INTERVISTA AL CARD. J. ZEN ZE-KIUN DI HONG KONG
CI VORRÀ TEMPO E PAZIENZA
Sembrava che i rapporti tra la repubblica popolare cinese e
la santa Sede stessero facendo dei progressi. Poi la doccia fredda:
l’ordinazione episcopale dei sacerdoti Giuseppe Ma Yinglin e Giuseppe Liu
Xinhong, che ha avuto luogo, rispettivamente, domenica, 30 aprile scorso, a
Kunming (provincia dello Yunnan) e mercoledì, 3 maggio corrente, a Wuhu
(provincia dell’Anhui), e compiuta in entrambi i casi senza rispettare le
esigenze di comunione con il papa. Si tratta di una grave ferita
all’unità della Chiesa, per la quale, com’è noto,
sono previste severe sanzioni canoniche.
Sulla situazione della Chiesa in Cina la rivista dei padri
comboniani delle Filippine., World Mission (aprile-maggio 2006) ha intervistato
il neo cardinale di Hong Kong, Joseph Zen Ze-kiun. Nella posizione di avamposto
in cui si trova la sua diocesi, egli è certamente uno degli osservatori
più qualificati di ciò che avviene oggi in Cina e a Hong Kong.
Come vede oggi
la situazione della Chiesa in Cina?
Ci sono segni che ci rendono ottimisti sul futuro, ma anche
segni che ci preoccupano. Tra i primi sono le recenti ordinazioni dei vescovi
di Shanghai e Xian: esse dimostrano che con pazienza e fermezza la Chiesa
può affrontare il governo, che deve accettare i vescovi designati dalla
Santa Sede. Nel contempo, ci sono molti segni di disordine e divisione nelle
diocesi, tra vescovi legittimi con opinioni differenti e sacerdoti catturati
dal secolarismo. A riguardo della politica, c’è stato un progresso
nell’economia ma non ancora nella democrazia. Il governo tiene la
situazione in pugno, con l’aiuto della moderna tecnologia e delle aziende
che gestiscono internet.
Ma, sicuramente, sarà difficile mantenere questo
controllo…
Sì. Il fatto che mantengano il controllo non
significa che non possano avvenire cambiamenti. Non c’è democrazia
dentro il partito e questo è disastroso. Le situazioni potrebbero
esplodere. La gente è oppressa. Qui, nella costa meridionale cinese, c’è
prosperità frammista a corruzione. In profondità, la gente vive
in condizioni molto povere. Soprattutto tra i contadini sta progressivamente
emergendo una sollevazione sociale. La disperazione, tra di loro, sta
diventando sorgente di forza.
Tornando alla
Chiesa, cosa ci dice delle vocazioni? Come va la formazione del clero?
Ho lavorato in diversi seminari. Iniziando da quello di
Shanghai nel 1989 e in altri sei seminari dal 1993 al 1996. C’erano molte
vocazioni provenienti da famiglie numerose, ma ora il loro numero è in
diminuzione. In alcune zone c’è un buon numero di vocazioni, in
altre nessuno. Per esempio, non ci sono vocazioni in grandi città come
Shanghai e Pechino. Esse sono diminuite ovunque a causa della politica del
figlio unico. Inoltre c’è il problema della loro qualità.
Quando cominciai a lavorare nei seminari avvertimmo la mancanza di un serio
programma formativo e di direttori spirituali con esperienza. Già allora
eravamo preoccupati di un buon e sano discernimento. Negli ultimi anni ci sono
stati parecchi abbandoni. La situazione è difficile. Il numero dei
sacerdoti formati non è sufficiente per sostituire il clero anziano.
Altro problema è quello dei giovani preti inviati a lavorare da soli in
diverse parrocchie, subito dopo essere usciti dal seminario. Una volta lasciati
a se stessi, specialmente quelli in aree lontane, senza più il sostegno
della disciplina del seminario e della preghiera comune, incontrano molte
difficoltà da parte degli anziani che sono sospettosi verso dei giovani
preti, fino alla liturgia che alcuni non trovano accettabile. Di recente molte
diocesi hanno sentito il bisogno di organizzare ritiri per il clero e noi
desideriamo inviare dei sacerdoti per dirigerli. C’è ancora un
gran bisogno di formazione spirituale.
Circa le
relazioni tra la Chiesa ufficiale e quella “sotterranea”… si
avvicina la riconciliazione?
