RELIGIOSI E LAICI INSIEME

COME PIETRO E GIOVANNI

 

La funzione di ogni istituto religioso � di �correre� e di mostrare nuove possibilit� di incarnazione del Vangelo a una Chiesa che aspetta che ognuno corrisponda alla vocazione ricevuta. In questa prospettiva si pone il problema della collaborazione con i laici.

 

�Oggi non pochi istituti, spesso in forza delle nuove situazioni, sono pervenuti alla convinzione che il loro carisma pu� essere condiviso con i laici. Questi vengono perci� invitati a partecipare in modo pi� intenso alla spiritualit� e alla missione dell�istituto medesimo� (Vita consecrata, 54).

La frase, tratta dal documento post-sinodale del 1996, delinea un movimento avviato gi� da tempo all�interno degli ordini religiosi che vivono in stretto contatto con i laici. I due protagonisti, laici e religiosi, sono entrambi consapevoli, seppure in modi e misure diverse, dell�esigenza teologica e della necessit� pratica di dare valore alla condivisione del carisma. Per un verso i religiosi hanno un certo vantaggio per la riflessione in atto da tempo, ma l�attenzione dei laici alla Chiesa nella sua globalit� � cresciuta rapidamente negli ultimi decenni, al punto che� �la partecipazione dei laici non raramente porta inattesi e fecondi approfondimenti di alcuni aspetti del carisma, ridestandone un�interpretazione pi� spirituale e spingendo a trarne indicazioni per nuovi dinamismi apostolici� (Vita consecrata, 55).

Per parlare di questo facciamo riferimento a un�immagine evangelica.

Il mattino di Pasqua, Pietro e Giovanni correvano verso un sogno che sembrava ormai spento. Quando la speranza era morta, quando la rassegnazione aveva preso il sopravvento, ecco un grido, quasi un dubbio sottile: sar� vero?

Per tre anni avevano creduto a un progetto, finito inchiodato su un pezzo di legno, ma quelle parole erano vere: come avevano potuto sbagliarsi? Quella verit� muoveva le loro gambe, sempre pi� veloci.

Pietro rallentava, un po� per gli anni, un po� per quei rimorsi che dentro si agitavano. L�aveva rinnegato, aveva tradito tutti: Lui, i compagni, il loro progetto. Quella pietra del sepolcro sembrava chiudere ogni futuro e pesava come un macigno sulla sua coscienza. Come aveva potuto? Lui gli aveva consegnato tutto, le chiavi del progetto, aveva legato ci� che di s� era pi� prezioso a un misero pescatore. Si sentiva indegno di rivedere il suo Signore. E pensava: �Giovanni, Giovanni s� che pu� correre, lui � l�unico a essere rimasto sotto quella croce. � giusto che arrivi lui�.

E Giovanni correva, agile, svelto, rincuorato da quel grido: �� risorto�. Le sue parole sono vere.

Giunto davanti all�entrata, Giovanni si ferma, aspetta, vede le bende: � un segno concreto della sua fede, non c�� pi� posto per i dubbi. Ma aspetta, � proprio bravo! Non entra. Intanto giunge anche Pietro tremante. Questa volta non ha scuse sufficienti. Giovanni lo lascia entrare: lui � il capo. Pietro vede e comprende. Lo sapeva, glielo aveva ripetuto, ma il buon senso non gli aveva permesso di credere, in quei tre giorni d�inferno. Ora si apriva la luce, splendeva il giorno per sempre e le tenebre non sarebbero pi� tornate.

Pietro e Giovanni tornarono dagli altri, chiss� cosa dicevano tra di loro, forse parlavano del futuro, non c�era spazio per i rimorsi, per le valutazioni introspettive, per i dubbi psicologici.

 

COLLABORAZIONE

RELIGIOSI-LAICI

 

L�immagine di Pietro e Giovanni che corrono al sepolcro ci aiuta a focalizzare un aspetto della collaborazione religiosi-laici.

