LEGGENDO I MESSAGGI DEI VESCOVI PER LA QUARESIMA

UN RITORNO ALL’ESSENZIALE

 

Varie sono le attenzioni dei vescovi: anzitutto l’invito a compiere una specie di pellegrinaggio interiore alla riscoperta del significato della propria identità cristiana. In secondo luogo l’impegno a utilizzare i mezzi che favoriscono questo cammino: la parola di Dio, la preghiera, la celebrazione eucaristica, la riconciliazione

 

In occasione della quaresima, ogni comunità cristiana è sollecitata a vivere con più consapevolezza l’itinerario liturgico in preparazione alla Pasqua. Da uno sguardo panoramico dei vari messaggi che i vescovi residenziali hanno rivolto ai loro fedeli si possono cogliere delle linee che insieme formano una specie di densa catechesi, anche se con accentuazioni diverse e complementari, circa il cammino di rinnovamento-conversione a cui la Chiesa ci invita durante questo tempo.

 

UN CUORE NUOVO

INTRISO DI AMORE

 

Secondo mons. Egger, vescovo di Bolzano-Bressanone, la quaresima è essenzialmente un tempo di riscoperta dell’identità cristiana del «come conservarla e come manifestarla». È l’attuale contesto storico che ne rende urgente l’impegno, poiché il di­sfacimento del dialogo e lo scontro delle culture è una tentazione sempre in agguato: «C’è bisogno di rispetto per tutte le lingue e le culture e per la religione di tutte quelle persone che cercano da noi lavoro e abitazione. Sappiamo che il nostro Dio è il Dio di tutti gli uomini e che come Chiesa dobbiamo essere sacramento, cioè segno efficace di unione intima con Dio e di unità fra tutti gli uomini».

Riscoperta dell’identità cristiana è, nelle parole di mons. Gennaro Pascarella, vescovo di Pozzuoli, ritorno all’essenziale, cioè decisa determinazione ad amare Gesù e il suo Vangelo: «Spesso ci fermiamo ai margini della vita cristiana, poniamo dei gesti esteriori, facciamo delle attività, ma il nostro “cuore” non è rivolto a Dio, non è intriso del suo amore. Quante volte è la mediocrità a caratterizzare il nostro quotidiano! Il Vangelo ci sfiora, ma non ci trasforma. I sacramenti diventano riti esteriori, abitudine. La gioia non abita nella nostra vita».

«La Quaresima è il tempo privilegiato del pellegrinaggio interiore verso Colui che è la fonte della misericordia»: queste parole del messaggio del papa, quasi ad effetto dòmino, vengono riprese da molti pastori per disegnare il percorso spirituale proposto tanto al singolo credente quanto ad ogni parrocchia.

Questo tempo è visto prima di tutto come lo “sviluppo del mondo interiore”. Annota mons. Careggio vescovo di Sanremo-Ventimiglia: «Quando si parla di “sviluppo” il più delle volte si pensa al mondo dell’economia e anche a quei popoli carenti di ogni mezzo materiale. Difficilmente il pensiero passa a quello del mondo interiore, ossia della coscienza, sempre più paralizzata nel suo sviluppo da forme di egoismo e da ignoranza spirituale che impediscono il fiorire di una profonda e autentica vita cristiana». Mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto invitando la sua diocesi a farsi pellegrina alla ricerca del volto di Cristo, il “Volto Santo” (venerato nel Santuario di Manoppello), spiega come intendere la formazione del mondo interiore: «Nel guardare Cristo ti scopri guardato; ed è sguardo di compassione, di perdono, di tenerezza accogliente. Ciò che quel volto più accende nel cuore è il bisogno di conoscere ancora di più l’Amato, l’urgenza di accoglierti e di lasciarti amare da colui che è il Vivente, di cui l’immagine non può che restare umilissima traccia».

Il tempo di quaresima è dunque un periodo in cui il pellegrinaggio interiore consiste nel sostare a “guardare” Cristo crocifisso, specie il suo costato trafitto (Gv 19,37) perché «a partire da questo sguardo il cristiano trova la strada del suo vivere e del suo amare» (DCE 12).

