V CONVEGNO CISM SULL’ANNUNCIO AI GIOVANI

SULLA STRADA DI EMMAUS

 

Il convegno si è interrogato in particolare su linguaggi e modalità di tale evangelizzazione. Proposto come icona di riferimento, per nuovi progetti e metodi, l’episodio lucano dello “Sconosciuto” che si fa compagno di viaggio dei due discepoli perduti sulla strada verso Emmaus.

 

Con felice e coerente intuizione l’area evangelizzazione della Cism ha messo a tema l’annuncio ai giovani. Il suo Vº convegno (Sassone di Ciampino 22-25 gennaio 207) – Con i giovani sulla strada di Emmaus. Ambiti, spiritualità, linguaggi, modi per l’annuncio del vangelo – si pone sulla scia di quello dell’anno scorso (“Ripartiamo dai giovani. Come evangelizzare i giovani e con i giovani”)1 che ci aveva consegnato un quadro sugli elementi costitutivi e gli itinerari per progettare l’evangelizzazione con e verso i giovani: puntare su scelte a lungo termine, unire l’adesione a Cristo con la responsabilità di un nuovo umanesimo, irrobustire la speranza con una formazione alla contemplazione illuminata dalla Parola, formare consacrate/i che sviluppino la qualità della testimonianza nei confronti dei giovani. Oltre duecento partecipanti, di diversi ordini e congregazioni (36 femminili e 27 maschili), sono tornati a focalizzare l’attenzione amorevole richiesta anche alla vita consacrata verso questa decisiva fase della vita (cf. Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia 51).

 

ALCUNI SNODI

PEDAGOGICI

 

Con puntualità la sintesi finale di don C. Bissoli sdb ha dato ragione dell’articolato percorso di quattro giorni di riflessione «sugli ambiti di vita reale dei giovani, segnatamente sul loro mondo comunicativo e affettivo, per giungere a una triplice sintesi: come comunicare loro il messaggio del Vangelo in sintonia alla loro ricettività, come impostare e proporre non soltanto delle informazioni sulla fede ma uno stile di vita spirituale, come aprire per noi e per loro stessi un impegno missionario in aree significative di vita».

L’icona ispirante dell’incontro sulla strada di Emmaus tra Gesù, lo “Sconosciuto”, e i due discepoli perduti e ritrovati (Lc 24, 13-35) ha scandito gli obiettivi del convegno, secondo i verbi sottesi al cammino: incontrare, comunicare, condividere, testimoniare. «Il rapporto “Emmaus e giovani”, ha detto Bissoli, si propone come un permanente invito a una pedagogia della ricerca, della compagnia, dell’annuncio, della convivialità, della gioia e della speranza».

In questo quadro pedagogico fondato sul paradigma evangelico, si è puntato innanzitutto sul problema di come mettere le risorse di consacrazione nell’evangelizzazione giovanile: la presentazione delle esperienze era da leggere proprio come un mezzo di riflessione, per coniugare sempre meglio cosa significhi stare tra i giovani e con i giovani come persone consacrate, e per rendere manifesta la radice più importante della fecondità vocazionale. Un ulteriore snodo è stato quello della comunicazione: formarsi per diventare competenti nei nuovi linguaggi dell’affettività e della spiritualità. Infine, occorre non perdere mai di vista la giusta visione prospettica dello stare in strada con i giovani: l’obiettivo infatti è che essi passino da destinatari del Vangelo a soggetti protagonisti dell’annuncio. Su questa linea esattamente vanno le indicazioni di Benedetto XVI: «Costruire la vita su Cristo, accogliendone con gioia la parola e mettendone in pratica gli insegnamenti: ecco giovani del terzo millennio, quale deve essere il vostro programma! È urgente che sorga una nuova generazione di apostoli radicati nella parola di Cristo, capaci di rispondere alle sfide del nostro tempo e pronti a diffondere dappertutto il Vangelo…

E se Gesù vi chiama, non abbiate paura di rispondergli con generosità, specialmente quando vi propone di seguirlo nella vita consacrata o nella vita sacerdotale. Non abbiate paura; fidatevi di lui e non resterete delusi».

