IN VISTA DELLA III ASSEMBLEA ECUMENICA
EUROPEA
DA TERNI VERSO SIBIU
A Terni, il III Convegno ecumenico (in vista dell’Assemblea ecumenica
europea di Sibiu AEE3, in Romania, 4-8 settembre 2007) ha riconosciuto che non
si torna indietro. In particolare l’accento è andato su tre temi: la
formazione, il dialogo con le altre religioni, la testimonianza ecumenica in
area mediterranea e mediorientale.
A cinque anni dalla sua approvazione,
la Carta Ecumenica si conferma la road map del cammino comune delle chiese
italiane. Quel testo, solennemente firmato a Strasburgo nell’aprile del 2001, è
infatti stato al centro del III Convegno ecumenico italiano che si è svolto a
Terni dal 5 al 7 giugno. L’incontro, lungamente preparato dalla Commissione per
l’ecumenismo e il dialogo della Conferenza episcopale italiana, dalla
Federazione delle chiese evangeliche in Italia e dalla Sacra Arcidiocesi
ortodossa d’Italia, ha dato forza e stimoli al movimento ecumenico italiano:
per tre giorni pastori e laici delle diverse chiese hanno discusso in un clima
di grande fraternità delle sfide e dei problemi di questo cammino comune, che a
volte scorre in discesa ma che negli ultimi anni è sembrato andare piuttosto in
salita. Su temi come l’intercomunione o anche l’ospitalità eucaristica, il
ruolo del papa nella comunità cristiana, alcuni problemi etici e la stessa
concezione della laicità dello stato non sono mancate frizioni e difficoltà:
eppure l’impressione raccolta a Terni è che questi nodi, pure ben presenti a
tutti, non impediscano un cammino comune. I diversi interventi hanno infatti
riconosciuto che rispetto alla strada percorsa sin qui, non si torna indietro:
le esperienze realizzate nel campo della lettura e della diffusione ecumenica
della Bibbia, la promozione dei “consigli delle chiese” in alcune città
italiane, la testimonianza comune su temi come la salvaguardia del creato o
l’accoglienza agli immigrati costituiscono un patrimonio condiviso che
cattolici, protestanti e ortodossi intendono valorizzare.
ECUMENISMO “PRATICO”
IN CONTESTO EUROPEO
Tutto questo è ancora più vero e
significativo nel contesto europeo e, forse proprio per questo, l’apertura
continentale ha dato forza e sostanza al convegno di Terni. Ce lo spiega Luca
Negro, pastore battista italiano ma ormai da anni responsabile per la
comunicazioni della Conferenza delle chiese europee (Kek) che ha sede a
Ginevra: «Ci sono paesi in cui cose che sono difficili nel contesto italiano
sono assolutamente scontate – spiega: pensiamo ai paesi del centro Europa o
alla Gran Bretagna. In generale credo che sia molto importante che le Chiese,
insieme, sappiano accompagnare il processo di costruzione della nuova Europa,
in particolare in questo processo di allargamento dell’UE. D’altra parte sono
convinto che uno dei campi in cui l’ecumenismo “pratico” funziona di più è
proprio questo: il dialogo e il confronto con le istituzioni europee». Insomma
l’ecumenismo fa bene all’Europa così come l’Europa fa bene all’ecumenismo.
E anche a Terni si è visto soprattutto
un ecumenismo “pratico” che ha evitato i toni forse troppo alti e solenni di
altri momenti, e tuttavia solido, radicato, sostenibile. Lo confermano i due
documenti che il convegno ha approvato: il primo (vedi scheda) di carattere
generale, sottolinea l’impegno delle chiese italiane a proseguire nella
diffusione della Carta e nell’impegno a perseguirne gli obiettivi. In
particolare pone l’accento su tre temi: la formazione, il dialogo con le altre
religioni e la testimonianza ecumenica nell’area mediterranea e mediorientale.
Temi tanto rilevanti quanto impegnativi. Promuovere «l’orientamento
all’ecumenismo nella formazione degli studenti di teologia» – come si afferma –
significa investire sul futuro e sulla “base” delle chiese. Viviamo un tempo
nel quale, a livello globale, la ricerca e la definizione della propria
identità confessionale finiscono per prevalere sulla vocazione all’incontro e
al dialogo con chi è diverso da noi. L’auspicio che nei seminari e nelle
facoltà teologiche l’ecumenismo sia considerato parte essenziale del percorso
formativo è quindi un passo importante e strategico. Ora si tratta di passare
dall’affermazione alla realizzazione di questo obiettivo.
