PER UNA
TESTIMONIANZA AUTENTICA
LA VITA COMPITO
APERTO
Nel contatto tra l’azione di Dio e la
risposta dell’uomo ognuno può abilitarsi a crescere in atteggiamenti e
comportamenti che riflettano realmente il progetto di una nuova esistenza in
Cristo. È un lavoro che dura per tutta la vita.
In un
tempo di difficoltà a identificare orientamenti certi e ideali sicuri su cui
impostare la propria vita, anche nell’ambito dell’impegno cristiano si sente
sempre più l’esigenza di riscoprire un metodo rinnovato che aiuti le persone a
coinvolgersi con fiducia nei valori fondanti il significato profondo
dell’esistenza umana rinnovata dall’esperienza del Cristo risorto.
Affinare
le componenti dinamiche della propria crescita di fede vuol dire accrescere la
consapevolezza di sé e delle proprie risorse, a partire dal contesto
relazionale immediato per giungere a uno stile di vita capace di abbracciare
tutta l’umanità bisognosa del messaggio di Cristo. Già nel documento
preparatorio per il prossimo Convegno ecclesiale che si terrà a Verona nel
prossimo ottobre si sottolinea questo passaggio dall’impegno del singolo
all’apertura all’universalità della testimonianza a cui ogni credente è
chiamato.
Infatti,
«ogni uomo è membro della società: appartiene all’umanità intera. Non questo o
quell’uomo soltanto, ma tutti gli uomini sono chiamati a tale sviluppo
plenario. […] La solidarietà universale, che è un fatto, per noi è non solo un
beneficio, ma altresì un dovere».1 Non possiamo esimerci da questo dovere che
impegna ogni persona a coltivare un processo di formazione che non è soltanto a
misura del proprio uso e consumo ma che coinvolge l’intera famiglia umana.
È un
dovere che interpella ognuno a volgere lo sguardo a un progetto di crescita di
fede capace di coinvolgere il contesto sociale e interpersonale. È un
imperativo che interessa la formazione dell’uomo e lo accompagna per tutta la
vita, perché è proprio nel rapporto con il Cristo risorto che ogni credente
riscopre la pienezza della propria realtà e si apre ad una visione trascendente
capace di abbracciare l’intera umanità. Infatti, la crescita di sé
nell’accettazione e nella riscoperta delle proprie caratteristiche personali
viene integrata dal “quotidiano paziente passaggio” verso il Tu, condizione
essenziale per promuovere la piena maturità dell’uomo nel suo cammino
relazionale con Dio. «La missionarietà della Chiesa non ha lo scopo di dire
“altro” o di andare “oltre” Gesù Cristo, ma di condurre gli uomini a lui».2
Quindi,
se la fede risulta segnata dalla personalità del soggetto nelle sue componenti dinamiche,
il principale ambito in cui essa si rende tangibile è la relazione con il mondo
circostante, la società, la storia, l’umanità intera, dove l’individuo
sperimenta la propria adesione al Vangelo modulando e regolando i propri
vissuti emotivi e le proprie scelte comportamentali, attraverso uno stile
interpersonale autentico con cui può rendere operativi i valori della propria
crescita integrale.
PER UN
PROGETTO
DI
TESTIMONIANZA
Partendo
dall’obiettivo di un cammino di permanente formazione alla testimonianza
autentica, che implica la riscoperta progressiva e continua di una vita
totalmente rinnovata in Gesù Cristo, l’itinerario che ogni cristiano deve
seguire è quello che lo porta alla novità della speranza ritrovata nel Risorto.
Ciò suppone la disponibilità a farsi formare in questo processo di crescita che
parte dall’esperienza quotidiana e accompagna ciascuno lungo l’intero arco
della propria esistenza, in vista di una testimonianza che raggiunga gli
estremi confini della terra.
Tale
progettualità è un compito che coinvolge e interpella a crescere nei propri
comportamenti, pensieri e sentimenti, per uno stile di vita in continua
conversione che caratterizza la vocazione di ogni cristiano. Inoltre tale
crescita necessita di un’attenzione particolare alla situazione concreta di
ogni persona, alla sua struttura psichica e alla sua rete di rapporti
interpersonali, sapendo che ognuno può attivarsi a far fruttare i tanti talenti
a disposizione, partendo dalle opportunità che riscopre dentro di sé e attorno
a sé.
