FORUM INTERNAZIONALE DEI GIOVANI ORIONINI
LA SPERANZA? ASCOLTIAMO I SANTI
In un continuo
ascolto-confronto con la parola di don Orione, p. Flavio Peloso, superiore
generale degli orionini, ha tracciato le grandi linee che consentono di essere
oggi portatori di speranza nella Chiesa e nel mondo. La lezione dei santi,
infatti, vale spesso più di tanti discorsi.
Come essere persone di speranza nel mondo d’oggi? In coincidenza con la
preparazione del convegno ecclesiale di Verona prima, e della sua celebrazione
lo scorso autunno, la speranza è stato un tema che ha occupato gran parte
dell’attenzione all’interno della nostra chiesa italiana. L’interrogativo
ritorna di continuo anche ogni volta che si parla della vita consacrata nella
Chiesa e nel mondo d’oggi.
Su questo argomento si sono versati fiumi di inchiostro. Dopo tante parole
e tanti discorsi forse è giunto il momento di metterci in ascolto di coloro che
sono i testimoni privilegiati della speranza, ossia i santi.
È stata questo, per esempio, l’approccio che ha scelto p. Flavio Peloso,
superiore generale della Piccola Opera della Divina provvidenza per parlare al
Forum internazionale dei giovani orionini che si è tenuto dal 24 al 29 ottobre
scorso a Rio de Janeiro.
«Uno dei fenomeni più caratteristici e anche preoccupanti del mondo d’oggi,
ha affermato, è quello del calo della speranza e di progettualità guardando al
futuro. La sfida che ne deriva riguarda la capacità di vivere la nostra storia
con speranza. Direi che questa è la “madre di tutte le sfide”. ___Senza la
speranza, la civiltà si introverte e decade».
Come rispondere a questa sfida?
Penso, ha detto, che don Orione inizierebbe a risponderci dicendo subito:
«Non basta piagnucolare sulla tristezza dei tempi e degli uomini e non basta
dire: “O Signore! O Signore!”. Bisogna pregare e lavorare. I santi ce li
figurano retrogradi. No! Sono i più progressisti. I santi veri trafficarono
tutti e molto bene i loro talenti. Gettiamoci nel fuoco dei tempi nuovi per
fare il bene, cacciamoci in mezzo al popolo per salvarlo. Troveremo sempre
nuova fede e nuovo coraggio a operare se non lavoreremo per fini umani. Ariamo
e poi riseminiamo Gesù Cristo nell’anima del popolo: l’umanità oggi ha
supremamente bisogno del cuore di Gesù Cristo».
Il padre ha quindi proposto alcune indicazioni pratiche, tenendo sempre
presente l’insegnamento di don Orione.
Vivere Gesù: (preghiera, sacramenti, ascolto della Parola, carità),
speranza del mondo “ieri, oggi e sempre” (Eb 13,8). È lui il progetto e
l’artefice del nuovo Regno.
«Con Cristo tutto si eleva, tutto si nobilita: famiglia, amore di patria,
ingegno, arti, scienze, industrie, progresso, organizzazione sociale».
Proprio a partire da Gesù e dal nuovo Regno inaugurato con la sua
risurrezione, i santi e la Chiesa santa, sono diventati uomini di speranza,
rinnovatori di cultura, incisivi riformatori della società, costruttori di
pace. Non sarà così anche nel III millennio? «Bisogna avere un cuore grande e
il cuore a noi lo deve formare Gesù, Gesù, mio figliuolo, ti raccomando di
vivere e di respirare di Gesù; solo Gesù ci può formare il cuore buono e
grande. Vestiamo Gesù Cristo dentro e fuori, respiriamo Gesù Cristo, viviamo
Gesù Cristo».
Accogliere il nostro futuro incerto non come una minaccia ma come un
cammino di Dio e della sua Provvidenza. «Sì Opera della Divina Provvidenza:
proclamare contro il materialismo storico Tua Providentia omnia gubernat. La
Provvidenza Divina è la continua creazione delle cose».
Ciò comporta resistere alla tentazione di confidare in idoli e ideologie,
in miti e droghe, di cadere nella depressione e nel cinismo del “tutto è
inutile” e “niente vale”. Se non c’è la speranza è quasi inevitabile: senza
speranza non si vive.
In Cristo, le sofferenze e le difficoltà sono “pasquali”, cioè sono “doglie
di parto”, di vita e non di morte, sono tensioni di crescita e di liberazione. «Siamo
Figli della Divina Provvidenza, e non disperiamo, ma, anzi, confidiamo
grandemente in Dio! Non siamo di quei catastrofici che credono che il mondo
finisca domani; la corruzione e il male morale sono grandi, è vero, ma ritengo,
e fermamente credo, che l’ultimo a vincere sarà Iddio, e Dio vincerà in una
infinita misericordia. Una grande epoca sta per venire. Sant’Agostino esortava:
“Cantiamo Alleluia quaggiù, mentre siamo ancora inquieti, perché possiamo
cantarlo un giorno lassù quando saremo liberi da preoccupazioni” (Sermone
256)».