Un secondo impegno contenuto nella
Dichiarazione finale riguarda «la comunione con l’ebraismo» e le relazioni
amichevoli con l’islam e le altre religioni e visioni del mondo. E qui c’è
molto, molto da fare. In Italia non mancano i luoghi e le occasioni di incontro
e scambio – pensiamo alle Amicizie ebraico cristiane, alle aperture del
Segretariato per le attività ecumeniche (Sae), agli Incontri ebraico cristiani
di Camaldoli e così via: tuttavia si tratta di circuiti comunque molto
ristretti se si pensa alla rilevanza del tema. I nodi storici e teologici
connessi al rapporto tra la Chiesa e la Sinagoga sono tutt’altro che sciolti e
non è un caso che si ripropongano con una certa ricorrenza; così come è
evidente che, soprattutto in Italia, la capacità di relazione tra il mondo
cristiano e l’islam è ancora assai modesta. Vorrei dire che si è ancora ai
preliminari della conoscenza, della faticosa eliminazione degli stereotipi e
dei pregiudizi. La giustificazione, talvolta facilmente assolutoria di questo
ritardo, è nel fatto che l’islam in Italia è cresciuto in tempi molto rapidi e
in forme ancora confuse. Con il passare degli anni questa ragionevole
considerazione si rivela sempre più fragile: oggi in Italia i musulmani sono
circa un milione e mezzo e sono destinati ad aumentare; la loro presenza
culturale e religiosa è sempre più visibile nei diversi ambiti sociali; la
cronaca politica suggerisce che, in assenza di una strategia del dialogo e dell’integrazione,
diventa molto facile strumentalizzare la “questione islamica” per promuovere
politiche xenofobe, razziste, esclusiviste. Tutto questo interroga anche le
chiese che però, in Italia più che altrove, non hanno ancora definito una “via
ecumenica” al rapporto e al dialogo con l’islam. È un tema urgente.
Infine, ed è il terzo “nodo” indicato
dalla Dichiarazione finale del convegno di Terni, il campo d’azione della Carta
ecumenica si “allarga” al Mediterraneo e all’area mediorientale: anche in questo
caso si tratta di una intuizione felice quanto impegnativa. Paesi come la
Spagna, l’Italia, la Francia, la Grecia hanno una specifica vocazione
mediterranea che si deve esprimere anche in campo ecumenico; quanto al Medio
Oriente, la crisi che lo attraversa contiene elementi politici e religiosi
talmente complessi e rilevanti da non potersi ignorare nella pratica del
dialogo ecumenico e interreligioso.
SPERANZE
DI RINNOVAMENTO
Se è comprensibile e quasi ovvio che la
Carta sia nata in Europa – nel continente dove la Chiesa ha subito le divisioni
più aspre e violente – è altrettanto doveroso che il movimento per l’unità
della comunità cristiana e della sua testimonianza guardi oltre i confini di
una particolare entità geopolitica. È un dovere strettamente connesso alla
vocazione universale e ecumenica della Chiesa. Un ecumenismo “pratico” e
“sostenibile”, dicevamo. Lo dimostra anche il secondo documento che l’incontro
di Terni ha fatto proprio, centrato sui temi delle immigrazioni. Le Chiese –
afferma – «non possono rimanere indifferenti di fronte all’urgenza di dare
effettivo riconoscimento e pieno compimento ai diritti del migrante. Esse
levano la propria voce in loro difesa per coerenza con il messaggio della
parola di Dio». Un altro impegno molto concreto che, tra l’altro, rafforza
l’esigenza di un ecumenismo “europeo”, capace di mettere in rete diverse
esperienze di accoglienza, dialogo e integrazione.
Di tutto questo, tra un anno circa, si
discuterà a Sibiu, in Romania, in occasione della III Assemblea ecumenica
europea (4-8 settembre 2007). Dopo quelle di Basilea (1989) e di Graz (1997),
si annuncia come l’incontro con il maggior numero di delegati – oltre 2.000 –
della storia del movimento ecumenico. L’intenzione dell’assemblea è ben
esplicitata dal titolo: La luce di Cristo illumina tutti. Speranza di
rinnovamento e di unità in Europa. «In questa occasione –spiega monsignor Aldo
Giordano, segretario del Consiglio delle conferenze episcopali dell’Europa
(CCEE), che insieme alla Kek ha indetto questo appuntamento – cercheremo di
mettere in rete le tante esperienze ecumeniche che scopriamo in Europa. Nel
popolo di Dio esistono tante esperienze insospettate che ci sorprendono: il
problema è che non si conoscono mentre, al contrario, emergono i segni di crisi
che pure ci sono. Attraverso un’assemblea, attraverso un cammino comune,
vorremmo condividere questo patrimonio di unità che è un dono dello Spirito.
Abbiamo questa fiducia: che la riconciliazione tra i cristiani sta a cuore a
Dio ed è quindi lui a portarla avanti in prima persona. E noi, però, dovremmo
essere discepoli autentici».
Paolo Naso