BARBARO ASSASSINIO DI SR. LEONELLA
IL SUO IDEALE? DONARE L’AMORE
In un momento delicato per il dialogo tra le religioni e per la pace del
mondo, la VC in missione subisce un’ennesima violenza. Suor Leonella,
missionaria della Consolata, è stata uccisa in Somalia con un uomo della
scorta. Le sue ultime parole: “Perdono, perdono, perdono”.
Mentre nel mondo musulmano, dal Marocco fino
all’Indonesia, dall’Africa all’estremo oriente infuriavano le manifestazioni
scomposte per le parole pronunciate dal papa nella sua lezione all’università
di Regenburg, equivocate e interpretate come
un’offesa alla religione islamica, come ha affermato il card.
Ruini nella prolusione al consiglio episcopale
permanente (18-21 settembre), giungeva notizia dalla Somalia del barbaro
assassinio di sr. Leonella, missionaria della Consolata, per mano di un
commando, mentre usciva dall’ospedale dove lavorava.
È spirata mormorando con un fil
di voce per tre volte “perdono, perdono, perdono”: un testamento spirituale che
ha voluto lasciare a questo mondo così lacerato dalle divisioni, dagli odi,
dalle violenze e dalle guerre.
IL SORRISO CONSOLANTE
DI CHI SERVE IL REGNO
Abbiamo raggiunto telefonicamente madre Gabriella Bono
(nella casa generalizia di Nepi, Viterbo), superiora
delle Missionarie della Consolata, che con voce un po’ stanca ma serena ha
confermato la volontà di dover proteggere la ricchezza evangelica di quest’evento così doloroso: ha ricordato che sr. Leonella
(al secolo Rosa Sgorbati, piacentina di 66 anni)
amava ripetere alle consorelle come la loro consacrazione consistesse
esattamente nel dare la vita. Secondo lo spirito del fondatore, il beato
Giuseppe Allamano, che indicava nel voto di “servire
la missione fino al dono di sé” la pienezza carismatica dei membri
dell’istituto da lui sorto nel 1910.
Dare la vita, donare amore, sposare la causa della
solidarietà e della pace tra i popoli: tutto questo era racchiuso nel sorriso
che illuminava sempre il volto di questa infermiera dedita a reclutare e
formare altri infermieri professionisti. Per trent’anni
ha agito in Kenia, e dal 2002 era in Somalia per
realizzare il “sogno” di una scuola infermieristica con altre tre consorelle
(insieme alla ong SOS Villaggi dei Bambini1), per
dare futuro a un paese martoriato dalla guerra e dalla violenza, attraverso
l’unica struttura medica con reparto pediatrico-ginecologico
in tutta Mogadiscio. «Il sorriso di suor Leonella, continua la superiora, il
suo credere alla vita nonostante tutto, la sua passione per la vita,
continueranno nei gesti dei giovani che ha formato e che anche grazie ai suoi
insegnamenti potranno salvare altre vite».
La presenza delle missionarie della Consolata a
Mogadiscio è stata continua e costante, anche quando la comunità internazionale
decise di abbandonare l’ex-colonia italiana, lasciandola sprofondare
nell’anarchia e nel caos (il paese è senza stato dal lontano 1991, quando cadde
il regime di Siad Barre).
Una presenza delicata, ma ripagata dall’amore
incondizionato della gente. Suor Leonella faceva la spola tra Nairobi e
Mogadiscio, dove restava per circa sei mesi l’anno: «Era cosciente del pericolo
eppure ha sempre scelto di mettere completamente in gioco la sua vita per gli
altri. È questo il suo messaggio per noi e per la gente somala che ha sempre
amato», aggiunge madre Bono. In Somalia, secondo mons. Giorgio Bertin (vescovo di Djibuti e
amministratore apostolico di Mogadiscio), l’atteggiamento contro gli
occidentali e i cristiani «non rappresenta il desiderio e la volontà della
popolazione, ma in un paese senza un vero e proprio governo, senza una vera
sicurezza, è chiaro che gruppuscoli di malintenzionati possono approfittarne…
Non so se l’omicidio di suor Leonella sia legato alle
critiche al papa, ma in Somalia già da anni si verificano atti di violenza che
colpiscono persone della Chiesa, portati avanti da gruppuscoli di
malintenzionati.
