INTERNAZIONALE DEI MERCEDARI

SCHIAVI DI IERI E DI OGGI

 

La schiavitù non è una mostruosità del passato di cui ci siamo definitivamente liberati, ma qualcosa che continua a esistere in tutto il mondo. La schiavitù è un business in espansione e il numero degli schiavi in aumento, persino in paesi sviluppati come Francia, Stati Uniti e Italia. Si usano gli schiavi per diventare ricchi e, una volta che si è finiti di usarli, non si deve fare altro che scartarli.

 

Sembrerebbe incredibile: la schiavitù non è solo un triste e ingombrante macigno che pesa sulla storia dell’umanità, ma è anche un fenomeno contemporaneo di cui si occupano di tanto in tanto anche le cronache. Molto attenti a questo fenomeno sono i Mercedari che da secoli operano con stile evangelico in questo campo. Per esplorarlo vi hanno dedicato insieme, come famiglia, un convegno internazionale che ha avuto come tema Le schiavitù del terzo millennio e la risposta dei Mercedari.

Svoltosi a Roma il 10 novembre scorso con la presenza di padre Giovannino Tolu, maestro generale dell’ordine, il convegno ha rappresentato una forte denuncia contro le antiche e nuove schiavitù. L’ascolto diretto di testimoni che si impegnano quotidianamente nella lotta contro le ingiustizia sociali, accanto a chi è privo della libertà, e una maggior collaborazione fra i vari rami della famiglia Mercedaria hanno aperto la strada a una nuova metodologia di impegno e presenza.

Agli inizi del XIII secolo, la piaga della schiavitù fu la prima drammatica conseguenza delle invasioni islamiche in Spagna e nel bacino mediterraneo.

L’Ordine della Mercede per la redenzione degli schiavi, fondato a Barcellona nel 1218 da Pietro Nolasco, nacque con lo scopo fondamentale di liberare gli schiavi cristiani dai musulmani, al fine di salvaguardare non solo i diritti umani ma anche la fede cristiana. Il progetto incontrò l’approvazione di papa Gregorio IX e già dopo 10 anni della sua nascita si contavano più di 100 religiosi impegnati nell’opera di liberazione.

Il riscatto degli schiavi consisteva nel pagamento di ingenti somme di denaro raccolte dal contributo di famiglie benestanti o dalle elemosine raccolte fra la povera gente. Si calcola che nei primi 120 anni della loro attività gli “operai della redenzione” come erano definiti, abbiano riscattato all’incirca 52.000 persone. La lunga storia della famiglia mercedaria conosce anche il prezzo del martirio. Infatti, non di rado gli stessi religiosi, mettevano a rischio la propria incolumità personale pur di salvare gli schiavi. Sono 1500 i mercedari che hanno affrontato il martirio, senza contare quanti, volontariamento, si sono offerti come merce di scambio, assumendo la stessa condizione degli schiavi.

Sono trascorsi circa otto secoli dalla fondazione dell’ordine e la gloriosa storia dei mercedari conosce il riscatto di oltre centomila persone. Ancora oggi essi emettono un quarto voto, il dono della vita. Oggi la famiglia mercedaria è composta da due braccia – religioso e laicale – ramificate in una serie di istituti: mercedari, mercedarie, monache e laicato. Disseminati nella varie parti del mondo hanno assunto fisionomie diverse a seconda del territorio in cui sono inseriti (per es.: le Mercedarie missionarie di Barcellona si dedicano alla promozione umana e all’insegnamento, mentre le Suore mercedarie missionarie del Brasile assistono i poveri e gli emarginati).

Attualmente, l’ordine svolge principalmente la sua attività nelle carceri, nella promozione di campagne di solidarietà a favore di rifugiati e minori, nella cura delle parrocchie, prima di tutto nelle zone di maggiore emarginazione.

Il termine “mercedario” significa misericordia. In esso si racchiude la vocazione e l’impegno di ogni membro della famiglia mercedaria. Detto altrimenti, ogni azione volta a liberare l’uomo, ridonandogli la sua dignità, non è altro che il segno emimente della misericordia di Dio per ogni suo figlio.

