II CONVEGNO MONDIALE DEI MOVIMENTI ECCLESIALI
SE LO SPIRITO CHIEDE LA PAROLA
La stagione
postconciliare dei movimenti ha offerto a tutta la Chiesa una migliore
autocoscienza della propria apostolicità. Un convegno mondiale li rilancia come
laboratori di comunione fra diversi stati di vita e scuole di formazione per
comunicare
la bellezza di
Cristo.
Dopo un recente incontro in area latino-americana
(Bogotà. 9-12 marzo 2006), movimenti ecclesiali e nuove comunità si sono
ritrovati nel secondo convegno mondiale a Rocca di Papa (RM, 31 maggio-2
giugno), ancora per impulso di papa Benedetto XVI, come «importante segnale di
continuità con il magistero di Giovanni Paolo II, che in queste nuove realtà
aggregative vedeva doni preziosi dello Spirito alla Chiesa di oggi e un grande
segno di speranza per l’umanità del nostro tempo» (mons. Stanislaw Rylko,
presidente del pontificio Consiglio per i laici). Una convinzione risalente
all’incontro del 30 maggio 1998, quando il papa polacco affermò: «Nel nostro
mondo, spesso dominato da una cultura secolarizzata che fomenta e reclamizza
modelli di vita senza Dio, la fede di tanti viene messa a dura prova e non di
rado soffocata e spenta ... Quale bisogno vi è oggi di personalità cristiane
mature, consapevoli della propria identità battesimale, della propria vocazione
e missione nella Chiesa e nel mondo! Quale bisogno di comunità cristiane vive!
Ed ecco, allora, i movimenti e le nuove comunità ecclesiali: essi sono la
risposta, suscitata dallo Spirito Santo, a questa drammatica sfida del fine
millennio. Voi siete questa risposta provvidenziale». Otto anni dopo, si
riparte da qui per cercare un salto di qualità.
MINORANZE CREATIVE
FORTI NELLA FEDE
I rapporti di papa Benedetto XVI con i movimenti
risalgono agli anni sessanta, quando, ancora docente a Tübingen, scriveva:
«Ecco, all’improvviso, qualcosa che nessuno aveva progettato. Ecco, che lo
Spirito Santo, per così dire, aveva chiesto di nuovo la parola. E in giovani
uomini e in giovani donne risbocciava la fede, senza “se” né “ma”, senza
sotterfugi né scappatoie, vissuta nella sua integralità come dono, come un
regalo prezioso che fa vivere» (“I movimenti ecclesiali e la loro collocazione
teologica”, in I movimenti nella Chiesa p. 24). Come papa oggi vede nei
movimenti “modi forti di vivere la fede”, nella loro funzione il ruolo di
quelle “minoranze creative” determinanti per il futuro del mondo. Il suo
contributo alla definizione dell’identità ecclesiale dei movimenti supera la
dialettica dei principi (che contrappone istituzione e carisma, cristologia e
pneumatologia, gerarchia e profezia) – dal momento che la Chiesa è edificata
organicamente e non dialetticamente – per individuare la loro collocazione a
partire da un approccio storico, risalente all’apostolicità. È la missione
dunque a costituire la base teologica dei movimenti ecclesiali, missione che
oltrepassa i confini delle chiese locali e che costituisce un vincolo col
ministero petrino: «Il papato non ha creato i movimenti, ma è stato loro
essenziale sostegno nella struttura della Chiesa, il loro pilastro
ecclesiale... Il papa ha bisogno di questi servizi, e questi hanno bisogno di
lui, e nella reciprocità delle due specie di missione si compie la sinfonia
della vita ecclesiale» (ibidem, pp. 39 e 46).
Su questa solida base i delegati di un centinaio di
movimenti e nuove comunità (insieme a una delegazione ecumenica). hanno
affrontato il tema La bellezza di essere cristiani e la gioia di comunicarlo,
ispirandosi proprio alle parole del papa nell’omelia di inizio del suo
ministero: «Non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo,
da Cristo. Non vi è niente di più bello che conoscere lui e comunicare agli
altri l’amicizia con lui».1
OLTRE UN CRISTIANESIMO
MEDIOCRE E INDIVIDUALISTA
Difficile dare conto di tutta la ricchezza di
problematiche e stimoli emersi nei lavori. Ci limitiamo a indicare alcuni punti
nevralgici. A iniziare dal messaggio di Benedetto XVI ai partecipanti, che
evidenzia gli obiettivi perché i movimenti crescano come: a) scuole di
comunione, compagnie in cammino in cui si impara a vivere nella verità che
Cristo cha rivelato e comunicato per mezzo della testimonianza degli apostoli;
b) spazio di testimoni della libertà di Cristo; c) laboratori di un mondo
migliore, in cui si manifesta la bellezza della vita umana; d) segni della
bellezza della Chiesa.
