SETTIMO INCONTRO FORMATORI CAPPUCCINI
CRESCERE NELLA FEDE E IN UMANITÀ
L’importanza di un
confronto annuale sui temi della formazione cristiana, ecclesiale, religiosa. La
riscoperta della “essenzialità” della fede e dell’appartenenza alla Chiesa
locale nelle parole di mons. Gardin. Autentici maestri di vita cristiana _degli
uomini di oggi. I sogni di Francesco e quelli dei suoi figli.
Una rinnovata attenzione alla formazione iniziale e permanente è uno dei
punti centrali enunciati nella “lettera programmatica 2006-2012” del nuovo
ministro generale dei cappuccini, fra Mauro Jöhri. È un tema talmente centrale
che proprio nell’ultimo capitolo generale (settembre 2006), accanto all’ufficio
generale della formazione, è stata decisa la costituzione anche di un consiglio
internazionale della formazione allo scopo preciso di consentire «una visione
aggiornata di quanto avviene nel campo formativo».
Le ragioni di questa prioritaria attenzione vanno ricercate, in buona
parte, nel calo di vocazioni che anche tra i cappuccini, soprattutto nel Nord
Europa e in America, va assumendo proporzioni preoccupanti.
Su un totale di oltre 12.000 frati cappuccini attualmente diffusi nel
mondo, poco meno di un quarto, 3.000 circa, appartiene alla famiglia italiana,
suddivisa in una ventina di province. Sulla base delle statistiche degli ultimi
12 anni, aveva dovuto constatare fr. John Corriveau, il precedente ministro
generale, nella conferenza dei ministri italiani, giugno 2006, in Italia ci
sarebbe stato un calo del 35% dei frati cappuccini. Un motivo più che
sufficiente, questo, per «incoraggiare e sostenere un cammino unitario» fra le
diverse province italiane. L’eventuale unificazione di alcune province, aveva
osservato il definitore generale fr. Felice Cangelosi, non andrebbe perseguita
per pure “ragioni di sopravvivenza”, ma per il problema più generale della
rivitalizzazione del carisma dell’ordine. Lo sforzo di snellire le strutture
risponderebbe, quindi, a uno scopo ben preciso, quello di far sì che le
fraternità «siano ben radicate nella storia, distribuite capillarmente sul
territorio, puntualmente presenti nell’aiuto ai poveri».
FRATERNITÀ
VOCAZIONALI
Su questo sfondo generale si è svolto ad Assisi, dal 29 gennaio al 2
febbraio, il VII incontro nazionale dei formatori cappuccini italiani. È stato
promosso dal Segretariato della fraternità, uno dei quattro segretariati che
insieme a quelli dell’evangelizzazione, della carità e profezia e della
comunione francescana, è stato pensato e voluto ancora nel 2000 in vista di una
più completa riorganizzazione della presenza e dei servizi dei frati cappuccini
a livello nazionale. Da sette anni tutti i responsabili dell’itinerario
formativo (accoglienza vocazionale, postulato, noviziato, post-noviziato) si
ritrovano puntualmente presso la Domus laetitiae di Assisi, per un confronto a
tutto campo sui problemi vissuti nel campo della formazione.
In quest’ultimo incontro, i formatori presenti erano più di una quarantina,
provenienti da tutte le province italiane. Il ritrovarsi insieme ogni anno, è
un fatto straordinariamente significativo già di per sé, prima ancora delle
sollecitazioni che possono venire dai relatori e dagli esperti di volta in
volta chiamati ad animare gli incontri.
Il vantaggio di ritrovarsi per un confronto serio, anche molto critico, fra
“addetti ai lavori” nel campo delicatissimo della formazione – un campo sempre
più “dismesso” in molti istituti, per la semplicissima ragione della mancanza
di formandi! – è facilmente comprensibile. Sarebbe ancora molto più efficace se
insieme ai formatori ci fossero anche i loro rispettivi ministri provinciali, i
primi e ultimi responsabili – come era stato affermato con molta chiarezza
nell’ultima assemblea nazionale della Cism ad Olbia nel novembre scorso – anche
della formazione dei propri religiosi.
Nonostante il calo significativo, come s’è visto, anche tra i cappuccini,
le vocazioni, comunque, non mancano. È sicuramente frutto di una sapiente e
lungimirante strategia. In quasi tutte le province italiane dell’ordine,
infatti, è stata costituita una specifica fraternità che ha come scopo
principale quello dell’animazione vocazionale. Anche se i cappuccini per primi
sanno benissimo che tutte le loro fraternità indistintamente, già in quanto
tali, sono e debbono essere sempre più anche delle fraternità vocazionali,
eppure, là dove appena possibile, si fa di tutto per crearne una esclusivamente
addetta a questo scopo. È pur vero che i francescani, in genere, e forse
proprio i cappuccini in particolare, si muovono su un terreno vocazionale
privilegiato, spiritualmente trainati, ancora oggi dopo secoli di storia, da un
carisma universalmente conosciuto e amato come quello di san Francesco, a cui
si è aggiunto, in tempi più recenti, anche quello di san padre Pio.
