IL FR. CARBALLO AL RECENTE CAPITOLO OFM

UNA PREGHIERA CHE TOCCHI LA VITA

 

La preghiera, come l’amore e l’amicizia, deve sempre essere oggetto di attenzione e di cura, altrimenti si deteriora, diventa abitudinaria e perde sapore, forza e qualità. Che cosa fare perché l’orazione e la contemplazione siano vita per la nostra vita?

 

Uno degli argomenti che nei vari istituti ritorna con frequenza nelle lettere circolari, negli elaborati dei capitoli o in varie altre circostanze riguarda la preghiera. Anche la nostra rivista ne parla di frequente sapendo l’importanza decisiva che essa riveste nella vita del vero discepolo di Cristo, se vuol vivere con fedeltà sempre nuova e creativa la vocazione alla quale è stato chiamato.

Non ci pare pertanto fuori luogo ritornare sul tema, riprendendo quella parte del discorso, che Fr. José Rodríguez Carballo, ministro generale dei frati minori, ha tenuto nella sua relazione Con lucidità e audacia in tempi di rifondazione, al capitolo generale straordinario dell’Ordine, celebrato ad Assisi-La Verna dal 15 settem­bre al 1 ottobre scorso (cf. Testimoni 19/2006).

«Mantenere acceso lo spirito di orazione e devozione – ha detto – è imprescindibile per mantenere costante la freschezza e l’autenticità della grazia delle origini e per rispondere con audacia e creatività ai segni dei tempi. Mantenere acceso lo spirito di orazione e devozione è imprescindibile per lasciarci condurre dallo Spirito all’incontro, sempre rinnovato, con il Padre celeste e con suo Figlio Gesù Cristo, ad un amore ardente per il Signore e per l’umanità e alla comprensione, ogni volta più profonda, del nostro carisma. Mantenere acceso lo spirito di orazione e devozione è imprescindibile se vogliamo scoprire le nostre radici e aprire cammini verso il futuro. Mantenere acceso lo spirito di orazione e devozione è imprescindibile per dinamizzare la nostra vita fraterna, poiché è nella contemplazione dell’abisso di amore della vita trinitaria, dove impariamo, con obbedienza filiale, l’amore che dà consistenza alla vita nella comunione fraterna. Mantenere acceso lo spirito di orazione e devozione è imprescindibile se vogliamo camminare dietro a Cristo ed essere testimoni del suo amore tra gli uomini e le donne del nostro tempo. Solo se manteniamo lo spirito di orazione e devozione come reale priorità nella nostra vita potremo giungere alla scoperta del Cristo ed essere suoi testimoni ed apostoli: «non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4,20)…

La nostra Fraternità, che vuole ripercorrere con umile perseveranza un cammino di rinnovamento della propria vita e missione, di ritorno alle origini, di rifondazione, di recupero di ciò che è essenziale è cosciente che questo impulso rinnovatore può risolversi in parole senza un contenuto reale, finire nell’attivismo, scadere nel scoraggiamento. Se non vogliamo venir meno durante il cammino, la preghiera come mezzo per attingere sempre di nuovo forza da Cristo, diventa qui un’urgenza del tutto concreta.

Le nostre costituzioni generali sottolineano il dovere che i frati hanno di alimentare la vita contemplativa, intensificare la volontà e il proposito della preghiera, irrobustire e coltivare lo spirito di orazione e devozione, trovare con somma cura luoghi di ritiro e solitudine, come testimonianza della nostra vita contemplativa. Il fatto è che la preghiera, come l’amore e l’amicizia, deve sempre essere oggetto di attenzione e di cura, altrimenti si deteriora, diventa abitudinaria e perde sapore, forza e qualità. Che cosa dobbiamo fare perché lo spirito di orazione e devozione, l’orazione e la contemplazione, siano vita per la nostra vita? Ecco alcuni passi che ritengo imprescindibili.

 

PREGHIERA

PER INCONTRARE

 

Senza negare l’obbligo che abbiamo di pregare, essendo stati chiamati a stare con il Signore per poi essere da lui inviati (cf. Mc 3,14-15), dobbiamo fare il possibile per vedere nella preghiera un tempo privilegiato di incontro con colui che sappiamo che ci ama. La preghiera fatta per semplice obbligo finisce per essere una preghiera abbandonata per la noia. Il desiderio dell’incontro con chi ci ama, lungi dall’essere causa di sazietà, risveglierà nei frati un desiderio ogni volta maggiore di rinnovare l’esperienza vissuta.