Sembrano due personaggi simbolo, utili a descrivere la nostra relazione. In Pietro si pu� riconoscere il gruppo dei religiosi, cio� l�autorit�, il riferimento decisionale; mentre in Giovanni si pu� vedere il gruppo dei laici: giovani, veloci, con una gran voglia di correre, di arrivare primi ma con la consapevolezza che giunti al culmine dovranno fermarsi per cedere il passo ai religiosi.

I laici sono quelli che per impegno, per vicinanza, per compromissione col mondo, colgono prima le istanze, le problematiche e hanno qualche strumento in pi� di lettura della realt� (non sempre questo succede, per� � molto probabile). Allo stesso tempo devono sapere bene che per molti versi e in tante occasioni devono cedere il passo ai religiosi, cio� preparare la strada, correre, correre, fare in fretta � il loro mestiere, ma sempre con e per i religiosi che garantiscono l�accoglienza, l�ospitalit� e la cura secondo lo spirito del carisma.

Certo che nella foga del correre qualche volta possono sembrare invadenti ma � nella loro natura, se non lo facessero perderebbero la loro identit� e non servirebbero pi� a nessuno, n� a se stessi n� ai religiosi o alla societ�.

� un�invadenza che somiglia a quella dei bambini che vanno lasciati liberi di sperimentare e portare le loro scoperte ai genitori e il ruolo dei genitori � quello di lasciare liberi i bambini, predisponendo le strutture affinch� non si facciano del male ma mai proibendo loro di correre, farebbero crescere solo degli inibiti o peggio.

La metafora sembra stagliarsi chiaramente. Un�ulteriore considerazione ci aiuta a dire che insieme religiosi e laici, sono nella Chiesa la figura di Giovanni nei confronti della gerarchia ecclesiastica, infatti, anche i religiosi sono laici nella Chiesa. Per questo la funzione di ogni istituto religioso � di �correre� e di mostrare nuove possibilit� di incarnazione del Vangelo a una Chiesa che aspetta che ognuno corrisponda alla vocazione ricevuta.

 

DALLA COMPRENSIONE

ALLA COMUNIONE

 

Nell�immagine utilizzata appare una prospettiva della relazione religiosi-laici in termini propositivi, la realt� attuale vede la necessit� di superare alcuni ostacoli, mentre si tiene alto l�ideale evangelico.

I laici hanno bisogno della testimonianza dei religiosi, mentre sanno di poter dare il loro contributo come professionisti del settore ma anche, e particolarmente, come persone che fanno proprio, in una forma tutta specifica, il carisma del fondatore.

� stato Giovanni Paolo II che nella Christifideles laici ci ha ricordato che �i sacerdoti e i religiosi devono aiutare i fedeli laici nella loro formazione� a loro volta, gli stessi fedeli laici possono e devono aiutare i sacerdoti e i religiosi nel loro cammino spirituale e pastorale� (61).

Con un�espressione forse abusata potremmo dire: non abbiate paura dei laici! Ma cosa vuol dire non aver paura? Penso che significhi la fine radicale di un certo paternalismo, che rischia di non vedere l�altro come risorsa. � opportuno distinguere tra laici amici di questo o quel frate e amici veri dell�ordine, e ancora distinguere tra collaboratori vicini al carisma e collaboratori generici, anche se la distinzione resta sempre difficile ma necessaria per non fare opera di uniformit� e poter ispirare il clima e lo stile, soprattutto, superare quella paura che i laici possano fare ombra ai religiosi. Infine i laici hanno bisogno di trovare una loro identit� e i religiosi possono svolgere quest�azione educativa nel promuovere lo sviluppo dei collaboratori nella libert�, nella responsabilit� perch� possano realizzarsi con piena dignit�. Ma � necessario che i collaboratori abbiano una loro identit�, anche collettiva.