In una situazione in cui il governo controlla tutto non
c’è alcuna reale possibilità di vero dialogo tra le due
chiese. Invece ci potrebbe essere un approccio “affettivo”.
Dobbiamo comprendere che apparteniamo alla stessa Chiesa e quindi non dobbiamo
combatterci o nutrire pregiudizi… Ma giungere a essere insieme al momento
non è possibile, proprio a motivo del rigido controllo governativo.
Ovviamente le relazioni tra le due chiese si differenziano da un posto
all’altro. In molte aree non c’è conflitto, c’è
coesistenza pacifica ma senza alcuna possibilità di lavoro comune.
Prendiamo ad esempio Shanghai: sia la Chiesa ufficiale che quella sotterranea sono
forti. All’inizio i membri della Chiesa sotterranea non accettavano
positivamente il vescovo di quella patriottica. Eppure, gradualmente, hanno
cominciato a capire che egli fa del suo meglio per il bene della Chiesa, e che
è anche in contatto col Vaticano. Di recente sono venuti a sapere che egli
è stato riconosciuto dal papa. Sanno anche che il nuovo vescovo
ausiliare è persona buona e santa e anche i cattolici della Chiesa
sotterranea l’accettano. Vivono in pace.
Gli stessi sacerdoti possono aiutare a rinforzare relazioni
pacifiche. Un prete della Chiesa ufficiale può permettere che un prete
di quella sotterranea celebri la Messa nella sua parrocchia. Un membro della
Chiesa sotterranea è bene accetto in quella patriottica, che ormai
è riconosciuta dal santo padre. Il governo vorrebbe veder emergere la
Chiesa sotterranea, ma al momento credo che ciò non sia opportuno.
Potrebbe rivelarsi un grande errore, foriero di dolore e danno per loro. Farlo
significherebbe metterli in pericolo.
Dall’esterno sembra che la mancanza di dialogo tra le
due chiese sia un fatto storico e che, una volta rimossi i vecchi capi, ci
dovrebbe essere una crescita del dialogo. Eppure, lei afferma, che questo non
è possibile dal momento che il governo mantiene un forte
controllo…
Come può un vescovo della Chiesa ufficiale
incontrarne uno di quella sotterranea? Difficile nasconderlo al governo. Se lo
scoprono, il vescovo della Chiesa sotterranea finisce in prigione.
Ricordiamolo, non c’è libertà.
C’è
un qualche progresso nelle relazioni tra Cina e Santa Sede?
C’è poco progresso. Ci vuole tempo e pazienza.
Nel frattempo è meglio risolvere la questione della nomina dei vescovi.
Ci sono molte diocesi che hanno bisogno di un vescovo. Temo che il governo
voglia imporre il proprio vescovo e che, se la Santa Sede accetta, questo possa
causare problemi. Nominare vescovi giovani inesperti è pericoloso.
Sembra che
Pechino non sia molto interessato a proseguire il dialogo. Perché?
Non lo so. Probabilmente perché hanno notato
l’anticomunismo di papa Giovanni Paolo II. Hanno percepito come una vera
provocazione la canonizzazione dei martiri cinesi. O forse non sentono
realmente il bisogno di dialogo. Perché dovrebbero dialogare dal momento
che controllano molto bene la Chiesa? Nessuno può lamentarsi. Il mondo
esterno parla di abusi dei diritti umani ma chiude il discorso quando si giunge
agli affari. Probabilmente non se ne sente il bisogno. Eppure hanno visto come
tutto il mondo era presente al funerale di Giovanni Paolo II. Potrebbero
esserci riserve mentali sul dialogo.
Si è pensato
che il governo di Pechino fosse interessato al dialogo per il prestigio che il
Vaticano ha tra le nazioni…
Non si preoccupano di quel prestigio e non hanno paura
perché tutte le nazioni fanno affari con loro.
Specialmente in Africa, la Cina sta facendo affari con
chiunque senza tener in nessun conto i diritti umani…
Questo è il problema. Tutto quello che vedono
è il denaro, e si dimenticano dei diritti umani!
Nel 2008, in
Cina ci saranno le Olimpiadi. Sarà una buona opportunità di nuova
apertura per la Chiesa?
