UN ABBRACCIO FRA LA TERRA E IL CIELO

 

Chi può dire, scrutando l’orizzonte lontano, dove ha fine la terra e dove inizia il cielo?

Nella Dormizione-Assunzione di Maria intuiamo la glorificazione che il cosmo intero attende.

 

Ferragosto, giro di boa dell’estate, di un tempo di vacanza in bilico costante tra riposo e sovraesposizione del corpo, distensione e stordimento dello spirito, apertura e confusione della mente. E al cuore di questo “tempo per l’uomo”, la festa forse più popolare tra quelle in onore della Vergine Maria: l’Assunzione. Paradosso incomprensibile? Contraddizione di una società da molti bollata come secolarizzata? Mondi paralleli che si incrociano in una festività che è comune per il giorno ma non per i  motivi?

Penso piuttosto a una feconda provocazione.

Fin dai primissimi secoli del cristianesimo, infatti, la Chiesa ha percepito che in Maria – colei che aveva generato il Risorto e, a nome della creazione intera, aveva accolto il Dio fattosi uomo – era prefigurato non solo il cammino ma anche la meta che attende ogni vivente.

Sì, Maria è icona e personalità corporativa del popolo dei credenti perché è la Figlia di Sion, l’Israele santo da cui è nato il Messia, ed è anche la Chiesa, la comunità cristiana che genera figli al Signore sotto la croce.

Per questo il Veggente dell’Apocalisse l’ha contemplata come donna vestita di sole, coronata dalle dodici stelle delle tribù di Israele, partoriente il Messia (cf. Ap 12, 1-2), ma anche come madre della discendenza di Gesù, la Chiesa (cf. Ap 12,17).

Così la prima creatura a entrare “anima e corpo” – cioè con tutta se stessa – nello spazio e nel tempo del Creatore non poteva essere che colei che aveva acconsentito a che il divino irrompesse nell’umano: spazio vitale donato dalla terra al cielo, la Vergine Madre diviene germe e primizia di una creazione trasfigurata.

Maria è creduta dalla Chiesa essere ormai al di là della morte e del giudizio, in quella dimensione altra dell’esistenza che non riusciamo a chiamare se non “cielo”.

E in questo termine non c’è contrapposizione ma, piuttosto, abbraccio con la terra: chi può infatti dire, guardando dentro e attorno a sé, dove ha fine la terra e dove inizia il cielo?

È terra solo la zolla dissodata e la roccia impervia o non lo è anche la crosta che indurisce il nostro cuore?

Ed è cielo solo la volta stellata e non il soffio vitale che ci anima?

Così Maria, assunta in Dio, resta infinitamente umana, Madre per sempre, rivolta verso la terra, attenta alle sofferenze degli uomini e delle donne di tutti i tempi e di tutti i luoghi, presente al nostro pellegrinare sovente incerto.

Sì, per l’oriente come per l’occidente cristiano – al di là di formulazioni differenti – la Dormizione-Assunzione di Maria è un segno delle “realtà ultime”, di ciò che deve accadere in un futuro non tanto cronologico quanto di “senso”, un segno della pienezza cui i nostri limiti anelano: in lei intuiamo la glorificazione che attende il cosmo intero alla fine dei tempi, «quando Dio sarà tutto in tutti» (1Co 12,28) e in tutto. È la porzione di umanità già redenta, figura di quella “terra promessa” cui siamo chiamati, lembo di terra trapiantato in cielo.

Un inno della Chiesa ortodossa serba canta Maria come “terra del cielo”, terra, adamah da cui come lei siamo tratti, ma terra redenta, cristica, trasfigurata grazie alle energie dello Spirito Santo, terra ormai in Dio per sempre, anticipazione del nostro comune destino.

Questa “speranza per tutti” è quella che la liturgia ha sempre cercato di cantare in questa festa, facendo uso del linguaggio e delle immagini di cui disponeva: forse oggi alcune espressioni liturgiche e alcune rappresentazioni iconografiche ci paiono inadeguate, ma l’anelito che volevano esprimere rimane lo stesso anche ai nostri giorni e anche nel frastuono del Ferragosto.

Forse è proprio di questa possibilità di “pensare in grande” che è pegno per noi un’umile donna di Nazaret, divenuta per dono di Dio Madre del Signore, terra del cielo.

 

Enzo Bianchi

da “Dare senso al tempo”, Edzioni Qiqajon/Bose 2003