UNA RILETTURA NELLA PROSPETTIVA DEL “SEGNO”
VITA CONSACRATA NELLA MISSIONE
Alcune
importanti considerazioni sulla vita consacrata intesa come segno e profezia
del regno di Dio nella Chiesa e nel mondo, circa la dimensione politica di una
sequela radicale di Gesù e la sua dimensione messianica.
La riflessione teologica seguita al concilio Vaticano ha
sottolineato la dimensione significativa e simbolica della vita consacrata
nella vita e nella missione della Chiesa. Per quanto il Vaticano II parli della
vita consacrata come “consacrazione”, come “segno di Cristo” e “segno del
Regno”, la vita consacrata nel capitolo VI della Lumen Gentium (n. 44) si presenta
come “un segno cristologico, ecclesiologico ed escatologico”, attraente e
efficace, nella Chiesa e nel mondo.1
La comprensione della vita consacrata dal punto di vista
simbolico offerto dal Vaticano II apre nuovi orizzonti per la riflessione
teologica e la prassi della vita consacrata. Tale prospettiva ci aiuta a
comprendere la sequela di Cristo, che è la ragion d’essere della vita
consacrata, come “configurazione, ripresentazione e memoria” dell’intera storia
di Gesù di Nazaret, della sua incarnazione, vita nascosta, ministero profetico,
stile di vita, passione per il regno di Dio e mistero pasquale.
Affinché la vita consacrata possa veramente diventare un
segno che manifesta e annunzia il regno di Dio nella Chiesa e nel mondo, si
dovrà rileggere, da una prospettiva di segno, tutto l’essere e il fare della
vita consacrata, perché un essere e un fare che non puntassero al regno di Dio,
toglierebbero ad essa una sua specifica funzione nella Chiesa e nel mondo.
SEGNO E PROFEZIA
DEL REGNO
La riflessione teologica post-conciliare ha sviluppato una
ricca ecclesiologia di comunione e missione. Tuttavia, il concilio Vaticano II
parla anche della forza di provocazione propria della Chiesa come segno del
Cristo e del Regno. Esso parla della Chiesa come “segno del Cristo”, presente
nella storia umana in vista di trasformarla e guidarla verso il suo compimento
nel regno (AG 36,20,21); come “segno” della signoria di Cristo e di Dio (LG 5);
e come “segno dell’amore universale di Dio e fonte di ogni grazia” (NÆ 4).
D’altra parte, il concilio afferma anche che la Chiesa attualizza nella storia
umana, con la forza dello Spirito, la missione di Gesù, il profeta degli ultimi
tempi.
La vita consacrata nella Chiesa, come dono dello Spirito,
fin dalla sua origine, ha sempre avuto in sé questo dinamismo di provocazione e
di segno, a causa del radicalismo iscritto nella sequela di Gesù.
Nello stesso modo, il Vaticano II richiama ai religiosi la
loro peculiare caratteristica di “segno cristologico”, che dovrebbe rendere
presente il Cristo in quella forma di vita che egli ha assunto mentre viveva in
mezzo a noi. In tal modo la vita consacrata è sfidata a diventare
“prolungamento, racconto permanente e viva memoria” di Gesù, una narrazione
della sua vita, dei suoi segni e delle sue azioni, del suo amore senza vincoli,
della sua esperienza di Dio, della forza provocatoria con cui attirava i
discepoli, e dell’ invito a entrare nella comunità del Regno rivolto a tutte le
nazioni. Ogni vocazione alla vita consacrata deve essere una chiamata a
diventare un racconto della storia messianica di Gesù in cui il Signore risorto
si fa presente.
A partire dalla prospettiva del “segno” la missione della
vita consacrata dovrebbe interessarsi non solo di rispondere ai bisogni
urgenti, ma di dare delle risposte che siano segno e parabola del Regno in
grado di provocare nella Chiesa e nel mondo nuove alternative.
Se la vita consacrata perde la sua caratteristica e la sua
forza simbolica e provocatoria perde insieme anche la sua ragion d’essere nella
Chiesa e nel mondo. Una vita consacrata a partire dalla prospettiva del segno e
della testimonianza sarà sempre all’erta, vigilante e sensibile ai segni dei
tempi e al radicalismo evangelico, lontana dagli aggiustamenti borghesi che di
solito soffocano il suo carattere critico e profetico, aperta alle opzioni
creative, solide e anche rischiose e costantemente in movimento sulle ali dello
Spirito.
