MESSAGGIO CEI AI
CONSACRATI
l 2 febbraio,
Festa della Presentazione del Signore, la Chiesa celebra la Giornata della vita
consacrata, ringraziando Dio per le donne e gli uomini che seguono con
dedizione gioiosa e fedele il Signore in questa forma di vita. Avremo di nuovo
la possibilità di riflettere sul vangelo proclamato nella liturgia del giorno (Lc 2,22-40). La scena lì narrata illumina la scelta della
consacrazione e offre dei modelli ancora attuali e praticabili: cogliamo da
questo racconto almeno tre aspetti, tra i tanti che si potrebbero sottolineare.
L’offerta di una
famiglia. Il racconto di Luca è costruito intorno all’idea dell’offerta e del
dono. In primo luogo, è l’offerta di Gesù: Maria e Giuseppe lo portano “a
Gerusalemme per offrirlo al Signore” (2,22) e accompagnano questo gesto con
un’offerta al tempio (2,24), secondo la prassi liturgica ebraica. Il bambino è
colui che viene offerto, anche se non ha ancora coscienza di cosa questo
significhi: lo imparerà però presto, secondo quanto lo stesso Luca descrive
poco più avanti nel suo Vangelo. Nel quadro successivo, Gesù è di nuovo a
Gerusalemme, questa volta forse per il suo bar mizvah,
rito con il quale si diventa “figlio del comandamento” cioè soggetto alla
legge, e allora esprimerà con decisione la sua volontà di “stare nelle cose del
Padre suo” (cfr 2,49).
La consacrazione
– ci dice l’evangelista – ha la sua origine in famiglia, nell’offrirsi
quotidiano dei genitori per i figli e nella loro capacità di trasmettere la
fede: è senz’altro da gesti semplici ma densi di contenuto che Gesù avrà
imparato quella dedizione che lo condurrà poi, alla fine della sua vita
terrena, per l’ultima volta a Gerusalemme, dove egli si offrirà per i
peccatori. La vita consacrata, sembra ancora dirci Luca, è scandita in momenti
e tappe che esprimono lo sviluppo di una vocazione – dal momento iniziale al
tempo dell’impegno definitivo, dalla fedeltà nel quotidiano alle obbedienze più
ardue – e che indicano la necessità continua di “applicarsi alla propria
crescita umana e religiosa” (Vita consecrata, 69).
Tornando alle
famiglie, quanto esse offrono alla realtà della consacrazione lo ricevono in
cambio in un’offerta di doni più che mai preziosi nel contesto della società di
oggi. Dobbiamo infatti riconoscere e incoraggiare l’opera di tutti quei
consacrati – in particolare le religiose – che si offrono instancabilmente al
servizio delle famiglie del nostro paese: nell’attenzione ai bambini e ai
ragazzi nei vari contesti scolastici ed educativi; nell’accompagnamento ai
giovani nelle parrocchie e nelle diverse realtà pastorali; nell’assistenza agli
ammalati negli ospedali, nelle cliniche e negli hospice;
nel sostegno agli anziani negli istituti, e così via. Sappiamo bene quanto
significativa sia la professionalità e importante la testimonianza che i
consacrati sanno profondere in questi ambienti e auspichiamo che esse divengano
sempre più qualificate e nel contempo sostenute da forti motivazioni di fede. È
infatti spesso nei luoghi in cui i consacrati operano, e attraverso di loro,
che gli uomini e le donne del nostro tempo trovano l’occasione opportuna di
incontrare un segno della presenza cristiana.
Simeone e Anna.
Il racconto lucano passa poi a descrivere l’incontro della famiglia di Gesù con
Simeone e Anna. Questi due pii israeliti sono anch’essi descritti nell’atto
della loro offerta a Dio. In particolare, Anna è colei che secondo le pratiche
di giustizia ebraiche non si risparmia in “digiuni e preghiere”, offrendosi per
il tempio, e Simeone è l’uomo giusto che attende la salvezza non solo per sé,
ma anche per il suo popolo. Essi sono accomunati da una caratteristica
essenziale: rappresentando l’Israele fedele che conosce il suo Dio, sono
ritratti nell’atto di scoprirne la presenza per poi testimoniarla. È Simeone ad
accorgersi che la realtà è cambiata per sempre, perché quel bambino è la luce
che illumina Israele e i pagani; Anna, a sua volta, scrive l’evangelista, parla
del bambino “a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme” (2,38).
Ci sembra di
cogliere in questi due atteggiamenti la sostanza della consacrazione a Dio. Anche
i consacrati infatti sono chiamati a stare nel “tempio” e a scandire la loro
giornata con la preghiera della Chiesa, per essere così capaci di accorgersi
della presenza di Dio nell’oggi. Vivendo pienamente le attese e le domande
della nostra società, riescono però anche ad annunciare che, in questo mondo
che cambia così freneticamente e che perde spesso i suoi punti fermi di
riferimento, la salvezza è ancora presente e viene da Dio attraverso il suo
Figlio.
Di Gesù, poi,
Simeone dice che sarà un “segno di contraddizione” per molti (2,34). È facile
vedere in questa affermazione la realtà della consacrazione religiosa, che,
secondo le parole del Concilio Vaticano II, è ordinata proprio a essere “segno”
del regno dei cieli (Perfectae caritatis,
1), “testimonianza” evangelica (Vita consecrata, 3).
Dal tempio alla
casa. Il brano del vangelo della Festa della Presentazione si conclude con la
famiglia di Gesù che torna a Nazaret, la città della Galilea dove avranno la
loro casa e dove il figlio Gesù trascorrerà molti anni in una vita nascosta,
sottomesso ai suoi genitori (2,51). Cogliamo da questa dimensione “domestica”
del Vangelo l’occasione per ricordare quelle donne e quegli uomini che vivono
la loro consacrazione nella secolarità, e anche quelle donne appartenenti
all’Ordine delle vergini, o quelle vedove e quei vedovi che “mediante il voto
di castità perpetua quale segno del Regno di Dio, consacrano la loro condizione
per dedicarsi alla preghiera e al servizio della Chiesa” (Vita consecrata, 7).
Essi svolgono il loro prezioso servizio nella società, anche se spesso in modo
poco visibile. Questa caratteristica della loro consacrazione però non
sminuisce l’importanza di quanto compiono, perchè non
vi è differenza, per chi offre la vita a Dio e al prossimo, tra il tempio e la
casa. Maria e il suo sposo, lasciando Gerusalemme dove hanno compiuto la loro
offerta, saranno chiamati a darle seguito nella quotidianità scandita dagli
affetti, dalla preghiera, dal servizio al loro figlio e dal lavoro.
È nella sua casa
che la Vergine Maria, modello di consacrazione e di sequela, custodiva nel suo
cuore tutte le cose che riguardavano Gesù (cfr 2,51).
L’augurio che formuliamo ai consacrati è quello di conservare, nel loro
servizio alla Chiesa in Italia e al mondo, la certezza che l’offerta della loro
vita è un dono prezioso che Dio gradisce, come ha accolto la vita del Cristo,
il quale “ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave
odore” (Ef 5,2).
La Commissione Episcopale
per il clero e la vita consacrata