VITA CRISTIANA NON FACILE, MA FELICE
Paola Moschetti, consacrata
dell’Ordo virginum, dal suo eremo di Grotte di Castro (VT) ci ha ormai
abituato a rileggere la vita cristiana sia in chiave contemplativa che
mistagogica. La recente pubblicazione dal titolo Se uno è in Cristo (EDB
2006, pp. 304, € 20,00), che raccoglie i suoi articoli usciti tra il 2002
e il 2005 su “Tempi dello Spirito” (rivista della Federazione
italiana esercizi spirituali, FIES), è in questo senso una bella
occasione, offerta a consacrati e a sposati, per rivisitare in modo organico
l’avventura del diventare una “sola cosa” con Dio.
CHIAMATI
A UNA SORTE DIVINA
I quindici capitoli sono sorretti da un
ventaglio di riferimenti di grande spessore: fra tutti campeggia la figura di
papa Paolo VI («un maestro che sta al cuore della spiritualità
della Chiesa contemporanea»), seguito dal Giovanni Paolo II della Novo
millennio ineunte e da autori quali Agostino e Teresa d’Avila, Maddalena
de’ Pazzi, Nouwen e Barsotti, Moioli e Maggioni ecc. Una nube di
maestri-testimoni che senz’altro aiutano sorella Paola a prenderci per
mano in un itinerario mistico connotato al femminile e all’altezza dei
nostri tempi, che richiedono sempre più una “misura alta”
della vita cristiana ordinaria. L’a. ci tratteggia un percorso che, per
comodità, possiamo suddividere in tre tappe quasi iniziatiche: il
risveglio (capp. 1-5), l’amicizia trinitaria (capp. 6-9) e la
libertà dei figli di Dio (capp. 10-15).
Pienamente consapevole, per esperienza
personale, che nell’amicizia con Cristo si dischiudono le grandi
potenzialità della condizione umana, l’autrice individua il punto
di partenza dell’avventura spirituale nell’incontro con l’io
interiore: oltre il vago bisogno di Dio, per lo più appagato oggi da
esperienze emotive superficiali, occorre re-imparare infatti l’arte di
costruirsi una “cella interiore” (come diceva Caterina da Siena)
per risvegliare il centro della personalità e allo scopo di abbracciare
una visione totalmente diversa delle cose.
A ben guardare, la Moschetti ci
presenta sapientemente la classica via mistica della spiritualità, una
via che si qualifica con uno stile di vigilanza continuo sul carattere e la
qualità evangelici sia di pensieri che di azioni. I punti decisivi di
tale veglia riguardano il rapporto con le cose, l’ascolto obbediente e la
fedeltà nell’amore: non si tratta dunque di imporsi nuove regole,
ma di lasciarsi attrarre dai valori del Regno e dalla chiamata a conformarsi
all’immagine di Gesù Cristo. Entriamo così, secondo la
Moschetti, in una seconda gestazione (pp. 85 e ss.). che consente di penetrare
nella verità di sé caratterizzata dall’esperienza della
morte dell’io, una sofferenza necessaria e benedetta perché unica
porta che permette il passaggio dall’uomo vecchio all’uomo nuovo.
SPEZZARE
MINUTAMENTE IL CUORE
Lo strumento principe di questo
superamento sta nell’apprendere l’arte della preghiera fondata
sulla parola di Dio che dona lo Spirito (lectio divina) Paraclito in grado di introdurre
alla logica sapiente delle beatitudini, cioè al nuovo stile di vita
proprio dei figli di Dio. Per questa via siamo in definitiva introdotti sempre più nella logica della
convivialità trinitaria.
In questo senso possiamo meglio
comprendere come Gesù non ci chiami a una nuova religione, ma alla vita.
Egli infatti ci nutre col suo pane-vita per condurci al dono totale di noi
stessi, in un contesto ecclesiale connotato soprattutto dalle relazioni di
amicizia. Tale dimensione interpersonale e altruistica si manifesta nelle due
forme dell’amore: il matrimonio in Cristo e la verginità per il
Regno (pp. 183 e ss.). Notiamo che il cap. X, dal titolo significativo Chi
può capire, capisca (pp. 183-201), diventa così il punto centrale
del volume, il momento in cui tutte le vocazioni, soprattutto quelle alla VC,
vengono descritte come unite dall’esperienza dell’innamoramento in
Dio. La persona che arriva ad amare gratuitamente, diventa punto di riferimento
intorno al quale la vita viene sempre alimentata e sostenuta nel suo rifiorire.
Allora la verginità si esprime in tutta la sua valenza e rimanda
veramente al significato originario di un erompere vitale non ancora
realizzato».
Il frutto più maturo di una tale
“religiosità della vita” (per dirla col linguaggio della
teologa domenicana Antonietta Potente) è una evangelizzazione mistica,
capace di liberarsi da ogni personalismo per permettere che sia Cristo stesso a
parlare attraverso colui che l’annuncia, in una visione condivisa di
Chiesa che si scopre al servizio d’amore nei confronti del mondo. Allora
l’arte dell’evangelizzazione è esattamente quella di portare
la virtù della fede fino a un rapporto intimo con la persona di
Gesù (cf. Giovanni Paolo II, citato a p. 217). Perciò è
interpretata fondamentalmente da esistenze sante. Occorrono quindi persone
consapevoli che la santità è dono e insieme conquista, mediante
un percorso ascetico che coincide con il formarsi di Cristo nel cuore.
Così il testimone santo diventa quel mediatore che apre la strada al
mistero, forse l’unico vangelo che l’uomo contemporaneo ancora
legge, ascolta e capisce.
M.C.