INVECCHIARE CON
SAPIENZA
ETÀ ANZIANA DOMENICA
DELLA VITA
Il giorno in cui nasciamo, cominciamo a
invecchiare. Il tempo passa; solo l’eternità non passa. Il tempo che ci è dato
deve essere impiegato bene per il servizio di Dio e del prossimo. Anche l’età
anziana è chiamata a portare i suoi frutti.
Il cardinale Aloisio Lorscheider, ofm,
arcivescovo emerito di Aparecida (Brasile), giunto ormai all’età di 82 anni,
essendo nato l’8 ottobre 1924, riflette sul significato dell’età anziana,
proponendo alcuni spunti che qui riprendiamo.
1. È un
bell’atteggiamento quello di invecchiare e di invecchiare con sapienza. Bisogna
saper invecchiare. L’età più bella non è quella dell’adolescente o del giovane
oppure dell’adulto e dell’anziano. No. L’età più bella è quella che abbiamo. Il
tempo che viviamo è un grande tesoro. Senza il tempo non c’è niente di grande,
niente di profondo. Né l’amicizia, né la fedeltà. Dobbiamo vedere il tempo con
molta normalità. Sappiamo che passa. Il giorno in cui nasciamo, già inizia
l’invecchiamento. Il tempo passa. Solo l’eternità non passa. Il tempo a nostra
disposizione deve essere bene impiegato. Senza ansia né angustia, per il
servizio di Dio e del prossimo. Bisogna dare tempo al tempo.
2. La sapienza è
un dono, un dono del divino Spirito. Egli ci fa gustare le realtà della vita.
Fa che queste realtà abbiano un buon gusto, siano gradevoli. Invecchiare con
sapienza vuol dire vivere con qualità la vita. È invecchiare in modo tale che
essere anziano diventi piacevole per noi. “Come s’addice la sapienza ai vecchi,
il discernimento e il consiglio alle persone eminenti! Corona dei vecchi è
un’esperienza molteplice, loro vanto il timore del Signore” (Sir 25, 5-6).
3. La sapienza
crea distanza, ma non una distanza di allontanamento dal mondo. Permette alla
persona di innalzarsi al di sopra delle realtà, senza disprezzarle. Ci fa
vedere il mondo con gli occhi e con lo sguardo di Dio. Ci fa dire “sì” a Dio
nei nostri limiti, al nostro passato con le sue delusioni, i tradimenti e i
peccati. “Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8,28). Dalla
forma conciliante di questa sapienza fioriscono, allora, bontà, pazienza,
comprensione. E il prezioso ornamento dell’anzianità, che è l’amore. In tutte
le età il Signore ci chiede di valorizzare i nostri talenti. Il servizio del
Vangelo non è questione di età.
4. Nella misura
in cui diventiamo più anziani, la grande tentazione non è solo quella di
contare il tempo. È anche di riferirci di continuo al passato. “Ai miei tempi”
è l’espressione che ricorre più di frequente sulla nostra bocca e nel nostro
spirito. Quello sì era un tempo bello! Ma anche in quel nostro tempo c’erano
persone anziane che, allo stesso modo, ricordavano i bei tempi che avevano
vissuto e, non ne erano molto entusiaste, come noi oggi non siamo entusiasti
del nostro tempo attuale. La cosa migliore è guardare in faccia il presente.
Giovanni Paolo II ci ricordava nella lettera apostolica Tertio millennio
adveniente, “duc in altum”, va al largo e getta le reti. Anche noi anziani
dobbiamo cominciare sempre di nuovo. Finora non abbiamo fatto niente, fratelli,
cominciamo di nuovo, diceva san Francesco d’Assisi.
Oggi è il primo
giorno di quanto ci resta della vita. Diamo del nostro tempo a Dio e al
prossimo. È importante non perdere il fascino davanti alle cose belle che
l’evoluzione del mondo ha portato e ci offre. Bisogna sentirsi sempre gioiosi e
ottimisti!
5. In passato
c’era grande rispetto per le persone anziane. Oggi ci sono ancora dei popoli in
cui gli anziani sono stimati e valorizzati. Ma tra noi, nella nostra società, a
causa di una mentalità che pone al primo posto l’utilità immediata e la
produttività dell’uomo, l’anziano è visto più come un ingombro, un disturbo. Di
fronte a una situazione del genere, le persone anziane giungono a interrogarsi
sull’utilità della loro vita. E non solo loro, ma la stessa società che
desidera disfarsi di queste persone anziane. E da qui viene l’eutanasia. Far
morire dolcemente.
