IL RUOLO DEI SUPERIORI TRA COMPLESSITÀ E ASPETTATIVE
Se non fosse che gli Atti di un convegno finiscono
solitamente, prima di ogni altro volume, nel dimenticatoio, in controtendenza
varrebbe la pena riprendere in mano una delle ultime pubblicazioni della
Basta scorrere le attente analisi dei relatori per
convincersene:2 «Fuori e dentro la Chiesa e la vita consacrata, ha detto p.
Martinelli, autorità e potere sono fra i termini più problematici e discussi
del nostro tempo». Declinare l’autorità con il carisma,con la
corresponsabilità, con l’obbedienza e con il potere decisionale, è un percorso
in salita. Lo era ieri, quando Francesco usava il termine “Signore” (Dominus)
riferito sia al ministro nei confronti dei frati, sia ai frati nei confronti
del ministro. Ma non lo è di meno oggi. Italo De Sandre, don Umberto Fontana e
p.
All’interno della profonda trasformazione del nostro
tempo, nella coesistenza di una grande varietà di modi di pensare, di codici
culturali, rispetto a cui gli individui sono indotti ciascuno a fare le proprie
scelte e a sopportare i propri rischi, ha detto Italo De Sandre, «non può non
cambiare profondamente la formazione, il modo di pensare e di agire
dell’autorità» in tutte le sue funzioni di coordinamento, di decisione, di
verifica, di sanzione».3
I mutamenti culturali del nostro tempo, senza
accorgercene, varcano tranquillamente anche le soglie dei conventi. Con la
conseguenza di rendere ancora più complesso l’esercizio dell’autorità. Il
superiore, oggi, ha detto don Fontana, dovrebbe essere «formatore di vocazioni,
“padre, abate e guardiano” dei bisogni dei confratelli, guida spirituale di
tutti, “giudice di pace” tra conflitti relazionali, punto di riferimento per il
mantenimento (e lo sviluppo) del carisma dell’opera, ponte dell’aggiornamento
dei fini della congregazione con i tempi, mediatore tra la Chiesa e la società
civile».4 Non solo! Dovrebbe essere anche «manager di opere complesse, gestore
in prima persona di attività che, di fronte alle legislazioni civili, hanno
assunto ormai struttura e obblighi tali da esigere competenze professionali che
la formazione religiosa non gli ha dato». Sarebbe ingenuo pensare che una
persona «sia adeguata a tutti i compiti che il ruolo di superiore esige».
Anche per p. Gardin, all’origine della crisi del ruolo di
superiore, ci sono tutti i cambiamenti di questi ultimi 40 anni avvenuti sia
nella società che nella Chiesa, cambiamenti di cultura, di mentalità, di
teologia, di prassi quotidiana. A p. Gardin era stato chiesto un approccio
“esperienziale” (lui che era stato anche ministro generale dei conventuali) ai
problemi dell’autorità nella vita consacrata. Mai come oggi, ha detto, si vanno
affermando nella vita consacrata il primato della spirituale e l’esigenza di
una conseguente ed esigente autorità spirituale. Mai come oggi, però, queste
richieste non solo provengono più dall’alto che non dal basso, ma sempre più
frequentemente trovano i superiori impreparati ad affrontarle con serietà e
responsabilità.
Forte della sua esperienza. P. Gardin ha potuto anche
denunciare i “rischi” connessi all’esercizio dell’autorità. Quante volte, ad
esempio, il primato dello spirituale è enunciato solo a livello teorico, dal
momento che il primato effettivo è quello dell’animazione del lavoro, della
gestione delle opere e di tutti gli impegni, di fatto, ritenuti più urgenti.
Per un superiore, inoltre, limitarsi a fare determinate
cose, senza preoccuparsi più di tanto dei processi di conversione e di reale
incidenza evangelica, sia personale che comunitaria, nella vita di quanti gli
sono affidati, è un rischio non meno preoccupante di quello connesso alla
pretesa, in alcuni superiori, di vedere in tempi brevi i frutti di un cammino o
di un rinnovamento della Provincia. E tutto questo succede più facilmente quando
non si va oltre una animazione spirituale di “basso profilo”.
Dopo aver commentato il n. 50 del documento “La vita
fraterna in comunità” sul servizio dell’unità, dell’ascolto e del dialogo,
della corresponsabilità, dell’obbedienza, della gestione delle diversità, della
decisionalità finale ed esecutiva propria di un superiore, p. Gardin conclude
osservando che spesso, in passato, il superiore eletto, alla domanda se
accettasse o meno l’incarico, dando il suo assenso, aggiungeva: “in cruce”. Se
in passato si poteva tranquillamente mettere in dubbio la “sincerità” di questa
espressione, «è assai probabile che una risposta del genere oggi sia più
credibile».5
1 Nava P.L., (a cura), Servire la libertà nella sequela
di Cristo. Autorità e potere nella vita consacrata: tra complessità e
aspettative, Editrice Il Calamo, Roma 2006.
2 Martinelli P.P., Autorità e potere nella vita
consacrata, servire la libertà di seguire Cristo.
3 De Sandre I., Leadership nel cambiamento
socio-culturale del nostro tempo: interrogativi per la vita consacrata.
4 Fontana U., Verso nuovi modelli dell’esercizio
dell’autorità? Possibilità e ambiguità.
5 Gardin P.A., Crisi di ruolo e/o nuove aspettative?