L’ORDO
VIRGINUM, FRA TRADIZIONE E NOVITA’
LI’
DOVE DIO CHIAMA
Le appartenenti
all’ Ordo Virginum sono donne come tutte le altre che tuttavia portano in sé il
dono di una consacrazione pubblica e solenne, ricevuta attraverso l’antico rito
liturgico ripristinato dopo il concilio Vaticano II. È lì che bisogna andare a
cogliere la loro identità.
L’annuale
incontro delle consacrate dell’Ordo virginum riporta di volta in volta
l’attenzione su questa forma di vita consacrata che si va sorprendentemente
espandendo. Una attenzione che non sempre sembra preparata, o forse neanche
disposta, a cogliere tutto lo spessore del carisma, ma piuttosto si ferma
sull’apparenza della persona e fa della consacrata dell’Ordo virginum una sorta
di femminista, una donna di oggi riuscita ad andare oltre quello che un
giornale ha definito il «bivio obbligatorio delle mura del convento o dei recinti
del matrimonio cristiano».
Il
cuore del card. Severino Poletto era davvero avvilito nel cogliere simili
risonanze a proposito delle consacrate convenute all’incontro di Verbania
Pallanza, a fine agosto di quest’anno, sulle splendide rive del Lago Maggiore.
Erano circa 180 le partecipanti, accolte dalla diocesi di Novara con la
collaborazione delle altre diocesi del Piemonte. Sono stati presenti anche i
vescovi di quelle Chiese, a cominciare da mons. Renato Corti, relatore del
tema: Dall’Ascolto della Parola la vita nuova nello Spirito. La Madre Anna
Maria Cànopi ha offerto una testimonianza di Chiesa in ascolto, mentre un
docente dello Studio teologico di Fossano, don Pierangelo Chiaramello, ha
indicato nella liturgia la fonte della vita nuova nello Spirito. Sono
intervenuti anche alcuni laici che con le loro testimonianze mostravano come
vivere nella quotidianità secondo lo Spirito: ovvero il dono di sé nei vari
contesti esistenziali in cui si è inseriti.
Il
tema di quest’anno voleva essere il punto d’arrivo di un discorso che, a
partire dall’ iniziazione alla vita cristiana, si proponeva di arrivare fino
alla piena maturità in Cristo. Perché è essenziale porre radici profonde per
far fiorire in tutta la sua bellezza il mistero di una esistenza consacrata nel
mondo. Di qui le relazioni profonde e ad un tempo generiche che hanno
caratterizzato il 19° convegno nazionale dell’Ordo virginum. Ma al termine è
stato l’arcivescovo di Torino, card. Severino Poletto, a offrire una sorta di
catechesi su questa autentica espressione di vita consacrata, nell’omelia
rivolta a tutti i partecipanti alla celebrazione eucaristica domenicale nella
chiesa di Pallanza.
UN
CARISMA
DA
CONOSCERE
Guardando
solo all’apparenza, non è facile entrare nella vera fisionomia dell’Ordo virginum,
la nuova categoria di donne consacrate di cui parla il Codice di diritto
canonico (CDC) al canone 604. Sta di fatto che le stesse persone appartenenti
alla vita religiosa, legate come sono alle loro categorie, hanno difficoltà a
percepire chi siano queste donne che si presentano semplicemente come delle
consacrate diocesane. Donne come tutte le altre, che tuttavia portano in sé il
dono di una consacrazione pubblica e solenne, ricevuta attraverso l’antico rito
liturgico ripristinato dopo il concilio Vaticano II. È lì che bisogna andare a
cogliere la loro identità, quale si è definita nei primi secoli della Chiesa.