Per questo � necessario approntare adeguate e numerose iniziative di formazione, capaci di far crescere la familiarit� tra religiosi e laici, ma soprattutto di grande efficacia � la fatica quotidiana del lavorare insieme: � qui che si realizza il carisma, in quella consumazione reciproca quotidiana, accanto a chi soffre, a chi ha bisogno, a chi ha necessit� di essere istruito, mettendo al centro il destinatario e dimenticando gli interessi di parte. � molto efficace lavorare insieme e successivamente illuminare quella vita con la riflessione, per poter procedere sempre in una visione progettuale, purch� alla base ci sia un sogno comune.

Quando la collaborazione tra religiosi e laici � intesa come qualcosa di pratico, questa prospettiva fa cadere il discorso sotto il profilo morale, dove si stabilisce che cosa � giusto che facciano i religiosi e cosa � giusto che facciano i laici. La collaborazione invece confina con la condivisione e con la comunione d�intenti, che sono anzitutto un ideale da perseguire, prima che una sua concretizzazione. � un sogno e un�attesa al tempo stesso, un desiderio e una proposta. La collaborazione si nutre dell�amicizia tra le persone ed � capace di superarla per un bene pi� grande, ma non pu� fare a meno dell�amicizia, cos� pure della stima e del rispetto reciproci.

La collaborazione si nutre di benevolenza, di pazienza; evita l�invidia e la gelosia, non cerca l�interesse egoistico, evita l�ira e aiuta il perdono, non cerca l�ingiustizia ma vuole raggiungere la verit�. La collaborazione si nutre di un piano ricco di virt� che costituiscono la base pi� opportuna per un retto agire.

Rimane una certa distanza tra i religiosi che costituiscono un corpo con una chiara identit�, figlia della formazione primaria ricevuta e dalla vita comunitaria radicale che vivono e i laici che fanno fatica a sentirsi un corpo omogeneo, ad avere un�immagine di corpo, si sentono piuttosto individui impegnati e a volte anche in rivalit� fra loro.

� La formazione dei religiosi appare spesso improntata alla crescita personale e non alla condivisione comunitaria, pertanto se si fa fatica a vivere in comunit�, sar� pi� difficile fare comunit� con gli esterni. La stessa formazione ha in passato rivendicato l�idea di essere gli unici depositari del carisma.

� La tensione per le difficolt� finanziarie, economiche, organizzative rischia di far passare in secondo piano gli aspetti relazionali e la ricerca della comune missione, che sono invece essenziali al carisma e alla stessa crescita economica.

� La carenza di vocazioni toglie alla comunit� la speranza nel futuro, con l�effetto di lasciarsi cadere in un lento oblio anzich� spronare verso una feconda rinascita.

Ci sono alcuni ostacoli dunque da rimuovere e prospettive da far crescere. Su tutto � necessaria una formazione che non sia solo intellettuale, che interessi la sfera dei sentimenti e delle emozioni, del pensare, dell�agire e dell�essere, una formazione che alla base abbia un pensiero positivo e una parola positiva che, senza nascondere la problematicit� dell�era post-moderna, siano capaci (pensiero e parola) di ridare speranza all�agire, insieme a una cultura del dare che con la comprensione orientino al bene comune. Una formazione che movendo la volont�, eluda l�imperativo del �vietato vietare�, per accedere a un processo etico in cui rispetto e sviluppo procedono all�unisono.

Il nostro tempo invoca a gran voce l�urgenza di mettersi insieme, di costruire per e con gli altri, di agire in funzione del bene altrui, rispettando se stessi. Una responsabilit� maggiore resta a chi ha compreso. Chi si ritrova nella condizione di aver ricevuto di pi� e di possedere di pi� � colui che deve compiere il primo passo nella direzione giusta.

La direzione � quella del sepolcro vuoto in cui intravedere i segni del risorto. Giovanni �vide e credette�, non aveva visto ancora il risorto, vide solo dei segni, ma bastarono per rigenerare la sua fede. Solo la luce del risorto sar� capace di dare nuovo impulso ai carismi, per generare nuova vita religiosa e nuova vita laicale. Insieme.

 

Gianni Cervellera