GESÙ
INCONTRA IL BAMBINO PIÙ PICCOLO
Nel divenire piccoli è nascosto il vero
segreto della nostra crescita spirituale. Dobbiamo cambiare, divenire bambini,
coloro che sanno dell’indulgenza del Padre.
Gesù ha
lasciato il suo Regno per vivere in mezzo a noi come vivono i bambini._Bambini sono coloro che se offesi non si difendono,/
se
scacciati non serbano rancore,/ se odiati non comprendono,/ se richiamati
accorrono con gioia/ e dimenticano al primo gesto d’amore.
Gesù è
venuto a vivere l’infanzia che Adamo non visse; è venuto a recuperare l’età
della fede e dello stupore contro l’età della ragione e della conoscenza.
Quale
contrasto tra Gesù e i discepoli! Questi infatti pensano al futuro regno nel
quale saranno grandi e potenti. Quegli, invece, è venuto a far conoscere un
Regno di piccoli e di ultimi.
«Amen vi
dico: se non cambiate e non divenite come i bambini, per certo non entrerete
nel regno dei cieli. Chiunque dunque abbasserà se stesso come questo bambino,
questi è il più grande nel regno dei cieli».
Ogni
cambiamento segna sempre un momento di crisi, un momento in cui ci si rende
conto che la strada della nostra vita si è perduta in un deserto senza più
indicazioni.
Gesù
invita i suoi a non desiderare di essere primi: chi cammina davanti agli altri
cammina da solo.
Forse
anche noi, al pari dei discepoli, pensiamo di seguire Gesù; forse anche noi
sogniamo un regno e una gloria in questo mondo. Colui che si fa primo non segue
Gesù, ma lo precede; Gesù rimane indietro, insieme con i fratelli.
Divenire
è il secondo verbo utilizzato da Gesù. Non basta infatti cambiare. Il
cambiamento è determinato da una decisione, il divenire implica un cammino. Il
nostro uomo vecchio, infatti, può cambiare in un altro uomo altrettanto
vecchio; abbiamo bisogno, invece, di diventare nuovi, cioè giovani, e più che
nuovi, bambini.
Abbassarsi
è l’ultimo verbo che Gesù indica a completamento della nostra trasformazione.
Dobbiamo
abbassarci per rientrare non nel grembo di nostra madre, come chiedeva
ingenuamente Nicodemo, ma nel grembo della vita.
Se
vogliamo entrare nel regno del Padre, dobbiamo abbassarci fino a diventare
suolo, terra, cioè humus. Umile infatti è colui che sa di essere terra. A
questa nuova terra Dio darà il suo Spirito, uno Spirito che esclami: «Abbà, Padre!».
«E,
avendo preso un bambino, lo collocò in mezzo a loro». Gesù dunque impartisce il
suo insegnamento ai discepoli dopo aver preso e collocato un bambino in mezzo a
loro. In una società in cui i bambini non contavano, il gesto di Gesù diviene
rivoluzionario.
Gesù
vuol distogliere lo sguardo dei discepoli dai capi del popolo, dai sacerdoti e
da tutti i maestri amati dal mondo, affinché lo rivolgano là dove il Padre
guarda.
Il
bambino diviene così il modello, non per imitarlo ma per rinascere bambini.
Se pure
il nostro cammino spirituale inizia ai piedi della croce, termina sempre
davanti alla grotta della mangiatoia, a Betlemme, la casa del pane.
Conosciamo
Gesù sotto molti aspetti: c’è il Gesù maestro della dottrina, il Gesù potente
dei miracoli e delle guarigioni, il Gesù sofferente della croce, il Gesù povero
tra i poveri; c’è però un Gesù che tutti li riassume: Gesù bambino,
l’Emmanuele, il Dio con noi.
Diventare
piccoli è difficile, abbiamo bisogno di un modello da imitare.
Dobbiamo
allora guardare a Gesù, anche quando si trovava sulla croce, ma dobbiamo
guardarlo con gli occhi di Maria, sua madre. Appeso al legno, nel dolore della
morte, ella non vedeva il suo Dio, non vedeva un uomo di trent’anni,
vedeva il suo bambino, lo vedeva come lo aveva visto a Betlemme, indifeso,
fragile, piccolo. Il desiderio di stringerlo a sé dovette stringerla forte,
come uno struggimento stringe il suo ricordo.
Sì, se
non diventiamo come bambini, che accorrono appena qualcuno li chiama, non
entreremo nel Regno.
Rocco Quaglia
da Gli incontri di Gesù, EDB, Bologna
2006.