Padre F. Taccone passionista, animando il momento di scambio sulle esperienze di incontro tra e con i giovani di cui è anch’egli organizzatore, ha collegato il tutto con la ricerca Cop/Iard sulla religiosità giovanile presentata lo scorso anno da mons. Sigalini, richiamando il fatto che nell’evangelizzazione dei giovani la soggettività prevale sull’appartenenza, la relazione interpersonale su quella istituzionale. Occuparsi dei giovani è investire il tempo, accettare di ripensare il cristianesimo in chiave relazionale, mentre essi sono immersi in internet. La domanda di Vangelo (lo conferma il successo commerciale di operazioni mediatiche quali The Passion o Il Codice Da Vinci) oggi c’è ma non legata a luoghi o sacramenti. Attenzione a non considerare il giovane come un vuoto da riempire: egli ha bisogno di sentirsi ascoltato da un cuore ospitale. Le nuove esperienze di primo annuncio dicono poi che le nostre comunità vanno liberate da stereotipi e logiche di controllo, per aprirle alla comunicazione tra adulti e giovani (con la coscienza del dato di fatto: già in partenza i primi si sentono sconfitti e i secondi si percepiscono imprendibili).

 

IL METODO

DELLO “SCONOSCIUTO”

 

Alla base di un progetto di evangelizzazione sta la comprensione della fede come circolarità di incontro e racconto personalizzato. L’annuncio della fede avviene tramite il racconto di incontri: quelli raccolti nella Scrittura come paradigma, quelli post-evangelici (donne e uomini di Dio) come conferma storica, quelli personali come testimonianza confessante. Gli incontri si fanno dove la gente sta, in particolare dove oggi i giovani stanno: non nelle parrocchie o nei nostri centri! Il metodo dello “Sconosciuto” con i due di Emmaus si è rivelato molto illuminante a questo riguardo.

I giovani, siano essi destinatari dell’annuncio o evangelizzatori, sono per strada, nelle stazioni, nelle piazze, nei locali, nelle sale giochi ecc. (esperienza della Comunità Nuovi Orizzonti, don Davide Banzato); ma sono anche a scuola (iniziativa degli Oblati di Maria denominata Mondi riemersi con il laboratorio “Costruire a colori”, p. Danilo Fiori) o nel territorio parrocchiale (cf. la proposta dei Compagni di strada nella diocesi di Roma, Simona Vasallucci, e il movimento Costruire-MGC per le missioni popolari ai giovani degli Omi, p. Pasquale Castrilli) o in ambienti vari (iniziative dell’associazione Ragazzi per l’unità dei Focolarini, Agostino Spolti).

Li troviamo ancora in caserma (don Lionello Torosani, cappellano militare al Celio in Roma), in mezzo al popolo dei poveri (cf. volontariato Caritas e Sant’Egidio), nel mondo dello sport (vedi testimonianza dal Centro sportivo italiano, CSI), nella missione ad gentes (testimonianza del comboniano p. Roberto Minora). Sono le “feritoie della speranza” in cui si è confermato come i giovani siano già dotati di risorse per essere loro stessi di aiuto ai coetanei nella testimonianza evangelica.

L’effetto Emmaus ha fatto guardare a tutte queste esperienze con l’orecchio di chi impara a comunicare con “nuovi registri”. «Il p. Walter Lobina2 ssp, ha detto don Bissoli ai consacrati presenti, ci ha condotti in un contesto culturale e di vita che forse ha spiazzato più di qualcuno di noi, ma ci obbliga a riaprire gli occhi per vedere chi sono veramente questi giovani e lo “Sconosciuto” con loro. Richiamo alcuni riferimenti centrali della differenza e della crisi: la dissociazione tra segno e significato (vedi la croce nella moda o una certa pratica dell’Eucaristia), la scarsa per non dire pessima credibilità del mondo degli adulti, la forte immersione (quasi prigionia) del giovane nella rete, in una visione policentrica della realtà, con il superamento della dualità di oggettivo e soggettivo, l’annullamento delle distanze e del tempo (il “per sempre” si muta in “per adesso felice della mia esistenza che possa essere per sempre”).

Nel dialogo successivo, di fronte alle tante domande incalzanti, il relatore ha richiamato il valore di prima pietra che spetta alla famiglia (ma dove è?), il valore della testimonianza visibile di noi persone consacrate, l’imparare a essere “pubblicità di Dio nel mondo” a condizione di averlo visto noi per primi». Facciamo dunque entrare nella rete la nostra testimonianza di aver incontrato Cristo, perché è l’unico modo perché nella rete lo “Sconosciuto” tessa la sua relazione.

