VI FORUM CENTRO NAZIONALE VOCAZIONI
ANNUNCIARE INSIEME LA VOCAZIONE
Il Forum si è
tenuto nella convinzione che più si riuscirà a collegare gli istituti dei
consacrati con i loro carismi specifici, le loro attività apostoliche e i loro
metodi pastorali con la pastorale d’insieme della diocesi, meglio essi potranno
servire la Chiesa.
Come favorire il coinvolgimento dei consacrati
nella pastorale vocazionale, perché la ricchezza carismatica di ciascun
istituto diventi patrimonio della chiesa locale? Come agire in spirito di
fraterna collaborazione e servire l’animazione della pastorale unitaria a
favore delle vocazioni consacrate?
A questi interrogativi ha voluto rispondere il
VI Forum del Centro nazionale vocazioni (CNV) e dei responsabili vocazionali
degli istituti di vita consacrata che si svolto a Sassone-Ciampino (RM), dal 26
al 28 ottobre 2006, sul tema Come accogliere e annunciare insieme la vocazione
alla vita consacrata nella Chiesa locale?
Tutti i relatori si sono trovati d’accordo nel
sostenere che oggi è necessario superare la dicotomia pastorale tra istituti e
chiesa locale, per favorire il coordinamento delle attività. Infatti, più si
riuscirà a collegare gli istituti dei consacrati con i loro carismi specifici,
le loro attività apostoliche e i loro metodi pastorali con la pastorale
d’insieme della diocesi, meglio essi potranno servire la Chiesa.
I lavori aperti e condotti dal Direttore del CNV,
mons. Luca Bonari, sono continuati con il saluto e la presentazione del Forum
da parte di madre Teresa Simionato, presidente dell’ USMI; la tavola rotonda
con i rappresentanti delle diverse vocazioni consacrate, moderata dalla
dott.ssa Anna Maria Berta, consigliera del CIIS; la prima relazione: La vita
consacrata essenziale alla vocazione e alla missione della chiesa locale di
mons. Oscar Cantoni, vescovo di Crema; la seconda relazione: Sentire con la
Chiesa…quando la Chiesa chiama di sr. Rosalia Negretto, formatrice delle Suore
della Sacra Famiglia di Spoleto; la terza relazione: Per una svolta nella
pastorale vocazionale unitaria di don Antonio Ladisa, vice direttore del CNV.
Hanno fatto seguito sette laboratori (missione ad gentes, esercizi spirituali,
esperienze di servizio, scuola, servizio della Parola, oratorio .campi scuola)
per tradurre in itinerari pastorali vocazionali alcuni carismi dei consacrati.
La fase finale è stata occupata dalle conclusioni programmatiche.
Il messaggio del Forum è stato enucleato dai
relatori, dai laboratori e dalla viva e interessata interazione dei
partecipanti attraverso la riflessione, la condivisione e la programmazione
degli impegni e mete pastorali per costruire un futuro pieno di speranza.
I CONSACRATI
UN “SEGNO DEI TEMPI”
Mons. Francescoantonio Nolè, vescovo di
Tursi-Lagonegro, segretario della Commisione episcopale per il clero e la vita
consacrata, don Alberto Lorenzelli, presidente della CISM e p. Alberto
Pilucchi, presidente della CIMI hanno saputo scandire gli impegni, le sfide, le
diagnosi e le proiezioni dei lavori dei partecipanti con i momenti forti
dell’azione liturgica.
La diminuzione dei membri in molti istituti e il
loro invecchiamento, evidente soprattutto in alcune parti del mondo – ha
sostenuto mons. Nolè – fanno sorgere la legittima domanda se la vita consacrata
sia ancora una testimonianza visibile, capace di attrarre i giovani. Infatti
davanti all’insidia della mediocrità nella vita spirituale dell’imborghesimento
progressivo e del dovere convivere con una società dove spesso regna una
cultura di morte può diventare una sfida a essere con più forza testimoni,
portatori e servi della vita.
I quattro pilastri che possiamo offrire ai
giovani e sui quali anch’essi possono costruire la loro fedeltà – ha ripreso
don Lorenzelli – sono: 1. i giovani devono incontrare persone contente di aver
servito e servire il Signore; 2.ricordare costantemente la dimensione pasquale
della vita cristiana: per tutti c’è un combattimento da affrontare per vincere;
3. tenere viva la dimensione escatologica come gioiosa attesa del compimento,
perché una scarsa attesa non sostiene una forte spiritualità, né motiva grandi
sacrifici; 4. una vita fraterna, certamente non perfetta, ma sincera e non
“snobbata”.