 

LO SCANDALO

DELLA SCHIAVITù

 

L’articolo 4 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo approvato nel 1948 dall’Assemblea generale dell’ONU afferma: “Nessuno deve essere tenuto in schiavitù o servitù; la schiavitù e il traffico degli schiavi devono essere proibiti in tutte le loro forme”. Ma è proprio così?

P. Damaso Masabo, procuratore generale dei padri mercedari, nella sua relazione al convegno ha voluto dimostrare e denunciare, dati alla mano, il crescente scandalo del fenomeno della schiavitù: «La schiavitù non è una mostruosità del passato di cui ci siamo definitivamente liberati, ma qualcosa che continua ad esistere in tutto il mondo, persino in paesi sviluppati come Francia, Stati Uniti e Italia».

Dal momento che si tratta di un settore illegale e pieno di ombre è molto difficile fornire stime precise di questa piaga dilagante. Durante il convegno sono comunque emerse cifre agghiaccianti: si parla di circa 27 milioni di persone vittime della schiavitù in senso stretto e tradizionale, ma per la Nazioni Unite e le organizzazioni umanitarie la cifra si aggira attorno ai 200 milioni: un essere umano ogni 30. In Asia sono oltre 50 milioni le persone in situazione di schiavitù. Inquadrando il fenomeno in Italia, lo stesso Ministero degli Interni parla di 30.000 persone che si trovano «in stato di schiavitù».

Secondo la Anti-Slavery il profitto totale annuo generato dal “lavoro schiavo” si aggira intorno ai 13 miliardi di dollari, senza contare il valore indiretto conseguente allo sfruttamento degli schiavi.I braccianti vincolati a debito costituiscono un ricavo di circa 860 milioni di dollari.

Il business riguardante il profitto degli esseri umani è altrettanto sbalorditivo con cifre da capogiro: secondo i dati ONU il traffico di esseri umani, soprattutto di donne sfruttate sessualmente procura un guadagno attorno ai 12 miliardi di dollari.

P. Masabo spiega così la drammatica condizione di tanti esseri umani: «Alla schiavitù tradizionale e al commercio degli schiavi si aggiungono la vendita di bambini, la prostituzione e la pornografia infantili, lo sfruttamento di mano d’opera minorile, la mutilazione sessuale delle bambine, l’uso dei minori nei conflitti armati, la schiavitù per debiti, il traffico di persone e la vendita d’organi umani, lo sfruttamento della prostituzione e certe pratiche dei regimi coloniali e d’apartheid».

Bisogna premettere che la cosiddetta “schiavitù tradizionale” non è stata ancora debellata. Per esempio, in Sudan le bande arabo-islamiche del Nord spesso fanno razzia nei villaggi cristiani del sud catturando donne e bambini (con ogni sorta di umiliazione fisica e psicologica) e vendendoli ai mercanti arabi. La tratta di questo infame mercato riguarda circa 200 mila persone. In Ghana, Togo e Benin molto più frequente è la “schiavitù religiosa”. Vittime sono spesso bambine di 4-5 anni che, per espiare le colpe commesse dalla famiglia vengono cedute ai sacerdoti del dio Tro. Sono costrette così a trascorrere una vita di schiavitù fra stenti e sopraffazioni. Anche qui si parla di circa 12 mila fra bambine e donne. Tutti conosciamo il fenomeno dei bambini-soldato. Secondo Amnesty International sono 300 mila i bambini reclutati dalle forze militari. La mutilazione sessuale è praticata in oltre 28 paesi e 140 milioni è il numero di fanciulle e ragazze che hanno subito mutilazioni sessuali. Secondo l’Unicef ogni anno circa un milione di bambini viene introdotto al commercio sessuale.

Non c’è ombra di dubbio nel definire la schiavitù, ogni genere di schiavitù, un atto criminale. Ma c’è una notevole diversità rispetto al passato: la schiavitù moderna ha la sua regola nell’unica legge del profitto. Un recente dossier del Consiglio d’Europa per i diritti umani ha lanciato un fortissimo grido d’allarme: «La tratta degli esseri umani è diventata la terza attività criminale più redditizia al mondo, dopo il traffico di droga e di armi. Si stima che i profitti illeciti in un anno raggiungano 32 miliardi di dollari. Ogni anno almeno 500mila esseri umani cadono nelle grinfie di organizzazioni criminali senza scrupoli».

