INAUGURATA DAL CARD. KASPER LA “DEHONIANA BOOKS” A ROMA

I TANTI VOLTI DELL’ECUMENISMO

 

Il valore ecumenico dell’editoria cattolica. Traguardi e problemi del cammino ecumenico di questi ultimi quattro decenni. La grande “ondata” dei pentecostali. Importanza dell’ecumenismo spirituale di base. Alcuni opportuni interrogativi di autocritica.

 

Tra i tanti e più significativi valori di cui la Chiesa si sente oggi portatrice c’è anche quello dell’ecumenismo. Ma lo è a una precisa condizione, e cioè che parlando di ecumenismo non si intenda ideologicamente «sorvolare su tutte le differenze che purtroppo abbiamo ereditato dal passato», ricercando a tutti i costi una unità «basata su un minimo comune denominatore». Solo l’ecumenismo “nella verità e nella carità” perseguito e definito dalla Chiesa nel Vaticano II e prospettato da Giovanni Paolo II come “via della Chiesa”, è un valore in quanto «corrisponde e fa eco fedele al testamento di nostro Signore alla vigilia della sua passione e non vuole fare altro che realizzare concretamente e pienamente ciò che è la vera natura della Chiesa una e santa».

Con queste parole il card. Walter Kasper, presidente del pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, ha iniziato la sua relazione sul tema “Ecumenismo in una situazione che cambia”, il 31 maggio, nella sede dei Cavalieri del Santo Sepolcro, presso l’hotel Columbus, a Roma, in occasione della inaugurazione della “Dehoniana books”, la nuova libreria dei dehoniani in Via della Conciliazione. «Non tutto ciò che sembra essere attuale ha anche valore, e molte cose di alto valore non sembrano essere attuali per gli editori». Il saper «mostrare l’attualità di ciò che ha valore, è la vera arte di una casa editrice come quella che apre oggi i battenti nelle immediate vicinanze del centro della cristianità cattolica».

Inaugurare una libreria con una conferenza sull’ecumenismo, aveva detto nella sua breve ricostruzione storica dell’attività editoriale dei dehoniani il direttore delle EDB, p. Alfio Filippi, ha una sua ragione ben precisa. L’ecumenismo è stata una “scelta qualificante” fin dagli inizi. Da sempre si era convinti che anche il lavoro nell’editoria cattolica è opera di apostolato, è aiuto alla formazione del clero, dei consacrati, degli operatori pastorali, è annunciare il Vangelo, è, come diceva il fondatore p. Leone Dehon, diffondere il regno del sacro Cuore “nei cuori e nelle società”.

Proprio in uno spirito di rinnovata continuità con il carisma del fondatore, aveva a sua volta aggiunto nel suo ringraziamento conclusivo il superiore generale dei dehoniani, p. José Ornelas Carvalho, «la nostra casa editrice, le nostre riviste (Il Regno, Settimana, Testimoni, Evangelizzare, Rivista di teologia morale) hanno fatto del servizio all’informazione, allo studio della Parola, al dialogo ecumenico, al confronto culturale e interreligioso, il punto centrale del loro impegno».

 

ORTODOSSI

E RIFORMATI

 

L’ecumenismo, ha voluto precisare subito il card. Kasper, sta diventando un fatto di grande attualità soprattutto in un mondo globalizzato, in questo “grande villaggio” segnato da tanti e pericolosi conflitti culturali, etnici, sociali e purtroppo anche religiosi. In una situazione del genere «non c’è altra alternativa per i cristiani che stare insieme e insieme dare testimonianza del Vangelo della riconciliazione e della pace».

Ma come cambia il mondo, così cambia anche l’ecumenismo. «Oggi non siamo più dove eravamo più di quarant’anni fa». Il cammino ecumenico di questi ultimi quattro decenni non è un fatto puramente emotivo e sentimentale. È fondato «sull’unico battesimo comune e sulla fede comune in Gesù Cristo, unico ed universale Salvatore». Solo su questa solida base oggi i cristiani delle diverse Chiese e denominazioni si possono considerare fratelli e sorelle, possono pregare e testimoniare insieme la loro fede.

La sofferenza e la delusione di non potersi ancora radunare attorno alla stessa mensa del Signore è insieme anche un segno del successo ecumenico. «Quanto più ci siamo avvicinati, tanto più sentiamo il dolore della separazione in ciò che è il centro ed il fulcro della vita cristiana». Fra le esperienze più belle del suo ministero attuale, il card. Kasper annovera i suoi quotidiani incontri con vescovi, teologi, studenti e fedeli di altre comunità cristiane. È qui «che lo Spirito di Dio è all’opera e soffia anche fuori delle mura della nostra Chiesa e crea una profonda nostalgia interiore per l’unità».