Non proprio! I giochi apporteranno un beneficio molto
piccolo alla Chiesa. Ci sono già stati i giochi asiatici – non
sono la stessa cosa delle Olimpiadi, ma sono comunque simili – e la
Chiesa non ha avuto alcun beneficio. Prima dei giochi hanno arrestato un
vescovo, o un prete, e l’hanno liberato in seguito. Questo è tutto
ciò che abbiamo ottenuto.
I cristiani
stanno aumentando o no? In questi ultimi mesi, la stampa ha parlato di numerose
conversioni e del fatto che i cristiani hanno superato in numero gli iscritti
al partito comunista. È vero?
Non abbiamo dati per confermarlo. Sappiamo che i protestanti
stanno facendo grandi progressi, ma non so cosa dire riguardo ai cattolici. Nel
sinodo sull’Eucaristia ho menzionato il fatto che stiamo “vincendo”
nel senso che abbiamo imposto al governo le nomine dei vescovi di Shanghai e di
Xian, ma la struttura rimane la stessa. Per esempio, i vescovi invitati dal
papa a partecipare al sinodo non hanno ricevuto l’autorizzazione a
recarvisi. Dal Vietnam sono potuti partire, ma non dalla Cina.
Che cosa
possono fare la Chiesa universale e le chiese particolari fuori della Cina, per
aiutare la
Chiesa cinese? Dal suo punto di vista, cosa si può fare al momento?
In molti stanno portando avanti con discrezione diverse
cose. Ovviamente è necessario conoscere la lingua locale. Il personale
ecclesiastico proveniente dalla Cina continentale ha più
possibilità di lavorare, perché non sono riconoscibili
facilmente; è difficile per uno straniero passare inosservato.
Disponiamo di molte persone che da Hong Kong vanno lì a tenere seminari,
corsi e a predicare ritiri spirituali. Anche alcuni stranieri che hanno
imparato la lingua sono riusciti ad andare là e aiutare la Chiesa
sotterranea per un mese circa. Ma il controllo è stretto.
Non è possibile andare a Xian perché il
vescovo non ha ubbidito al governo, e lo stanno punendo. A Hebei, anche se la
Chiesa è patriottica, il governo non si fida, perché ritiene che
sia più sotterranea che patriottica. A Shanghai c’è un vescovo
forte, ma Pechino limita troppo le sue attività. Per esempio, se
proponesse una lista di dodici insegnanti, Pechino ne approverebbe solamente
cinque, dicendo che gli invitati sono stati sul posto troppe volte, anche
quando sono venuti una volta sola! Egli non ha potere… il potere è
a Pechino. È Liu Bai Nie (segretario esecutivo dell’Associazione
patriottica dei cattolici) che controlla tutto. È come un papa, qui!
Poiché il capo della conferenza episcopale è rimasto inattivo per
alcuni anni e il vescovo Michele Fu di Pechino, capo dell’Associazione
patriottica, è malato, è Liu Bai Nie che controlla tutto.
Probabilmente è membro del Partito comunista, anche se si dichiara
cristiano.
A lei non
permettono di andarci…
No. Devo prima essere invitato. Non dicono che non posso
andarci, dicono solo: “Devi essere invitato!”.
Se potesse
vedere esaudito un suo desiderio riguardo alla Cina, quale sarebbe?
Non possiamo separare la Chiesa dalla Cina. C’è
bisogno di un leader intelligente e coraggioso, che porti avanti alcuni riforme
per il paese. Questo bisogno, tuttavia, non è solamente della Chiesa.
Apparentemente le cose sono cambiate, ma esiste ancora un controllo assoluto da
parte del governo. Non c’è legalità; una persona può
essere arrestata in qualsiasi momento con un qualsiasi pretesto.
Il controllo di
Pechino tocca Hong Kong?
No. Siamo stati separati dalla Cina per un buon numero di
anni, così il controllo da parte di Pechino non arriva sin qui.
Tuttavia, stanno interferendo sempre più, e vi sono segni che ci
preoccupano un po’. Stanno intervenendo in maniera sempre più
pesante tramite coloro che ubbidiscono loro. I benestanti a Hong Kong sono i
migliori amici del governo di Pechino, e tradiscono Hong Kong a causa dei loro
interessi materiali. Vogliono avere soldi e potere, e i valori della vera
democrazia sono messi in secondo piano. C’è bisogno di salvare la
democrazia a Hong Kong. Non c’è limitazione di libertà
religiosa, ma hanno fatto nuove leggi contro le nostre scuole, e noi ce ne
siamo accorti troppo tardi. La legge è stata approvata dal Consiglio
legislativo. In futuro potremmo non essere più in grado a gestire le
nostre scuole liberamente.