 

QUATTRO AREE

PARTICOLARI

 

Pur essendo numerose le indicazioni dei vescovi, l’interesse generale verte su quattro aree particolari che sono come i cardini dell’impegno di conversione: la parola di Dio, la preghiera, la celebrazione eucaristica, la riconciliazione.

Anzitutto, l’ascolto della parola di Dio richiede un’applicazione compiuta «con più abbondanza e minor fretta» suggerisce mons Caprioli vescovo di Reggio-Emilia Guastalla. Da parte sua, mons. Tardelli, vescovo di San Miniato, in preparazione anche al convegno ecclesiale di Verona, propone la lettura della prima Lettera di Pietro perché «ci spinge alla testimonianza della speranza nella nostra società. Speranza che è Cristo Risorto, via, verità e vita».

In secondo luogo, la preghiera che «è forza di coesione e mezzo di purificazione, capace di far svanire come neve al sole tanti affanni e incomunicabilità fra le persone» (mons. Debernardi, vescovo di Pinerolo). Ma l’incremento dei momenti di preghiera non deve significare «fermarsi ai riti, ma arrivare alla coscienza: Gesù ci richiama alla religiosità, all’interiorità, all’essenziale» (mons. Statizzi, vescovo di Pistoia).

In terzo luogo, la celebrazione dell’Eucaristia, cuore della domenica, che deve trasformarsi – secondo mons. Masseroni, arcivescovo di Vercelli – in un serio impegno di conversione, il cui messaggio e forza deve essere tradotto nella vita quotidiana: «Lo scandalo suicida che si verifica oggi, conniventi i cristiani, è quello di cancellare la domenica e il senso dell’anno liturgico, sovrapponendo riti che si collocano agli antipodi dello spirito del Vangelo. È formalismo farisaico dirsi cristiani perché si va a messa e non se ne recepisce il messaggio». L’Eucaristia deve essere autenticamente tradotta in gesti di carità, ma non sempre i cristiani ne hanno consapevolezza. Per questo, è necessario un costante esame di coscienza sulla coerenza e il modo di partecipare alla celebrazione eucaristica, come richiama il vescovo di Padova, mons. Mattiazzo: «Facciamo sul serio questo esame di coscienza. Attingiamo la capacità di amare al modo di Cristo dall’Eucaristia».

Infine la riconciliazione. Semplice e persuasivo è l’invito del vescovo di San Miniato per incoraggiare la pratica del sacramento della Penitenza: «Troviamo il tempo nei giorni della quaresima per celebrarlo con calma, con la necessaria preparazione, perché sia un momento significativo, un vero incontro col Signore che ci dice: “Coraggio, ti sono rimessi i tuoi peccati” (Mt 9,2). Crediamoci alla potenza di questo sacramento e al valore sanante della confessione di tutte le nostre colpe alla misericordia di Dio tramite il ministero del sacerdote! Non c’è vita cristiana senza conversione. Non c’è conversione senza celebrazione assidua e costante del sacramento della penitenza». Da parte sua, mons. Brigantini, vescovo di Locri-Gerace suggerisce anche «di sostare di più, nelle celebrazioni eucaristiche, sul momento penitenziale iniziale», e di praticare altri mezzi di riconciliazione non sacramentali come, per esempio, la correzione fraterna.

Che le iniziative quaresimali corrano il rischio di rimanere gesti esteriori senza operare un effettivo cambiamento interiore è un problema vivo nella preoccupazione pastorale di non pochi vescovi. Bisognerà pertanto ricordare costantemente – come scrive il vescovo di Tricarico mons. Orofino – il traguardo finale di ogni pratica quaresimale: «Gesù Cristo ci “guarda”! E noi dobbiamo lasciarsi “guardare” e volerlo “guardare”. Il misterioso sorprendente incontro di questi due sguardi, quello di Gesù e quello di ognuno di noi, è l’origine del cambiamento della nostra vita. È l’inizio della nostra conversione! È la condizione per fare esperienza piena dell’amore misericordioso di Dio, che rende lieto il cuore e sicuro il cammino della vita».

