LEGGERE LA STORIA CON OCCHIO LIMPIDO
Un cuore puro
rende limpido lo sguardo col quale poter comprendere la direzione della storia
e preparare le vie della salvezza.
Sapienza spirituale è conoscere il nesso tra la
storia nelle sue articolazioni quotidiane e la salvezza della persona.
L’intelligenza spirituale comprende le cose in ordine alla salvezza e la
salvezza viene intesa come rivelazione della gloria di Dio, del suo amore,
l’unico degno adorazione e venerazione.
C’è un passaggio sostanziale nel racconto di
Giuseppe (Gen 37-47) che non ci deve sfuggire. La
porta dell’umiltà è l’umiliazione. Non si diventa
umili se non per grazia, per l’amore dello Spirito Santo che fa maturare
le nostre umiliazioni.
Sembra crudele, ma i grandi maestri della vita spirituale
concordano su questo punto. Si giunge all’umiltà attraverso la kenosis.
Anche Giuseppe ha passato la sua umiliazione e l’ha
consumata fino in fondo.
Davanti a lui erano chiuse tutte le strade, il suo vestito
imbevuto dell’amore del padre gli era stato tolto e inzuppato di sangue,
i pascoli di suo padre erano lontani, i mercanti lo avevano comprato e portato
in una terra straniera.
Addirittura la luce stessa si era chiusa su di lui: prima la
cisterna, poi la prigione.
C’è un qualche nesso tra i sogni del faraone e
la vita di Giuseppe. Anche lui ha vissuto i suoi anni di beatitudine nella casa
del padre, certamente coccolato e, forse, anche viziato. Ma i suoi sette anni
di abbondanza sono passati e sono giunti i sette anni magri, di prova, di
crisi.
Tuttavia, questi anni non hanno distrutto l’amore per
Giacobbe e per la sua casa. Piuttosto, lo hanno maturato. E dopo la carestia
viene il momento della vera abbondanza, il tempo dei frutti.
È un po’ il canovaccio del racconto, che non
è solo lo schema letterario dell’eroe individuato, provato,
affermato, ma è lo schema sapienziale che
servirà a Giuseppe per trovare i fratelli e ai fratelli per scoprire il
padre e, di conseguenza, il fratello.
Il vero eroe della storia infatti non è Giuseppe, ma
l’amore del padre e dei figli scopertisi fratelli.
In questa tensione divino-umana, pneumatologica e cristologia, matura Giuseppe fino al punto
di essere sicuro che è Dio a dare la conoscenza, perché è
Dio che porta al termine gli eventi con la sua provvidenza.
E Giuseppe è un uomo della sapienza perché
è un amante della provvidenza.
Ha letto i sogni del faraone perché Dio glieli ha
fatti comprendere quale mezzo attraverso cui si compiva la vocazione datagli
dal padre di cercare i fratelli.
A noi tocca sapere ciò che riguarda la nostra
vocazione. È precisamente questo ciò che Dio ci farà
conoscere.
La confusione tra conoscenza e informazione ha fatto
smarrire la sapienza.
Quando l’uomo accoglie veramente la vocazione –
dunque la propria verità, il che è possibile solo nello Spirito
Santo, questa Persona amante e luminosa della santissima Trinità –
e orienta tutte le sue forze a questa vocazione, senza disperdersi in
ciò che la gente dice e vorrebbe, certo Dio gli comunica come compiere
la sua vocazione, realizzando se stesso come amore dell’Amore trinitario,
realizzando se stesso insieme agli altri, trovandosi con gli altri
perché trovando gli altri.
Solo attraverso i sogni, attraverso ciò che
sarà il premio per la spiegazione, Giuseppe troverà i fratelli.
Questo episodio ci introduce nel grande mistero di come
leggere la storia.
Ciò che ci impedisce di comprendere quello che sta
succedendo è un cuore impuro, la possessione, l’attaccamento alle
nostre cose.
Quando invece uno ha un cuore limpido e, come Giuseppe, la
trasparenza di un fanciullo, allora riesce a vedere, a interpretare, a
prevenire, a comprendere come sarà la storia e a prepararne la salvezza.
Egli non ha un cuore chiuso nei propri schemi o nelle
proprie cose e così gli si dischiudono i misteri.
La storia di Giuseppe è una parabola attraverso la
quale Dio stesso rivela il disegno di sé come creatore, padre e
salvatore degli uomini come figli e fratelli, e del creato come ambito in cui
il suo disegno si compie.
Marko Ivan Rupnik
da Cerco i miei
fratelli, Lipa Edizioni, Roma 1998