UN CONVEGNO SUL MONACHESIMO

MONACI A CONFRONTO

 

Un incontro nato dal desiderio di mettere a confronto le realtà monastiche tradizionali e quelle nuove del nostro paese per conoscersi, confrontarsi e riflettere sulla vita monastica. Si è trattato anche di un fecondo momento di preghiera, di studio oltreché di dialogo.

 

Nei giorni 19-21 aprile 2006 presso la Piccola Famiglia della Risurrezione (comunità monastica di Marango) si è svolto il 2° Convegno sul monachesimo avente come tematica Essere monaci oggi: nella tradizione tra passato e futuro.

L’incontro, oltre alla partecipazione dei membri delle nuove comunità monastiche (NC) organizzatrici – la PFRi e la Piccola Fraternità di Gesù di Pian del Levro (Trambileno Trento)1 – ha visto la presenza di due monaci della comunità monastica “SS. Trinità” di Dumenza (Varese), di un eremita francese che vive nella diocesi di Locri-Gerace (Reggio Calabria), di un presbitero diocesano di Pistoia legato spiritualmente alle Fraternità monastiche di Gerusalemme in Firenze e del priore della Community of the Resurrection di Mirfield, comunità monastica anglicana del West Yorkshire (Inghilterra).

L’esperienza dell’incontro tra comunità nuove e quelle appartenenti all’ordo monasticus tradizionale – iniziata nella primavera del 20052 ma idealmente legata ai convegni per piccole comunità monastiche celebratasi a Camaldoli alla fine degli anni ‘70-inizi anni ’80 – nasce dal desiderio del fondatore della PFRi, il presbitero diocesano-monaco della Chiesa di Venezia don Giorgio Scatto, di voler far incontrare le realtà monastiche tradizionali e nuove del nostro paese per conoscersi, confrontarsi e riflettere sulla vita monastica.

 

IL MONACO

E LA PAROLA

 

Tre i relatori del convegno: Patrizia Bagni, monaca camaldolese di Contra (Arezzo), don Mario Torcivia, docente allo Studio teologico S. Paolo (Catania) e mons. Giancarlo Bregantini, vescovo di Locri-Gerace.

Bagni, nel suo intervento del pomeriggio del 19 su Il monaco e la Parola, ha focalizzato la centralità della parola di Dio nella vita del monaco. Si è monaci, per la relatrice, per il riconoscimento che il Signore ha chiamato mediante la sua Parola, fattasi carne in Gesù Cristo. Per questo la vita del monaco testimonia, come scriveva l’ex priore generale dei Camaldolesi, dom Benedetto Calati, il personale compimento della storia della salvezza, fino a diventare egli stesso pagina vivente della Scrittura.

La monaca camaldolese ha evidenziato poi come in tutte le vite dei santi monaci all’inizio ci sia stato l’ascolto di una precisa Parola. A questo ha fatto seguito sempre la tentazione (la ripetitività del quotidiano) come occasione feconda e decisiva per il relazionarsi in modo stabile con Dio. Solo dopo aver superato la tentazione il monaco è stabilito come amico di Dio e, pertanto, può esercitare la guida nei confronti di quanti cercano il Signore.

Perché questa amicizia sia stabile, fondamentale è l’incontro che il monaco realizza col Signore nella lectio divina, parte fondamentale, insieme alla preghiera e al lavoro, dell’esperienza monastica benedettina.

Tale esercizio – caratterizzato dal coinvolgimento di tutte le facoltà del monaco: intelligenza, cuore, ecc. – rende viva la feconda circolarità che si instaura tra Parola e vita del monaco. Per questo si rivela importante la ruminatio, che aiuta a custodire durante tutta la giornata la Parola ascoltata.

Questa ha poi una decisiva importanza in ordine alla costruzione della comunità. E a questo proposito Bagni cita la famosa espressione di san Gregorio Magno, che ritroviamo all’interno dell’omelie sul libro del profeta Ezechiele, in ordine alla comprensione comunitaria della Parola, per affermare come sia la comunità, e non il singolo, a divenire “norma” dell’intelligenza della Parola e della sua vitalità.

Esposta poi la modalità di fare lectio divina a Contra (comunità monastica femminile camaldolese) e a Camaldoli, Bagni si è soffermata in ultimo sulla preghiera, sbocco naturale dell’incontro che il monaco vive con la Parola. La monaca camaldolese ha presentato tre atteggiamenti indispensabili per la preghiera: lo stare, il desiderio e l’affidamento. Lo stare ricorda, in un’attesa apparentemente inutile, il dinamismo vigile che caratterizza il monaco nel suo rapporto orante con Dio. Sul desiderio Bagni ha citato e invitato a rileggere il bellissimo commento di sant’Agostino al salmo 38 che afferma come l’uomo vive una dimensione infinita in ordine al desiderio di Dio. L’affidamento dice la piena e completa fiducia nell’esaudimento della nostra preghiera se realmente rispondente alla volontà di Dio. Per questo, tale atteggiamento diventa esso stesso un modo di pregare perché permette l’ingresso in quella dimensione di silenzio interiore che risulta essenziale per incontrare Dio. Lasciamo pertanto spazio al risuonare della Parola in noi, concludeva Bagni, perché ci penetri completamente, facendo tacere ogni altra parola umana.

 

MONACI

NELLA CHIESA LOCALE

 

Torcivia (Essere monaci oggi nella chiesa locale), al quale era stata assegnata l’intera giornata del 20, ha diviso il suo intervento in due parti. Nella prima parte della mattinata ha presentato l’apporto che le nuove comunità offrono in ordine alla scelta di vivere un monachesimo nella chiesa locale. Successivamente si è soffermato sulla figura del presbitero diocesano-monaco, ponendo infine alcuni interrogativi/punti di riflessione sulla vita monastica, per la riflessione, il confronto e le domande durante l’incontro pomeridiano.

