IL CENTRO EDUCATIVO IGNAZIANO DI PALERMO

GESUITI E NACELLE. LA CADUTA DEL MURO”

 

Il peso delle opere e la possibilità del loro rilancio. Da Palermo, da dieci anni, una proposta significativa. I gesuiti e le Ancelle del S. Cuore uniti in una originale opera educativa, intensamente voluta dal card. Pappalardo.

 

Nel contesto attuale, soprattutto europeo, connotato, come ben sappiamo, dalla crisi numerica e dal mancato ricambio di vocazioni nell’ambito della vita consacrata, uno dei problemi più preoccupanti è quello riguardante le grandi opere ereditate dal passato. Mantenerle, rilanciarle, ridimensionarle o disfarsene del tutto? Che in Occidente, scrive padre Cabra, le opere della vita consacrata siano in difficoltà è una cosa risaputa. Che siano spesso un peso eccessivo è altrettanto evidente. Che debbano essere abbandonate allegramente, invece non è altrettanto evidente. Per il semplice fatto che pesino, non è motivo sufficiente per lasciarle. Non si potrebbero gestire diversamente, «magari assieme a dei laici preparati a condividere il meglio possibile il nostro carisma o almeno il nostro servizio?». Da troppi anni si è «ceduto troppo al facile sport del tiro a segno contro le opere, rendendole colpevoli di tutti i disastri della vita consacrata, dal calo delle vocazioni, alla sua diminuita significatività, alla invasione secolaristica dentro le sue mura».

Tra le vie praticabili per rilanciare tante opere che rischiano di scomparire, padre Cabra suggerisce quella della collaborazione dei laici, prevedendo un loro diretto coinvolgimento, una corresponsabilizzazione, anzi una loro responsabilizzazione in prima persona. «Se alcuni anni fa i laici nelle nostre opere lavoravano per noi, e se in molte realtà oggi essi lavorano con noi, la prospettiva è quella che noi siamo per i laici dentro le nostre opere». (Consacrazione e servizio, 12/2006).

È fin troppo facile prevedere che una sempre più convinta e piena corresponsabilizzazione dei laici nella gestione delle opere, nella gran parte dei casi, sarà l’unica via praticabile per garantirne una loro efficiente sopravvivenza in futuro. Ma non esistono, per caso, anche altre vie praticabili? Esistono, e come. Ma, purtroppo, il più delle volte, esistono solo sulla carta. Dai tempi del concilio si parla con sempre maggiore insistenza di aggregazione (di un istituto ad un altro, in vista soprattutto di un interscambio di beni spirituali, senza alcun effetto giuridico sull’autonomia e l’indipendenza dell’istituto aggregato), di fusione (di un istituto piccolo con uno più grande, con la perdita totale, da parte del primo, della propria identità, autonomia ed esistenza), di unione (di due istituti che danno origine a una nuova entità di vita consacrata), di federazione o confederazione (mediante il raggruppamento di istituti o monasteri sui juris, appartenenti, in qualche modo, alla stessa famiglia, pur rimanendo poi pienamente autonomi e indipendenti).

È fin troppo facile prevedere che in un futuro, neanche tanto lontano, l’una o l’altra di queste vie di uscita dalla crisi di opere e di identità di tanti istituti, diventerà una via obbligata per non chiudere del tutto, e in maniera irrevocabile, con il proprio passato. Ma, realisticamente, quanti sono oggi gli istituti disponibili ad aggregarsi, a unirsi, a fondersi, a federarsi con altri? È difficile saperlo. Basti pensare alle difficoltà che un istituto incontra oggi anche solo in vista di una sua ristrutturazione interna, come nel caso, sempre più frequente, della riduzione o della unificazione delle proprie province.

 

UNA CONTIGUITÀ

MATERIALE E SPIRITUALE

 

In occasione di un recente incontro con i religiosi e le religiose di Palermo sul tema della vita consacrata e il convegno ecclesiale di Verona, ho visto da vicino la concretizzazione di una via di uscita per rilanciare alla grande due opere nel campo educativo che rischiavano, come tante altre, in tempi più o meno ravvicinati, una possibile chiusura. La formula giuridica escogitata, né prevista né contraria al codice di diritto canonico, è quella dell’associazione. Si tratta, scrive Antonio Calabrese, di una «forma di collaborazione e di aiuto tra istituti, intesa a conseguire meglio fini specifici, per esempio nell’apostolato della scuola. Suppone che ci sia una consonanza di interessi».1 È la soluzione esemplarmente adottata a Palermo, dove il 27 febbraio 1996, in senso reale e simbolico insieme, “cadeva il muro” che separava il giardino dell’istituto scolastico fondato nel 1939 dalle Ancelle del S. Cuore da quello dell’Istituto Gonzaga fondato nel 1919 dai gesuiti, per dare vita a una nuova e più complessa realtà: il Centro educativo ignaziano (CEI).