Ciononostante, il confronto diretto, visto dall’esterno come è capitato al
sottoscritto, di una quarantina di formatori sui problemi, le difficoltà, le
sfide, successi e gli insuccessi di uno dei settori fondamentali per la vita di
un ordine, di un istituto religioso, è sempre stimolante.
CRISI
MOTIVAZIONALI
Il tema dell’ultimo incontro annuale di Assisi rientrava nella più
autentica spiritualità francescana: “In fraternità per crescere in umanità e
nella fede”. Il ministro generale dei cappuccini, impossibilitato a
parteciparvi, ha voluto essere presente con un suo breve messaggio. Ai
formatori ha ricordato soprattutto l’importanza della fraternità evangelica e
della spiritualità di comunione. Solo in questo modo la vita cappuccina potrà
essere realmente una vita «per la Chiesa e nella Chiesa».
L’intervento più atteso è stato sicuramente quello di mons. Agostino
Gardin, segretario del dicastero vaticano per la vita consacrata. Ha messo
subito le mani in avanti dichiarando di non voler svolgere una relazione vera e
propria. Si sarebbe limitato a esprimere alcuni “pensieri in libertà” con
l’unico scopo di favorire un dialogo fra i presenti. Anche in ragione della sua
precedente esperienza di ministro generale dei conventuali, gli era stato
chiesto di parlare di “un progetto formativo per la vita consacrata oggi”. Non
poteva non richiamarsi al progetto formativo dei cappuccini del 1993, un
progetto “molto apprezzabile”, ha detto, ma che forse, a distanza di anni,
meriterebbe una dovuta verifica. E infatti, proprio nel corso di queste giornate,
fra i temi all’ordine del giorno c’era anche l’anticipazione, da parte di fr.
Franco Carollo, di alcune linee guida per una revisione del progetto stesso.
Mons. Gardin, rifacendosi al tema che gli era stato proposto, ha esordito
sottolineando l’importanza di un’attualizzazione di ogni progetto formativo. La
formazione, infatti, non è un qualcosa che arriva da sé. Va pensata,
individuata nella pluralità delle metodologie e dei contenuti, in un contesto
in continuo cambiamento. Formare un candidato alla vita consacrata oggi è molto
diverso anche solo rispetto a pochi decenni fa. Rifacendosi anche al suo
particolarissimo e attuale “osservatorio” romano, ciò che colpisce
maggiormente, ha detto, sono le “crisi motivazionali” di quanti chiedono la
dispensa dalla vita consacrata.
Se c’è un valore sul quale si dovrebbe oggi insistere – non solo nella fase
della formazione iniziale, ma anche e soprattutto in quella permanente, fino al
punto da ipotizzare, se fosse possibile, dei “noviziati successivi” anche per i
religiosi maturi – è quello della fedeltà. È uno di quei valori che rimandano e
facilitano la riscoperta della essenzialità della vita consacrata, che
presuppone una fede radicale, un cristianesimo autentico, una rilettura
battesimale della propria consacrazione religiosa. Non si dovrebbe mai dare per
scontata la centralità del rapporto con Cristo che precede e sul quale si fonda
necessariamente anche il proprio carisma.
In un contesto di scristianizzazione e di calo numerico vocazionale come
quello attuale, si impone oggi inevitabilmente l’esigenza di una
riqualificazione, di una specializzazione anche dei religiosi. Essere autentici
maestri di vita cristiana, capaci di accompagnare e di gestire le “notti
oscure” della fede e dei “silenzi di Dio” è oggi un’urgenza a cui i religiosi
per primi dovrebbero saper dare delle convincenti risposte.
E invece, osserva mons. Gardin, la realtà, spesso, è molto diversa. I
religiosi “adulti” sono sempre più stanchi, demotivati, spesso oberati dal peso
delle opere ereditate dal passato e che non sono più in grado di gestire in
maniera significativa già oggi e meno ancora in prospettiva futura. I giovani
religiosi mentre una volta erano “autenticisti” a tutti i costi, oggi rischiano
di diventare “esterioristi” nelle forme più impensate. Se in passato certi
cambiamenti «erano vivacemente invocati e provocati dalla base», oggi, invece,
«sono faticosamente implorati dall’alto». È molto difficile assicurare una
fedeltà creativa nel cambiamento senza il presupposto di una fede radicale e di
una fraternità reale.