Parlando del proprium delle NC, il relatore ha evidenziato la scelta di essere pienamente parte delle chiese locali, senza ricercare esenzioni dall’autorità episcopale, per l’adesione al monachesimo dei primi secoli della Chiesa, per la rinnovata centralità della chiesa locale e del ruolo del vescovo che la riflessione del Vaticano II ha evidenziato e anche per la storia di alcune di queste NC staccatesi da comunità monastiche tradizionali. Torcivia ha presentato poi la riflessione di don Dossetti sulla presenza di celibi e coniugati all’interno dell’unica comunità monastica, pur nella differenza di cammini e di luoghi, a immagine delle comunità neotestamentarie.

Il docente del S. Paolo ha sottolineato anche la necessità di una certa distanza delle NC dall’autorità episcopale per evitare eccessive “protezioni” episcopali che non gioverebbero alla loro piena libertà e al loro cammino autenticamente monastico, caratterizzato dalla libertà in ordine a ogni sicurezza istituzionale. Si tratta della marginalità della scelta monastica che dice sì la sua “inutilità” ma, paradossalmente, la sua grande rilevanza per la società civile ed ecclesiale.

Riguardo al presbitero diocesano-monaco Torcivia, pur non nascondendo la problematicità di tale figura perché assente dalla tradizione monastica, ha rilevato come, alla luce della novità della scelta di un monachesimo nella chiesa locale/monachesimo diocesano, può esservi spazio anche per un presbitero che, restando pienamente incardinato nella sua Chiesa, viva la vocazione monastica.

 

MONACHESIMO FEMMINILE

E CHIESA LOCALE

 

Parecchio vivace si è rivelato il dibattito pomeridiano sugli interrogativi/punti di riflessione forniti dal relatore riguardanti: la necessità di una formazione teologica, e specificamente ecclesiologica, dei monaci perché anch’essi, da esperti, possano dare il loro contributo per chiarificare sempre meglio il rapporto tra chiesa locale e vita monastica; l’importanza della nascita di una rivista monastica che esprima il contemporaneo sentire monastico italiano tradizionale e delle NC e capace di entrare nell’agorà culturale – non solo ecclesiale – del nostro paese; la richiesta ufficiale agli organi competenti perché nei seminari e negli istituti teologici venga dato un corso sulla teologia della vita religiosa, considerata la poca conoscenza che di questa hanno i ministri ordinati; la crescita della consapevolezza nei monaci della figura cristiana della vita monastica; la maggiore considerazione di cui dovrebbe godere il monachesimo femminile, anche se tanti sono ancora i passi da compiere perché le comunità monastiche femminili siano pienamente inserite nel tessuto della chiesa locale; l’offerta qualificata alla chiesa locale dell’ospitalità orante e della condivisione dell’ascolto della Parola; la consapevolezza serena dell’irriducibilità e, a volte, incomprensibilità della vita monastica rispetto alla comunità ecclesiale.

Mons. Bregantini, il 21 mattina, ha presentato innanzitutto le diverse comunità monastiche ed eremitiche presenti nella sua Chiesa, testimoniando il fecondo apporto che la vita monastica offre alla diocesi di Locri-Gerace e affermando come solo quando esiste il profondo intreccio tra esperienza monastica ed esperienza di laici impegnati si può parlare di un vero legame del monachesimo con la chiesa locale.

Il vescovo di Locri-Gerace si è soffermato quindi a presentare i doni che, reciprocamente, la vita monastica e la chiesa locale possono e devono scambiarsi. La prima è chiamata a dare alla seconda la passione per il cielo, il gusto per la parola di Dio, la speranza che si fa intercessione, ascolto e consolazione per gli uomini, la testimonianza preziosa della fragilità, la spiritualità di comunione e di perdono reciproco, la bellezza della terra che diventa giardino. La chiesa locale dà invece alla vita monastica il dramma delle ferite della terra perché divengano feritoie per incontrare Gesù, la sobrietà di vita che si misura col territorio, la spinta missionaria, il rapporto con i movimenti, il raccordo complementare tra NC e le comunità storiche.

Il convegno, ritmato dalla liturgia monastica, impreziosito dalla bellezza del luogo e dalla squisita ospitalità della Comunità monastica di Marango, si è rivelato un fecondo momento di preghiera, studio e confronto tra esperienze monastiche diverse, oltreché di incontro e dialogo tra uomini e donne che desiderano vivere con autenticità la sequela Christi nella scelta monastica.

 

don Mario Torcivia

 

1 Nuova comunità monastica italiana appartenente alle comunità “dossettiane” (cf. M.

Torcivia, Guida alle nuove comunità monastiche italiane, Piemme, Casale Monferrato (AL) 2001, 175-185), presente nel Patriarcato di Venezia (Strada Durisi, 12 - 30020 Marango di Caorle (VE) - tel. 0421/88142 - e-mail: pfr.marango@tiscali.it. D’ora in avanti: PFRi.

2 Cf. ID., Guida, 346.

3 Relatori furono allora il monaco benedettino Giorgio Bonaccorso, preside dell’Istituto di Liturgia pastorale dell’Abbazia di Santa Giustina (PD) e il presbitero pavese Antonio Montanari, docente alla Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale (MI), cf. Essere monaci oggi: in ascolto della Tradizione tra passato e futuro, Monastero di Marango [2006], Pro manuscripto.