SEMINARIO DI STUDIO

VITA CONSACRATA E DOTTRINA SOCIALE

 

Un seminario ha messo a tema il rapporto tra vita consacrata e dottrina sociale della Chiesa. Investire in spiritualità e in formazione, per contrastare due posizioni presenti nella stessa VC: la fatica a coltivare un rapporto con la realtà umana e il coinvolgimento militante nella realtà sociale.

 

La Dottrina sociale della Chiesa (DSC) sembra essere stata la cenerentola del recente Convegno ecclesiale di Verona, tirata in ballo soprattutto quando si parlava di impegno dei laici nelle realtà temporali, ma non intesa come “strumento di evangelizzazione” e “annuncio di Cristo nelle realtà temporali”. Proprio in questa direzione si è mosso invece un incontro svoltosi a Roma (12-13 ottobre 2006) con lo stile del seminario internazionale di studio su “Vita consacrata e Dottrina sociale della chiesa”, organizzato dalla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, dal Pontificio consiglio giustizia e pace e dei religiosi/e promotori/trici, a livello internazionale, di giustizia, pace e integrità del creato (JPIC). Si è applicato il metodo del lavoro interdicasteriale, per questioni che sono di natura trasversale.

Il seminario si è incentrato su cinque relazioni: La vita consacrata e i problemi della giustizia e della pace nel nostro mondo (sr.E. Rosanna, fma); Vita consacrata e dottrina sociale: significato teologico e spirituale di un rapporto (p. Enrique Colom);Vita consacrata e santità sociale: un itinerario storico da XIX al XXI secolo (Andrea Riccardi); Vita consacrata e formazione alla dottrina sociale: problemi e prospettive (sr. Helen Alford op); Vita consacrata e Compendio della dottrina sociale della Chiesa (card. Amigo Vallejo). Si è svolta anche una tavola rotonda con testimonianze su VC e formazione alla DSC, con la partecipazione di p. Antony Pernia svd; p. Michael Mc Cabe; sr. Maria Furtado de Mendonça; don Fabio Attard, sbd; sr. Shalini Podimattam.

 

SANTITÀ

DI INCARNAZIONE

 

Nel suo intervento introduttivo ai lavori il card. Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio giustizia e pace, ha precisato obiettivi e stile di lavoro. Alla luce del n. 540 del Compendio della DSC «la santità proposta ai religiosi è una santità gratuita, trascendente, ma è anche una santità di incarnazione … si tratta infatti di coerenza alla santità di Cristo che con la sua incarnazione ha trasfuso all’umanità tutte le ricchezze della santità del Verbo… Mettendosi totalmente al servizio del mistero della carità di Cristo verso l’uomo e verso il mondo, i religiosi anticipano e mostrano nella loro vita alcuni tratti dell’umanità nuova che la dottrina sociale deve propiziare. Essere santi in Cristo per anticipare i tratti della nuova umanità».

Il cardinale Franc Rodè., prefetto della Congregazione Istituti di VC e le Società di VA, ha inviato uno scritto in cui ha precisato che «i cristiani sanno di dover condividere con ogni uomo e ogni donna di questa terra la speranza per la pace che cresce e la responsabilità per gli ostacoli che essa incontra». Del compito di testimoniare la pace e custodirne la speranza, il cardinale Rodè ha detto che «si sono sempre fatto carico i fondatori e le fondatrici degli istituti di vita consacrata; l’ascolto attento di quanto risuona nell’invocazione di ogni popolo alla pace, alla giustizia, alla libertà ha da sempre fatto scaturire nel cuore della Chiesa e nel cuore di quanti si sono posti alla sequela di Cristo casto, povero e obbediente, l’esigenza di una risposta, di gesti concreti, visibili, nei quali è possibile riconoscere i germi di un futuro di speranza».

Il programma del seminario si è caratterizzato per una triplice articolazione tematica: a) le caratteristiche della connessione tra DSC e VC sul piano sociologico e teologico, anche lungo la storia della Chiesa moderna e contemporanea; b) le modalità più efficaci per mettere in atto percorsi di formazione, riflettendo sull’utilizzo del Compendio della dottrina sociale che riserva a questa tema il n. 540 dell’ultimo capitolo («L’azione pastorale in ambito sociale si giova anche dell’opera delle persone consacrate, conforme al loro carisma; le loro testimonianze luminose, particolarmente nelle situazioni di maggiore povertà, costituiscono un richiamo per tutti ai valori della santità e del servizio generoso al prossimo»); c) il racconto di alcune esperienze formative.

 

PRIMO

ESSERE IN CRISTO

 

Nella prospettiva del Compendio, come già detto, la vocazione di religiose/i va intesa come un appello a realizzare la santità del Verbo incarnato nella nostra umanità. In Cristo ogni santità e ogni storia di persone e di popoli trova il suo esemplare completo e insuperato. Il rapporto tra VC e DSC, quindi, prima di essere un qualcosa che implica un fare, è qualcosa che ci impegna sul piano dell’essere.

In questo senso il seminario, ha concluso il cardinale Martino, ha di fatto e sostanzialmente smentito «la tesi di coloro che individuano nella dedizione dei religiosi alla promozione umana dei poveri – soprattutto nel tempo postconciliare – uno dei peccati originali e originanti l’attuale crisi di identità della VC. La tesi proposta contiene indubbiamente aspetti di verità e può essere suffragata da molti dati. Dobbiamo comunque aggiungere che la dedizione evangelica ai poveri di innumerevoli religiosi e religiose è anche uno dei capitoli più luminosi, convincenti ed edificanti nella storia della Chiesa moderna e contemporanea. Valga per tutti la testimonianza di Madre Teresa di Calcutta. In questo contesto, mi sembra giusto e doveroso rendere un grato omaggio a tantissimi religiosi e religiose, eroi nascosti dell’amore cristiano e fedelissimi servitori del Vangelo della carità. La verità è che la problematica affrontata in questo seminario non è senza radici, ma piuttosto si inscrive in una storia secolare della carità cristiana promossa dai consacrati».