Fra i progressi più recenti e significativi in campo ecumenico vanno sicuramente annoverati quelli con le Chiese ortodosse orientali, compresa la Chiesa ortodossa russa, anche se non mancano ancora molti problemi da risolvere. Dopo aver chiarito ciò che è comune, vale a dire i sacramenti, soprattutto l’Eucaristia e il ministero episcopale e sacerdotale, «adesso discutiamo il vero scopo del cammino ecumenico, cioè la comunione ecclesiale piena e, in questo contesto, il ministero petrino come centro e fondamento visibile dell’unità». Sarà sicuramente un dialogo lungo che andrà portato avanti senza disinteressarsi dell’Europa, il continente più secolarizzato, per riscoprirne le radici e i valori cristiani.

Ma la sfida veramente “storica” di fronte a cui si trova oggi l’ecumenismo è quella dell’integrazione dell’Europa occidentale con quella orientale, dopo una secolare alienazione dell’una nei confronti dell’altra. «Oggi abbiamo la storica chance di crescere di nuovo insieme in ciò che abbiamo in comune». Solo così oriente e occidente potranno «arricchirsi a vicenda con le loro ricchezze spirituali e culturali e diventare una forza spiritualmente rinnovatrice nel mondo».

Ma molte cose stanno cambiando anche con le comunità ecclesiali nate dalla Riforma protestante: anglicani, luterani, riformati, metodisti e altri. La dichiarazione congiunta del 1999 sulla giustificazione lo sta a indicare. Ma insieme ai dialoghi e ai contatti, continua anche la cooperazione fruttuosa in campo sociale, culturale, nei mass media ecc. «Oggi non si può nemmeno immaginare che si possa cancellare tale collaborazione dalla faccia della Chiesa. Essa appartiene alla realtà concreta ecclesiale, alla quale non vogliamo più rinunciare, e che anzi vogliamo approfondire e ampliare il più possibile». Proprio per questo motivo non c’è più spazio per nessuna forma di “pessimismo”, di “allarmismo ecumenico”, di “paura di un periodo ecumenico glaciale”.

 

VADEMECUM ED

ECUMENISMO SPIRITUALE

 

Tuttavia occorre essere “realistici”. Oggi, infatti, «vi sono cambiamenti notevoli, che aggravano la situazione ecumenica». Insieme a un processo di avvicinamento ecumenico, non mancano “motivi di allontanamento”. È il caso, ad esempio, della «frammentazione interna di alcune comunità ecclesiali e della loro perdita di sostanza soprattutto in campo etico, in particolare nelle questioni della vita e della famiglia. Ciò solleva purtroppo non solo nuove differenze, che non esistevano fino a ora fra le chiese separate, ma ci impedisce anche di dare una testimonianza comune, tanto urgente nel nostro mondo secolarizzato e spesso disorientato».

C’è, poi, una forma di allontanamento che va ancora più in profondità. «Molte comunità ecclesiali protestanti, sulla base della loro ecclesiologia, hanno sviluppato un concetto d’unità che si discosta dal concetto cattolico fondato sull’ecclesiologia cattolica». Non c’è un pieno accordo sullo “scopo” del cammino ecumenico. Questo fa sì che esista il pericolo reale «di andare in direzioni diverse e di trovarci, infine, lontani gli uni dagli altri più di quanto non lo fossimo in precedenza». È questo il motivo per cui sta diventando quanto mai urgente e importante il dialogo in corso nell’ambito della commissione “Fede e Costituzione” del “Consiglio ecumenico delle Chiese” sul tema “Natura e missione della Chiesa”.

Il dicastero vaticano per l’unità dei cristiani, dal canto suo, «ha fatto e continua a fare tutto il possibile per contribuire in modo costruttivo a questo dialogo decisivo per il futuro dell’ecumenismo». Il card. Kasper nutre una grande speranza, e cioè che i testi concordati dalla sessione plenaria del Consiglio ecumenico delle Chiese, nel febbraio scorso a Porto Alegre in Brasile, possano essere messi in pratica e possano dare un nuovo slancio ecumenico.

Nonostante tutte queste difficoltà, «siamo testimoni di altri sviluppi positivi nell’ambito di molte (altre) comunità protestanti». Non mancano, infatti, gruppi, fraternità, movimenti evangelici che vogliono vivere il vangelo e che sono grati per l’atteggiamento “fermo” della Chiesa cattolica nelle questioni etiche. Si tratta, spesso, di realtà protestanti gemellate con gruppi, movimenti spirituali, congregazioni a carattere tradizionale della Chiesa cattolica. Il segno pubblico più evidente e più recente di un movimento ecumenico «che normalmente si svolge più o meno nell’ombra», lo si è avuto due anni fa, nel raduno di Stoccarda, con la partecipazione di circa 10.000 persone.

Non mancano, ancora, scambi ecumenici fra monasteri cattolici e monasteri non cattolici, monasteri che considerano spesso la preghiera e il sacrificio per l’unità come il loro carisma particolare. È poi un dato di fatto che anche semplici fedeli «pregano ogni giorno per l’unità e per il mio ministero. Debbo confessare, che questo, per me, è un vero conforto nelle molte difficoltà».

