UNA TEOLOGIA
BISOGNOSA DI RINNOVARSI
La VR è un ambito di Chiesa che, dopo il concilio Vaticano II, non ha più la “sfrontatezza” di porsi come stato di perfezione: essa non può prescindere dal riferimento battesimale, perché è parte del popolo di Dio, e dunque si riscopre come cammino profetico di conversione.
A partire da questa visuale, p. Marcello Badalamenti ofm offre un percorso formativo (per i giovani che intendono fare la scelta di consacrazione) che unisce con semplicità teologia, consigli evangelici e spiritualità, senza perdere di vista il nesso fede-culto-vita.i Si tratta di un percorso in tre tappe (teologia, voti e spiritualità) radicate nella parola di Dio, con uno spirito di rinnovato catecumenato battesimale su cui si innesta la professione dei consigli del Vangelo. Come ricorda T. Spidlìk, il monachesimo non è sin dall’inizio una condizione a parte, ma «un punto di riferimento per tutti i battezzati, nella misura dei doni che a ciascuno offre il Signore, proponendosi come una sintesi emblematica del cristianesimo… non l’esclusività di una condizione, ma la paradigmaticità di uno stato cristallizzato in una forma particolarmente significativa e saporosa» (L’uomo di Dio. Alle radici della vita religiosa).
CHIAMATI
A STARE CON GESÙ
Anche le religiose e i religiosi sono cristiani per grazia, alla sequela del crocifisso resuscitato: su questa base non hanno più senso le barriere tra ministerialità sacra e laicato, tra verginità e matrimonio. Una Chiesa più evangelica e centrata sulla comunione aiuta infatti a guardare con occhi più liberi ogni tentazione classista e a riscoprire la comune vocazione alla missione. Cresce così la coscienza di essere popolo messianico che ha per capo Cristo, per condizione la dignità-libertà dei figli di Dio, per legge il nuovo precetto dell’amore, per fine il regno di Dio (LG 9). Tutti e ciascuno dunque santi per vocazione.
La teologia della VR ha bisogno oggi di rinnovarsi a partire da questa ecclesiologia di comunione (cf. NMI 43). Così si può affermare che lo stato costituito dalla professione dei consigli evangelici riguarda l’essenza profonda della Chiesa: appartiene inconcusse (in modo irremovibile e indiscutibile) alla sua vita e alla sua santità (LG 44). La VR non va vista allora come struttura nella Chiesa, ma della Chiesa: elemento irrinunciabile e qualificante, in quanto espressivo della sua stessa natura, con il suo compito di rendere presente la forma di vita prescelta da Gesù stesso (cf. Vita consecrata 29). La professione religiosa impegna a essere chiesa diaconale, al servizio di Dio e dei fratelli. In quest’ottica va riscoperta la priorità della castità, all’interno dei classici tre “consigli evangelici”: una verginità/celibato che si rivela come dono del cuore indiviso all’interno di un impegno permanente di vita. Non aggiunta alla consacrazione battesimale, ma sua più piena espressione (PC 5), la professione religiosa è segno e testimonianza del Regno che viene. Una profezia che denunzia la perenne tentazione di mondanizzarsi e alimenta una vocazione alla vita “trasfigurata” in Cristo. Solo così si può accettare di guardare una realtà concreta con cui fare oggi i conti: istituti che mettono al centro la funzione e il compito, più che il Vangelo e la sequela.
PER UNA SPIRITUALITÀ
DEL QUOTIDIANO
La riscoperta della sequela significa, per la VR, riconsiderare la vocazione all’amore e la dimensione di sponsalità come risposta fedele all’amore stesso. Come diceva Efrem il Siro: «Nel matrimonio naturale la sposa porta la dote allo sposo; in questo matrimonio spirituale invece avviene il contrario, lo sposo dota la sposa con i doni dello Spirito, i carismi». Come il matrimonio, la vita di verginità/celibato è vita d’amore. La risposta d’amore diviene esigenza etica e percorso educativo: si passa dalla continenza al pudore, dal pudore alla castità, dalla castità alla verginità. La vita celibe allora è dono dello Spirito e non “cosa strana”, non si riduce a una legge ma è germe di un nuovo equilibrio soggettivo, non è in funzione della personale gratificazione ma segno della centralità di Dio nel cuore. Se verginità significa amare, ciò deve promanare da una vita di fede vera e adulta. Orbene, la relazione d’amore fa emergere il nostro “essere di bisogno”, persona che vive nell’insufficienza e nella precarietà. La nostra creaturalità si scopre povera: ciò aiuta a decentrarsi e a leggere più in profondità la realtà materiale della miseria. La scelta della povertà diventa pertanto servizio di liberazione dei marginali, nella luce di Gesù Cristo stesso, che da ricco si è fatto povero per noi (2Cor 2,8). La grandezza della povertà non sta nell’ascesi. Il suo vero significato esistenziale lo si ritrova nella capacità di dedicarsi alla causa di Dio, nella consapevolezza che la sua grazia rende capaci di sconfiggere prepotenza e ingiustizia, frutto di un cuore consumato dalla ruggine. Il criterio è allora quello di una compatibilità con la vita comune per vivere nel rischio di una scelta di povertà esistenziale. Senza la passione d’amore per il Regno e conseguente esperienza della ricchezza di Dio si finisce per cullarsi in una pseudo-povertà, la quale porta a giustificare scelte che diventano scandalo e contro-testimonianza. La verifica si pone allora ogni giorno a partire da una effettiva inculturazione che fa vivere per i poveri e da poveri, sfidando la società opulenta del benessere e del dramma della fame. La sequela di Gesù fonda anche l’obbedienza in un atto di amore libero e responsabile, tuffo consapevole nella volontà altrui. Dopo epoche di obbedienza servile e spersonalizzante, siamo nel tempo dell’obbedienza dialogata e partecipativa. Questo però non deve farci dimenticare che solo una vita convertita da un ascolto fedele e amorevole della Parola (che svela il volere di Dio) insieme a un impegno serio nel dialogo reciproco, sono le basi per ogni risposta vera d’obbedienza senza sotterfugi. Non vi può infatti essere vita religiosa nell’anarchia e nel democraticismo d’occasione, mentre deve esserci piena coscienza che la croce si manifesta nel cercare la volontà del Padre prima della nostra.
La vita dei consigli insomma, oggi più di ieri, ha bisogno di verità e di riscontro esistenziale, nonostante le infedeltà. La vita di fede infatti, anche per i consacrati, non è una morale da vivere, ma un’esperienza che risponde a una Presenza. La spiritualità della VR prenderà sempre più cittadinanza se scaturirà dal ritrovarsi discepoli rigenerati dalle acque del battesimo e impegnati a corrispondere alla grazia della vocazione ricevuta. Una vita nello Spirito, che rifiuti ogni atteggiamento primaziale per far spazio alla comunione degli stati di vita e dei carismi, deve partire da un rinnovato ascolto del Vangelo che fa crescere una fede adulta, capace di superare un culto di routine per entrare in uno spazio di formazione fraterna permanente.
M.C.
1 Il percorso è articolato in tre volumi: Tutto in tutti. Vita religiosa 1, “La teologia” (Edb 2006); Se vuoi…Vita religiosa 2, “I Consigli del Vangelo” (Edb 2005); Dio solo. Vita religiosa 3, “La spiritualità” (Edb 2005).