I CAMILLIANI IN VISTA DEL CAPITOLO

A TEMA “GIUSTIZIAE SOLIDARIETÀ”

 

I capitoli hanno l’obbligo di verificare la nostra fedeltà a vivere il dono prezioso ricevuto da Dio per l’intercessione del fondatore: dobbiamo salvaguardarlo e assicurare che continui a essere rilevante nel mondo d’oggi.

 

Sembra strano che si torni ancora a domandarsi perché i capitoli. Probabilmente perché in passato qualcuno ha detto che, a conti fatti, non servono a niente. A volte forse si è avuto l’impressione che sia stato proprio così. Si tratta comunque di un’affermazione piuttosto radicale da prendere con cautela. Volere o no i capitoli segnano la vita di un istituto. Sono delle tappe che portano avanti un discorso, dei momenti di verifica corale e di decisioni spesso importanti, soprattutto in certe situazioni storiche complesse in cui è necessario un attento discernimento.

Il capitolo è importante se si guarda ad esso in positivo e se viene assunto come un impegno “di famiglia” riunita nel nome del Signore e desiderosa di continuare e approfondire la propria missione nella fedeltà alla Chiesa e verso il mondo.

Ci pare sia questa la prospettiva entro cui padre Monks, superiore generale dei camilliani, si è posto nel messaggio all’istituto in vista del 56° capitolo generale, in agenda per il mese di maggio del 2007, che avrà come tema: Uniti per la giustizia e la solidarietà nel mondo della salute.

Perché dunque i capitoli? Perché, risponde p. Monks, attraverso questo strumento i religiosi si assumono la propria responsabilità «poiché siamo convinti che il nostro carisma è rilevante oggi come lo fu ai tempi di Camillo, e mentre il carisma non muta, le strutture per la sua realizzazione vanno continuamente valutate, e se necessario, modificate. La continuità e la vitalità lo richiedono… I capitoli hanno l’obbligo di verificare la nostra fedeltà a vivere questo dono prezioso ricevuto da Dio per l’intercessione di san Camillo: dobbiamo salvaguardarlo e assicurare che continui a essere rilevante nel mondo d’oggi».

Un capitolo, rileva p. Monks, «è un momento profetico nella vita dell’istituto». Vita consecrata scrive al riguardo: «La vera profezia nasce da Dio, dall’amicizia con lui, dall’ascolto attento della sua Parola nelle diverse circostanze della storia. Il profeta sente ardere nel cuore la passione per la santità di Dio e, dopo averne accolto nel dialogo della preghiera la Parola, la proclama con la vita, con le labbra e con i gesti, facendosi portavoce di Dio contro il male ed il peccato. La testimonianza profetica richiede la costante e appassionata ricerca della volontà di Dio, la generosa e imprescindibile comunione ecclesiale, l’esercizio del discernimento spirituale, l’amore per la verità. Essa si esprime anche con la denuncia di quanto è contrario al volere divino e con l’esplorazione di vie nuove per attuare il Vangelo nella storia, in vista del regno di Dio.

Decisivo per comprendere il carisma è conoscere bene il fondatore, anche se oggi non si è chiamati a ripetere quello che fece lui. In effetti, san Camillo rispose ai bisogni dell’Europa del secolo sedicesimo. Oggi si tratta di far fronte alle sfide attuali ma con il suo stesso spirito. «Dovete ricordare, scrive p. Monks, che l’esperienza dello Spirito è stata trasmessa a ognuno di noi. Anche noi abbiano ricevuto lo stesso spirito, anche noi abbiano ricevuto lo stesso dono.. Quando cessiamo di ardere di entusiasmo per il dono trasmessoci da Dio attraverso Camillo rischiamo di perdere la nostra vocazione e di danneggiare in maniera irreparabile il futuro dell’ordine. Di conseguenza il capitolo dovrebbe diventare un momento di rinnovamento personale e comunitario».

Ora, se si vuole che il carisma rimanga vivo e dinamico e continui a svilupparsi e a essere vibrante, osserva il padre, sono necessarie due cose: bisogna viverlo e condividerlo con gli altri. Per viverlo «dobbiamo essere interessati e appassionati, dobbiamo aver fatto del mondo della salute il nostro habitat naturale». È ovvio che «religiosi tiepidi o disillusi non possono diffondere l’amore di Dio e il messaggio di donare “vita e vita in abbondanza”.

In secondo luogo, condividerlo. Questo «ci provocherà a rivedere il nostro concetto di Chiesa. Come viviamo il nostro carisma in spirito di collaborazione, di comunione, di partecipazione, di corresponsabilità e di umiltà. Come siamo capaci di abbandonare atteggiamenti di autosufficienza e di la mentalità clericale per diventare religiosi veri? Come assumiamo un vero atteggiamento di ascolto?».

Inoltre «dobbiamo chiederci quanto crediamo nel ruolo del laicato, se siamo veramente aperti nell’affidare loro maggiori responsabilità nella conduzione delle nostre opere? Possiamo contribuire a fare spazio perché possano vivere la loro fede in pienezza? Siamo pronti a condividere la nostra visione di Cristo e la nostra spiritualità con loro?».

 

UN TEMPO

PER ASCOLTARE

 

Nella fase di preparazione,osserva p. Monks, è essenziale mettersi in ascolto della parola di Dio e familiarizzarsi con gli insegnamenti della Chiesa nel particolare momento che viviamo. Fondamentale, inoltre è la preghiera per il buon esito del capitolo «poiché non dobbiamo mai dimenticare che la nostra consacrazione è a Dio. Gesù e la sequela di lui sono la ragione per cui siamo religiosi. Dobbiamo avere Dio al nostro fianco, altrimenti la barca andrà avanti senza timone.

