UN PROVINCIALE SI RACCONTA

UN BILANCIO E ALCUNI CONSIGLI

 

Non mi sentivo la persona preparata per un servizio così complesso e pieno di sfide; e anche adesso, dopo averlo concluso, ho ancora chiara questa convinzione. È un servizio che chiede molte rinunce, ma che offre anche grandi opportunità, dove si mischiano insieme successi e insuccessi.

 

Quando un superiore provinciale ha terminato il proprio mandato, generalmente un sessennio, gli viene spontaneo fare una specie di bilancio del servizio prestato, con i suoi aspetti positivi e quelli meno positivi. Padre Eduardo Pérez-Cotapos l. ss.cc, cileno, dottore in teologia biblica e professore nella facoltà di teologia presso l’Università cattolica, provinciale dal 1999 al 2005, ha accettato di tracciare questo bilancio ad alta voce su invito della rivista Testimonio, organo ufficiale dei religiosi e religiose del Cile, per condividere la sua esperienza soprattutto con coloro che si accingono a iniziare il medesimo servizio nelle proprie congregazioni.1

 

La prima cosa che mi preme segnalare, scrive, è che per me essere stato scelto come provinciale ha rappresentato una certa sorpresa, anche se alcuni me l’avevano fatto capire in anticipo. Non mi sentivo la persona preparata per un servizio così complesso e pieno di sfide; e anche adesso, dopo averlo concluso, ho ancora chiara questa convinzione.

La prima sfida per me fu di imparare ad assumere questa responsabilità come un servizio sollecitato dai fratelli, senza badare troppo alle mie perplessità o al modo in cui venivano sconvolti i miei piani e progetti personali; e allo stesso tempo di imparare ad aver fiducia nei fratelli e a fare affidamento leale sul loro sostegno per portare a buon termine questo servizio.

Questa sensazione, a mio modo di vedere, fa un tutt’uno con quest’altra: quella di rinunciare a ogni progetto personale per rendersi completamente disponibili ai fratelli e alle loro necessità. Non mi è stato facile rinunciare al controllo personale del mio tempo, alla possibilità di organizzare il calendario a partire dai miei interessi personali, alla possibilità di conservare qualche attività più “gratuita” e appropriata ai miei gusti personali, ecc. Ho dovuto non solo rinunciare a ciò che mi era proprio, ma ho dovuto aggiungere anche i progetti che non erano i miei, a volte molto diversi dai miei interessi personali, sentendomi spesso chiamare a risolvere le difficoltà senza poter godere di nessuna legittima gratificazione. Si tratta di un’esperienza severa ed esigente di obbedienza, tutte le 24 ore dei 365 giorni dell’anno. Con un certo umorismo si può dire che il provinciale è il più obbediente dei ­fratelli.

 

LE “SORPRESE”

DELL’INCARICO

 

Non ero uno che non conoscesse la realtà della provincia, poiché avevo già fatto parte del consiglio provinciale per diversi anni. Ma assumendo l’incarico mi sono trovato davanti a delle “sorprese”. La prima è che l’incarico comporta un pesante carico di compiti amministrativi, a volte poco “spirituali”, di fronte ai quali bisogna prendere delle decisioni e è necessario formarsi un livello di esperienza più o meno adeguato; si tratta di problemi che riguardano sia la vita interna delle comunità sia le opere apostoliche. Proprio perché è un carico pesante, fatto di richieste molto concrete, in alcuni momenti ho avuto la sensazione che questa realtà occupasse uno spazio eccessivo nelle mie preoccupazioni.

Un’altra “sorpresa”, dovuta forse alla mia ingenuità, riguarda l’immagine quasi mitica che si ha della figura del superiore maggiore. Si pensa a una persona da cui ci si attende che risolva ogni cosa, da cui ci si aspettano comportamenti prestabiliti, che in alcune occasioni sono in contrasto con altre esigenze, e una sapienza e un equilibrio quasi divini.

Nello stesso tempo, di fronte a questa figura emblematica, le persone cambiano il loro modo di comportarsi: alcuni assumono un atteggiamento reverenziale e quasi servile, altri si pongono in una ribellione sorda contro “l’autorità” (dalla quale c’è solo da aspettarsi mali e oppressioni); soltanto alcuni mantengono una relazione serena e di dialogo; questi ultimi sono le persone vitali su cui appoggiarsi.