“Solo la carità salverà il mondo: fare del bene sempre, del bene a tutti,
del male mai a nessuno”, cioè perseverare nel bene, valorizzare l’opera
presente sapendo che “vale per l’eternità”. Scopriremo un giorno che, nella
storia della Divina Provvidenza, la nostra vita, con i suoi successi e
sconfitte, avrà un senso. Tutto il bene serve nelle mani di Dio per mandare
avanti il suo progetto di Provvidenza (“anche un bicchier d’acqua dato nel mio
nome…” anche “due pani e cinque pesci”) perché «dove finisce la mano dell’uomo,
comincia sempre la mano di Dio, la Provvidenza di Dio».
Tutto ha senso e valore. San Paolo ci ricorda che “tutto concorre al bene
di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno” (Rm
8,28). Il senso della nostra vita è dato dal mistero di Dio che tutto comprende
nel suo “instaurare omnia in Christo” vittorioso. «La Provvidenza di Dio, che
dal centro dell’eternità padroneggia i secoli, non può temere che le manchi il
tempo a compiere i disegni dell’altissimo», perciò, conclude don Orione
«riposiamo il cuore abbandonatamente nelle sue braccia, e lavoriamo e
preghiamo, e preghiamo e lavoriamo, aspettando questo tempo, che sarà quando
che sia, ma che certamente verrà, poiché l’ultimo a vincere è sempre Iddio».
Fare la volontà di Dio. La “fiducia nella Divina Provvidenza” si traduce
nell’“obbedienza alla sua Volontà” nella nostra storia “qui e ora”. «Figlio
della Divina Provvidenza significa figlio dell’obbedienza». Chi non costruisce
con Dio disperde. “Se il Signore non costruisce la città, invano vi faticano i
lavoratori” (Sl 127, 1). «Non si fa mai molto se non quando si fa molto la
volontà di Dio». Occorre rimanere aperti al Dio delle sorprese quando ci chiede
di entrare nelle sue vie, nei suoi progetti, a volte sconvolgendo i nostri
piani per il futuro e chiedendoci di fare cose che noi non avremmo mai
immaginato. Don Orione diceva: «Sto a vedere che carta mi gioca il Signore».
Il “fare la volontà di Dio”, da figli, non porta a regredire nella passività
infantile, ma potenzia l’intelligenza e la responsabilità nel collaborare in
una relazione “da figli” al progetto del Padre.
Benedetto XVI durante la santa messa per l’inizio del suo ministero
petrino, il 24 aprile 2005, disse: «Cari amici! In questo momento non ho
bisogno di presentare un programma di governo. (…) Il mio vero programma di
governo è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire mie idee, ma di
mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà
del Signore e lasciarmi guidare da lui, cosicché sia egli stesso a guidare la
Chiesa in questa ora della nostra storia».
“Fuori di sacrestia”. Un giovane orionino non può e non deve essere solo il
giovane delle riunioni di gruppo, dei canti con la chitarra, delle belle
giornate trascorse insieme. «Dobbiamo essere santi, ma farci tali santi che la
nostra santità non appartenga solo al culto dei fedeli, né stia solo nella
Chiesa, ma trascenda e getti nella società tanto splendore di luce, tanta vita
di amore a Dio e degli uomini da essere, più che i santi della Chiesa, i santi
del popolo e della salute sociale».
Questo era l’atteggiamento di don Orione. E spiegava: «Non perdere d’occhio
mai la Chiesa, né la sacrestia, anzi il cuore deve essere là, la vita là, là
dove è l’ostia; ma, con le debite cautele, bisogna che vi buttiate ad un lavoro
che non sia più solo il lavoro che fate in Chiesa».
Camminare insieme. La speranza va coniugata al plurale. Va coniugata con la
Chiesa e con la società in cui viviamo. «Frater qui adiuvatur a fratre quasi
civitas firma. Quanto è bello amare il Signore e lavorare uniti e concordi pel
Signore e nelle mani della S. Chiesa».
Gli atteggiamenti personali di unione a Gesù, di fiducia nella Divina
Provvidenza, di disponibilità ai progetti di Dio devono aprirsi ad
atteggiamenti comunitari sempre più ampi che abbraccino la famiglia, il proprio
ambiente di vita, la parrocchia, la società, la Chiesa. Tutto quello che si fa
per “fare famiglia”, per fare comunità (civile e ecclesiale), per entrare in un
movimento... fortifica la speranza.
Insieme all’azione puntuale del «fare del bene sempre, del bene a tutti»
occorrono progetti comunitari, delle mete comuni, dei cammini comuni. Sappiamo
che questo ha vissuto la Chiesa, per esempio, con il concilio Vaticano II e con
le grandi riunioni ecclesiali (sinodi = vedere e camminare insieme) dedicate al
discernere e decidere cammini comuni nei tempi d’oggi. Similmente fa la nostra
congregazione con i suoi capitoli, i segretariati, i movimenti.
P. Peloso, dopo questo serrato confronto-ascolto con don Orione, ha così
concluso il suo intervento al Forum: «In questo quadro, è provvidenziale, cari
giovani, il vostro essere in “movimento” con don Orione e con la famiglia
orionina. È una scuola di vita. È un cammino di speranza.
Anche questo Forum, con i suoi obiettivi specifici di “attualizzare” un
progetto di vita cristiana-orionina e di “coordinare un movimento” giovanile
orionino internazionale, è un atto di speranza che risponde alle sfide del
mondo d’oggi e alle attese dei popoli e delle chiese cui appartenete.
Avanti, dunque, perché state facendo qualcosa di valido e di santo che va
al di là delle vostre persone e, in Cristo, sarà una piccola opera della Divina
Provvidenza nel cammino verso un mondo migliore».