NUOVI SCENARI DELLA VITA CONSACRATA
METTERSI IN DISCUSSIONE
Anche la
vita consacrata deve sforzarsi di conoscere i “nuovi scenari e poteri” che
modellano la società e che costringono a misurarsi maggiormente con la storia.
Basilare è il discernimento del tempo storico in cui si vive e l’intelligenza
per una necessaria riflessione culturale e etica per avviare azioni e progetti
continui.
È possibile prendere ispirazione da questo avvenimento per comprendere anche la situazione della vita consacrata oggi, attingere prospettive nuove per la sua presenza nel nostro tempo e indicazioni per il suo cammino per il futuro?
La domanda nasceva dalla lettura del documento conclusivo della 44ma Settimana Sociale dei cattolici italiani (Bologna 7 – 10 ottobre 2004) reso noto alla fine del 2005.1 La risposta ci sembra positiva, pur tenendo conto – ovviamente – della diversità tra vita consacrata e vita sociopolitica cui il documento si riferisce. Esso è ricco di suggerimenti per un’attiva presenza dei credenti nelle trasformazioni e tendenze della nostra epoca, la realtà che – sotto il nome ormai consolidato di “segni dei tempi” – la vita religiosa e la Chiesa tutta devono tenere attentamente presente. Enucleiamo alcuni punti, in riferimento alla vita consacrata.
I NUOVI
SCENARI
Basilare è operare il discernimento del tempo storico in cui si vive, intelligenza che poi a sua volta diviene ispiratrice e guida di una necessaria riflessione culturale ed etica per avviare azioni e progetti continui. Lo richiedono i “nuovi scenari e poteri” che modellano la società e che costringono – chi non chiude gli occhi ai cambiamenti – a misurarsi maggiormente con la storia (n. 1).
Per la vita consacrata i “nuovi scenari” sono noti: una presenza evangelizzatrice in luoghi e culture differenti che nel passato; una complessità di rapporti con mentalità plurime e non disposte a un’accettazione acritica del messaggio; confronto con realtà culturali diverse da quelle tradizionali; difficoltà di integrazione e di dialogo con religioni ormai inserite in società fino a poco tempo fa sostanzialmente unitarie; l’emergere di nuove esigenze e di inedite problematiche.
Come pure sono noti i “nuovi poteri”: lo sguardo al mondo – fino a ora (per il nostro paese) fondamentalmente con l’occhio europeo – si deve aprire ad altre ottiche e visioni del mondo, con attenzione ai popoli emergenti, con tutte le loro specificità sociali, religiose, culturali; nello stesso tempo occorre porre cura alle realtà locali, che si stanno imponendo ai vecchi poteri centralizzati e centralizzanti.
In questo contesto di “trasformazione epocale”, ormai in atto in larghi settori della società e in molti popoli, nascono problemi calati in particolari culture e tradizioni (che bisogna conoscere) e la necessità di nuove strutturazioni in nuove forme aggregative, con una loro voce peculiare. A questo punto i problemi si intrecciano, coinvolgendo aspetti generali culturali e religiosi, insieme ad aspetti locali, che solo “poteri dislocati” possono affrontare con conoscenza vera e tempestiva.
La Settimana Sociale ha sottolineato che occorre pensare in grande, ma operare con una libertà (nell’alveo – naturalmente – delle decisioni “generali”) che consenta ai “poteri locali” di intervenire sulla propria realtà. Evidentemente questo comporta e richiede (ci riferiamo direttamente alla vita religiosa) analizzare in profondità i cambiamenti in atto (“i nuovi scenari”, appunto) sia culturali che psicologici (i giovani oggi, ma anche gli anziani che ora vivono in un contesto diverso dalla loro prima formazione) sia strutturali (come vivere i voti? Come operare in comunità? Come concepire la comunità?). Richiede anche il coinvolgimento reale di tutti, considerati attori e responsabili della vita comunitaria e pastorale. Precisa il documento che la democrazia (per la vita consacrata la “comunità”) non si costruisce senza questa partecipazione e corresponsabilità dei cittadini.
I NUOVI
POTERI
La “democrazia” reale domanda – dunque – impegno e partecipazione e forme di presenza nuova se si vuole essere incisivi nella società, con un ruolo ben chiaro e illuminante. Dall’analisi sociale (religiosa, pastorale) alla sua applicazione e concretizzazione, tenendo presente le complesse questioni della convivenza civile (delle domande pastorali e religiose) che postula un riaggiustamento della presenza dei credenti e dei valori cristiani nella società (n. 4).