Quindi avete
perso libertà nelle scuole?
Abbiamo ancora il controllo sulle nostre scuole, ma è
possibile che non lo avremo più in futuro. Ogni scuola avrà una
sua direzione e diventerà autonoma, rendendo conto direttamente al
governo. Questo è il motivo per il quale stiamo provando a far revocare
questa legge, perché sembra contraddire quella in cui si stabilisce che
i gruppi religiosi hanno il diritto di condurre proprie scuole liberamente
– proprio come era prima che Hong Kong tornasse sotto il governo cinese.
I nostri avvocati ci stanno lavorando, e dicono che c’è speranza
di farla revocare.
Quali sono i
problemi e le opportunità per la Chiesa a Hong Kong?
La chiesa è viva e attiva qui. Ci sono molti giovani
nelle nostre comunità. Abbiamo tenuto un sinodo tre anni fa che ha avuto
molto successo. Adesso stiamo cercando di attuare le conclusioni positive che
ne sono uscite. La vita cristiana nelle parrocchie è molto attiva;
tuttavia, le vocazioni sono molto poche. Il secolarismo è molto forte
nella società di Hong Kong e il comfort e il benessere sembrano avere il
primato. I giovani hanno paura a impegnarsi per tutta la vita in una vocazione
consacrata. Si sentono insicuri anche a causa delle situazioni in cui si
trovano nelle loro famiglie. Abbiamo molti cristiani in posizioni governative e
in importanti strutture sociali. Comunque, non hanno molta familiarità
con la dottrina sociale della Chiesa. Viviamo in un sistema capitalista che
favorisce l’ampliamento della forbice tra ricchi e poveri. Hong Kong
è quasi il campione di questo divario! L’organizzazione politica
è tutta a vantaggio dei ricchi, che detengono la maggioranza nel
Consiglio legislativo.
Sta dicendo che
l’impatto sociale della Chiesa sta diminuendo e che non c’è
modo di concorrere alla formazione di una società basata sui valori del
Vangelo?
Voglio dire che la Chiesa potrebbe avere molto più
impatto. L’impatto è più a livello sociale che politico. Il
grande leader dei democratici, anche se non è più in carica,
è cattolico. Ci sono molti cattolici nel governo, ma favoriscono il sistema
capitalista. Il nostro impatto viene espresso soprattutto attraverso le scuole.
Qui noi annunciamo il Vangelo – un valido e onesto stile di vita civile,
buoni valori nel commercio e negli affari – ma la coscienza politica e
sociale è venuta meno. Solo adesso, tramite la Commissione di giustizia
e pace, abbiamo parrocchie che si stanno impegnando di più in questi
campi. Io sono intervenuto più volte sul tema dei diritti umani. Spero
di aver aiutato a innalzare la coscienza sociale della Chiesa.
Come vive la
Chiesa di Hong Kong la sua dimensione missionaria?
Abbiamo sempre avuto l’aiuto di missionari, e ce ne
sono molti qui. Senza il loro aiuto non avremmo soddisfatto i nostri impegni e,
grazie a Dio, accogliamo ancora giovani missionari. Tuttavia, il nostro impegno
missionario non è molto rimarchevole. Abbiamo laici che vanno in Africa
e Cambogia, ma sono solamente una manciata. Recentemente, abbiamo mandato un
sacerdote in Africa con un mandato triennale. Le nostre attività
missionarie, in effetti, non sono molte. I sacerdoti qui vivono in buone condizioni.
Lei è un
“figlio” di don Bosco. I salesiani celebrano i 100 anni di presenza
in Cina. Quali sono le sfide di una presenza così lunga?
Abbiamo avuto grandi missionari, appassionati e impegnati.
Il nostro superiore generale ha affermato che dobbiamo pregare per ricevere la
grazia di essere desti. E il papa, nei suoi auguri di Natale, ha scritto:
“Svegliatevi, perché il Signore è diventato il Dio-con-noi!
Svegliatevi!”. Il Signore si aspetta più zelo apostolico da noi,
più impegno nell’annunciare il Vangelo.