ANCHE NELLA VITA RELIGIOSA

SOGNARE NON � PECCATO

 

A volte colpisce in varie comunit� la mancanza di strategia, nella progettazione: ci si occupa dell�universo mondo, ma senza mai poi concretizzare gli interventi percepiti. E cos� tutto o quasi tutto resta pi� o meno come prima, come tradizione comanda.

 

Non � proibito sognare, neppure per un religioso. Nell�ambito onirico, secondo la prospettiva che sar� illustrata, il rimando � al celeberrimo I have a dream che Martin Luther King pronunci�, in presenza di una folla nello stesso tempo entusiasta e perplessa, il 28 agosto 1963 davanti al Lincoln Memorial di Washington, al termine della marcia di protesta per i diritti civili. Chiedeva uguaglianza, libert�, giustizia, fraternit� tra tutti gli uomini, senza distinzione del colore della pelle.

Il grido � entrato nella storia e declinato da molti in vari e molteplici ambiti della vita e della societ�. La traduzione che personalmente preferisco � quella che viene talvolta riportata: �Ho davanti a me un sogno�, che, con una forzatura, forse, semantica, intendo cos�: �davanti� perch� l�ho qui, ogni giorno nella mente, nel desiderio; �davanti� perch� lo vedo � come realizzazione � proiettato nel futuro, che spero non troppo lontano. Perch� anche nella vita religiosa non � peccato avere dei sogni riguardo a certi aspetti ritenuti, a ragione o magari a torto, fondamentali per il suo rinnovarsi. Sia permesso esporne alcuni.

 

ASCOLTARE

GLI STIMOLI

 

La nostra epoca non � avara di stimoli, anzi ne produce moltissimi, di diversa e anche opposta natura, che richiedono � per non disperdersi � un�attenta valutazione della loro importanza gerarchica nella scelta finale dei settori in cui operare. Sono stimoli � comunque � che spingono a interrogarsi su fasi della propria storia, per riconoscerne � se necessario � la fine e per aprirne altre, senza rimpianti e nostalgie del passato. Fasi nuove, da inventare, con occhio alle esigenze della societ� entro la quale si cammina. In questa individuazione e �creazione�  le �stagioni costituenti� appaiono insostituibili, ma vanno concepite e vissute con attento discernimento.

Una prima considerazione avallata da molti sociologi, teologi, pastoralisti e ormai divenuta ovvia, ma non sempre tenuta presente dalla vita consacrata: nella nostra epoca non � pi� possibile un cristianesimo fondato sulla trasmissione della fede soltanto attraverso le  strutture tradizionali, ma essa passa necessariamente, e per tanti aspetti esclusivamente, attraverso le singole coscienze, rese limpide e vigili da una solida formazione cristiana. In questo contesto la vita consacrata non pu� pi� essere affidata � come organismo comunitario e agire pastorale � a una struttura gerarchizzata che ignori la personalit� dei singoli. Diversa una struttura, chiamiamola ancora cos�, che coaguli, chiedendolo, rispettandolo, valorizzandolo, l�apporto dei singoli.

Purtroppo � e qui � questo che ora ci interessa � spesso non ci si accorge di questi stimoli, a favore di altri stimoli pi� comodi e immediati. A volte colpisce in varie comunit�, maschili e femminili, la mancanza di strategia, come si direbbe con linguaggio tecnico-burocratico-politico, nella progettazione: ci si occupa dell�universo mondo, ma senza mai poi concretizzare gli interventi percepiti in questo marasma descrittivo. E cos� tutto o quasi tutto resta pi� o meno come prima, come tradizione comanda.

Spesso si analizzano al microscopio tante cose, che alla fine si rivelano marginali, ininfluenti sulla vita religiosa e per la missione, e si lasciano sullo sfondo, molto sfocato, altri aspetti che toccano invece nervi scoperti e modi di essere essenziali per l�esistenza, e la sopravvivenza, delle comunit�. Siccome non si sono studiati, accolti e gerarchizzati gli stimoli, le teorie si moltiplicano, si intrecciano, si scontrano, in una mancanza di sintesi che le componga e le ordini. Senza declassarle, se risultano interessanti, senza cancellarle, ma ordinandole secondo l�importanza, fattibilit�, possibilit�. Mentre � con spirito non del tutto fuori posto � spesso si critica la montagna di documenti del Magistero, non ci si accorge delle �montagnole� delle proprie assemblee, degli incontri e comunicati.

 

RIFONDARE

IL PERCH�

 

La genericit� delle affermazioni, delle prese di coscienza individuali, prese di coscienza ritenute, come detto, invece essenziali, se motivate e profonde, e delle indicazioni progettuali non pu� che produrre genericit� di azione. Questa certo deprecata, ma troppo spesso mai analizzata nelle sue motivazioni e coordinate basilari, che alla radice incontrano la non assunzione critica degli stimoli.

