UN UOMO

UN’UTOPIA

 

Don Zeno Saltini nasce a Fossoli di Carpi il 30 agosto 1900 da una famiglia di agricoltori benestanti. Nono di dodici figli, tre dei quali, oltre a lui, sceglieranno la via della consacrazione, verso i 14 anni, decide di abbandonare la scuola, ritenendo inutile l’insegnamento che vi si impartisce. Più tardi, tuttavia, scopre l’importanza dello studio. Decide di studiare legge e teologia e nel frattempo si dedica anche ad attività di apostolato e di recupero di ragazzi sbandati. Si laurea in legge presso l’Università cattolica di Milano. La sua intenzione era di difendere come avvocato coloro che non potevano pagarsi un difensore, ma scopre che la sua missione dovrà consistere nel fare opera di prevenzione affinché non abbiano a cadere in disgrazia. Decide così di farsi sacerdote e il 6 gennaio 1931 celebra la prima messa nel duomo di Carpi. All’altare prende come figlio un ragazzo di 17 anni, appena uscito dal carcere: Danilo detto familiarmente Barile.

Inizia il suo apostolato sacerdotale in qualità di vice-parroco a San Giacomo Roncole (Modena) dove pubblica un giornalino intitolato Piccoli Apostoli, nome che più tardi darà all’opera da cui si svilupperà Nomadelfia. In un palazzo antistante la chiesa, dove sono ospitati i “figli”, ricava un cinema-teatro che attrae la gente anche dai paesi vicini, per ascoltare i suoi discorsi.

Nell’estate del 1941, in piena guerra, si presenta una ragazza della parrocchia, Irene, dicendo di essere disposta a fare da mamma ai più piccini, ma dovrà aspettare di diventare maggiorenne per realizzare la sua vocazione. Seguendo il suo esempio arrivano poi Norina, Zaira, Agnese, Enrica, Sirte, Elis, ed altre, e nella notte tra il 2 e 3 febbraio sette preti della diocesi di Modena e di Carpi decidono di unirsi a lui, formando così l’Unione dei sacerdoti Piccoli Apostoli.

Dopo l’armistizio del 1943, e l’occupazione tedesca, don Zeno è costretto a riparare al sud per sfuggire alla deportazione, per aver preso più volte posizione contro il fascismo e le leggi razziali. Terminata la guerra, nel 1947 i Piccoli Apostoli occupano l’ex campo di concentramento di Fossoli, vicino a Carpi, per costruire la loro nuova città. L’Opera diventa così Nomadelfia, parola tratta dal greco che significa “Dove la fraternità è legge”.

Come scrive Antonia Bonomi:1 « Nel 1950 Nomadelfia propone al popolo un movimento politico chiamato “Movimento della Fraternità Umana”, per abolire ogni forma di sfruttamento e per promuovere una democrazia diretta. Ma l’ostilità dei politici al governo e di alcuni ambienti ecclesiastici blocca l’iniziativa. I nomadelfi sono 1150, dei quali 800 figli accolti e 150 ospiti senza casa e senza lavoro. La situazione economica diventa sempre più pesante. Sfruttando questo pretesto si tenta di sciogliere Nomadelfia.

Il 5 febbraio 1952 il Sant’Ufficio ordina a don Zeno di lasciare Nomadelfia. Don Zeno ubbidisce, subirà un processo per truffa e sarà assolto. Costretti ad abbandonare Fossoli, i nomadelfi si rifugiano a Grosseto, su una tenuta di diverse centinaia d’ettari da bonificare, donata dalla contessa Maria Giovanna Albertoni Pirelli, dove vivono in gran parte sotto le tende. Pur lontano, don Zeno cerca di provvedere alle loro necessità, e sempre più spesso – non dimentichiamo che è avvocato – deve difenderne in tribunale alcuni che, strappati alle famiglie di Nomadelfia, sono ricaduti nella malavita.

Chiede perciò al papa di poter rinunciare temporaneamente all’esercizio del sacerdozio per tornare alla guida dei suoi figli. Nel 1953 Pio XII gli concede la laicizzazione “pro gratia”. Depone la veste, torna fra i suoi figli. I nomadelfi sono rimasti circa 400, la tenuta di Grosseto si è salvata dal patatrac finanziario perché era ancora intestata alla contessa Albertoni Pirelli.

Nel 1954 don Zeno crea i “gruppi familiari”. Nel 1961 i nomadelfi si danno una nuova Costituzione come associazione civile, e don Zeno chiede alla Santa Sede di riprendere l’esercizio del sacerdozio. Nomadelfia è eretta in parrocchia e don Zeno nominato parroco.

Il 22 gennaio 1962 celebra la sua “seconda prima messa”. Nel 1968 i nomadelfi ottengono dal Ministero della Pubblica Istruzione di educare i figli sotto la loro responsabilità, nella propria scuola interna.

Il 12 agosto 1980 i nomadelfi presentano a Giovanni Paolo II, nella villa di Castelgandolfo, una “Serata”. È presente tutta la popolazione di Nomadelfia. Il papa dice tra l’altro: «Se siamo vocati ad essere figli di Dio e tra noi fratelli, allora la regola che si chiama Nomadelfia è un preavviso e un preannuncio di questo mondo futuro dove siamo chiamati tutti».

Pochi mesi dopo don Zeno e colpito da infarto, muore in Nomadelfia il 15 gennaio 1981, mentre il Papa riceve una delegazione di nomadelfi con i quali prega per lui e invia la sua benedizione.

Qual è l’utopia di Nomadelfia? Antonia Bonomi la riassume così: «Tutti i beni sono in comune, non circola denaro, non esiste proprietà privata, le famiglie sono disponibili ad accogliere figli in affido. Qui tutti lavorano ma nessuno è pagato. Chi sbaglia è perdonato, purché ammetta il suo errore e si penta. Ogni giorno si dedica un’ora alla riflessione. La regola è ricavata dalle prime comunità cristiane di cui parlano gli Atti degli Apostoli. Per lo Stato italiano è un’associazione civile, una fondazione, organizzata sotto forma di cooperativa di lavoro. Per la Chiesa è una parrocchia comunitaria e un’associazione privata tra fedeli, ma non chiusa in se stessa, perché si presenta come fermento in mezzo alla società che la circonda».

 

1 Fonte internet: www.arcobaleno.net