Le
Premesse al rito introducono con chiarezza nella dimensione tutta femminile del
carisma che unisce la vergine «in mistiche nozze a Cristo Figlio di Dio» (CDC
can. 604, 1). La fisionomia sponsale emerge durante lo svolgimento della
solenne liturgia, profonda e sobria ad un tempo, ricca di significati
simbolici. Il punto più alto lo si ha proprio nella prece consacratoria dove
l’invocazione allo Spirito Santo si intreccia stupendamente con l’immagine
ideale di quel che la vergine cristiana è chiamata a essere come sposa di
Cristo. E così come una famiglia religiosa ha una Regola specifica quale punto
di riferimento per la propria identità, l’Ordo virginum ha il testo della
preghiera consacratoria, la cui bellezza e profondità fanno ritenere che ne sia
autore san Leone Magno.
La
preghiera dopo aver spaziato, come un grande prefazio, su tutto il mistero
della salvezza, pone al centro la vergine che ha rinnovato il suo proposito di
castità nelle mani del vescovo e propone di essa un ritratto ideale:
«Concedi,
o Padre, per il dono del tuo Spirito,
che
siano prudenti nella modestia, sagge nella bontà,
austere
nella dolcezza, caste nella libertà.
Ferventi
nella carità nulla antepongano al tuo amore».
C’è
in queste parole tutta l’umanità e l’assoluto che avrebbero caratterizzato lo
spirito delle future regole monastiche. Siamo ai primi germogli della vita di
speciale consacrazione quale veniva fuori dal tronco di una vita cristiana che
andava espandendo i suoi più sorprendenti rami. Manca ancora la formulazione
dei voti di povertà e di obbedienza, ma sono inscritti nello spirito di tutta
la prece consacratoria, come si vede nella conclusione del testo:
«In
te, Signore, possiedano tutto,poiché hanno scelto te solo al di sopra di
tutto».
In
quella prima espressione di vita donata a Cristo, la povertà e l’obbedienza
venivano a essere un tutt’uno con la nuova condizione di sponsa Christi che la
vergine assumeva: povera e obbediente come lui.
AL
SERVIZIO
DELLA
CHIESA
Nel
cammino della sua esistenza, solennemente e pubblicamente consacrata, la donna
ha come referente il proprio vescovo: sta a lui discernere, presiedere il rito
di consacrazione e poi accompagnarla – più o meno personalmente – nel suo
vivere. Non c’è un voto di obbedienza, ma c’è un vincolo spirituale che impegna
alla comunione con il pastore della Chiesa in cui si è inserite. La diocesi
diventa in qualche modo la propria famiglia, nella quale si è ad un tempo
figlie e madri. Lì si dispiega la propria missione.
Diceva
Giovanni Paolo II nel corso dell’udienza alle consacrate dell’Ordo virginum, il
2 giugno 1995: «Amate la Chiesa: è la vostra madre. Da essa, mediante il
solenne rito presieduto dal vescovo diocesano, avete ricevuto il dono della
consacrazione, al suo servizio siete state dedicate. Alla Chiesa dovete
sentirvi sempre legate con stretto vincolo». Servizio alla Chiesa è
innanzitutto la stessa consacrazione verginale, vissuta nella sua pienezza a
lode di Dio e per la salvezza del mondo. Accanto a questo, gli impegni che
ciascuna assume nella propria esistenza, a partire dal lavoro necessario per
mantenersi. E poi le varie forme di collaborazione pastorale o di volontariato,
che in genere vanno a occupare il tempo libero di un donna il cui cammino
interiore la porta sempre più profondamente a donarsi. Il dono di sé a Cristo
“con cuore indiviso” diventa spazio privilegiato per accogliere e servire i
fratelli.
L’Ordo
virginum si caratterizza per tanta varietà di forme nell’unico carisma. C’è chi
vive impegnata in attività professionali o in servizi sociali, come c’è chi
trova lavoro nell’ambito ecclesiale, più o meno a tempo pieno. C’è anche chi si
dedica allo studio e chi si sente chiamata a una vita fondamentalmente
contemplativa, portata avanti con l’apertura ecclesiale propria di questa
consacrazione. Ogni scelta viene concordata con il vescovo il quale accoglie,
orienta, ma non impone. È un cammino personale in cui è opportuno tener conto
della fisionomia che ciascuna presenta. Una fisionomia aperta anche al
divenire.