Il malessere, innegabile, di vario genere di cui soffrono tanti religiosi, dall�irrilevanza comunitaria alla �inutilit�� personale, deriva anche dal non sapere � in tale dispersione concettuale e operativa � riconoscere il ruolo, il perch� di una presenza, di una missione. Deriva non certamente, nella stragrande maggioranza dei casi, dalla nausea della vita consacrata in se stessa.

Forse, e senza forse, occorre fermarsi su due fronti. Il primo: dare pi� consistenza agli stimoli, rendere chiare le prospettive ancora nebulose, in modo da rendere solide le discussioni e pi� provate le indicazioni e chiari gli itinerari.

Il secondo: fare attenzione a non cristallizzarsi in ordinamenti e forme istituzionali che fanno certamente funzionare determinati poteri e le strutture portanti della vita consacrata, ma che possono paralizzare e immiserire l�apporto originale (ortodosso, per carit�!) delle singole coscienze. Il rifiuto da una parte e l�emarginazione dall�altra sono sempre in agguato quando si formano, magari con le migliori intenzioni �religiose�, meccanismi che si intendono come generatori di consenso. Questi meccanismi rendono � se accettati � incapaci di esprimere se stessi originalmente: portano, direbbe Emmanuel Mounier alla �cultura gestita�, allo �statalismo culturale�; per la vita consacrata i termini sono facilmente sostituibili.

 

COSTRUZIONE

MODULARE

 

Queste considerazioni � complementari e non antitetiche � portano al sogno di una �comunit� modulare�, vale a dire organizzata secondo uno schema flessibile, suscettibile di modificazioni attraverso elementi che abbiano funzioni diverse, senza alterare la natura e l�efficienza dell�insieme. In tal modo si salva l�identit� della comunit� e la sua finalit� apostolica e � nello stesso tempo � vengono utilizzati al meglio i carismi dei singoli religiosi. In questa ottica si acquista una vivacit� e prontezza di visione e di intervento che non teme di mettere in agenda i problemi veri e prioritari, spesso rimossi  per la loro complessit� o per la paura del coinvolgimento non indolore dei singoli, per consuetudine o per opportunit� restii a un impegno fuori del proprio orizzonte collaudato.

Inoltre � in questa flessibilit� e vivacit� � non solo non si penserebbe a soffocare o a tacitare la manifestazione del pensiero e la libert� di critica � la non tanto popolare tra i religiosi �parresia� � perch� si vedrebbero comunque come un apporto possibile di chiarificazione, ma le si richiederebbero come arricchimento all�individuazione e alla progettazione.

Questo non significa che le idee espresse debbano sempre essere accolte e messe in opera, si � consapevoli che occorre evitare anche un pot-pourri pi� o meno allegro, ma l�essenziale � per il coinvolgimento dei singoli e per la �modularit�� della comunit� � � che entrino nella mente e nel progetto come possibile apporto al cammino della comunit� e che non cozzino contro un progetto elaborato altrove o in solitudine  gerarchica e ormai di fatto blindato, anche se si ha l�accortezza di presentarne lo schema ancora aperto e discutibile. Si � convinti che un sano pluralismo, che non esclude e anzi richiede un centro unificatore per non trasformarsi in una babele, sia necessario � e ormai il clima culturale di oggi lo dimostra � perch� molteplici e complessi sono gli ambiti di azione per la vita consacrata.

Ancora: se la comunit� si muove nelle linee della �modularit��, cio� della vivacit� e della creativit� attenta ai famosi segni dei tempi, si accorger� che l�essere immersi nella storicit� dell�uomo spinge pi� ad aprirsi al futuro che non ad ancorarsi al presente e al passato. E ci si presenta � con la ricchezza dei diversi contributi � all�appuntamento con la realt� vera, e non presunta o ipotizzata, pi� attrezzati perch� pluralisti nelle idee e nelle persone. Da ultimo: la ricerca di nuove strade per l�impegno apostolico sar� resa senza dubbio pi� facile dalla flessibilit� ed elasticit�, figlie della �modularit�, che dalla rigidit� e unilateralit� delle vedute.

Il �sogno� di Martin Luther King dopo oltre 40 anni si � in parte avverato: i diritti che chiedeva sono stati ottenuti, almeno giuridicamente, anche se non sono sempre entrati nella prassi quotidiana. Si spera che anche altri �sogni�, che sono di tanti religiosi e religiose, si avverino. Magari un po� prima dei prossimi 40 anni.

 

Ennio Bianchi