Dai lavori si è colta l’importanza di alcuni criteri di
discernimento per mettere in guardia queste nuove realtà contro i rischi di una
condizione “adolescenziale” (auto-referenzialità, unilateralità di vario tipo,
erronee assolutizzazioni) e i pastori contro le pretese di uniformità assoluta
nella organizzazione e nella programmazione pastorale. Entrambe le parti sono
state invitate a lasciarsi educare e purificare dallo Spirito nello spazio
delle chiese locali. La bussola sicura rimane il magistero del concilio
Vaticano II, di cui proprio i movimenti costituiscono uno dei frutti più
preziosi per: la teologia del laicato, la valorizzazione del battesimo e del
sacerdozio comune dei fedeli, l’ecclesiologia pneumatologica che mette in
risalto i carismi, il richiamo alla vocazione universale alla santità,
l’accessibilità al mistero della Chiesa come comunione missionaria. Dai gruppi
e dagli scambi in aula, poi, si può constatare la stagione positiva, fatta di
maggiore e franca comunicazione con i pastori, a partire dalla quale le diverse
realtà aggregative vanno aprendosi a una più profonda conoscenza reciproca e a
una collaborazione in progetti comuni (pur nel permanere di alcuni narcisismi
spirituali). L’altro indice di maturità ecclesiale per movimenti e nuove
comunità, l’impegno di evangelizzazione, sta confermando la loro “fantasia
missionaria” nel battere vie nuove per far giungere l’annuncio di Cristo al
cuore degli uomini del nostro tempo. I carismi stanno generando o confermando,
altresì, itinerari pedagogici di iniziazione cristiana e percorsi formativi che
portano a vivere la fede con maggiore radicalità evangelica e più solida
spiritualità. Registriamo infine la richiesta che venga salvaguardata la
fedeltà ai carismi nella delicata fase attuale, caratterizzata dal loro
inserimento nella pastorale diocesana e dal ricambio generazionale anche a
livello di responsabili. Arriva infatti una nuova generazione con esperienze
esistenziali, culturali ed ecclesiali diverse da quella precedente: come
passare loro il carisma in tutta la sua freschezza e potenzialità comunionale?
VERSO NUOVE FORME
DI TESTIMONIANZA INTEGRALE
Interessanti piste di ricerca sono venute
dall’approfondimento della tematica circa la bellezza, collegata alla teologia
di Hans Urs von Balthasar (nome più volte riecheggiato negli interventi dei
cardinali Schönborn e Ouellet). Solo mettendo a confronto due testi biblici
riferiti alla persona di Gesù – il Salmo 45/44 (“Tu sei il più bello tra i
figli dell’uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia”) e la profezia di Isaia
53,2 (“Non ha bellezza né apparenza, l’abbiamo veduto: un volto sfigurato dal
dolore”) – si comprende come la Bellezza in persona infatti si sia lasciata
colpire in volto, sputare addosso, incoronare di spine: qui c’è l’autentica
faccia dell’amore che arriva “sino alla fine”. Perciò “essere colpiti e
conquistati attraverso la bellezza di Cristo è conoscenza più reale e più
profonda della mera deduzione razionale” (Ratzinger).
I movimenti hanno pertanto la responsabilità di non
deformare e non falsificare, ma di far brillare la bellezza di Cristo, della
fede, di comunità e famiglie cristiane. Una responsabilità che, secondo il
cardinale Scola, si invera vigilando sui segni dei tempi, e in particolare su
«due tendenze che non sono in alternativa, anche se esprimono diversi
orientamenti. Da una parte in talune di queste realtà si sviluppa la coscienza
che la sequela del carisma intende semplicemente esprimere una modalità
persuasiva della normale appartenenza alla Chiesa. Simili movimenti vogliono
educare alla “logica sacramentale” propria dell’esistenza cristiana in quanto
tale… Un simile orientamento favorisce una concezione e una pratica di
movimento inteso come luogo di fraternità e amicizia cristiana... Mi sembra,
però, di poter rilevare nei fatti anche un altro orientamento. Quello di
concepire l’appartenenza al movimento o alla comunità in analogia con forme
monastiche e di ordini e congregazioni religiose all’ombra delle quali molte
nuove comunità sono nate. Questa scelta può favorire una precisione di proposta
e un’attenta sequela del cammino dei singoli aderenti. Proprio sulla scorta
della plurisecolare esperienza delle forme monastiche e religiose, queste
realtà dovranno cercare forme giuridiche appropriate per le mutue relazioni con
le realizzazioni ordinarie della vita ecclesiale».