DIMENSIONE SOCIO-POLITICA
DELLA SEQUELA DI GESÙ
J.B. Metz riflette sulla vita consacrata come radicale
sequela di Gesù dal punto di vista della sua teologia fondamentale pratica o
teologia politica, che è una teologia critica della società in un orizzonte
escatologico apocalittico. La proclamazione del regno di Dio fatta da Gesù è
una promessa che appartiene al futuro ma, nello stesso tempo, è una denuncia di
ogni cosa che ne impedisce l’arrivo. La fede in questa proclamazione e promessa
del Regno implica la prassi della sequela di Gesù. Seguire Cristo non è
primariamente orientato verso la perfezione individuale ma è orientato
piuttosto verso Gesù, verso il seguire con lui il cammino che va verso il Padre
e verso l’instaurazione del Regno per tutte le nazioni. Per questa ragione la
sequela di Gesù non è separata dalla situazione socio-politica,
dall’antagonismo e dalla sofferenza del nostro mondo.
Gli istituti religiosi sono delle istituzioni create dallo
Spirito nella Chiesa. La loro regola fondamentale è la sequela di Cristo
secondo il Vangelo. Come testimoni di questa sequela nella Chiesa, essi
esercitano una missione innovativa e correttiva. Lo Spirito dona alla Chiesa
queste istituzioni perché siano segni carismatici e memorie della sequela di
Cristo. In tal modo, i religiosi hanno la funzione e il ruolo di essere memoria
permanente per la Chiesa circa il radicalismo totalizzante che è implicato
nella sequela di Cristo. Questa è la funzione correttiva della vita consacrata.
Nello stesso tempo la vita consacrata è chiamata ad aprire nuovi cammini e
nuovi orizzonti alla sequela di Cristo, come modelli ed esempi per tutta la
Chiesa. Questa è la funzione innovatrice della vita consacrata.
La sequela di Cristo ha due poli: mistico e politico. La
configurazione con Cristo implica entrambi questi aspetti. Nella sua dimensione
mistica la sequela di Gesù nella povertà configura il religioso a lui,
distaccato da ogni cosa, anche dalla propria vita al punto di darla per amore.
Questa dimensione conduce il religioso a liberarsi dall’ambizione dell’avere e
del possedere. La sequela di Gesù nella castità configura il religioso a Gesù
nel suo stile di vita escatologico, espresso nella sua costante attesa del
giorno del Signore. La sequela di Gesù nell’obbedienza è l’atteggiamento
fondamentale e decisivo del seguire Gesù e configura il religioso a lui sempre
obbediente al Padre.
Quando la sequela di Gesù è vissuta in mezzo ai conflitti e
alle sofferenze del nostro mondo, la configurazione con il Cristo assume un
aspetto socio politico, che configura il religioso al Cristo e alla sua
passione per il Regno. La categoria della solidarietà esprime questo aspetto
politico della sequela. La solidarietà conduce a una sequela di Cristo
impegnata nella lotta storica per gli oppressi e per i bisognosi finché tutti i
popoli giungano ad una universale solidarietà davanti a Dio. La dimensione
politica della castità povertà e obbedienza religiose sono forme di
solidarietà: solidarietà con il povero e il debole del nostro mondo e con i
suoi bisogni; solidarietà con quelli che sono abbandonati e senza speranza;
solidarietà con gli orfani e con i disabili; solidarietà con gli oppressi e gli
umiliati. Questa è una solidarietà evangelica consapevole che tutto ciò che
facciamo al fratello bisognoso è fatto a Gesù stesso.
La realtà storica del nostro mondo attuale sta passando
attraverso situazioni difficili ed estreme. Noi viviamo in una comunità globale
che è frammentata, divisa, insicura e terrorizzata. In questo scenario
apocalittico la vita consacrata è chiamata a illuminare il mistero della storia
umana, a dargli significato, senso, orientamento e speranza.