COGLIERE E ANNUNCIARE
INSIEME LA VOCAZIONE.
La spiritualità di comunione, all’inizio di
questo terzo millennio non è solo un compito attivo ed esemplare della vita
consacrata a tutti i livelli, ma anche la strada maestra di un futuro di vita e
di testimonianza – ha evidenziato Madre Teresa Simionato, presidente dell’USMI
– ponendo l’accento anzitutto sulla parola insieme (accogliere insieme,
annunciare insieme la vocazione). Soltanto in una ecclesiologia integrale, ha
continuato, in cui le diverse vocazioni, sia quelle più antiche che quelle più
recenti, sono colte all’interno dell’unico popolo di convocati, la vocazione
alla vita consacrata può ritrovare la sua specifica identità di segno e di
testimonianza. La presenza attiva delle persone consacrate aiuterà le comunità
cristiane a diventare laboratori della fede, luoghi di ricerca, di riflessione
e di incontro, di comunione e di servizio apostolico, in cui tutti si sentono
partecipi nell’edificazione del regno di Dio in mezzo agli uomini. Si crea così
il clima caratteristico della Chiesa come famiglia di Dio, un ambiente che
facilita la vicendevole conoscenza, la condivisione e il contagio dei valori
propri che sono all’origine della scelta di donare tutta la propria vita alla
causa del Regno. Ha concluso indicando come luoghi-segno della vocazionalità
dell’esistenza in una Chiesa particolare: le comunità monastiche, testimoni del
volto orante della comunità ecclesiale, le comunità religiose apostoliche e le
fraternità degli istituti secolari
QUALE PROVOCAZIONE PER
UNA PASTORALE VOCAZIONALE?
La tavola rotonda ha messo in risalto il “come”
della animazione vocazionale degli istituti di lunga tradizione, mettendo in
luce sia gli elementi carismatici e le intuizioni che possono essere assunti
dalla chiesa locale, sia le lentezze e gli ostacoli – che rendono difficoltosa
o inefficace la proposta vocazionale – dei quali si dovrebbe fare carico la
chiesa locale.
I rappresentanti di diverse famiglie consacrate:
figlie di Maria Ausiliatrice, gesuiti, francescani, fratelli delle scuole
cristiane, istituto secolare, canossiane, istituto missionario hanno raccontato
in una vivace e interattiva tavola rotonda il carisma di appartenenza come dono
dato alla Chiesa per il compimento della sua missione. Erano tutti consapevoli
che nel favorire l’annuncio delle vocazioni di speciale consacrazione e il
coinvolgimento dei consacrati nella pastorale vocazionale, si riversa nella
chiesa locale tutta la ricchezza carismatica di ciascun istituto.
Riconsiderare il cristianesimo – hanno
dichiarato a più voci – come salvezza relazionale significa formare nuovi
evangelizzatori e nuovi mediatori secondo lo spirito dei fondatori. Un’ epoca
permeata di soggettivismo chiede consacrate/i con un’autorevolezza che nasce
dalla disponibilità all’ascolto inteso come intenzionalità relazionale.
È stato sottolineato che gli ambiti apostolici
offerti dalla diversità dei carismi, a servizio delle vocazioni, sono immensi:
dalla missione ad gentes all’evangelizzazione degli ambienti, delle strutture,
e delle stesse leggi che regolano la convivenza, alla testimonianza dei valori
evangelici a fianco di persone che non hanno ancora conoscenza di Gesù,
all’accoglienza reciproca nella diversità, all’esercizio dell’autorità, alla
condivisione dei beni sia materiali che spirituali, alla collaborazione
inter-congregazionale, al recupero della gioventù disorientata secondo il
carisma di don Bosco, Annibale Di Francia, don Orione.
Con grande convinzione è stato anche detto che
la preghiera per le vocazioni comandata da Gesù diviene autentica ed efficace
solo quando crea coerenza di vita nell’orante stesso, anzitutto, e s’associa,
nel resto della comunità credente, con l’annunzio esplicito e la catechesi
adeguata per favorire nei chiamati al sacerdozio e alla vita consacrata, come a
qualsiasi altra vocazione cristiana, quella risposta libera, pronta, e
generosa, che rende operante la grazia della vocazione.