Ricordiamo Annalena Tonelli e poi Graziella Fumagalli.
Probabilmente è stata uccisa solo perché facente parte della comunità
religiosa… Forse le strumentalizzazioni del discorso del papa hanno contribuito
alla goccia in più che ha fatto straripare il bicchiere».
INCONTRO ALLA VITA
COL CUORE DISARMATO
Nel giorno del Signore, domenica 17 settembre 2006,
mentre sr. Leonella usciva dall’ospedale dove lavorava due killer hanno
fermato, con premeditazione, il servizio di questa consacrata dallo spirito
pionieristico, che andava incontro alla vita con cuore disarmato. Sì, proprio
con “cuore disarmato”: questa espressione è scandita da madre Gabriella, per
sottolineare che questa figlia dell’Allamano ha
donato la vita per la riconciliazione dell’Africa. Sr. Leonella era felice di
essere in Africa ed era serena. Pare tuttavia che avesse come un presagio di
quanto le sarebbe capitato. Diceva: «Forse c’è una pallottola per me, ma solo
Dio sa quando arriverà».
Era l’unica missionaria della Consolata che lavorava la
domenica, perchè il suo giorno di riposo era il
venerdì, come quello dei suoi studenti musulmani. Come gli altri giorni si era
alzata presto per preparare la lezione e a mezzogiorno aveva salutato i ragazzi
e stava rientrando a casa per pranzo. Prima di spegnersi come una candelina con
grave emorragia, per tre volte ha ripetuto: perdono, perdono, perdono…
Le consorelle già custodiscono queste tre parole come il
suo semplice e potentissimo testamento. Queste sue ultime sillabe sono state
infatti il ponte che ella ha attraversato per giungere alla casa del Padre,
proprio quando la liturgia della Parola risuonava così nelle comunità
cristiane: “Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la
propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà” (Mc
8,35).
Chi parla così, in punto di morte, ha preparato da tempo
il proprio spirito al martirio. Ricordiamo a questo proposito le parole che
Giovanni Paolo II rivolgeva nel luglio del 1999 al capitolo generale delle
suore della Consolata: «Siate autentiche missionarie attraverso una convincente
testimonianza di vita consacrata personale e comunitaria, mediante una presenza
umile e rispettosa accanto alle persone più povere e ai gruppi sociali
minoritari, con particolare attenzione alla famiglia, alla donna, ai giovani.
Proclamate in modo aperto e coraggioso l’amore incondizionato che Dio Padre ha
per ogni persona, chiamata a salvezza mediante la fede in Gesù Cristo. Offrite
un esempio generoso di solidarietà, condividendo la vita e il cammino delle
persone e dei popoli nelle situazioni concrete in cui si trovano, in spirito di
dialogo attento alle esigenze dell’inculturazione. Unite all’annuncio del
Vangelo l’impegno per un’autentica promozione umana e per la liberazione
integrale delle persone da ogni genere di violenza e di oppressione, sia fisica
che morale. Seguendo il vostro specifico carisma, siate presenza di
consolazione, di speranza e di pace. In tale prospettiva, mi compiaccio con voi
per la scelta coraggiosa di solidarietà con popolazioni in vario modo provate,
accanto alle quali voi rimanete, affrontando spesso situazioni di insicurezza e
di rischio. La presenza delle suore Missionarie della Consolata in zone
funestate dalla guerra civile o percorse da integralismi intolleranti, ove esse
si fanno “voce di chi non ha voce”, costituisce la chiara testimonianza di una
vita totalmente donata al servizio di Dio e dei fratelli».