Vari
studi di psicologia della religione confermano che le dinamiche del
coinvolgimento religioso dell’individuo sono correlate con la sua personalità e
con il suo modo di rapportarsi con l’altro, con il diverso, perché ogni persona
non cresce scindendo la sua vita di fede da quella psichica e reale ma tende
piuttosto a integrare il significato valoriale di questi aspetti. Sono insomma
dimensioni dello stesso processo di crescita della persona, ed esiste un legame
sostanziale tra la struttura psicologica e interpersonale dell’individuo e il
suo modo di vivere e mettere in pratica la propria fede.
Se
l’obiettivo del convegno di Verona è quello di capire l’intima disposizione
della Chiesa a essere parte integrante della testimonianza evangelica, non solo
quindi come parola ma come esperienza umana, allora occorre riflettere in modo
adeguato sul significato di questo coinvolgimento e di questa ristrutturazione
in un tempo in cui è sempre più urgente riconoscere una propria identità
cristiana radicata nella speranza del Cristo risorto e manifestata nella realtà
storica di ognuno.
L’apporto
psicologico a questa riflessione prende piede anzitutto da alcune
considerazioni inerenti il significato motivazionale che la religiosità ha per
l’individuo, per poi passare al senso di responsabilizzazione che egli deve
assumere per essere strumento di evangelizzazione per gli altri.
PER UNA
RELIGIOSITÀ
AUTENTICA
Le
motivazioni per cui le persone si coinvolgono nel vissuto religioso sono
diverse a seconda della storia di ciascuno. Per alcuni fare un’esperienza
religiosa vuol dire andare alla ricerca di risposte certe e rassicuranti
dinanzi alle tante incertezze dovute sia alla società, sia all’inesorabile
legge del destino e della morte, sia alla fragilità umana dinanzi alla malattia
o alle difficoltà della vita. Per altri la religiosità significa dare una
risposta al loro bisogno di star bene insieme, attraverso il senso di
appartenenza a un gruppo in cui ci si riconosce nei comportamenti e nelle
scelte morali. Per altri ancora è una risposta alla curiosità intellettuale che
vorrebbe individuare le precise risposte sul da farsi nella concretezza
quotidiana.
Ma c’è
un altro ordine di motivazioni che rende l’esperienza profondamente ricca e
fattore di crescita autentica. Essa emerge allorché la persona si pone con
attenzione dinanzi al progetto di amore di Dio in Gesù Cristo, che interpella
ciascuno su cosa può e deve fare per dare una risposta autentica e
coinvolgente. Tale nota appellativa della vocazione cristiana comporta un
profondo atteggiamento di ascolto e di attenzione al “linguaggio di Dio”, che
tante volte mette alla prova il chiasso delle tante cose che abbagliano l’uomo
post-moderno, impedendogli di scorgere l’infinito di Dio lì dove si manifesta.
Ciò vuol dire mettersi alla prova, verificare le proprie capacità, sperimentare
la possibilità di rinunciare a certe sicurezze in vista di un nuovo modo di
rapportarsi con se stessi e con il mondo, per un servizio disinteressato e
gratuito.
Dal
punto di vista psicologico, la risposta per un religiosità autenticamente
testimoniale è l’espressione di una visione della vita come “compito aperto”,
una vita cioè disposta al confronto e orientata alla novità del Cristo risorto
che non lascia indifferenti, ma apre ad un impegno rinnovato da nuovi interessi
e da una nuova assunzione di responsabilità nelle tante questioni della vita
reale.
Da
questa prospettiva emerge con chiarezza il compito fondamentale della
maturazione di una autentica testimonianza del messaggio evangelico, che è
quello di individuare i propri doni e le proprie risorse, per mettersi in
relazione con l’altro e saper riconoscere anche in lui doni e risorse. Ciò
richiede un reale lavoro di crescita relazionale fondato sulla tensione
liberante verso colui che dà senso a ogni altra relazione e che impegna in
un’azione di testimonianza evangelizzatrice e di promozione reciproca. Il
cammino diviene un autentico percorso educativo di evangelizzazione che tocca
sia la dimensione umana che la dimensione di fede, affinché le persone crescano
in Cristo e maturino come fratelli nella fede.
TESTIMONIANZA
E
INTEGRAZIONE
Il lungo
percorso di differenziazione delle diverse componenti della crescita della
propria religiosità porta necessariamente a chiedersi in che modo si possa
raggiungere una maturità nella propria ricerca di testimonianza autentica.
