VITA CONSACRATA IN USA OGGI
SEGNALI DI FIDUCIA
I consacrati
definiscono questa nuovo periodo storico come il tempo in cui si sta coltivando
il sogno di una presenza più incisiva nel tessuto sociale ed ecclesiale
statunitense (Embracing the Dream). Di questo sogno sono già visibili e
individuabili alcuni segni di nuova vitalità.
Negli Stati Uniti, lo scorso agosto la
Conferenza dei superiori maggiori (Conference of Major Superiors of men
Religious) e la Conferenza delle superiore maggiori (Leadership Conference of
women religious) hanno celebrato il loro cinquantesimo di fondazione:
un’occasione questa per una verifica e un bilancio della vita religiosa nel
paese. I religiosi presenti negli Stati Uniti sono circa 23.000, e quasi 68.000
le religiose. Al loro interno si manifestano segni di fiducia, accoglienza,
intercongregazionalità, preludio di un rinnovamento auspicato da anni, dopo le
crisi degli anni passati.
ACCANTO E DENTRO
UNA CHIESA FERITA
Le comunità religiose statunitensi si trovano
oggi ad operare in un contesto ecclesiale segnato da profonde ferite. Per
esempio, a causa di processi giudiziari non ancora conclusi, sono stati sospesi
dal ministero pastorale oltre 350 fra sacerdoti e vescovi. Già qualche anno fa,
lo studioso domenicano p. Paul Philibert nell’analizzare la situazione sociale
della chiesa cattolica americana, aveva denunciato con lucida chiarezza come il
secolarismo, la superficiale formazione dei seminaristi e sacerdoti, gli
scandali per gli abusi sessuali dei preti, la “centralizzazione” e la
“riclericalizzazione” siano stati fattori determinanti nel condurre la Chiesa
in una sorta di “limbo” dal quale, purtroppo, non si è ancora del tutto
usciti.1 È pur vero che non mancano incoraggianti segnali di ripresa alla
ricerca di un «dialogo e identità» fra vescovi, clero e laici, ma ancora oggi è
troppo timida la credibilità e la fiducia verso la Chiesa cattolica,
soprattutto nei confronti della gerarchia. Ciò nonostante, i recenti documenti
dell’episcopato americano hanno espresso la volontà e l’urgenza di rinsaldare i
legami tra pastori e laici, in un’ottica di reciproca collaborazione e stima.2
E la vita consacrata? Anche la stessa vita
consacrata è segnata da situazioni problematiche, per la verità non molto
dissimili dalla vita religiosa europea: progressivo calo numerico dei
religiosi, innalzamento dell’età media, scarsità di nuovi candidati. A ciò, va
aggiunta in questi ultimi decenni la tendenza generale delle comunità religiose
del nord America a rallentare o a rimanere alla superficie di quel processo di
permanente rinnovamento iniziato con il Vaticano II. Così, ci si è adagiati in
una sorta di depressione spirituale, nella collettiva percezione di sentirsi
sterili e senza futuro.3
CAMMINO DI FIDUCIA
E DI RIVITALIZZAZIONE
Se la vita consacrata all’interno delle agende
pastorali dell’episcopato americano è stata messa un po’ ai margini, bisogna
tuttavia riconoscere che gode di maggior considerazione su altri fronti. Ad
esempio, specialmente nei riguardi della vita consacrata femminile, in questi
ultimi anni è andata via via crescendo l’attenzione dell’opinione pubblica e
dei mezzi di comunicazione sociale.4 Non altrettanto si può affermare in
riferimento alla vita religiosa maschile, forse perché condividendo le medesime
aspettative, speranze e aspirazioni del clero diocesano, si è di fatto
identificata con la gerarchia ecclesiastica.5
Ma nel suo complesso, la vita consacrata sta
muovendosi in un processo di fiducia e di rivitalizzazione, e le rispettive
Conferenze dei superiori maggiori sono pienamente concordi nel stimolare le
comunità religiose alla fiducia e a una rinnovata vitalità missionaria. Ciò
scaturisce da tre necessità ecclesiali: rispondere alle attuali fragilità della
chiesa americana, confrontarsi con il crescente protagonismo dei laici, portare
alla luce la dimensione profetica del proprio carisma di appartenenza.
A loro modo, anche le giovani generazioni stanno
a indicare che la strada percorsa dalla vita consacrata è quella giusta. Una
recentissima inchiesta apparsa sulla rivista americana Time, ha chiesto a un
campione di adolescenti che cosa si aspettano dalla Chiesa. Rispondendo, essi
hanno collocato al primo posto il desiderio di comprendere la fede (71%), poi
stabilire una relazione con Dio attraverso la preghiera (66%); seguono il
servizio di volontariato (65%), gli spazi di amicizia (63%), il miglioramento
di se stessi (62%). Simili aspettative si scoprono anche nei nuovi candidati
alla vita religiosa. Per esempio, Pablo, un giovane religioso agostiniano
scrive: «Penso che probabilmente la più grande speranza nei confronti della
vita religiosa è la prospettiva di incontrare persone con le quali divenire
amici, poter condividere la mia vita, le gioie e le difficoltà, lavorare
insieme per la crescita del regno di Dio».6
I candidati alla vita religiosa, sebbene spesso
intraprendano il cammino formativo a un’età molto adulta, chiedono prima di
tutto di vivere in comunità fondate su rapporti autentici e semplici, dove la
vita fraterna non sia semplicemente la somma di singoli aspettative, ma luogo
di relazione profonda e autentica. Esigono che fra le persone consacrate il
pane quotidiano della Parola, la condivisione dell’esperienza di fede, il
confronto sul percorso spirituale di ciascuno sia un ovvia acquisizione
dell’identità dei consacrati. Certo, fa riflettere il fatto che non sia molto
accentuata la dimensione pastorale; in ogni modo, emerge come dato prioritario
il lavorare insieme, secondo un condiviso progetto di vita.