DIMENSIONE MESSIANICA
DELLA VITA CONSACRATA
Le promesse di Dio al suo popolo come anche le più profonde
attese di Israele per la liberazione e la redenzione erano focalizzate sul
Messia. Dopo l’evento pasquale la fede cristiana concentra queste promesse e
speranze in Gesù Cristo. Gesù inaugura il tempo messianico e il compimento
delle promesse. Le prime comunità cristiane hanno camminato sempre sotto la
spinta della speranza del compimento finale di queste attese messianiche. Il
passare del tempo e l’influenza di diversi contesti culturali e sociali hanno
diluito questa attesa messianica delle origini.
Per ricuperare queste attese messianiche, tanto essenziali
alla fede cristiana, è necessario essere convinti che credere in Gesù Cristo è
sperare come lui ha sperato; che seguire Gesù Cristo è continuare e prolungare
nella storia la sua missione, amare come lui ha amato fino al punto di dare la
nostra vita; che andargli dietro è permettere a noi stessi di essere catturati
da lui e dalla sua causa. È inoltre necessario ricuperare il Dio di Gesù, un
Dio appassionatamente innamorato dell’umanità; un Dio che ascolta il grido del
povero e che è vicino a chi soffre nel mondo; un Dio che condivide la passione
e la morte del suo figlio e lo riporta alla vita. Questo è il Dio che può
rendere possibile ciò che sembra impossibile; è l’unico che può nutrire le
speranza messianiche dei cristiani.
Dopo la Pasqua di Gesù e il dono dello Spirito, la comunità
dei discepoli di Gesù diventa una comunità messianica nel cuore della storia
umana. Come Gesù, noi proclamiamo e attendiamo il regno di Dio, il trionfo
della vita sulla morte, dell’amore e della libertà sull’odio e sulla schiavitù.
L’evento pasquale e l’effusione dello Spirito sono l’anticipazione e la
garanzia della vittoria finale di tutti i crocifissi del mondo. Per questo, la
speranza messianica inserisce il popolo cristiano nella sofferenza della storia
in vista di illuminare tutti con la loro speranza nel trionfo finale e
definitivo del Signore della storia.
La vita consacrata è chiamata a essere segno e parabola di
questa speranza messianica nella Chiesa e nel mondo. Il progetto della vita
consacrata deve essere essenzialmente un progetto messianico. Le comuni
(conventional) categorie con cui continuiamo a esprimere l’identità di questa
particolare vocazione nella Chiesa – come vita religiosa o consacrata, vita
secondo i consigli evangelici, vita di perfezione – dovrebbero essere
arricchiti e colorati con la dimensione messianica, come comunità carismatiche
conquistate e appassionatamente innamorate di Gesù e, come Gesù, del Padre e
del Regno, perché in ultima analisi queste sono le realtà che danno senso è
raison d’être alla vita e alla missione della vita consacrata. La sequela
messianica di Gesù ha una grande forza socio-politica, che denuncia il male,
illumina il penoso viaggio della storia umana e prepara il cammino verso una
riconciliazione universale nel futuro dell’amore gratuito di Dio. La dimensione
messianica arricchisce la vita consacrata con il radicalismo totalizzante e una
certa anormalità profetica. La natura della vita consacrata non le permette di
essere consacrata da uno stile di vita borghese; è una vita consacrata sempre
aperta alla nuova aurora della venuta del regno di Dio. Il processo formativo
della vita consacrata deve dare una speciale attenzione alla formazione per
sottolineare questa dimensione simbolica, significativa, testimoniante e
profetica. I centri di formazione devono diventare laboratori della vita
consacrata del futuro che è soprattutto segno e parabola del regno di Dio.
1 Questo articolo è una riduzione di quello apparso su
SEDOS, nov. 2005, sul “Ruolo simbolico e messianico della vita consacrata nella
misione”di p. Domingo Moraleda, missionario claretiano, direttore dell’Istituto
per la vita consacrata in Asia (ICLA), una facoltà di teologia che si dedica
alla riflessione teologica sulla vita consacrata nel quadro del contesto
religioso e socio-culturale dell’Asia. È stato missionario nelle Filippine per
28 anni con responsabilità pastorali in diverse missioni di frontiera. È stato
superiore provinciale membro comitato esecutivo della Associazione dei
superiori maggiori nelle Filippine (AMRSP) per parecchi anni.