Durante il convegno p. Masabo ha spiegato il fenomeno in questi termini: «La schiavitù è un business in espansione e il numero degli schiavi in aumento. Si usano schiavi per diventare ricchi e, una volta che si è finito di usarli, non si deve fare altro che scartarli. Questa è la nuova schiavitù, fondata su alti profitti e vite a poco prezzo». Poi aggiunge: «la schiavitù oggi non è espressa negli stessi termini di una volta: lo schiavo non deve necessariamente essere di un certo colore o avere mandibole forti per essere venduto o comprato. Attualmente la domanda si formula nei seguenti termini: “è sufficientemente vulnerabile per essere ridotto allo stato di schiavitù?”».

Il convegno ha dato grande spazio al fenomeno del traffico di organi. Anche qui le cifre sono spaventose: «La vendita degli organi in Cina è un mercato molto lucrativo: con 62.000 dollari si acquistano i reni; con 15.000 dollari i polmoni; con 30.000 dollari una cornea. In Asia, in Pakistan si vendono oltre 6.500 reni l’anno. In Colombia nel 2005 sono state esportate più di 1.000 cornee. Recenti indagini sul territorio dell’Unione Europea hanno dato nuova luce al prezzo di mercato: i venditori, maggiormente moldavi o bulgari, vendono un rene per 1.900-3.800 euro; i compratori se lo fanno impiantare ad Istanbul per 100.000-180.000 Euro».

Infine il religioso ha presentato alcuni dati inerenti la prostituzione in Italia: «Attualmente si calcola che siano tra le 50 e 70 mila le donne provenienti dall’Africa orientale, dall’America Latina e dall’Est Europeo, che vivono e lavorano sulle strade delle città italiane, oppure nei locali notturni. Di queste il 30-40% sono minori, tra i 14 e 18 anni di età».

 

LA RISPOSTA

DEI MERCEDARI

 

In questo quadro così terribile come opporsi? E, in particolare, come la famiglia mercedaria reagisce, rimanendo fedele al suo carisma originario?

La prima risposta ci sembra di identificarla nel quarto voto emesso da ogni membro dell’Ordine. Con il dono permanente della loro vita i mercedari sono il segno visibile della misericordia del Padre, un Dio che “non si dimentica dei suoi figli”: «Ci consacriamo a Dio, per raggiungere la nostra santificazione attraverso la professione dei consigli evangelici di povertà, castità, obbedienza e il quarto voto. Il quarto voto è la follia di un dono che ogni mercedario compie per amore. Follia di rischiare per Cristo la propria vita. Follia di giocarla sui sentieri della libertà, di offrirla per ogni oppresso».

Come si è potuto osservare in questo primo convegno, è stato importante il ruolo di informazione e denuncia delle situazioni di schiavitù. La metodologia della concertazione fra i vari rami della famiglia e il tenere sempre sveglio dentro e fuori la chiesa l’attenzione sulle problematiche delle nuove schiavitù è indubbiamente un grande servizio alla dignità di ogni essere vivente e alla sua promozione. Quindi, l’aggiornamento costante e l’informazione ad ampio raggio attraverso gli strumenti della moderna comunicazione rappresentano una fondamentale metodologia per combattere in modo efficace il drammatico fenomeno della schiavitù.

Da ultimo, non va tralasciata l’azione concreta. Molte sono le opere e le campagne di “redenzione” (per esem­pio, recente è quella per la liberazione dei bambini soldato in Sudan: www. mercedari.it). Si tratta di sostenerle e rendere partecipi il maggior numero di persone, istituti religiosi compresi.

Nel suo recente messaggio per la Giornata mondiale della pace, Benedetto XVI ha scritto: «Desidero rivolgere un pressante appello al Popolo di Dio, perché ogni cristiano si senta impegnato ad essere infaticabile operatore di pace e strenuo difensore della dignità della persona umana e dei suoi inalienabili diritti». Come non vederlo realizzato nell’opera generosa della Famiglia Mercedaria?

 

Sergio Rotasperti