Pur
tenendo presente la rilevanza dei contenuti della testimonianza cristiana, è
importante inquadrare il punto di vista pedagogico che permette di dare senso
al continuo coinvolgimento della persona. Se da una parte la testimonianza
intesa come missione comporta dei contenuti relativi al messaggio di Cristo
nella vita e nel quotidiano, dall’altra c’è da considerare il modo con cui la
persona arriva a testimoniare questa religiosità. Nel primo caso, quando ci si
riferisce ai contenuti dell’annuncio, consideriamo il “che cosa” fare per
testimoniare, mentre nel secondo ci si rifà alle dinamiche che sottendono tale
crescita e che riguardano il modellamento della vita della persona e il suo
coinvolgimento reale.
In
quest’ultimo caso, parlare di maturazione e di crescita del proprio
atteggiamento religioso significa guardare a come la risposta cristiana porti a
una costante apertura verso nuovi orizzonti di speranza operativa, dove le
diverse dimensioni intrapsichiche e interpersonali sono integrate nella vita
quotidiana con atteggiamenti e comportamenti concretamente espressivi della
fede reale. Ciò obbliga a riconoscere il “già” e il “non ancora” con cui ogni
persona vive nel tempo presente un rapporto rinnovato con il Risorto, rendendo
la propria vita progetto ed esperienza evangelica.
Come
entrano in gioco, allora, le diverse componenti umane e psicologiche, in questo
coinvolgimento religioso? La risposta suppone che il lavoro di coerenza tra
fede e impegno cristiano sia espressione di una continua conversione di se
stessi, confrontando così i ritmi della crescita psichica e relazionale del
soggetto con l’appello del Vangelo ad accogliere la novità del Cristo.
Tale
confronto comporta un’attenzione costante ai tanti segni della presenza di Dio
nella propria vita e nella vita dei fratelli, allenandosi a inserire i diversi
spazi della esperienza umana nel cammino di autenticità della propria
testimonianza. Inoltre, questo è un compito che si riflette nella rinnovata
capacità di sviluppare e mobilitare comportamenti di dedizione verso gli altri
con un atteggiamento di vera reciprocità relazionale, dove le persone si
sentono motivate e rinnovate dall’incontro col Cristo e si impegnano in scelte
di vita, in un contesto di genuina solidarietà con gli altri.3
CREATIVITÀ
E
IMPEGNO DI FEDE
Nella
crescita verso una solidarietà autentica fondata sul coinvolgimento personale,
ciò che conta è l’integrazione propositiva delle tante ricchezze presenti in
ognuno in un cammino di fede che permette di riconoscere l’intervento di Dio
per sé e per l’umanità intera.
Le
diverse componenti umane della risposta cristiana (le motivazioni, la vita
affettiva, le emozioni, le convinzioni, gli atteggiamenti, i comportamenti…)
impegnano ad acquisire, alla luce di un’accorta pedagogia, una capacità di
adattamento creativo nelle differenti situazioni che incontra.
E poiché
la testimonianza vera è un processo di permanente sviluppo e conversione, è
importante che ognuno sappia costantemente “allenarsi” ad apprendere e ad
affinare creativamente tali componenti soggettive che accompagnano e rafforzano
il cammino di crescita propositiva della persona nel contesto relazionale.
Inoltre,
questo esercizio costante a esprimere creativamente la propria fede nel
quotidiano si coniuga con un’assidua apertura alla creatività dello Spirito
presente nell’umanità di oggi. La disponibilità a essere collaboratori creativi
nel progetto di amore di Dio e l’attenzione all’azione dello Spirito si
traducono in intuitività e propositività in ordine all’esperienza, in docilità
al reale, in previdenza e cauto controllo, ma anche in equilibrato e realistico
senso di rischio per sviluppare le proprie capacità nel servizio di Dio e
degli altri.
In
questo contatto tra l’azione di Dio e la risposta dell’uomo ognuno può
abilitarsi a crescere in atteggiamenti e comportamenti che riflettano realmente
il progetto di una nuova esistenza in Cristo. Questo, però, non è un fatto che
si realizza magicamente, ma è il compito di un lavoro che dura per tutta la
vita, sia pure in modo diverso per ogni individuo. È insomma un lavoro di
formazione che impegna ad essere autenticamente cristiani, un cammino di
crescita che porta a realizzare «il racconto della speranza, a scrivere una per
una le opere della fede che formano una sorta di cristologia vivente»4 nel
cuore e nella storia dell’umanità.
Giuseppe Crea, Mccj
1
Populorum Progressio, 17.
2
Comitato preparatorio del IV Convegno Ecclesiale Nazionale,
3
Garelli F., Sfide per la Chiesa del nuovo secolo, Il Mulino, Bologna 2003.
4
Comitato preparatorio del IV Convegno Ecclesiale Nazionale,