Scola immagina la Chiesa come un’ellisse, i cui due poli
sono lo Spirito di Gesù che viene incontro chiamando e la libertà dell’uomo ad
aderire. La Chiesa è sempre l’evento ellittico (due fuochi, ma una sola
ellisse!), in cui la dimensione istituzionale e quella carismatica entrano in
ogni sua realizzazione: dall’universale al locale, dalla diocesi alle
parrocchie e dalle classiche aggregazioni di fedeli fino ai movimenti
ecclesiali e alle nuove comunità («nati perché un carisma donato personalmente
a un fedele diventa principio educativo e aggregativo di altri fedeli
cristiani, essi continuano a rivelare la persuasività dell’evento cristiano»). In
quest’ottica vanno evitati due unilateralismi. Un’interpretazione schematica
dell’affermazione di Giovanni Paolo II, la Chiesa stessa è un movimento: «Se la
dimensione carismatica è co-essenziale e non derivata, ha precisato il
patriarca di Venezia, oggettivamente chi incontra un movimento autenticamente
ecclesiale vi compie un’esperienza integrale di Chiesa. Tuttavia la natura
sempre contingente del carisma di fondazione, e ancor più del movimento che ne
deriva, deve mettere in guardia dal rischio, anche indiretto, di imporli come
modelli per l’intera vita della Chiesa. Un’espressione dannosa di questo
rischio può derivare dal tentativo, apparentemente generoso, di creare, di
fatto o di diritto, un organismo generale di coordinamento tra nuovi movimenti
come se il problema della maturità ecclesiale, di cui parlava Giovanni Paolo
II, potesse essere risolto dall’organizzare unitariamente i nuovi movimenti
attraverso piani operativi per poi interloquire con le diocesi, le parrocchie e
le aggregazioni classiche di fedeli». Un seconda modalità riduttiva viene dal
modo di proporre formazione, spiritualità e conseguenze etiche connesse: non ci
si può illudere che tali conseguenze siano in grado di “produrre” l’esperienza
cristiana. «In particolare i pastori debbono resistere alla tentazione,
comprensibilmente indotta da gravi urgenze pastorali, di concepire i movimenti
come mera “forza lavoro”… D’altra parte deve essere premura dei movimenti
assumere con la loro propria specificità la proposta pastorale del vescovo».
Le priorità emergenti riguardano: la “cura” del nuovo
soggetto ecclesiale in modo da recuperare il dato elementare che la vita è
vocazione; l’educazione “permanente” del discepolo al pensiero di Cristo; la
chiamata a rendere testimonianza all’evento incontrato nella comunione delle
vocazioni (assumendo uno stile stabile a partire dallo specifico stato di
vita). Così la missione odierna diventa la manifestazione di come Gesù incontra
il desiderio di libertà e felicità inscritto in ogni persona, tracciando
sentieri di speranza al fine di: a) rendere visibile la possibilità di amare
per sempre e in modo esclusivo nel matrimonio e quella di generare-educare
figli; b) far incontrare il segno escatologico dei chiamati a seguire Cristo
attraverso la professione dei consigli evangelici o il sacramento dell’ordine;
c) proporre una nuova civiltà dal volto umano (fatta di affetti, lavoro e
riposo). Movimenti e nuove comunità sono chiamati in definitiva a una
testimonianza integrale di vita bella.
Mario Chiaro
1Le relazioni principali sono state affidate ai cardinali
Christoph Schönborn, o.p., Marc Ouellet, p.s.s. e Angelo Scola: rispettivamente
per le questioni cristologiche (“Cristo, il più bello tra i figli di Adamo”),
ecclesiologiche (“La bellezza di essere cristiani”) e pastorali (“Movimenti
ecclesiali e nuove comunità nella missione della Chiesa: priorità e
prospettive”). Due tavole rotonde hanno avviato il confronto su itinerari
educativi e testimonianza della bellezza di Cristo al mondo d’oggi. Circa 300 i
convegnisti, in rappresentanza di oltre 100 realtà: più del doppio delle realtà
ecclesiali rappresentate al congresso del 1998.