21 NOVEMBRE: GIORNATA PRO ORANTIBUS

DIETRO LE GRATE COL CUORE APERTO

 

Se le strutture dei monasteri ereditate da tradizioni secolari hanno spesso alte mura, inferriate e grossi catenacci, le porte del cuore delle sorelle invece cercano di essere aperte 24 ore su 24, perché chiunque vi possa trovare il rifugio sicuro della confidenza presentata al Signore, del ricordo custodito nella preghiera.

 

«I consigli evangelici, abbracciati secondo la personale vocazione di ognuno, aiutano non poco alla purificazione del cuore e alla libertà spirituale, tengono continuamente acceso il fervore della carità (...). Né pensi alcuno che i religiosi con la loro consacrazione diventino estranei agli uomini o inutili nella città terrestre. Poiché, anche se talora non assistono direttamente i loro contemporanei, li tengono tuttavia presenti in modo più profondo con la tenerezza di Cristo, e con essi collaborano spiritualmente, affinché la edificazione della città terrena sia sempre fondata nel Signore e a lui diretta, né avvenga che lavorino invano quelli che la stanno edificando» (Lumen gentium 46).

Le parole del Concilio Vaticano II riecheggiano nel monastero con sonorità tipiche, che riverberano nelle giornate – ripetitive ma mai monotone – scandite dalla preghiera liturgica.

Il ritiro claustrale, cassa di risonanza della parola di Dio e del movimento incalzante della storia, è un luogo dove si rende possibile quell’itinerario di purificazione del cuore che, mediante la carità, apre alla libertà dello spirito, nello Spirito. Tale itinerario è il fondamento della comunione e della cooperazione tra le claustrali e tutti gli altri: ci incontriamo e ci scopriamo insieme per questa strada, che è quella del battesimo.

L’esistenza quotidiana interpella ciascuna di noi con esigenze e imprevisti, con l’inesaurita ricerca di equilibrio nelle relazioni interpersonali e di accoglienza positiva e costruttiva dei dinamismi comunitari. La purificazione del cuore ha a che fare con tutto questo. E la parola di Dio, puntuale sempre, consolante e provocante, aiuta a decifrare ciò che abita il cuore (il mio prima di tutto!) e a uscire allo scoperto come Adamo ed Eva dal nascondiglio della vulnerabilità, della piccineria dell’«io». La parola di Dio purifica anche la vita comunitaria, risuonando come giudizio e come invito alla speranza.

 

SPAZIO DI ASCOLTO

E DI ACCOGLIENZA

 

La comunità claustrale si forgia e matura, allora, come uno spazio tutto particolare di ascolto e di accoglienza: la vita del mondo globalizzato e l’esistenza della persona che suona alla porta, i conflitti scatenati dall’ingordigia dei pochi che si impongono e la fatica di trovare un’intesa nelle famiglie, la speranza fattiva di giustizia che spinge molti a impegnarsi a tempo pieno a favore degli altri e la trepidazione della coppia in attesa di un figlio... Al cuore purificato, disposto a liberarsi giorno dopo giorno dalla prepotenza dell’«io», è possibile palpitare in sintonia con la macrostoria e con la microstoria, compatendo con ciascuno, lottando insieme nell’invocazione – “Fino a quando, Signore?” (Sal 13) – e insieme facendo festa – “Lodate il Signore, è bello cantare al nostro Dio” (Sal 146).

È possibile tenere presenti gli uomini e le donne del proprio tempo in modo particolarmente profondo “con la tenerezza di Cristo”, secondo l’espressione del Vaticano II nel testo succitato, perché quella tenerezza si è conosciuta e la si conosce. Nel quotidiano divenire sempre più consapevole del suo personale limite amato e accolto dal Signore, la claustrale impara a guardare se stessa, gli altri, la storia con la misericordia con cui si sente guardata da Dio, un Dio che scopre con crescente concretezza Padre delle misericordie. Di fatto, in monastero conosce non l’isolamento perfezionistico, ma la solidarietà nel peccato – «Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio» (Rm 3,23) –, peccato che si annida nelle pieghe più riposte della volontà e, simile alla zizzania, infesta anche (forse soprattutto?) le intenzioni di bene, le scelte evangeliche. Ogni sorella sa di esistere solo perché rigenerata ogni giorno dal perdono di Dio – «Tutti sono giustificati gratuitamente per la grazia di Dio» (Rm 3,24) – e sostenuta dalla riconciliazione fraterna. È questa l’esperienza continua e mai consunta della tenerezza!