La preghiera non può essere vista solo come un obbligo, ma come l’alimento indispensabile della nostra vita. Se la vita è amore, e se ama solo chi si sente amato, raggiunto e trasformato dall’amore, pregando ci si lascia amare da Dio e si nasce all’amore e alla vita. L’immersione in Dio è ciò che ogni giorno ci dà forza, il desiderio per cui ogni perdita, cambiamento, sforzo risulta accettabile.

In questi momenti in cui molti soffrono le conseguenze dello stress e il secolarismo si è introdotto tra di noi, si rende più necessaria un’intensa vita di preghiera: è venuto il momento di riaffermare l’importanza della preghiera di fronte all’attivismo e all’incombente secolarismo.

Ogni volta che un frate e una fraternità sono paralizzati dall’angustia, disorientati e demoralizzati, hanno bisogno di entrare nella sala «al piano superiore», il cenacolo, in un luogo intimo, dove Dio sia riconosciuto e adorato, dove a Dio salga la nostra supplica e il nostro ringraziamento. In tempi in cui si fa fortemente sentire tra noi la tentazione di costruire ciascuno la propria strategia e accendere il proprio piccolo fuoco, è necessario contemplare e pregare per ricevere insieme l’unico fuoco della Pentecoste, lo Spirito che viene da Dio. Quando la superficialità e la dispersione si rendono presenti nelle nostre vite è necessario che tutta la nostra esistenza si immerga in un clima di orazione, di contemplazione, di adorazione, di abbandono e di azione della grazia. In tutte queste situazioni è necessario lasciarsi trasformare dall’orazione. La preghiera e la contemplazione faranno la differenza tanto nella nostra vita di fraternità che in quella di evangelizzazione. L’idea di essere cercatori di Dio, e di Dio solo, dà alla vita una forza che non si avrebbe in altro modo.

Si tratta, in definitiva, di superare la mentalità che intende l’orazione come un atto compiuto e acquisirne una nuova nella quale i frati, come tutti i credenti, sono chiamati a pregare sempre senza stancarsi.

 

DALL’OSSERVANZA

ALLA FEDELTÀ CREATIVA

 

La vita di orazione è la storia di un rapporto amoroso e, come tale, è soggetta alla fedeltà. Questa fedeltà non consiste tanto nell’osservanza di un precetto o di una norma, anche se importante, ma di una fedeltà creativa. Si tratta della fedeltà dell’amore che “non ha forma” e, pertanto, prende forme diverse in ciascuno fratello, in ogni fraternità e in ogni momento di questa storia di rapporto. D’altra parte quando l’amore è vivo e seducente è anche creativo e, allora, nasceranno nuove forme di preghiera.

Se l’orazione deve illuminare la nostra vita, anche la vita deve spingere i frati e le fraternità a una ricerca costante di nuove forme di preghiera. Solo così la preghiera toccherà la vita e la trasformerà, solo così potremo identificarci con il Signore e conformarci a lui, meta ultima della nostra chiamata alla vita consacrata.

Sono convinto che dobbiamo prestare molta attenzione a non cadere nella routine e nella mancanza di creatività. Indizi dell’una e dell’altra sono la mancanza di preparazione previa alle celebrazioni, l’improvvisazione, il ritualismo e il rubricismo. In queste situazioni la preghiera si impoverirebbe enormemente e l’atto, il rito, finirebbe per soffocare l’esperienza, la vita.

Arricchire la nostra preghiera con nuove forme di espressione e di partecipazione, che rispondano alle situazioni personali e fraterne e alla sensibilità di oggi, è importante se desideriamo veramente essere fedeli a questa esigenza della nostra vita.

 

LA PREGHIERA ANIMA

DELLA NOSTRA ATTIVITÀ

 

Frequentemente separiamo la preghiera dal lavoro apostolico, il “tempo per l’orazione” dal “tempo dell’azione”, dimenticando che la qualità e la fecondità della nostra attività, anche della nostra evangelizzazione, dipendono direttamente dall’esperienza contemplativa e corriamo così il rischio del “fare per fare”. È ora di prendere coscienza che tutto deve essere radicato nella contemplazione e nella preghiera; è ora di resistere alla tentazione di accontentarci del fare senza tenere in conto l’essere, la qualità della vita.

Ciò che distingue il consacrato non è semplicemente ciò che fa, ma come e perché lo fa. Non si tratta solo di prega­re, per un momento, prima e dopo l’azione. Tutto ciò che facciamo deve esse­re animato e sostenuto dalla preghiera, deve affondare le sue radici in una preghiera assidua, paziente e perseverante.