La contiguità materiale dei due istituti è stato certamente un elemento determinante nella nascita di questo polo educativo nel cuore di Palermo. Ma insieme, e prima ancora, c’era e continua a esserci una contiguità spirituale. La spiritualità e l’impegno educativo della Compagnia di Gesù sono ormai noti a tutti. Per capire come sia possibile coniugare concretamente spiritualità ignaziana e impegno educativo, basta scorrere i diversi progetti formativi dei vari istituti scolastici dei gesuiti sparsi in tutta Italia, non solo, quindi, a Palermo (il CEI), ma anche a Roma (il Massimo), a Milano (il Leone XIII), a Torino (l’Istituto sociale), a Napoli (il Pontano), a Messina (il S. Ignazio), a l’Aquila (il Collegio d’Abruzzo). Ancora nel 1993, infatti, era stata giuridicamente costituita l’associazione Educare insieme, una Onlus con lo scopo specifico di «svolgere attività di carattere sociale, civile, culturale e spirituale, attraverso l’aggregazione e la partecipazione di tutti coloro che condividono il progetto educativo delle scuole e dei collegi della Compagnia di Gesù».

Meno nota, forse, è, invece, la spiritualità e l’impegno educativo delle Ancelle del Sacro Cuore, il cui istituto, fondato da santa Raffaella Maria del S. Cuore (la spagnola Rafaela Porras y Aillón), è stato definitivamente approvato da Roma nel 1887. Come è facile dedurre anche solo dal nome nonché dal periodo di fondazione dell’istituto religioso, il carisma è incentrato sulla riparazione ed attuato, anche a Palermo, nella chiesa di Santa Rosalia, nell’adorazione eucaristica quotidiana.

Adottando e proponendo al suo istituto le Regole ignaziane, insieme alla spiritualità del fondatore della Compagnia di Gesù, Rafaela Porras ne aveva assimilato in buona parte anche l’impegno apostolico nel campo della catechesi, delle case di esercizi spirituali e dell’insegnamento.

Non sarebbe bastato, però, essere contigui materialmente e spiritualmente, se non ci fosse stato anche un disegno preciso di dar vita ad un progetto educativo comune del tutto nuovo. Forse il CEI a Palermo non sarebbe nato senza la spinta determinante del cardinal Salvatore Pappalardo. In una sua lettera del 1 febbraio 1996 esprimeva tutta la sua viva soddisfazione nell’apprendere che il progetto mirante a formare un unico istituto educativo con una intensa collaborazione tra i padri gesuiti e le Ancelle del S. Cuore, andava felicemente avanti, fino a prevedere che potesse entrare in azione fin dal successivo anno scolastico. «È un concreto esempio di collaborazione, aggiungeva, che diventa anche segno di comunione e proposta di una nuova dimensione di scuola a Palermo, città che a tutti i livelli ha bisogno di stimoli per un più ampio coinvolgimento di tutti nelle cose da fare».

Il progetto di collaborazione non è sbocciato, naturalmente, dall’oggi al domani. La sua gestazione, da parte dei rispettivi superiori maggiori, è durata circa un anno. La soluzione definitiva, in questo specifico caso, è stata certamente favorita da quell’insieme di particolari e significativi presupposti già ricordati: una comune spiritualità ignaziana, un’attività parallela e similare dei due istituti, nonché, appunto, la contiguità fisica delle due strutture. In condizioni di assoluta parità si è potuto così dar vita a una realtà in misura molto maggiore di quanto ogni singolo istituto avrebbe potuto offrire da solo.

Per quasi un anno intero gli incaricati dai rispettivi superiori maggiori hanno lavorato nel più assoluto e comprensibile riserbo. Solo tra il 9 e il 10 novembre 1995 il progetto veniva formalmente presentato prima alle due comunità dei gesuiti e delle Ancelle e poi, congiuntamente, ai docenti e non docenti e ai due consigli di istituti. La ricerca di un terzo soggetto (un nuovo ente, nel caso specifico l’associazione CEI) cui affidare la gestione unitaria dei due istituti nasceva dal chiaro presupposto dell’uguaglianza e della parità dei due istituti e dal netto rifiuto di ogni possibile subordinazione dell’uno all’altro. I soci fondatori, inizialmente solo religiosi e religiose, scelti in ugual numero dai due istituti, in futuro potrebbero aumentare, con l’eventuale inserimento anche di laici. Il personale docente e non docente dei due istituti è stato interamente trasferito al CEI alle stesse condizioni godute in ciascun istituto al momento della nascita del nuovo soggetto educativo.