UNA NON PUÒ FARE
A MENO DELL’ALTRA
Mons. Oscar Cantoni ha lasciato emergere con la
sensibilità che gli è propria, quelle sottolineature che mettono in evidenza le
corrette e indispensabili interazioni che intercorrono tra vita consacrata e
chiesa locale. L’una non può fare a meno dell’altra – ha spiegato – l’una si
sostiene e si arricchisce a partire dai doni dell’altra. La gente ha una gran
voglia d’incontrare persone umanamente belle perché trasfigurate da una vita
che è servizio, gratuità e dono…rimane ammirata per la semplicità e dedizione
delle consacrate; stupita per il modo di accostarsi agli altri, nel loro stile
di aprirsi ai poveri, consolata per la delicatezza con cui si avvicinano ai
bisognosi. Paragonando la presenza dei consacrati in diocesi ad una “perla
preziosa”, si è augurato che questa presenza possa sempre esserci con la
freschezza della propria vocazione.
SENTIRE CON LA CHIESA
QUANDO CHIAMA
Una consacrata ha raccontato l’animazione
vocazionale del proprio istituto, (contenuti, percorsi, metodologie), mettendo
in luce principalmente le linee guida e i punti di non ritorno delle esperienze
vocazionali in atto. Ha descritto anche le scelte ecclesiali che l’istituto
attua per inserirsi nella pastorale ordinaria della chiesa locale e condividere
la propria ricchezza vocazionale. Ha suggerito alcuni presupposti necessari
nell’istituto e nella chiesa locale perché avvenga un’osmosi vitale e feconda.
La nostra presenza di religiose sul territorio –
ha ricordato sr. Rosalia – spesso e volentieri, si è giocata sull’abilità di
produrre relazione per far passare i valori del Vangelo e per poterli vivere
come novità e profezia. Si è trattato di condividere non tanto risorse o
energie che spesso purtroppo scarseggiano, quanto più di offrire idee e
strategie innovative, sia all’interno di un dialogo cosiddetto culturale che
ben si accompagna alla nostra spiritualità dell’incarnazione, come ascolto del
vissuto quotidiano di ogni persona, sia in una rete tra carismi per vivere la
reciprocità della Chiesa-comunione sul modello originario del dialogo
trinitario.
SVOLTA NELLA PASTORALE
VOCAZIONALE UNITARIA.
La continuità del cammino intrapreso con grande
fatica e corale responsabilità sarà il segreto della svolta della pastorale
unitaria, ha affermato don Antonio Ladisa. In questi sei anni – ha ribadito –
il Forum ha visto crescere sempre più il livello di partecipazione, la ricchezza
del dialogo, la stima reciproca e la comunione tra i partecipanti, provocando
una sorta di reazioni a catena che non ha mancato di produrre effetti benefici
anche nella pastorale vocazionale delle nostre chiese locali.
Credo sia ormai convinzione comune – ha
continuato – anche grazie al cammino che si è fatto in questi sei anni, che,
nel realizzare percorsi di comunione ecclesiale nella pastorale vocazionale,
decisivo è il contributo della vita consacrata. Innanzitutto perché la vita
consacrata nelle sue diverse forme: dagli istituti di vita attiva alla vita
contemplativa, passando per l’Ordo virginum, è una ricchezza per la chiesa
locale, prima ancora che per quello che fa per quello che è. In secondo luogo,
perché suscita nella chiesa locale un dinamismo di comunione. Non è privo di
significato il fatto che l’espressione “spiritualità di comunione” sia stata
coniata dal sinodo sulla vita consacrata nella proposizione n. 28. È stata,
poi, inserita nell’esortazione Vita consecrata, in cui si legge:
«Alle persone consacrate si chiede di essere
davvero esperte di comunione e di praticarne la spiritualità, come “testimoni e
artefici di quel ‘progetto di comunione’ che sta al vertice della storia
dell’uomo secondo Dio».
Ha ricordato inoltre che un compito oggi delle
comunità di vita consacrata è quello di far crescere la spiritualità della
comunione, prima di tutto al proprio interno e poi nella stessa comunità
ecclesiale, ed oltre i suoi confini, aprendo o riaprendo costantemente il
dialogo della carità, soprattutto dove il mondo di oggi è lacerato da odio
etnico o da follie omicide.
«Nella sinfonia dei doni e dei carismi di cui la
comunità cristiana è ricca, – ha concluso, citando Verona – si potranno
riconoscere le plurali e diversificate figure vocazionali».
P. Raffaele
Sacco r.c.j.