MA LA STORIA È NELLE MANI DI DIO
Il Veggente di Patmos
nell’Apocalisse vuol dirci: abbiate fiducia in Gesù, non abbiate paura dei
poteri contrastanti, della persecuzione! L’Agnello ferito e morto vince!
Seguite l’Agnello Gesù, affidatevi a Gesù, prendete la sua strada! Anche se in
questo mondo è solo un Agnello che appare debole, è lui il vincitore!
Gesù, il Figlio di Dio, in questa terra è un Agnello indifeso, ferito,
morto. E tuttavia sta dritto, sta in piedi, sta davanti al trono di Dio ed è
partecipe del potere divino. Egli ha nelle sue mani la storia del mondo. E così
il Veggente vuol dirci: abbiate fiducia in Gesù, non abbiate paura dei poteri
contrastanti, della persecuzione! L’Agnello ferito e morto vince! Seguite
l’Agnello Gesù, affidatevi a Gesù, prendete la sua strada! Anche se in questo
mondo è solo un Agnello che appare debole, è lui il vincitore!
Una delle principali visioni dell’Apocalisse ha per oggetto questo Agnello
nell’atto di aprire un libro, prima chiuso con sette sigilli che nessuno era in
grado di sciogliere. Giovanni è addirittura presentato nell’atto di piangere,
perché non si trovava nessuno degno di aprire il libro e di leggerlo (cf. Ap
5,4). La storia rimane indecifrabile, incomprensibile. Nessuno può leggerla.
Forse questo pianto di Giovanni davanti al mistero della storia così oscuro
esprime lo sconcerto delle Chiese asiatiche per il silenzio di Dio di fronte
alle persecuzioni a cui erano esposte in quel momento. È uno sconcerto nel
quale può ben riflettersi il nostro sbigottimento di fronte alle gravi
difficoltà, incomprensioni e ostilità che pure oggi la Chiesa soffre in varie
parti del mondo. Sono sofferenze che la Chiesa certo non si merita, così come
Gesù stesso non meritò il suo supplizio. Esse però rivelano sia la malvagità
dell’uomo, quando si abbandona alle suggestioni del male, sia la superiore
conduzione degli avvenimenti da parte di Dio. Ebbene, solo l’Agnello immolato è
in grado di aprire il libro sigillato e di rivelarne il contenuto, di dare
senso a questa storia apparentemente così spesso assurda. Egli solo può trarne
indicazioni e ammaestramenti per la vita dei cristiani, ai quali la sua
vittoria sulla morte reca l’annuncio e la garanzia della vittoria che anch’essi
senza dubbio otterranno.
Al centro delle visioni che l’Apocalisse espone ci sono anche quelle molto
significative della Donna che partorisce un Figlio maschio, e quella
complementare del Drago ormai precipitato dai cieli, ma ancora molto potente.
Questa Donna rappresenta Maria, la Madre del Redentore, ma rappresenta allo
stesso tempo tutta la Chiesa, il popolo di Dio di tutti i tempi, la Chiesa che
in tutti i tempi, con grande dolore, partorisce Cristo sempre di nuovo. Ed è
sempre minacciata dal potere del Drago. Appare indifesa, debole. Ma mentre è
minacciata, perseguitata dal Drago è anche protetta dalla consolazione di Dio.
E questa Donna alla fine vince…
Per questo motivo l’Apocalisse di Giovanni, benché pervasa da continui
riferimenti a sofferenze, tribolazioni e pianto – la faccia oscura della storia
– è altrettanto permeata da frequenti canti di lode, che rappresentano quasi la
faccia luminosa della storia… Siamo qui di fronte al tipico paradosso
cristiano, secondo cui la sofferenza non è mai percepita come l’ultima parola,
ma è vista come punto di passaggio verso la felicità e, anzi, essa stessa è già
misteriosamente intrisa della gioia che scaturisce dalla speranza. Proprio per
questo Giovanni, il Veggente di Patmos, può chiudere il suo libro con un’ultima
aspirazione, palpitante di trepida attesa. Egli invoca la venuta definitiva del
Signore: “Vieni, Signore Gesù!” (Ap 22, 20). È una delle preghiere centrali
della cristianità nascente, tradotta anche da san Paolo nella forma
aramaica: “Marana tha”. E questa preghiera “Signore nostro, vieni!” (1Cor
16, 22) ha diverse dimensioni. Naturalmente è anzitutto attesa della vittoria
definitiva del Signore, della nuova Gerusalemme, del Signore che viene e
trasforma il mondo. Ma, nello stesso tempo, è anche preghiera eucaristica:
“Vieni Gesù, adesso!”. E Gesù viene, anticipa questo suo arrivo definitivo.
Così con gioia diciamo nello stesso tempo: “Vieni adesso e vieni in modo
definitivo!”. Questa preghiera ha anche un terzo significato: “Sei già
venuto, Signore! Siamo sicuri della tua presenza tra di noi. È una nostra
esperienza gioiosa. Ma vieni in modo definitivo!”. E così, con san Paolo, con
il Veggente di Patmos, con la cristianità nascente, preghiamo anche
noi: “Vieni, Gesù! Vieni e trasforma il mondo! Vieni già oggi e vinca la
pace!”. Amen!
Benedetto XVI
nell’udienza del 23 agosto
2006