Il Pontificio Consiglio ha organizzato quest’incontro per contrastare due posizioni presenti all’interno della VC: da una parte molti consacrati fanno fatica a coltivare un rapporto con la realtà umana, giungendo fino a forme di preoccupante disinteresse; dall’altra ci sono forme di impegno e di coinvolgimento militante di alcuni religiosi e religiose nella realtà sociale che giungono a esprimersi tramite comportamenti e riferimenti ideologici in contrasto con la dottrina della Chiesa.

 

INVESTIRE

IN SPIRITUALITÀ E FORMAZIONE

 

I lavori hanno indicato due strade da percorrere: la strada dell’investimento in spiritualità e quella dell’investimento in formazione.

Va innanzitutto coltivata la convinzione che il mondo attuale, afflitto da tanti drammatici problemi, per diventare più giusto e pacifico, non ha bisogno di meno ma di più spiritualità. Il più importante e urgente apostolato sociale che consacrate/i devono fare è quello di essere totalmente di Dio per poter evangelizzare il mondo su un punto specifico: annunciare al mondo sociale, economico e politico che senza Dio si costruisce contro l’uomo.

Coloro che hanno risposto alla chiamata di Cristo verso una forma di vita che già in questo mondo prefigura la perfezione del regno di Dio hanno infatti, in virtù del loro carisma, un compito unico nell’evangelizzazione del sociale. Testimoniano un modo diverso di essere dentro le cose del mondo, aiutando a vedere i rapporti sociali e le questioni economiche non solo come sono, ma anche e soprattutto come saranno e quindi come dovrebbero essere. Si tratta di una relatività escatologica (l’uomo e il mondo vanno incontro al compimento del loro destino in Dio) e di una relatività teologica (il dono di Dio, mediante cui si compirà il destino definitivo dell’umanità e della creazione, supera le possibilità e le attese dell’uomo). Qualunque visione totalitaristica della società e dello stato e qualunque ideologia puramente terrena del progresso sono contrarie alla verità integrale della persona umana e al disegno di Dio sulla storia.

L’altro investimento da fare per un equilibrato rapporto tra VC e promozione umana consiste in un’adeguata formazione. Il riferimento formativo alla dottrina sociale e il suo utilizzo possono addirittura incentivare il rinnovamento della VC stessa. I consacrati sono infatti chiamati ad animare di radicalità evangelica i rapporti sociali, politici ed economici, attraverso la testimonianza delle beatitudini evangeliche e della disponibilità totale a vivere con il Signore per la salvezza del mondo.

Giustizia, pace e integrità del creato sono dimensioni evangeliche di molti carismi fondativi che promuovono il rispetto e la difesa dei diritti umani e civili, la riconciliazione e la promozione. I missionari, oggi più di ieri, si sentono chiamati ad agire per la formazione delle coscienze, la ricostruzione sociale e culturale dei popoli, la promozione della tolleranza e della eticità delle relazioni. Con l’impegno in campo sociale esercitano una dimensione importante della profezia della Chiesa, che comprende denuncia, promozione della giustizia e della pace.

Qui entrano nel cuore della dottrina sociale della Chiesa, la sua intima natura di incontro del messaggio evangelico e delle sue esigenze con i problemi derivanti dalla vita della società. La DSC nasce infatti dal discernimento, è essa stessa discernimento e al discernimento è finalizzata. In questa prospettiva, anche la VC è chiamata a un discernimento capace di farsi carico di alcune sfide decisive. La prima è quella culturale che chiede un sistema aperto di pensiero: la verità del Vangelo deve incontrarsi con i saperi elaborati dall’uomo, perché la fede non è estranea alla ragione; i frutti storici della giustizia e della pace maturano quando la luce evangelica filtra e passa dentro le pieghe delle culture. La seconda sfida è quella che proviene dalla situazione di indifferenza etica e religiosa e dalla necessità di una rinnovata collaborazione interreligiosa. La terza sfida è più pastorale e implica la formazione per rendere religiose/i sempre più consapevoli e capaci di connettere la DSC con tutti gli aspetti della vita e dell’azione della Chiesa: sacramenti, liturgia, catechesi. La dottrina sociale potrà svolgere tanto meglio il suo servizio all’uomo dentro le maglie della società e dell’economia quanto meno sarà ridotta a discorso sociologico o politologico, a esortazione moraleggiante, a “scienza del buon vivere” o a semplice “etica per le situazioni difficili”.

La VC sarà così aiutata a rinnovarsi nella direzione di riscoprire sempre più la sua auto-coscienza di essere un modello evangelico di convivenza fondato sul dono: Un modello che tiene viva la capacità dell’intera comunità cristiana e di tutti gli uomini di discernere nel «già» il «non ancora», di cercare la comunione e la carità per dare anima alle relazioni umane anche nella società di oggi. La VC si senta pertanto chiamata alla valorizzazione della DSC, mobilitandosi nel dialogo per elaborare cultura sociale e politica a partire dalla DSC stessa. Interpreti però la DSC con una proposta di sintesi complementare tra l’esigenza della testimonianza personale e l’esigenza di una nuova progettualità per un autentico umanesimo che coinvolga le strutture sociali.

 

Mario Chiaro