 

SGUARDO

DI “COMPASSIONE”

 

“Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione” (Mt 9,36), scrive il papa Benedetto XVI il quale, nel suo messaggio per la quaresima, commenta: «Lo “sguardo” di Cristo sulla folla, ci impone di affermare i vari contenuti di quell’umanesimo plenario che, secondo Paolo VI, consiste nello sviluppo di tutto l’uomo e di tutti gli uomini».

Lo sguardo del Cristo diventa anche il modo con cui la Chiesa di oggi compie gesti di carità e si affaccia sulle povertà sociali: «Il programma del cristiano – scrive il papa nella sua prima enciclica – è un cuore che vede. Questo cuore vede dove c’è bisogno di amore e agisce in modo conseguente» (DCE 31).

Concretizzando le parole del papa, la “carità” quaresimale per non poche diocesi italiane si esplica nell’attenzione a quattro macro realtà: la qualificazione delle relazioni interpersonali fra i membri di una stessa parrocchia o comunità, l’attenzione alle famiglie (in particolare ai minori), uno sguardo attento ai bisogni materiali dei poveri nelle nostre città, e l’apertura missionaria mediante il sostegno a realtà ecclesiali del cosiddetto “terzo mondo” con cui, in molti casi, si è gemellati.

Lo sguardo di compassione non è altro che la disponibilità progressiva a donare. È la convinzione di mons. Molinari, arcivescovo dell’Aquila quando dichiara che si dona «con la preghiera, con il sorriso, offrendo il proprio tempo, i propri beni e i propri denari (anche pochi); offrendo le proprie parole, il proprio silenzio, pieno di attenzione e di ascolto, di affetto e di condivisione. Ciò che si dona rimane sempre. Ciò che egoisticamente tratteniamo per noi è perduto per sempre».

Mons. Benigno Papa, arcivescovo di Taranto attira invece l’attenzione sull’importanza delle relazioni, per “fare della Chiesa la casa e la scuola di comunione” (NMI 43-45): «La testimonianza cristiana nella parrocchia – scrive – si deve manifestare soprattutto attraverso la carità reciproca; la riscoperta dell’altro presente in comunità come fratello e sorella da accogliere, stimare, incoraggiare, servire, promuovere, sostenere, amare, perdonare».

Sul versante più concreto della carità, le lacerazioni che si consumano in tante famiglie rappresentano una sfida ecclesiale: «Sono sotto gli occhi di tutti – osserva il card. Giorgi arcivescovo di Palermo – le ferite e le sofferenze che provocano i dissesti familiari, le separazioni, i divorzi, a danno soprattutto nei figli, che dovrebbero essere tenuti più presenti nelle scelte conflittuali dei genitori, anche in vista dell’auspicabile riconciliazione». Il tema della famiglia è oggetto di particolare attenzione anche del vescovo di Trento mons. Bressan. Egli osserva che «anche per la comunità cristiana la famiglia non è soltanto un problema di cui occuparsi, ma una risorsa di grande valore da accogliere nel tessuto vivo della pastorale, da promuovere perché prenda coscienza della sua identità, da valorizzare come alleata e partecipe nell’annuncio del Vangelo e nella testimonianza dell’amore».

 

Le molteplicità delle attenzioni dei messaggi quaresimali dei vescovi trovano la loro sintesi nell’invito – quale priorità assoluta – di fissare lo sguardo su Gesù (Eb 12, 2) contemplando il mistero di amore che sgorga dal suo costato trafitto. Solo a partire da qui ogni pratica penitenziale e ogni segno di carità verso i “crocifissi” della terra possono definirsi autentico pellegrinaggio interiore alla ricerca del volto di Dio a cui l’itinerario quaresimale costantemente rimanda.

 

Sergio Rotasperti