 

NUOVA SPIRITUALITÀ

E NUOVA APOLOGETICA

 

Don G. Roggia sdb, con un ragionamento un po’ complesso, ha offerto tre passaggi di un percorso di spiritualità: a) tener conto di una socializzazione religiosa flessibile e poco affidabile tra i giovani; b) riconoscere che la lampada di Dio non è ancora spenta: anche se abbiamo occhi indeboliti è indispensabile dare la parola allo “Sconosciuto”; c) proporre un cammino dove la fede è rischio, la Chiesa è fuori dalla burocrazia e si fa sofferente coi sofferenti, percorre le vie della bellezza (che garantisce la gratuità dell’esperienza di Dio contro un’idea di consumo facile), della compagnia («la vita consacrata ha come sua matrice di base accompagnare il popolo di Dio nel cammino della fede, non bloccandosi sulla specificità carismatica»!), della semina (la strada è quella del cuore).

Proprio il cuore si è messo in moto sulla strada verso Emmaus, insieme all’intelligenza, e su questo Olimpia Tarzia ha messo in rilievo il contesto difficile e ambiguo di una nuova necessaria educazione all’affettività (dentro il relativismo etico, la banalizzazione delle scelte, la manipolazione del linguaggio fino a inventare una vera e propria antilingua in campo sessuale e bioetico), chiedendo alla VC una competenza “materna” aggiornata sull’educazione alla vita come base dell’educazione all’amore, sul formare al binomio libertà-responsabilità, sulla formazione della famiglia e alla vocazione. Anche p. G. Salonia ofmcap ha sottolineato la scissura tra fede e cuore, tra annuncio e linguaggio nella postmodernità, indicando il fatto che oggi il giovane ha bisogno della relazione per elaborare il senso della sua vita (non gli basta più l’appartenenza). Si tratta di elaborare una nuova apologetica, sapendo che oggi le persone vogliono prima le relazioni e poi i contenuti. Gesù ha superato la scissura del paradiso terrestre tra fede e felicità, riaprendo la strada di accesso all’albero della Vita. Il suo è l’annuncio delle beatitudini, che riscalda il cuore per rispondere ai due bisogni essenziali di ogni persona: quello di integrità (mi sento al posto giusto) e quello di pienezza (mi sento realizzato).

In questo modo il convegno ha confermato la visione pluralista del mondo giovanile in un contesto di novità antropologiche (linguaggio, affetti, scelte, valori). Il segno dei tempi per religiose/i è quello di essere non tanto “abiti che camminano” quanto persone genuine che sanno aprire e mantenere relazioni amicali ma significative coi giovani. Rivisitare i nostri stili di vita, formare alla spiritualità e alla missionarietà, entrare nei nuovi linguaggi interpersonali e affettivi, valorizzare l’esperienza (volontariato) come quel “fare la verità” che fa nascere di nuovo: queste sono le modalità per comunicare amore ai giovani. Come diceva infatti don Bosco «non basta amarli, ma fare in modo che si accorgano di essere amati». La VC può dare molto in questo senso, se, come ha detto durante la celebrazione eucaristica mons. Agostino Gardin ofmconv (segretario della Congregazione per la vita consacrata), essa saprà tenere viva la relazione con Cristo seminando la Parola che sola converte i cuori, trovando spazi nelle comunità per narrare la fede, vigilando affinché l’annuncio non sia autoreferenziale o narcisistico e l’apostolato non sia ricerca di sé o dominio sulle persone.

 

Mario Chiaro

 

1 Cf. Testimoni 3 (2006). Sono disponibili gli Atti del IV convegno: Aa.Vv., Partiamo dai giovani, Roma 2006, Ed. Il Calamo, pp. 242, € 14,00 (con presentazione di p. F. Volpi, segretario generale Cism, e p. A. Mallucci, responsabile Area Evangelizzazione). Il volume è l’ottavo della collana Cism dedicata a fornire, dal 2000, una competente sussidiazione a religiose/i impegnati nel campo dell’annuncio e dell’evangelizzazione.

2 Walter Lobina ha offerto una apprezzata relazione su Linguaggi della comunicazione e il mondo giovanile.