Queste “strane reazioni” di fronte all’autorità (di cui non riesco a vedere la logica) hanno rappresentato per me una continua fonte di tensione e di disagio, che mi costò molto riuscire a integrare serenamente senza cadere nella tentazione di allontanarmi dai fratelli per evitare tensioni e aggressioni.

 

COME AIIUTARE

QUESTO O QUEL FRATELLO?

 

Nello stile caratteristico della vita religiosa, al superiore spetta conoscere il “rovescio della trama” della sua comunità. Vale a dire, non gli aspetti che brillano o che sono di maggiore utilità e servizio, ma le difficoltà, gli ostacoli e i limiti delle persone. È la sofferta esperienza di addentrarsi nel misterioso cuore umano e nei limiti molte volte insormontabili, propri praticamente di tutti gli esseri umani. E ovviamente è anche l’esperienza più acuta e sofferta dei propri limiti personali.

Come aiutare questo o quel fratello? Che fare quando i suoi problemi sembrano umanamente insuperabili, dal momento che si trascinano da anni, e a volte fin dalla formazione iniziale? In quale comunità può trovarsi meglio, in modo da essere meno di peso agli altri? Quale compito apostolico offrirgli che l’aiuti a impiegare le sue migliori qualità, anziché continuare a irretirsi nei suoi limiti e a far soffrire gli altri? ecc.

È il tempo in cui alcune persone sono cresciute nella mia stima, mentre altre sono calate. Non tutto quello che brilla è oro, mentre ci sono persone che brillano poco ma che sono dei veri tesori.

Ciò che ho appena detto può sembrare molto duro e penso che per me in alcuni momenti lo è stato; ma questo non mi lascia un sapore amaro, mi resta solo una gioia grande di aver terminato. Credo che tutto quello che ho detto sia misteriosamente mischiato con l’esperienza di sentirmi rispettato, appoggiato, cercato dai fratelli della comunità; anche da quelli che non hanno un buon rapporto con l’autorità. Così pure, termino il mio mandato con grande ammirazione per le qualità umane e spirituali di alcuni fratelli; per l’onestà della loro vita e dei loro progetti; per la silenziosa generosità della loro dedizione; e anche profondamente ammirato per le qualità dei laici impegnati nelle opere apostoliche a cui serviamo, e in modo speciale per coloro che hanno assunto responsabilità più attive e impegnate in diversi servizi congregazionali.

In modo particolare ho potuto sperimentare l’appoggio limpido e impegnato del consiglio provinciale con il quale abbiamo raggiunto uno stile di lavoro sufficientemente condiviso. Il giudizio di questi fratelli pienamente informati delle situazioni in gioco e con qualità ed esperienza umana, è stata per me un sostegno insostituibile, della massima importanza nel momento di prendere delle decisioni.

 

FORMAZIONE

E ANIMAZIONE

 

Un altro elemento risultato molto importante per me in questi anni è stato tutto ciò che ha avuto a che vedere con il processo della formazione iniziale. Nei giovani che giungono al postulantato e in coloro che assumono impegni verso la congregazione e la Chiesa sono specialmente visibili questa passione per Dio e il desiderio di una fedeltà profonda, le uniche cose che danno veramente significato alla nostra vita. Lo stare relativamente vicino a essi è stata sempre per me una fonte di vitalità spirituale e una riconferma di fiducia nel valore delle persone.

Un’altra esperienza importante è stata quella di accompagnare alcuni fratelli al termine della loro vita; in modo particolare quando si è trattato di persone capaci di far fronte alla morte con serenità e limpidezza spirituale. Alcuni casi concreti continuano a essere per me dei veri passaggi di Dio.

Un aspetto particolarmente complesso da tenere presente, ma a mio modo di vedere di fondamentale importanza, è il modo con cui il provinciale anima spiritualmente la vita della comunità. L’incarico implica, a mio parere, la chiamata a una certa forma di paternità spirituale nei riguardi dell’insieme della comunità dei fratelli. Per quanto mi riguarda, ho la sensazione che sia stata questa un’area che non sono riuscito ad assumere pienamente, forse per non lasciarmi eccessivamente opprimere dai problemi concreti quotidiani. È qualcosa che mi sarebbe piaciuto assumere più intensamente.

