo
incontrare la medesima dignità, forza d’animo, sostenuta unicamente dalla
preghiera. Il penultimo capitolo è il diario di Geltrude Li, redatto in carcere
e pervenuto in Italia in modo davvero singolare: le 20 pagine scritte a mano
dalla ragazza furono cucite sotto la suola di p. Carbone missionario del Pime
espulso dalla Cina nel 1952.
La vicenda del libro più drammatica è la cosiddetta “via crucis” dei monaci
trappisti di Yangjiaping, iniziata nel 1947. Il racconto della loro straziante
storia inizia così:«Padre Antonio e due monaci vennero spogliati dei loro
vestiti e, nonostante il freddo pungente, appesi a un albero, con i pollici e
gli alluci legati insieme dietro la schiena. I soldati iniziarono a sparare
sopra le loro teste raffiche di fucilate, con l’intento di spaventarli e
costringerli a rivelare l’esistenza e il nascondiglio delle altre presunte
scorte di armi…i monaci erano ora come degli agnelli ammutoliti scortati al
macello». Furono poi arrestati, sottoposti a processi popolari, torturati
fisicamente e moralmente. Deportati in massa, per mesi furono costretti a
camminare lungo i sentieri ripidi delle montagne del nord, seminudi con le mani
legate dietro il dorso con filo di ferro. Sei vennero giustiziati e in questa
dolorosa via crucis morirono in tutto 33 monaci trappisti.
«È davvero un onore e un privilegio poter dare voce ai numerosi fratelli e
sorelle del mio popolo che hanno sofferto, spesso fino al martirio, sotto una
persecuzione molto dura, a tratti spietata». Le parole del card. Joseph Zen
Ze-Kiun vescovo di Hong Kong scritte nella prefazione riassumono con fierezza
l’incrollabile fedeltà al Vangelo della chiesa cinese, mai spezzata davanti
alla barbarie dell’ideologia comunista.
Agli inizi della persecuzione maoista i cattolici in Cina erano circa tre
milioni, e se oggi si constata la crescente fioritura della Chiesa, lo si deve
senz’altro attribuire anche a quella schiera di cristiani cinesi, fedeli al
loro battesimo fino al martirio.
Sergio Rotasperti
1 Fazzini G., (a cura), Il libro rosso dei martiri cinesi.
Testimonianze e resoconti autobiografici, Edizioni San Paolo - Pime, Cinisello
Balsamo 2007, pp. 271, €_16,00.