6. Noi però
dobbiamo recuperare la giusta prospettiva della vita nel suo insieme. E la
giusta prospettiva consiste nel porre la vita nella dimensione dell’eternità.
In altre parole, tutto il tempo deve essere sempre visto nella prospettiva
dell’eternità. L’età anziana non è altro che una tappa delle varie fasi della
vita. Anch’essa ha una sua identità nel cammino verso l’eternità. La stessa
società potrà solo trarre benefici da questa maturazione di vita.
Gli anziani
aiutano a contemplare con maggiore sapienza gli avvenimenti terreni. In seguito
alle vicissitudini vissute, sono più esperti e maturi. Gli anziani conservano
una memoria collettiva e per questo sono capaci di interpretare più esattamente
l’insieme delle idee e dei valori umani che custodiscono e guidano la
convivenza sociale. Escludere gli anziani vuol dire allo stesso tempo rifiutare
il passato dove affondano le radici del presente, e questo in nome di una
modernità senza memoria. Gli anziani, per la loro esperienza di vita, sanno
offrire consigli e insegnamenti preziosi ai giovani. Tutte le età devono essere
solidali tra loro, tanto più che tutte si arricchiscono tra loro. Basta solo
pensare ai doni e ai carismi che ciascuno possiede. Non è solo il futuro a
essere eterno. Anche il passato fa parte dell’eternità.
7. Ho letto, di
recente, che l’età anziana è la domenica della vita. La vita umana è un
processo. Ha i suoi alti e bassi, ma essa accumula esperienze, sentimenti e
realtà vissute che arricchiscono il cammino e assommano i successi e gli
insuccessi come stimolo per nuove conquiste.
Dio creatore non
ci concede questo tempo della vita per vederci soffrire. Al contrario, Egli dà
la vita a molti affinché aiutino il mondo dei giovani a essere adulto, in modo
che si sentano realizzati e contenti. “Chi investe sui giovani, investe sul
futuro del mondo”. L’anziano non può lasciarsi andare. Mettersi in pigiama, sdraiarsi
sulla poltrona, leggere il giornale o guardare tutto il giorno la TV. L’anziano
ha bisogno di aprirsi creativamente. Egli attraversa una tappa della vita piena
di sapienza esistenziale e può ancora dare molto alla società. L’anziano non
può sentire la sua vita come qualcosa senza significato. Esaurita una certa
energia per il lavoro, egli non è un paria. La pensione non è un favore o
un’elemosina. È un obbligo della società verso chi l’ha tanto servita.
Nell’età anziana
dobbiamo stare attenti a non perdere la nostra identità. Siamo persone e
continuiamo a essere persone. L’anziano non dovrebbe essere privato di tutto il
lavoro. Al contrario, dovrebbe avere un’occupazione utile, secondo le sue
forze, ormai più deboli.
Ci sono molti
modi di invecchiare, ma non possiamo abdicare alle nostre capacità di essere e
di agire. La nostra vita non può diventare una specie di morte. L’ideale è che
la persona muoia vivendo e non viva morendo, abbandonandosi ogni istante al
tedio e alla morte. Bisogna “soffrire” ogni istante per estrarne tutta la linfa
di vita. La nostra esistenza può essere ricca e appassionante anche quando si è
già anziani. Bisogna saper sempre cominciare di nuovo.
8. L’età anziana
è tempo di contemplazione, di silenzio, di spogliazione, di preghiera, di
perfezionamento del dominio di noi stessi.
– Tempo di
contemplazione. L’età anziana non può cessare di essere tempo di fascino.
Assieme al fascino, la contemplazione. Per gli anni vissuti, maturiamo.
Immagazziniamo tanti beni dentro di noi. Bisogna contemplarli, in modo speciale
contemplare le verità della nostra fede. Se lo faremo, il tempo ci sembrerà
breve poiché ci sono molte cose da approfondire in maniera contemplativa dentro
di noi. Io, nelle mie visite pastorali alle parrocchie, entrando nelle case dei
poveri e dei malati, incoraggiavo sempre le persone anziane a scrivere le loro
memorie. Dicevo loro: «Voi avete molte cose da dire per i giovani di oggi. Voi
siete passate attraverso varie fasi e il mondo in questi 70-80 anni è cambiato
molto. Conoscere questi cambiamenti e come voi vi siete comportati è molto
importante per i più giovani. È bene che i giovani sappiano come si è giunti ai
nostri giorni». Lo facevo perché sentissero di non essere inutili o in
sovrappiù.