Così
pure per quanto riguarda il vivere da sole o il vivere insieme. Il §2 del
canone 604 parla della possibilità che hanno le vergini di associarsi, ma
dovrebbe rimanere una sostanziale libertà di scegliere, anche lì dove sono
state costituite delle associazioni. In concreto oggi abbiamo consacrate che
vivono insieme, ma semplicemente per una scelta personale non
istituzionalizzata: come dire che insieme ci si aiuta. Altre rimangono a vivere
in famiglia; altre ancora preferiscono vivere da sole, senza tuttavia mancare
di riferimenti capaci di offrire i valori della comunità. Giorno dopo giorno
ciascuna si costruisce la propria strada.
UNA
REALTÀ
IN
CAMMINO
Forse
sta proprio in questi spazi lasciati alla libertà della persona il segreto del
consenso che l’Ordo virginum sta ricevendo, nel panorama piuttosto oscuro della
vita religiosa tradizionale. Si sa che la libertà è una medaglia a due facce. È
da tener sempre presente quanto Paolo scriveva ai Galati: “Siete stati chiamati
a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la
carne” (5, 13). Di qui l’impegno, soprattutto da parte dei vescovi, a curare la
formazione iniziale e permanente richiesta da una consacrazione tanto esigente,
ricca anche di significato escatologico.
Sono
ormai almeno 350 in Italia le donne appartenenti all’Ordo virginum, disseminate
in più di 80 diocesi. La fisionomia del carisma comporta l’autonomia dei
singoli Ordo virginum che man mano si vanno costituendo nelle diocesi italiane.
Ciò non toglie l’opportunità di un piccolo “gruppo di collegamento” – eletto
ogni due anni – che mantiene i rapporti ufficiali con la CEI, cura un foglio di
informazione e organizza annualmente in incontro nazionale, ospitato di volta
in volta in una diocesi diversa. È questa un’occasione giusta per conoscersi,
favorire lo scambio di esperienze, approfondire temi specifici riguardanti il
carisma o la formazione di base anche per una buona vita cristiana. Sono sempre
numerose le giovani in ricerca che partecipano a tali incontri per verificare
una loro eventuale chiamata a questa consacrazione.
Come
avvenne nel 1995, in occasione del XXV di promulgazione del Rito ripristinato,
c’è all’orizzonte un convegno-pellegrinaggio internazionale che si svolgerà a
Roma nel maggio 2008. Un incontro che vedrà l’impegno di tutte le Chiese in cui
è rifiorita questa prima forma di vita consacrata. Sono momenti di verifica che
fanno riemergere l’identità del carisma con le sue caratteristiche
fondamentali: normalità di vita, nel respiro di tutta la Chiesa, guardando a
Maria come modello.
Già
sant’Ambrogio, nel suo trattato Le vergini, indicava Maria come esemplare su
cui queste dovevano modellare la loro condotta di vita. Ai nostri giorni anche
Giovanni Paolo II, concludendo l’ormai storico discorso all’Ordo virginum del
1995, offriva attraverso la figura di Maria un programma di vita spirituale e
concreta ad un tempo: «Maria è vostra madre, sorella, maestra. Imparate da lei
a compiere la volontà di Dio e ad accogliere il suo progetto salvifico; a
cantare le sue lodi per le grandi opere in favore dell’umanità; a condividere
il mistero del dolore; a portare Cristo agli uomini e a intercedere per chi è
nel bisogno.
Siate
con Maria là, nella sala delle nozze dove si fa festa e Cristo si manifesta ai
suoi discepoli come Sposo messianico; siate con Maria presso la Croce, dove
Cristo offre la vita per la Chiesa; restate con lei presso il cenacolo, la casa
dello Spirito, che si effonde come divino amore nella Chiesa sposa».
Un
programma dal respiro largo. Non può essere realizzato che ad un alto livello
di vita cristiana, sostenuta dalla grazia della consacrazione.
Paola Moschetti