VITA RELIGIOSA
“CONCERTO DI CARISMI”
Da che cosa, dunque, si può evincere che la vita
consacrata nord americana è entrata in una nuova fase di percezione di sé e di
missione? Gli stessi consacrati definiscono questa nuovo periodo storico come
il tempo in cui si sta coltivando il sogno di una presenza più incisiva nel
tessuto sociale ed ecclesiale statunitense (Embracing the Dream), ma già sono
visibili e individuabili alcuni segni di rivitalizzazione.
Primo fra tutti, è l’energica spinta al sentire
comune fra gli istituti religiosi maschili e femminili su questioni che
interessano indistintamente tutti i cittadini USA. La recente dichiarazione
congiunta della CMSMR e della LCWR di condanna della tortura è una chiara
attestazione di come la vita consacrata tenti sempre più di pronunciarsi
pubblicamente all’unisono, specie nell’ambito etico.
Il secondo segnale di fiducia proviene dai nuovi
candidati alla vita religiosa. Come si sa, molti giovani candidati provengono
dall’America Latina e dall’Asia (in particolare da Messico, Colombia, Vietnam).
Il carattere composito e multietnico della società americana è visibile anche
dentro la vita consacrata e le comunità religiose solitamente accolgono con
gioia e speranza questi nuovi candidati, anche se alla calorosa ospitalità
esterna non sempre fa seguito lo scambio fra differenti stili di vita e di
cultura. La sfida, pertanto, è quella di costruire fraternità radicate sulla
reciproca ed incondizionata accoglienza dell’altro.
Impegno ancora più arduo ma indiscutibilmente
basilare è lo sviluppo delle relazioni tra vita consacrata e comunità
ecclesiale. Il crescente protagonismo dei laici e la delicata fase in cui sta
attraversando l’episcopato americano interrogano la vita consacrata a un
diverso e più significativo modo di concepire la propria identità carismatica
nella comunità cristiana. Più concretamente, l’urgente missione dei consacrati
sta, da una parte, nel farsi attivi tessitori di dialogo e di riconciliazione
tra pastori e laici, dall’altra, nel lavorare più alacremente alla formazione
di laici competenti; infine, nell’accompagnamento spirituale dei sacerdoti.
L’evoluzione continua della società americana
impone alle comunità religiose una continua flessibilità e capacità di
adattamento. In questi ultimi anni molte nuove piccole congregazioni sono nate
e cresciute, anche se diverse di loro hanno avuto una breve durata. Ciò
dimostra come l’attrattiva della vita consacrata non è per nulla venuta meno.
Ma si sono pure verificate fratture tra comunità troppo chiuse davanti alla
novità e comunità eccessivamente e imprudentemente sganciante dalle tradizioni
religiose ereditate dal passato. Come avviene già per molte nostre comunità
religiose, la sfida è, dunque, la formazione permanente, non solo dei singoli
ma di ogni fraternità, per discernere con sapienza quei «segni dei tempi» che
sono presenti nei solchi della società.
Due immagini evangeliche riassumono il compito
della vita consacrata nel nord America: il buon samaritano e il cammino di
Emmaus. Dinanzi a una Chiesa ferita e messa ai margini della vita civile, i
religiosi e le religiose sono chiamati a chinarsi su di essa per versare l’olio
del dialogo e della riconciliazione. Come lo è stato per i discepoli di Emmaus,
l’ascolto, la formazione, e la credibilità della propria testimonianza,
rappresentano quei segni di speranza e di vita che i consacrati non possono e
non intendono rimandare.
Sergio Rotasperti
1 PHILIBERT P., Clerical Religious in the First
Decade of the New Millennium, www.cmsm.org.
2 Cf. Regno-doc. 7 (2006) 237-262; Regno-att. 8
(2006) 234-238; GRIBBLE R., “American Catholicism’s Chaos – and Its Future”,
Review for Religious 65 (2006) 6-22.
3 Cf. SENIOR D., “Religious Life at the Brink”,
America 16 (2006) 17-19.
4 Cf. FIALKA’S J., Sister: Catholic Nuns and the
Making of America (2003); REED’S C.L., Unveiled: The Hidden Lives of Nuns
(2004); BRIGGS’S K., Double Crossed: Uncovering the Catholic Church’s Betrayal
of American Nuns (2006); GOTTEMOELLER D., “Sisters Today”, America 16 (2006)
10-12.
5 Cf. HOGE’S DEAN, The First Five Years of the
Priesthood, Liturgical Press, Collegeville (MN) 2002.
6 Cf. Review for Religious 65 (2006) 293-303.