Tutto questo consente di veder crescere con vigore, accanto all’ecumenismo ufficiale, «una rete ecumenica spirituale, che è forse ancora più importante e promettente». Secondo il Vaticano II l’ecumenismo è un “impulso” dello Spirito e l’ecumenismo spirituale ne è il “cuore”. È nelle intenzioni del dicastero vaticano pubblicare quanto prima un vademecum proprio per l’ecumenismo spirituale come aiuto a quanti sono impegnati nel camino ecumenico. «Non si vede ancora dove lo Spirito guiderà questo movimento, dove e come esso finirà. Ma sono convinto che ha la promessa dello Spirito e che allo Spirito possiamo lasciare il quando, il come e il dove. Non c’è ragione per la rassegnazione. Anzi, c’è molta speranza».

 

LA “TERZA ONDATA”

DEL CRISTIANESIMO

 

In una prospettiva ecumenica a tutto raggio, il card. Kasper, non poteva infine tralasciare un cenno ai nuovi movimenti religiosi, sètte e comunità carismatiche e pentecostali. A livello mondiale, soprattutto nell’emisfero meridionale, in America Latina, Asia e Africa, «essi registrano un enorme aumento ed una crescita mai conosciuta fino a ora». Queste nuove realtà, dopo le chiese antiche del primo millennio e le comunità ecclesiali della Riforma, rappresentano la cosiddetta “terza ondata del cristianesimo”, se è vero che possono contare già ora su circa 500 milioni, e forse più, di aderenti. I pentecostali, ad esempio, sono oggi numericamente il secondo schieramento cristiano dopo la Chiesa cattolica, fino al punto che qualcuno vede in essi il cristianesimo del futuro.

Non si tratta di chiese nel senso tradizionale, ma di comunità, di cosiddette megachurches, che spesso non hanno una dottrina consolidata, ma una religiosità molto emotiva, caratterizzata spesso da esperienze immediate dello Spirito, con promesse di una salvezza in questo mondo, e quindi orientate verso una forma di prosperità puramente materiale. Questo spiega come mai trovino accesso non solo nelle più diverse situazioni di povertà e miseria, negli slums e nelle favelas, in luoghi, cioè, più facilmente soggetti a deformazioni della religiosità popolare, ma anche nella classe media, quando questa si sente trascurata e non accolta dalle chiese tradizionali.

«Si tratta, dunque di una nuova situazione e di una nuova sfida pastorale e ecumenica enorme». Dove possibile, da tempo, è iniziato un dialogo alquanto impegnativo tra pentecostali da una parte e vescovi e teologi cattolici dall’altra, in Africa, in America Latina, a San Paolo. Nel prossimo luglio è già previsto un incontro in Asia, e precisamente nella Corea del Sud, dove si trova la megachurch più grande del mondo.

Ma più ancora delle questioni tradizionali ecumeniche sono importanti alcuni “interrogativi pastorali di autocritica”. Non si può, infatti, non chiedersi onestamente: «Perché queste comunità hanno questa attrattiva? Cosa manca a noi? Cosa possiamo migliorare nella nostra pastorale? Come rendere più viva la nostra liturgia parrocchiale? Come iniziare una catechesi sostanziale e fondamentale? Come realizzare da noi un sano rinvigorimento e rinnovamento spirituale?».

Questi interrogativi, ha aggiunto il card. Kasper avviandosi alla conclusione, aiutano a comprendere il cambiamento ecumenico più importante e impegnativo, quello che si gioca in Europa.

 «Ognuno di noi conosce persone, e sono moltissime, che non si interessano più dei problemi tradizionali ecumenici e persino delle controversie teologiche del passato». Anche se per loro tali questioni non sono importanti, non le conoscono, non le comprendono, ciò non significa che queste persone siano “superficiali”. Molte di loro, anche se apparentemente non hanno nessuna etichetta confessionale, vivono in uno stato di “ricerca spirituale interiore” e di “unità cristiana” profonda.

Quante volte «si ha l’impressione che il nostro ecumenismo interessi solo un piccolo gruppo di “professionisti”, mentre la grande maggioranza ha altri problemi e altre domande». Eppure sono molte le persone – di origine cattolica, protestante o anche non cristiana – che pur non considerando importante la propria denominazione di appartenenza, «sono aperte a un messaggio o meglio, a una testimonianza cristiana fondamentale e centrale, espressa in parole per loro accessibili e comprensibili».

«Siamo agli inizi di un nuovo ecumenismo intimamente legato ad una nuova evangelizzazione». Anche se non darà vita ad una “nuova Chiesa”, certamente favorirà la nascita di una Chiesa “profondamente e spiritualmente rinnovata”, una Chiesa «che potrà superare le divisioni del passato e realizzare la preghiera del Signore affinché tutti siano una cosa sola».  L’augurio conclusivo del card. Kasper, facendo proprio quello di tutti i presenti, è stato quello che anche la nuova libreria dehoniana «possa contribuire a questo nuovo ecumenismo e a questo scopo importante per il futuro della Chiesa e del mondo intero».

 

Angelo Arrighini