IL MINISTRO GENERALE AI NUOVI MINISTRI

SIATE SEMPLICI E PRUDENTI…

 

l 16 gennaio scorso, memoria liturgica dei protomartiri dell’ordine, i santi Bernardo e compagni. Fra José Rodriguez Carballo, rivolgendosi nell’omelia ai nuovi ministri e custodi, ha detto loro: «La memoria liturgica dei nostri protomartiri ci pone davanti alcune sfide a cui non possiamo fare a meno di prestare attenzione, se desideriamo essere fedeli alle nostre origini in questo momento storico in cui ci prepariamo a ricordare l’VIII centenario della nostra fondazione.

La prima grande sfida che i santi Bernardo e compagni ci lanciano è quella della sequela radicale di Cristo, fino alle ultime conseguenze. Chiamati, come siamo stati, a seguire «più da vicino Cristo» (Formula della professione), dobbiamo seguirlo sul cammino che egli ha accettato liberamente: quello del rifiuto e della persecuzione (cf. Mt 10,16-22). Il discepolo non è più grande del proprio Maestro, abbiamo ascoltato nel vangelo, per questo se hanno perseguitato lui, noi, che siamo suoi discepoli, non possiamo sperare in una sorte diversa.

Il nostro ordine, nato per ispirazione dell’Altissimo – «lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo» – conferma la sua fedeltà a Cristo e al suo Vangelo grazie alla testimonianza eroica dei martiri. La nostra fedeltà a quanto abbiamo promesso il giorno della nostra professione si misura dalla capacità di affrontare le difficoltà che sorgono dalla sequela radicale di Cristo.

Alla luce di ciò è importante domandarsi: come ci poniamo di fronte a queste difficoltà? Come ci poniamo di fronte alle difficoltà che comporta l’esercizio del nostro ministero di ministri e custodi? Il Vangelo di oggi ci parla di prudenza e di semplicità. Non si tratta di cercare la persecuzione o il martirio, nemmeno di esporci alle difficoltà. L’agnello fugge il lupo. Dobbiamo essere prudenti per evitare il pericolo, quando è possibile, ma allo stesso tempo dobbiamo essere semplici, consapevoli che, quando a causa della nostra sequela di Cristo e del suo Vangelo sorgono difficoltà, allora lo Spirito Santo darà testimonianza in nostro favore. Di fronte alla persecuzione il discepolo sa di non essere solo. La prudenza è quindi certamente necessaria, ma altrettanto lo è la fiducia: «non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi» (Mt 10,20). Gesù ci continua a dire anche a noi: «Perché avete paura, uomini di poca fede?»

(Mt 8,26). In quanto ministri e custodi come stiamo a prudenza e semplicità/fiducia?

Dobbiamo comunque chiederci anche come presentiamo la sequela di Cristo ai nostri frati. Non credete che in molti casi, talvolta per paura di ritrovarci soli, altre volte per giustificare la nostra mediocrità, corriamo seriamente il rischio di presentare una sequela “decaffeinata” o, come si dice oggi light? Dobbiamo essere consapevoli che un tale tipo di sequela non sarà mai un’autentica sequela di Gesù e non sarà mai adatta per attuare una profonda “rifondazione” del nostro ordine. Una sola è la strada che è permesso al discepolo di seguire, se desidera raggiungere la vita: quella della porta stretta (cf Mt 7,13-14). Questa, però, comporta di assumere le difficoltà proprie della condizione del discepolo, di chi ha scelto Gesù e, in non pochi casi, di affrontare la persecuzione, l’odio, le accuse ingiuste, fino alla stessa morte. Coloro che non conoscono questa porta stretta e non entrano per essa – secondo le parole di Gesù – sono dei «falsi profeti … in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci»

(Mt 7,16).

La seconda sfida che ci presenta la festa liturgica dei santi Berardo e compagni è quella della missione ad gentes. La nostra fraternità è nata come missionaria. L’ordine non può – sarebbe infedele al carisma che ha ricevuto – rinunciare alla dimensione missionaria. E non si può dire: “ogni paese è terra di missione” o giustificarsi dicendo: “quando saremo di più, allora manderemo dei frati in missione ad gentes”. Quando Francesco manda i frati che oggi veneriamo con il titolo di protomartiri dell’ordine, nei lebbrosari di Assisi c’era molt9o da fare e i frati erano davvero pochi. Ma Francesco li invia senza esitare. Cosa significa questo? L’ordine ha al momento importanti progetti missionari a cui non può rinunciare. Alcuni, come il Marocco, la Terra Santa e l’Estremo Oriente sono progetti antichi quanto l’ordine, altri, come il progetto Africa, la Tailandia, la Russia e il Kazakistan, il Sudan, Mianmar, la Namibia, il Burkina Faso… sono più recenti. Tutti hanno bisogno di frati. Non possiamo rinunciare a una dimensione costitutiva del nostro ordine, quella missionaria, solo per continuare a mantenere delle presenze che, per quanto importanti, certamente non sono una nostra esclusiva.

E voglio qui ricordare che non si tratta di una scelta, ma di una «ispirazione divina» a cui i frati che la ricevono devono rispondere con generosità e alla quale i ministri e i custodi non possono opporsi, poiché saranno tenuti a rendere ragione al Signore, se in questo o in altre cose avranno proceduto senza discrezione. Come ci poniamo rispetto a questa dimensione essenziale del nostro ordine? Vi invito a essere e vi chiedo di essere generosi, perché «c’è più gioia nel dare che nel ricevere» (At 20,35).

Un ultimo aspetto che desidero sottolineare, a partire dalla memoria liturgica dei santi Bernardo e compagni: la missione è sempre in fraternità. Francesco, seguendo l’esempio di Gesù, non ha mai inviato i suoi frati da soli, ma sempre in fraternità: due a due o, come in questo caso, in un gruppo di cinque. Siamo, come ci ricordano spesso i documenti recenti, “Fraternità-in-missione”, non “individui” che realizzano una missione.

Cari ministri e custodi, come ci poniamo di fronte a questa esigenza? Quali decisioni siamo chiamati a prendere per rispondere a questa caratteristica della nostra missione? Vi invito a essere coraggiosi. Non lasciamo per il domani quello che dobbiamo fare oggi…».