Quanto sarebbe importante prevedere aiuti più efficaci nei confronti delle
crisi adulte, di quei confratelli, cioè, che possono avere anche decenni di
vita consacrata alle spalle. Ma dove trovare gli accompagnatori? Dove trovare
convinti animatori della formazione permanente? Se nel campo della formazione
iniziale si rischia di muoversi, a volte, un po’ troppo fuori dal mondo, fuori
dalla realtà, fuori dal vissuto concreto, nel campo degli adulti si ha spesso a
che fare, invece, con una vita apostolica fin troppo immersa nel mondo, nelle
opere, nelle cose da fare. Non basta lasciarsi affascinare dalle parole, dai
“bei testi”, ha concluso mons. Gardin. È molto più importante mettere in
pratica con realismo e con tenacia quello che si è appreso.
MAESTRI
DI VITA CRISTIANA
Tutti gli altri interventi, da quello di fr. Franco Carollo, a cui si è già
accennato, a quello di fr. Angelo Borghino sulla fraternità come luogo del
cammino di fede presente nelle pagine del Nuovo Testamento, a quello di fr.
Paolo Martinelli sul percorso formativo già chiaramente delineato nella fede e
nella conversione di Francesco d’Assisi, si muovevano tutti su un terreno molto
più familiare ai formatori presenti nella Domus laetitiae di Assisi.
La straordinaria utilità di incontri del genere, ripeto, è data non solo
dal confronto con degli esperti, ma, più ancora, dalla ricerca comune di una
strada, di un percorso, fra persone quotidianamente a contatto con dei giovani
in formazione. Sarebbe importante, era stato fatto notare in uno dei gruppi di
studio, che ogni incontro del genere approdasse, di volta in volta, a qualcosa
di concreto da cui partire nella verifica dell’anno successivo.
Interrogativi, sollecitazioni, proposte, suggerimenti operativi non sono di
certo mancati anche in questo incontro. Come il caldo invito, ad esempio, di
mons. Gardin a inserirsi in maniera convinta, senza troppi bizantinismi sulla
reciprocità, nella propria chiesa locale. Una fraternità, una comunità
religiosa, dovrebbe sapersi ritagliare una presenza, uno spazio significativo
in quella sua chiesa locale, con quel determinato vescovo, con quel determinato
progetto pastorale, con quei determinati laici.
Una chiesa locale ha già una sua precisa ragion d’essere e si deve
preoccupare del suo futuro, e quindi del problema vocazionale, anche in assenza
di comunità religiose. Non è scritto da nessuna parte che ci debba essere
necessariamente in ogni diocesi una fraternità francescana o quella di un
qualsiasi altro ordine o istituto religioso. Quando, però, per grazia di Dio,
ci sono delle comunità religiose, maschili e/o femminili, queste non possono
prescindere dal cammino pastorale della propria chiesa locale, valorizzando il
proprio carisma religioso, in pieno accordo con il proprio vescovo, nei settori
pastorali più scoperti ed urgenti di quella determinata comunità diocesana.
È fin troppo facile comprendere come anche solo un problema come questo
abbia a che fare con la formazione iniziale e permanente di un religioso. Sarà
tanto più facile comprenderne l’importanza, quanto più, come è emerso
nell’incontro dei cappuccini, ci si preoccuperà più della qualità che non della
quantità dei membri del proprio ordine.
I consacrati dovrebbero essere sempre più esperti di fede autentica, capaci
di condividere e di confrontarsi, in fraternità, sulle reali difficoltà nel
vivere, spesso, la propria fede. Ma quante sono le comunità religiose in cui si
parla e si discute seriamente della propria vita di fede? Proprio nell’incontro
di Assisi è stata ricordata, con un certo rammarico, la mancata realizzazione
congiunta di un segno tangibile del giubileo del 2000, quello, cioè, di una
struttura per accompagnare e possibilmente risolvere le crisi vocazionali
sempre più numerose anche all’interno dei grandi ordini francescani.
In un recente e molto ben riuscito convegno autogestito da parte dei
giovani cappuccini del nord Italia, i partecipanti, più di una cinquantina, con
dieci o più anni di professione religiosa o di sacerdozio alle spalle, hanno provato
a riflettere in maniera molto concreta su tre punti: i sogni di Francesco, i
loro sogni, i sogni della Chiesa. In questo schema, che potrebbe essere
utilmente ripreso anche da parte di tanti altri istituti religiosi, è facile
individuare una concreta esemplificazione di quella “fedeltà creativa” che il
Vaticano II ha chiesto a tutti i cristiani, ma, in primo luogo, proprio ai
consacrati.
Angelo Arrighini