SPIRITUALITÀ DEL TEMPO ORDINARIO
TEMPO DI SEQUELA E DI DISCEPOLATO
Spesso il tempo
ordinario continua a essere ritenuto semplicemente “il tempo in cui non si
celebra niente”. In realtà esso ha un significato “straordinario” per la vita
della Chiesa, perché può aiutarla a vivere quelle dimensioni “ordinarie” della
sua vita, che a volte rischiamo di dimenticare.
Il tempo ordinario è forse una delle più grandi “novità”
della riforma dell’anno liturgico seguita al Vaticano II. Se per altri tempi
dell’anno liturgico infatti la riforma ha dovuto far emergere con maggiore
chiarezza elementi che erano andati persi nel corso dei secoli, riformulare
testi e gesti, recuperare la “verità” del tempo della celebrazione… per il
tempo ordinario si è trattato invece di una vera e propria novità, o almeno un
profondo ripensamento di quella parte dell’anno liturgico che non apparteneva
al ciclo pasquale (quaresima, triduo, tempo di pasqua), né al ciclo della
manifestazione (avvento, natale, epifania).
Tuttavia dobbiamo chiederci quanto la novità introdotta
dalla riforma liturgica sia stata accolta e recepita nella vita dei credenti e
delle comunità. Spesso infatti il tempo ordinario continua a essere ritenuto
semplicemente “il tempo in cui non si celebra niente”. Non di rado purtroppo la
sensazione di vuoto che si prova davanti al tempo ordinario porta a riempire le
domeniche di mille iniziative (“domenica di…”) che si sovrappongono alla
liturgia domenicale e che in qualche modo ne offuscano il senso più vero e
autentico.
In realtà il tempo ordinario ha un significato
“straordinario” per la vita della Chiesa, perché può aiutarla a vivere quelle
dimensioni “ordinarie” della sua vita, che a volte rischiamo di dimenticare
nella nostra continua ricerca di straordinarietà e di novità. Vale quindi la
pena cercare di scoprire quali siano le caratteristiche principali di questo
tempo.
IL TEMPO
DELLA SEQUELA
Il tempo ordinario è costituito da trentatré o
trentaquattro settimane, distribuite tra la festa del battesimo del Signore e
l’inizio della quaresima (primo periodo), e tra la settimana dopo pentecoste e
la solennità di Cristo Re (secondo periodo). A differenza degli altri tempi
liturgici, il tempo ordinario non celebra un particolare mistero della vita del
Signore e della storia della salvezza, bensì il mistero di Cristo nella sua
interezza. È il tempo per eccellenza della sequela e del discepolato, sulle
orme di Gesù verso il compimento della storia (XXXIV domenica). Due elementi
sono fondamentali per cogliere il significato e l’importanza del tempo
ordinario: il lezionario, con la lettura semicontinua dei vangeli sinottici, e
la domenica.
Il lezionario come
“guida”
Il primo elemento che rivela il senso del tempo ordinario
è costituito dalle Scritture che vengono proclamate nella liturgia. È il
lezionario infatti che ritma il cammino delle domeniche e dei giorni feriali.
Di domenica in domenica la Chiesa segue il suo Signore sulla via del
“compimento di ogni giustizia” (Mt 3,15), perché essa diventi sempre più
somigliante al suo maestro e sposo.
Nel tempo ordinario, come afferma l’Ordinamento delle
letture della messa (OLM), l’elemento che, in modo ancor più significativo che
negli altri tempi liturgici, costituisce il culmine e nello stesso tempo il
cuore della liturgia della Parola è la lettura dei Vangeli. Sempre nella
liturgia della parola dell’eucaristia l’elemento principale è costituito dal
Vangelo (OLM, n. 13: «La lettura del Vangelo costituisce il culmine della
stessa liturgia della Parola», proprio perché la celebrazione eucaristica è
sempre celebrazione del mistero di Cristo che nel vangelo viene “narrato”.
L’OLM al n. 10, mentre parla del nesso tra sacra Scrittura ed Eucaristia
afferma: «Nella parola di Dio si annunzia la divina alleanza, mentre
nell’Eucaristia si ripropone l’alleanza stessa, nuova ed eterna. Lì la storia
della salvezza viene rievocata nel suono delle parole, qui la stessa storia
viene ripresentata nei segni sacramentali della liturgia».
Se questo, come già abbiamo detto, vale per ogni
celebrazione dell’Eucaristia, nel tempo ordinario tuttavia può manifestarsi con
maggiore chiarezza. Nelle domeniche del tempo ordinario infatti, in ogni ciclo
annuale, si segue la lettura di uno degli evangelisti sinottici. Nell’anno A
Matteo, nell’anno B Marco, nell’anno C Luca, nella forma della lettura
semicontinua. In ogni anno l’assemblea liturgica, “sacramento” della Chiesa, si
confronta con il volto del suo Signore secondo la pluralità di tratti e di
sguardi che ogni evangelista ci ha trasmesso. Infatti «questa lettura segue il
successivo svolgersi della vita e della predicazione del Signore, secondo
l’orientamento dottrinale proprio di ogni Vangelo» (OLM, n. 105).