Ne consegue uno stile di vita che rifugge giudizi sommari e facili etichettature degli altri: buoni/cattivi, meritevoli/immeritevoli, e così via. Nella preghiera, che sostanzia la vita nel monastero, si riconosce e si vive piuttosto l’abbraccio di Dio per ogni sua creatura, di lui che fa piovere sui giusti e sugli ingiusti, di lui che ha affidato la sua creazione a tutti e a ciascuno perché ogni vivente ne fruisca e ne tuteli la fecondità.

Se le strutture dei monasteri ereditate da tradizioni secolari hanno spesso alte mura, inferriate e grossi catenacci, le porte del cuore delle sorelle invece cercano di essere aperte 24 ore su 24 perché chiunque vi possa trovare il rifugio sicuro della confidenza presentata al Signore, del ricordo custodito nella preghiera. “Con la tenerezza di Cristo”. In essa la religiosa claustrale scopre l’orientamento della propria missione: della tenerezza di Cristo, essere nella Chiesa e nel mondo memoria e “sacramento”. Santa Chiara d’Assisi esprime la consapevolezza di un tale mandato con la metafora dello specchio: la missione consiste nel riflettere Gesù, così da renderlo visibile e sollecitare all’imitazione e alla sequela di lui. Ciò significa vivere il battesimo, stimolando altri a fare lo stesso. Quello del battesimo è il linguaggio comune tra le diverse membra dell’unico Corpo di Cristo e ne alimenta il dialogo. Come sarebbe vantaggioso per tutti intensificare questa comunicazione! Ciascuno vi troverebbe aiuto e sostegno nel mettere a frutto il dono regale, sacerdotale, profetico che ha ricevuto per fermentare la storia col lievito del Vangelo.

 

QUATTRO GRANDI

FORME DI PRESENZA

 

Un’indicazione preziosa per tradurre tutto questo nel concreto delle giornate è stata data da Benedetto XVI in un passaggio dell’omelia pronunziata a Verona il 19 ottobre 2006, durante il 4° Convegno della Chiesa italiana: «I cristiani possono portare al mondo la speranza, perché sono di Cristo e di Dio nella misura in cui muoiono con lui al peccato e risorgono con lui alla vita nuova dell’amore, del perdono, del servizio, della nonviolenza».

Amore, perdono, servizio, non-violenza sono i contenuti e le modalità dell’esistenza battesimale, dell’essere-in-Cristo, di cui le religiose fanno “professione” pubblica e che le claustrali esprimono con la loro tipicità nella preghiera, nel lavoro, nelle relazioni fraterne. Chiunque le avvicina si sente/dovrebbe sentirsi provocato a interrogarsi – “E io?” – grazie alla loro presenza in quanto è:

– ‑presenza d’amore: «E chiunque ver­rà da essi, amico o nemico, sia ricevuto con bontà», ricorda Francesco d’Assisi;

– ‑presenza di perdono: «Che non ci sia nessuno al mondo che dopo aver visto i tuoi occhi se ne ritorni via senza il tuo perdono»; è ancora san Francesco a esortare;

– ‑presenza di servizio: animate dalla “passione per l’altro”, lavandogli i piedi come il Signore e Maestro;

– ‑presenza non-violenta: liberate da arroganza e prepotenza, esplicita o camuffata, sull’esempio di Gesù, insieme a tutti quei miti che, soli, “possiedono” la terra!

Nell’intercessione e nella lode le claustrali lasciano confluire i vissuti variegati dei fratelli e delle sorelle, geograficamente vicini o lontani, che conoscono il combattimento talvolta lacerante per essere persone che amano, aperte al perdono, disponibili al servizio, pronte a respingere ogni forma di violenza per scegliere vie di ascolto, di dialogo, di incontro. È la stessa “agonia” da loro sperimentata per morire al peccato (la purificazione del cuore!) e rinascere in Gesù Signore risorto.

L’intercessione e la lode sono inverate dall’autenticità con cui ciascuna affronta questa lotta, mossa dallo Spirito. E lo Spirito guida ciascuna e tutte insieme a rimanere nella fede e nella speranza, con gli altri e in loro nome, alla presenza di quel Dio Padre misericordioso il cui amore è per tutti, per sempre.

 

Le sorelle clarisse di Cortona