– Tempo di
silenzio L’età anziana è anche tempo di silenzio. Santa Teresa d’Ávila
insisteva sempre sul raccoglimento, sul silenzio, soprattutto interiore. Quando
eravamo ragazzi eravamo, per natura ed età, più agitati. Un po’ più avanti
negli anni, siamo diventati più calmi e tranquilli. È possibile interiorizzare
tante cose della nostra vita ed essere grati a Dio per tanta bontà e le tante
belle opportunità della nostra esistenza.
– Tempo di
spogliazione. L’età anziana, domenica della vita, è una benedizione. A poco a
poco ci stacchiamo da molte futilità, da molti minuzie, rancori, lamentele,
sofferenze. È il tempo del perdono. Sentiamo più profondamente la nostra
kenosi, la necessità di spogliarci. Impariamo a gestire il tempo. Non ce ne
facciamo gioco. Non lo rincorriamo. Cerchiamo di vivere con il tempo come se
fosse qualcuno che rispettiamo, di cui abbiamo cura, che amiamo. Bisogna
camminare con il tempo serenamente, giorno dopo giorno, senza maltrattarlo.
Col passare
degli anni corriamo il rischio di diventare un blocco di granito. Duri,
impermeabili, immutabili. Non abbiamo più niente da imparare dai giovani. Ci
chiudiamo in noi stessi. Le nostre idee come restano? I nostri gusti? Le
persone amiche?
Bisogna
trasformare il blocco di granito in un blocco di cristallo. Dobbiamo essere
trasparenti. Invecchiare è questione di trasparenza.
Tempo di
preghiera. La preghiera è la missione speciale dell’anziano. Se non preghiamo,
la nostra età avanzata perde il suo significato. Abbiamo bisogno di anziani che
pregano. L’età anziana è un tempo per questo. Ed è bene ringiovanire con la
nostra preghiera. La preghiera ringiovanisce il cuore. San Paolo ci ricorda che
«se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si
rinnova di giorno in giorno (2Cor 4,16).
Se non rinnoviamo
l’uomo interiore, corriamo il rischio di invecchiare del tutto. È evidente che
bisogna evitare la preghiera di routine. Anche a questo riguardo dobbiamo
essere creativi. Dobbiamo far scaturire la preghiera dal cuore, nuova come se
non fosse mai esistita.
Pregare è anche
mettersi in ascolto di Dio. Rischiamo di rimanere sordi non solo fisicamente,
ma anche spiritualmente. Bisogna ascoltare Dio e ascoltare gli altri.
È evidente che
non bisogna confondere la preghiera con le preghiere. La preghiera è un modo di
essere e non un’attività fra le tante. E non ci sarà preghiera dove non c’è
silenzio. Un silenzio abitato da Dio. Un silenzio fatto di attenzione a Dio e
agli altri. Un silenzio positivo e creativo.
La preghiera,
oltretutto, è un modo e un mezzo per uscire dalla solitudine, che è la più
grande minaccia della nostra età avanzata. Essa unendoci a Dio ci unisce agli
altri. È una energia che chiediamo e che ci diamo a vicenda. Energia misteriosa
ma efficace. Sta in essa il segreto della serenità, il segreto della gioia, il
segreto di un cuore sempre giovane. La preghiera è la strada della giovinezza
del cuore, della gioventù dell’uomo interiore.
Introibo ad
altare Dei – Ad Deum qui laetificat iuventutem meam. Era l’antifona del salmo
42 che recitavamo ai piedi dell’altare, iniziando l’Eucaristia.
E già che
ricordiamo l’Eucaristia, essa è anche un valore molto grande per noi che siamo
già in un’età più avanzata. Per quanto è possibile non lasciare l’Eucaristia.
Visitiamo il Santissimo Sacramento. Teniamo Gesù eucaristico molto presente
dentro di noi. Dovremmo essere adoratori perpetui del Santissimo Sacramento.
Padronanza di
noi stessi. Un ultimo punto da considerare è di verificare come ci comportiamo:
se come persone anziane impazienti, egoiste, brontolone oppure come anziani dal
cuore puro, pazienti, tolleranti, distaccate, piene di spirito di sacrificio.
Bisogna che ci creiamo uno sguardo nuovo e luminoso… Sempre gioiosi, mai
arrabbiati con la vita. Riconoscenti al buon Dio per l’età raggiunta. Così sia.
Card. Aloísio Lorscheider
1 Le seguenti
riflessioni sono state pubblicate nel bollettino interno della provincia
francescana dell’Immacolata Concezione del Brasile e riprese anche dalla
rivista di spiritualità Grande Sinal dell’Istituto teologico francescano della
medesima provincia, nel numero di settembre-ottobre 2006.