La vita consacrata (che chiamiamo famiglia, con un’accentuazione ancor più di dialogo e di condivisione) richiede – come la democrazia effettiva – la maggiore partecipazione possibile per non diventare ricettori passivi e rassegnati di pochi “poteri” decisionali, che finiscono per imporre le proprie visioni e scelte (non sempre migliori per definizione) con il rischio (ben presente, purtroppo) di restare “spettatori” delle proprie vicende, il che – tra l’altro – finisce per disperdere o mettere sotto silenzio certi valori. Nella democrazia (nella comunità) dal confronto, dall’accettazione del confronto può nascere una nuova prospettiva, frutto di intuizioni diverse, di divergenze illuminanti. Le “oligarchie” – sottolinea il documento – sono la negazione pratica della vera democrazia (famiglia religiosa). Il cammino che dal presente si dirige al futuro (la strada che tutta la vita consacrata sta cercando e percorrendo) non sarà possibile senza il coinvolgimento dei singoli e delle comunità, atteggiamento che crea e irrobustisce il senso dell’appartenenza e il dinamismo della missione.
Il documento (n. 5) ricorda che il pluralismo delle opzioni e dei riferimenti è un’indubbia fonte di arricchimento e che porta un proprio contributo originale.
I VALORI
DI FONDO
Essenziale – nel nostro contesto storico – è tenere conto della “questione antropologica” che rivela la concezione che si ha dell’uomo e i modelli sociali e culturali ai quali ci si riferisce (n. 6 a). Con parole analoghe il magistero oggi riconosce che la “questione antropologica” deve essere costantemente al centro dell’attenzione della riflessione e dell’azione pastorale della comunità ecclesiale, quale punto di riferimento per ogni giudizio sul comportamento sociale e sulle leggi che lo fondano e lo governano. Per la vita consacrata la “nuova antropologia” (che è chiamata, tra l’altro, a fondare un nuovo umanesimo) comprende l’avvertenza sistematica ai singoli, ai loro valori e ai loro problemi (spesso tacitati o soffocati dalle discussioni sulle “questioni globali” e sulle “grandi visioni”) come pure la ricerca di nuovi valori per il discernimento e la progettazione.
Fondamentale appare – inoltre – la “testimonianza di stili di vita” e di presenza ispirati al principio della fraternità, al dialogo e alla ricerca condivisa (n .6 b) e il consenso sui valori di fondo (n. 6 c). Ci sembrano richieste che ottimamente rispecchiano le esigenze della vita consacrata: vi è la “testimonianza esistenziale” che è la prima e insostituibile forma di annuncio e di evangelizzazione (come mettono in rilievo tutti i recenti documenti sulla vita religiosa) e vi è la condivisione del progetto, necessaria per il cammino e l’opera non evanescenti e individualistici di ogni comunità.
Con queste indicazioni la Settimana ha delineato una “democrazia fraterna”, il che è per noi religiosi indubbiamente un bel traguardo. Ancora spesso lontano.
Un’ultima cosa ci preme rilevare dal documento: l’avvertenza che la prospettiva cristiana orienta al carattere relativo di tutte le forme storiche della politica (n. 6 d). Ma tale prospettiva orienta anche alle forme “relative” di ogni vita consacrata, di ogni struttura, di ogni decisione. Assoluto è solo Cristo, il Vangelo al quale ispirarsi, nella continuità del riferimento e nella provvisorietà storica dell’assunto e delle forme. È l’ottica – si sa – secondo la quale oggi la Chiesa invita a guardare la vita consacrata, affinché non sia prigioniera di tradizioni considerate intangibili e infallibili e quindi intoccabili. Mentalità – questa – che chiude a ogni futuro. Per cui – come per ogni democrazia che si rispetti e che non intenda restare nelle comodità paralizzanti del passato – rimettere in discussione i progetti è ricchezza, apertura all’intelligenza del nostro tempo, riscoperta delle potenzialità del vangelo e creazione delle condizioni per un rinnovato dinamismo.
Tutte cose di cui oggi la vita consacrata ha certamente bisogno.
Ennio Bianchi
1 In Regno documenti, 21/2005.