Il mistero di Cristo, che celebriamo nel suo culmine nel
triduo santo della passione, sepoltura e risurrezione del Signore, non è una
realtà “limitabile” a questi eventi, ma riguarda ed è il senso di tutta la vita
di Gesù. Il Signore infatti ha vissuto la sua donazione e la sua obbedienza al
Padre non solo sul Calvario, ma in ogni suo gesto e in ogni sua parola. Per
questo noi celebriamo il mistero di Cristo che dona la sua vita per l’umanità
nella celebrazione della Pasqua, ma lo celebriamo anche nel tempo ordinario,
quando nei brani evangelici siamo posti davanti al suo “camminare” sulle strade
del mondo, la sua opera di liberazione dalla malattia e dalla morte, il suo
annuncio della buona novella. Anche questo è celebrazione del mistero di Cristo
al quale la Chiesa e i singoli credenti devono lasciarsi conformare.
La centralità e preminenza del Vangelo nel tempo
ordinario viene sottolineata anche dal fatto che in questo tempo le prime
letture tratte dall’Antico Testamento vengono scelte in base al brano
evangelico, in modo che ci sia un rapporto di promessa-compimento,
profezia-realizzazione… Questo rapporto tra Vangelo e Antico Testamento, che
nasce dalla natura del rapporto tra scrittura e rito nella celebrazione
dell’eucaristia, sottolinea e afferma «l’unità dei due Testamenti» (OLM, n.
106). In questo modo nel tempo ordinario, in una forma ancor più evidente
rispetto agli altri tempi liturgici, la liturgia della parola diviene anche una
scuola di formazione alla lettura delle sacre Scritture, tenendo conto della
fondamentale e vitale unità dei due Testamenti. Un testo di Origene esprime in
modo molto efficace questo rapporto tra Antico e Nuovo Testamento che anche la
liturgia ci invita a cogliere: «Gesù ci proclama la Legge, quando ce ne rivela
i segreti. Noi che apparteniamo alla Chiesa cattolica, infatti, non
disprezziamo la legge di Mosè, ma l’accettiamo a condizione che sia Gesù a
leggercela. Perché la legge noi la potremo capire correttamente se ce la
“legge” Gesù, sì che durante la sua lettura noi percepiamo il pensiero di lui,
il suo modo di intenderla» (Omelie su Giosuè, IX, 9).
Le seconde letture invece nelle domeniche di questo tempo
liturgico seguono la lettura semicontinua dell’epistolario paolino, della
lettera di Giacomo e della lettera agli Ebrei.
Anche nei giorni feriali del tempo ordinario si segue il
criterio della lettura semicontinua dei testi biblici. Si leggono ogni anno i
tre vangeli sinottici: Marco (settimane 1-9), Matteo (settimane 10-22), Luca
(settimane 23-34), e una buona parte dell’Antico Testamento e degli altri testi
del Nuovo Testamento nelle prime letture. Per quanto riguarda le prime letture,
il lezionario è strutturato su due anni (pari e dispari). Anche per quanto
riguarda le liturgie feriali le disposizioni della riforma liturgica circa il
lezionario del tempo ordinario hanno cercato di sottolineare la dimensione di
una Chiesa in cammino guidata dalla parola di Dio.
Celebrando nella sua globalità il mistero di Cristo di
domenica in domenica, seguendo il suo Signore, sulla strada verso Gerusalemme,
la Chiesa impara, “interiorizzando” le sue parole e i suoi gesti, la sequela
nell’ordinarietà della vita che anche nei suoi “tempi ordinari” è trasfigurata
e illuminata dalla luce pasquale.
Nelle ultime domeniche del tempo ordinario, e in
particolare nella XXXIV, viene sottolineato il tema escatologico. In questo
modo anche la dimensione escatologica, che poi sarà ripresa nel tempo di
avvento, viene presentata come “tensione” sempre presente nella vita della
Chiesa e come meta verso la quale il popolo di Dio in cammino è proteso (cf.
OLM, n. 105).
La domenica
Il secondo elemento che caratterizza e segna il cammino
della tempo ordinario è la domenica. Questo tempo liturgico infatti è quello
che maggiormente, soprattutto dopo la riforma liturgica del Vaticano II, fa
emergere l’importanza della celebrazione della domenica per la vita della
Chiesa. La domenica, «festa primordiale» dei cristiani (Sacrosanctum Concilium,
n. 106), nasce il mattino del giorno della risurrezione, il primo giorno dopo
il sabato, e occupa un suo ruolo fondamentale durante tutto l’anno liturgico.