Occorre poi avere una visione chiara dei cambiamenti in atto nel mondo e nella società. Purtroppo, osserva p. Monks, alcuni adottano posizioni statiche, altri vi rispondono con rabbia e ostilità: Questa è una risposta basata spesso sulla paura e tende a usare un linguaggio negativo e di condanna, difficile da riconciliare con il messaggio cristiano. Altri ancora vi rispondono con un liberalismo irragionevole, piuttosto ingenuo, accettando tutto senza rifletterci sopra o criticarlo.

Non c’è dubbio, comunque, prosegue, che viviamo in una società diventata molto materialista, individualista e edonista. La gente è disposta a studiare seriamente, a lavorare molto e a fare di tutto per migliorare la propria situazione. Questo in sé è lodevole se non fosse che tutto tende ad accompagnarsi a un atteggiamento concentrato soprattutto su di sé, sull’individualismo, sul mio benessere, il mio computer, la mia macchina, il mio telefono, e anche sul mio studio e i miei progetti e sul mio genere di cattolicesimo…La nostra società è più consapevole che in passato, persino ossessionata, dei propri diritti. Basti pensare all’aumento dei casi legali nei tribunali e delle tariffe delle assicurazioni. Corriamo il rischio di passare alla storia come la società delle denunce. Ci sono persino avvocati che inseguono le ambulanze, in agguato nei reparti del Pronto Soccorso, per offrire ai feriti i dettagli di tutte le possibilità finanziarie loro offerte per il più piccolo errore commesso dai medici e dal personale paramedico o per ogni altra lamentela che potessero avere. La nostra è una società in cui la lealtà verso il posto di lavoro non è sempre in alto nella graduatoria delle priorità.

Di fronte a una società del genere, sottolinea il padre, è assurdo pensare che dei religiosi possano vivere e lavorare senza esserne contagiati. Siamo toccati da questi cambiamenti più di quanto ci sforziamo di ammettere. Anche noi siamo coscienti dei nostri diritti; insistiamo di più sul nostro tempo libero e sul diritto al nostro spazio privato. L’individualismo ha i suoi effetti anche su di noi e la lealtà non è così forte come in passato.

Sarebbe bello se fossimo così preoccupati nel rispondere alle nostre responsabilità come lo siamo nel reclamare i nostri diritti. Siamo chiamati a un’obbedienza responsabile che è diversa dall’obbedienza “cieca” del passato. Siamo chiamati a esprimere le nostre opinioni e a condividere le nostre idee, contribuendo alla crescita della comunità. Naturalmente queste nostre idee dovranno essere sottoposte al discernimento del gruppo.

 

PERCHÉ QUESTO

ARGOMENTO?

 

Per il momento il capitolo è in fase di preparazione e l’aspetto che maggiormente conta è il coinvolgimento di tutti. Alle varie comunità sono stati inviati i Lineamenta per spiegare la ragione della scelta del tema e le sue implicazioni che comporta per l’ordine camilliano. Si tratta di un argomento che esprime una sensibilità sempre più avvertita sulla linea di quell’apostolato di misericordia che trova il suo riferimento nello stesso san Camillo, ma attuato all’interno della nostra realtà storica contemporanea. Il tema si ricollega così con gli ultimi tre capitoli generali, di cui il prossimo vuole essere un ulteriore sviluppo: “Verso i poveri e il terzo mondo” (1989); “Quale religioso verso il duemila” (1995); “Testimoni dell’amore misericordioso di Cristo, promotori di salute” (2001).

Facendo riferimento a richiami già presenti nelle linee operative di questi capitoli, i lineamenta osservano: «Si ritiene che sia giunto il momento in cui il nostro Ordine si esprima con più forza e visibilità su questi aspetti (giustizia e solidarietà) estremamente importanti nell’attuale mondo della salute. Come aveva affermato Giovanni Paolo II (9 novembre 1990): «Le nuove frontiere del progresso della scienza e della tecnica, la cosiddetta socializzazione della medicina, la crescente interdipendenza tra i popoli collocano i problemi della sanità e della salute al centro dell’impegno per la promozione dei diritti umani, e tra questi, non c’è dubbio, fondamentali sono quelli che riguardano la tutela della vita dal suo concepimento fino al suo naturale tramonto».

A queste affermazioni si aggiungono quelle di Benedetto XVI (30 novembre 2005): «Seguendo da vicino l’esempio di Cristo, la Chiesa ha sempre considerato la cura degli infermi come parte integrante della sua missione. Incoraggio pertanto le molte iniziative promosse, in modo speciale dalle comunità ecclesiali, per debellare questa malattia e mi sento vicino ai malati di aids e alle loro famiglie, invocando per loro l’aiuto e il conforto del Signore».

Come si potrebbe infine rimanere passivi – sottolineano i lineamenta – di fronte al vilipendio dei diritti umani fondamentali?

Certamente le riflessioni che proverranno dalle varie comunità costituiranno un materiale quanto mai importante, fonte di ispirazioni e di proposte. Spetterà poi al capitolo trovare le giuste risposte nella coerenza con un carisma che ha bisogno di essere, come è detto, approfondito, inculturato e quindi espresso in nuove forme di ministero.

A.D.