 

LA DIMENSIONE

DELLA COMPLEMENTARIETÀ

 

Finora ho parlato di un compito rivolto all’interno della provincia. Ma è opportuno ricordare anche gli altri ambiti che hanno attirato intensamente la mia attenzione. Ne ricordo quattro di principali:

– è stato importante il rapporto con il ramo femminile della congregazione che in Cile ha una storia e una configurazione più o meno simile alla nostra. Non solo per ciò che riguarda l’impegno per perfezionare la presenza comune in alcuni luoghi, ma soprattutto per elaborare insieme una lettura del carisma congregazionale sia con occhi maschili che femminili. Nello stesso tempo è stato per me uno spazio interessante per imparare a capire meglio alcune dimensioni della nostra vita nella complementarietà dello sguardo con la mia collega superiora provinciale;

– un altro elemento molto interessante è stata l’interazione con le altre province della congregazione e con il governo generale. Tra di noi, e anche un po’ dappertutto, si parla sempre più di interdipendenza, cosa che ci sta portando a modificare molte abitudini di autosufficienza provinciale. L’esistenza di un processo sufficientemente intenso di interdipendenza sul piano della formazione iniziale è stato un fattore di attenzione continua;

 

– altrettanto importante è stato il legame con altre congregazioni attraverso la Conferenza dei religiosi. Tanto più anche perché mi era stato affidato l’incarico di presiedere la CONFERRE nei tre anni del mio mandato come provinciale. Questo fatto, senza dubbio, ha comportato una tensione che è giunta a disturbare alcuni fratelli; mi dicevano che era un’occupazione che mi distraeva dal compito principale, che mi impediva di essere sufficientemente presente nella vita della provincia. C’è in questo una buona parte di ragione, ma allo stesso tempo questo servizio ha rappresentato per me uno spazio importante di crescita negli orizzonti religiosi ed ecclesiali;

 

– infine segnalo il tema della interazione con i vescovi nelle cui diocesi lavoriamo, e con la Chiesa del Cile in generale. La nostra vita religiosa è in ottimi rapporti con la vita della chiesa locale, ma credo che rimanga ancora aperta la sfida di un maggior inserimento, apportando lo specifico della nostra vocazione e del nostro carisma. Credo che stiamo progredendo in questa convinzione di dover offrire con maggior chiarezza ciò che è nostro, anche se resta ancora molta strada da percorrere.

 

Per concludere devo dire di non essere in grado di segnalare i successi e gli insuccessi personali in tutto questo processo. Ma ho pensato di raccomandare alcune cose a chi stesse per cominciare questo servizio; probabilmente mettono in risalto fattori che a me sono costati maggiormente e a cui penso di non aver corrisposto come avrei desiderato. Prima di tutto gli raccomanderei di stare vicino ai fratelli, attento, ascoltatore e misericordioso. Chi assume questo incarico, chieda a Dio una pazienza infinita e una grande sapienza per poter orientare bene i propri fratelli, in modo speciale quelli che sono più difficili e ingrati. Cerchi di tenersi il più aperto possibile e sensibile alla vita della Chiesa, della congregazione nella sua internazionalità e dell’insieme della vita consacrata. Abbia molta cura della sua vita spirituale per non lasciarsi scoraggiare né abbattere dalle inevitabili critiche alla sua gestione e dalle incomprensioni. Nello stesso tempo diffidi radicalmente delle lusinghe che riceve. Condivida più profondamente con i suoi consiglieri le proprie idee, inquietudini e progetti; eviti in tutti i modi di riflettere da solo perché ciò lo porterà per strade sbagliate. Mediti molto sulle vie di futuro della vita religiosa e le approfondisca nella preghiera in modo da proporre delle linee di fondo per la sua comunità. Abbia cura di “essere se stesso” nel disimpegno del suo servizio, sapendo che ognuno lo compie in modo diverso; non si angusti troppo per l’esperienza dei propri limiti… Siamo semplicemente fragili vasi di creta affinché brilli lo splendore della grazia di Dio.

 

1 Liderar una comunidad provincial. Aciertos y desaciertos, in Testimonio 2006, p. 108-113.