Questo ci porterà a incontrare Dio nella densità e nello spessore della vita. Come nel caso di Francesco, anche per noi, la preghiera deve costituire il substrato, l’humus di cui si nutre la pianta della nostra vita, anche della nostra vita apostolica. Solo così, come per Francesco, anche noi potremo arrivare ad essere non solo degli uomini che pregano, ma uomini fatti preghiera.

In questo contesto trova il suo senso l’orazione mariana. Quando nasce la Chiesa, ieri come oggi, Maria è lì. Come sarebbe possibile la nascita della Chiesa e la sua crescita senza la presenza di una madre? D’altra parte Maria è la prima che ha pronunciato il sì della fede. Nel sì di Maria accogliamo il Vangelo; in quel sì la nostra testimonianza dà frutto.

Se non vogliamo che la nostra attività, diventata affannosa e ansiosa, finisca per stancarci ed esaurirci, dobbiamo imparare a dare tempo a Dio, vacare Deo. Dobbiamo dar tempo alla preghiera, perché solo pregando si impara a pregare, solo pregando si prende gusto per la preghiera e si sente la necessità di pregare ogni volta di più.

 

TRE GRANDI

PRIORITÀ

 

Permettetemi qui di ricordare le parole di frate Francesco: «Vi prego, più che se riguardasse me stesso, che, quando vi sembrerà conveniente e utile, supplichiate umilmente i chierici che debbano venerare sopra ogni cosa il santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo e i santi nomi e le parole di lui scritte che consacrano il corpo. I calici, i corporali, gli ornamenti dell’altare e tutto ciò che serve al sacrificio, debbano averli di materia preziosa. E se in qualche luogo il santissimo corpo del Signore fosse collocato in modo troppo miserevole, secondo il comando della Chiesa venga da loro posto e custodito in un luogo prezioso, e sia portato con grande venerazione e amministrato agli altri con discrezione. Anche i nomi e le parole scritte del Signore, ovunque fossero trovate in luoghi immondi, vengano raccolte e debbano essere collocate in luogo conveniente. E in ogni predicazione che fate, ammonite il popolo di fare penitenza e che nessuno può essere salvato se non colui che riceve il santissimo corpo e sangue del Signore, e che quando è sacrificato dal sacerdote sull’altare o viene portato in qualche parte, tutta la gente, piegando le ginocchia, renda lode, gloria e onore al Signore Iddio vivo e vero» (1Lcus 2-7).

Con quanto amore devono partecipare i frati alla quotidiana celebrazione della santissima Eucaristia, sacramento ammirabile che il Signore ci ha lasciato della sua vita donata, della sua obbedienza filiale, della sua morte per noi peccatori. Con quanto amore dobbiamo ricevere Colui che, con infinito amore, in questo divino sacramento ci si offre. Con quanto amore dobbiamo venerare, onorare, adorare Colui che, nella umilissima apparenza di questo ineffabile mistero, è rimasto con noi per essere nostro cibo.

Voglio ricordare, poi, che c’è una relazione intima e profonda tra parola di Dio e comunità eucaristica, tra obbedienza alla parola di Dio e vita della comunità che celebra l’Eucaristia, tra la forza della fede e attaccamento alla parola del Signore, tra discernimento della volontà di Dio e meditazione assidua della sua Parola. Voglio sottolineare con forza che non ci può essere una vera comunità di fede senza parola di Dio ascoltata, non si può sperimentare la libertà propria dei figli di Dio senza obbedienza alla parola di Dio, non si può avere gioia duratura e vera senza fedeltà a quella Parola da cui è l’eterna beatitudine.

Ora, quindi, dato che la nostra adesione alla parola del Signore è sempre povera e limitata, segnata dalla debolezza della nostra condizione e dalla malizia dei nostri peccati e più ancora, dato che la parola del Signore, oltre a darci la presenza di Colui che ci parla, ad essere per noi Parola che ci libera, ci guida e ci consola, è anche Parola che ci illumina, ci interpella, ci ammonisce e ci accusa, devo ricordare a tutti il bisogno che abbiamo di mantenerci fermamente sotto la correzione della misericordia di Dio e, così, esaminare tutti i giorni noi stessi, tenendo presente soprattutto la formula della professione, frequentare il sacramento della riconciliazione e cominciare ogni giorno a servire il Signore».

 

Fr. José Rodríguez Carballo