Ad esempio nella II domenica di Pasqua, dove il tema del riunirsi “otto giorni
dopo” per fare esperienza della presenza del Risorto in mezzo ai suoi
discepoli, è particolarmente forte. Tuttavia nel tempo ordinario la Chiesa fa
esperienza in un modo particolare della centralità della domenica per la sua
vita. Infatti essa nel tempo ordinario, di domenica in domenica, celebra il
giorno del Signore senza la compresenza di altri elementi della celebrazione
del mistero di Cristo come accade invece negli altri tempi liturgici. Nel tempo
ordinario la domenica è celebrata semplicemente in quanto domenica. Proprio per
questo motivo in questo tempo dell’anno liturgico possono emergere con maggiore
chiarezza ed evidenza i tratti fondamentali della domenica.
In questo giorno la Chiesa celebra la fonte della sua
vita e la meta del suo cammino. La domenica, il primo giorno della settimana, è
il primo giorno della creazione, quando Dio separò la luce dalle tenebre;
questo giorno è inoltre “il primo giorno dopo il sabato”, giorno della
risurrezione del Signore, e pertanto “primo giorno” della creazione rinnovata;
infine la domenica è “l’ottavo giorno”, il giorno che, rompendo il ritmo
settenario, esce dal tempo e annuncia la vita nuova ed eterna del Regno di Dio.
Tutti questi tratti del “volto” della domenica sono raccolti in modo molto
efficace in un testo liturgico, il Prefazio X per le domeniche del tempo
ordinario:
«Oggi la tua famiglia, riunita nell’ascolto della tua
Parola e nella comunione dell’unico pane spezzato fa memoria del Signore
risorto nell’attesa della domenica senza tramonto, quando l’umanità intera
entrerà nel tuo riposo».
Sacrosanctum Concilium al n. 106 afferma che il giorno
del Signore «è il fondamento e il nucleo di tutto l’anno liturgico». Questo
“volto” della domenica nel tempo ordinario può manifestarsi in tutta la sua
forza e così aiutare la Chiesa a vivere in questo giorno tutte quelle realtà
che abbiamo ricordato sopra e che il testo liturgico del Prefazio X per le
domeniche del tempo ordinario mette così chiaramente in evidenza. Tuttavia,
perché questa indicazione del testo conciliare possa essere vissuta grazie alle
caratteristiche proprie del tempo ordinario, è importante che non venga
dimenticato un richiamo ben preciso che nel medesimo n. 106 la costituzione
Sacrosanctum Concilium ci fornisce: proprio per l’importanza che la
celebrazione della domenica ha per la vita della Chiesa e in rapporto all’anno
liturgico «non le venga anteposta alcun’altra solennità che non sia di
grandissima importanza». Purtroppo invece, come già abbiamo ricordato, spesso
per motivi falsamente o debolmente pastorali la celebrazione della domenica nel
tempo ordinario (e non solo!) viene oscurata da una infinità di altre
iniziative o ricorrenze che certo non corrispondono alle “solennità di
grandissima importanza” di cui parla il Vaticano II. Solo se la domenica viene
vissuta semplicemente in quanto domenica, può divenire il luogo nel quale la
comunità può sperimentarsi toccata e trasformata dall’azione di Dio e divenire
così capace di innalzare il suo rendimento di grazie al Dio che ci «ha
rigenerati nella speranza viva per mezzo della risurrezione di Gesù Cristo dai
morti» (1 Pt 1,3).
L’ordinario di cui
abbiamo bisogno
Intorno a questi due assi portanti – centralità del
lezionario e della domenica – la Chiesa nel tempo ordinario si può sperimentare
in cammino, sostenuta dalla parola, sulle orme di colui che per lei e per
l’umanità intera ha donato la sua vita. Celebrando così il mistero di Cristo
nel tempo del suo pellegrinaggio, la Chiesa impara a conformare la sua vita a
quella del suo Signore. Il tempo ordinario, che spesso viene considerato quasi
un tempo minore, un tempo poco significativo, è invece il tempo dove si gioca
in qualche modo la verità degli altri tempi, il tempo dell’ordinarietà e della
quotidianità, il tempo della vita dei discepoli di Gesù che devono fare della
Pasqua il criterio fondamentale della loro esistenza. Il tempo ordinario, se
vissuto nella fedeltà al cammino che la liturgia ci propone, può divenire il
tempo “custode” di quella “capacità di ordinarietà” di cui oggi forse noi e le
nostre comunità abbiamo bisogno.
Matteo Ferrari, OSB
Cam