 

UN PROGETTO

CONDIVISO

 

Attualmente il CEI è frequentato da oltre 1600 alunni. Sorge in una vasta area verde al centro di Palermo ed è costituito da due ampi complessi ristrutturati secondo le vigenti norme CEE. La sede dell’ex istituto delle Ancelle oggi è occupata dalla scuola d’infanzia (dai tre anni in poi) e dalla scuola primaria (elementare), mentre nell’ex istituto Gonzaga hanno la loro sede la scuola secondaria di primo grado (media) e tre scuole secondarie di secondo grado (ginnasio-liceo classico, liceo scientifico, liceo linguistico europeo).

L’obiettivo di fondo del CEI è quello di continuare a formare, insieme alle famiglie, gli alunni in un cammino educativo e didattico, puntando decisamente su una scuola di valori e tentando, nel rispetto e nella gradualità di tutti i livelli, una sintesi tra fede e cultura. Attraverso le varie fasi del progetto educativo costituite dalla lettura del contesto, dall’esperienza, dalla riflessione, dall’azione e dalla valutazione, si vorrebbe pervenire alla formazione di persone capaci di senso critico, impegnate anche nel campo della fede e in quello della giustizia. Poter comunicare agli alunni il gusto e la gioia di apprendere rientra tra le aspirazioni principali dei docenti del CEI.

Il corpo docente è quasi interamente laico. Ma nella comunità dei gesuiti sono presenti anche alcuni animatori spirituali, che in ogni classe affiancano i docenti di religione e il cui compito è quello di curare in maniera più diretta la dimensione spirituale degli alunni, sia a livello personale che comunitario, educando al discernimento e favorendo l’assunzione in prima persona delle proprie responsabilità. La formazione scolastica viene così arricchita e integrata dall’animazione spirituale, unitamente ad un costante accompagnamento psicopedagogico.

La condizione fondamentale di appartenenza alla comunità educativa del CEI è l’accettazione del suo progetto educativo. Questa adesione è richiesta non solo ai docenti e ai genitori, ma anche agli alunni in rapporto, ovviamente, alla loro maturità psicologica. Rientra fra i suoi obiettivi educativi anche la dovuta attenzione alla vita della comunità diocesana e a quella della società civile. A questo proposito, nel corso del triennio di tutti i licei viene svolto, in collaborazione con il Centro studi sociali e formazione politica “Pedro Arrupe” di Palermo, un progetto di formazione alla responsabilità etica e sociale che investe trasversalmente tutte le discipline e viene curato attraverso l’organizzazione di eventi culturali e di forme esperienziale di apprendimento.

A distanza di quattro anni di vita, si chiedeva ancora nel 2000 una delle Ancelle, sr. Anna Maria Gambino, cosa si può dire che sia stato realizzato? «Certamente tanto, ma ancora molto poco rispetto a ciò che si può fare. Gli inizi non sono stati facili. Oltre alle lungaggini burocratiche non è stato facile neanche il processo di acclimatazione, perché non è mai semplice passare dall’autogestione indipendente alla collaborazione più assoluta». Grazie alla spiritualità ignaziana è stato possibile impostare il processo formativo degli alunni nell’ottica della costruzione integrale della persona, costantemente aperta agli altri.

Fin dagli inizi, in ambedue gli istituti, era vivo il desiderio di realizzare veramente una realtà comunionale, senza prevaricazioni, competizioni, rivalità, rivendicazioni. Un centro educativo cattolico non ha motivo di esistere se oltre ad offrire un buon livello culturale ai propri alunni, non trova il modo di favorire la formazione integrale dei giovani e una fede sempre più adulta e consapevole, aperta anche al dialogo con le altre religioni.

A quasi tredici anni di distanza dalla sua nascita, il CEI di Palermo, pur tra inevitabili e per certi versi prevedibili difficoltà, grazie a una sempre più convinta collaborazione tra gesuiti e Ancelle, continua a essere segno di comunione e di formazione in una città che come diceva appunto il suo arcivescovo, recentemente defunto, ha bisogno di stimoli per il coinvolgimento di tutti nelle cose da fare.

 

Angelo Arrighini

1 Istituti di vita consacrata e società di vita apostolica, Libreria editrice vaticana, 1997.