Con questo spirito, sr. Leonella dunque sapeva di stare
rischiando la vita. Eppure è rimasta al suo posto, come ha detto p. Giulio
Albanese, «con un piccolo manipolo “non violento” di caschi blu di Dio col velo
in testa, una straordinaria forza d’interposizione evangelica dispiegata per
seminare i germi di una nuova umanità. Lungi da ogni forma di proselitismo… ciò
che stava davvero a cuore a suor Leonella era il riscatto di quella umanità
dolente immolata quotidianamente sull’altare dell’egoismo umano dai famelici
signori della guerra».
L’auspicio è che l’Italia renda omaggio a questa nostra
connazionale, caduta in terra somala, insieme a mons. Salvatore Colombo (1989),
padre Pietro Turati (1993), la dott.ssa della Caritas Graziella Fumagalli
(1995) e la missionaria laica Annalena Tonelli (Somaliland 2003). Tutte
sentinelle della carità con la visione di un mondo capovolto per amore.
Informato della tragica uccisione di sr. Leonella, il
papa, in un telegramma di cordoglio alle suore della Consolata ha auspicato che
«il sangue versato da così fedele discepola del vangelo diventi seme di
speranza per costruire autentica fraternità tra i popoli nel rispetto reciproco
convinzioni religiose di ciascuno».
Molto nobili sono state anche le parole del presidente
della repubblica italiana, Giorgio Napoletano, il quale ha dichiarato: «La
notizia del barbaro assassinio di suor Leonella e della sua guardia del corpo
nell’ospedale pediatrico di Mogadiscio, dove la religiosa assolveva alla sua
missione umanitaria rappresenta un crimine orrendo. È stata colpita una donna
che aveva dedicato la sua vita al servizio dei più deboli, dei più indifesi e
dei più bisognosi, al di là di ogni distinzione etnica o religiosa, offrendo
una esemplare testimonianza di amore e di dedizione alla causa della
solidarietà e della pace tra i popoli. Profondamente addolorato per questo atto
crudele, che richiama alla memoria un lungo e tragico elenco di vittime della
ferocia e dell’odio in una terra così travagliata esprimo, a nome del popolo
italiano e mio personale, i sensi del più profondo cordoglio ai familiari, ai
collaboratori, ai confratelli e alle consorelle di suor Leonella».
La tragica scomparsa di sr. Leonella non deve farci
dimenticare i circa 15.000 missionari italiani, molti dei quali vivono in zone
ad alto rischio. Ed essi lo sanno, ma hanno messo in conto anche di poter un
giorno essere uccisi. Come sr. Leonella, essi hanno donato la loro vita alla
missione e l’hanno donata per sempre, senza ripensamenti, anche fino al
martirio.
M. C.
1 I Villaggi SOS sono un’organizzazione impegnata in 132
paesi a difendere i diritti dei bambini che hanno perso i loro genitori o non
sono in grado di vivere con loro stabilmente. L’accoglienza si fonda su quattro
principi basilari: la “mamma SOS” (figura educativa di riferimento, centro
delle relazioni affettive nel nucleo SOS, si comporta come un genitore, senza
mai sostituirsi a quelli biologici); la “fratellanza” come valore di
solidarietà che aiuta il bambino a ritrovare il proprio equilibrio (fratelli e
sorelle naturali non vengono mai divisi); la “casa” (ogni nucleo familiare SOS
vive in casa autonoma, ove si coltiva partecipazione alla vita comune, senso di
sicurezza e di appartenenza; il “villaggio SOS” (metafora della grande famiglia
dei bambini accolti). SOS ha costruito una rete di servizi per il sostegno
globale, come centri orientamento professionale e scuole. Per migliorare le
condizioni di vita delle famiglie sono inoltre sorti servizi e programmi di
aiuto quali centri medici e centri di formazione. L’obiettivo è di migliorare
il livello di istruzione, i servizi sanitari e la situazione sociale del paese
a lungo termine. I Villaggi SOS intervengono durante periodi di crisi, disastri
naturali e conflitti, con programmi di emergenza rapidi e poco burocratizzati.