LE ANCELLE DELLA CARITÀ DI BRESCIA
UN ANNO AI PIEDI DELL’EUCARISTIA
Le Ancelle della Carità, congregazione
fondata a Brescia nel 1840 da santa Maria Crocifissa di Rosa, ha vissuto il
2005, “anno dell’Eucaristia”, con una particolare intensità. Il binomio
Eucaristia-Carità costituisce infatti il cardine della vita spirituale e
apostolica dell’istituto. Nel corso dell’anno oltre che partecipare alle
iniziative diocesane e parrocchiali, le suore, guidate dalla madre generale,
Sr. Carmela Zaninoni, hanno compiuto un cammino
spirituale di riflessione e di preghiera, incentrato, con scadenza bimestrale,
sui seguenti aspetti: adorare, fare memoria, offrire e offrirsi, dilatare il
cuore, intercedere, ringraziare.
Nel desiderio di condividere anche con
i nostri lettori e lettrici lo spirito che le ha animate, hanno voluto inviarci
questa riflessione della madre generale che pubblichiamo qui di seguito.
“Fare memoria”
Una comunità religiosa non è
costituita, innanzitutto, da persone che stanno insieme per realizzare opere di
misericordia o per altre pur nobili attività, bensì da persone “vocate” e convocate per vivere fraternamente l’esperienza
di Dio testimoniata nel servizio.
La nostra comunione di vita è una realtà
spirituale, fondata nella fede in Cristo Gesù operante in mezzo a noi con la
grazia dell’Eucaristia. Le radici dell’albero che forma la comunità e su cui
fiorisce la comunione sono eucaristiche, perché affondano nel terreno della
“memoria” dell’azione di Dio a favore dell’uomo. “Per noi uomini e per la
nostra salvezza discese dal cielo, si è incarnato in Maria e si è fatto uomo.
Fu crocifisso, morì e fu sepolto…ma risuscitò dai morti e…verrà alla fine dei
tempi.
Nell’Eucaristia quotidiana proclamiamo
e celebriamo una fede ereditata, trasmessa, riproposta e assunta da ciascuna di
noi prima di rispondere alla chiamata di Dio: rinnoviamo così il nostro impegno
nella sequela del Signore.
Sembra importante riflettere insieme
sul valore della santa Messa che è “memoria”; sul valore di questo “ricordare”
che ci unisce e costruisce appartenenza. È la “memoria” che rende presenti le
radici e pertanto motiva e rimotiva il nostro
“rimanere fedeli” a una realtà e a una scelta.
Spesso nella Bibbia ricorre l’invito a
“ricordare” quello che Dio ha fatto, a trasmetterne la memoria di generazione
in generazione, per non scordare la meta e gli itinerari del Signore; per
motivare le fatiche del popolo, per sollecitare le offerte e celebrare le
gioie.
Gesù, che si inserisce nella tradizione
del suo popolo, nella cena ultima con i suoi discepoli fa lo stesso. Li invita
a ripetere un rito, che dà compimento al progetto del Padre: li esorta a fare
“memoria” di ciò che hanno udito e visto, con fede profonda nel Mistero che i
gesti e i simboli nascondono, ma realizzano salvezza.
Pane spezzato nella cena, corpo
immolato sulla croce, calice offerto nel Getsemani, sangue versato sulla
croce…; momenti di intimità e comunione che preparano alla missione; fatti di
“salvezza” da “ricordare” attraverso un rito “memoriale” che rende efficace e
ancora viva l’opera di Dio. Il passaggio dalla morte alla vita, dalle tenebre
alla luce, dall’egoismo all’amore che impegna costantemente chi è chiamato a
seguire il Signore…è fortemente azione della grazia che attingiamo
all’Eucaristia.
“Fate questo in memoria di me!” Nel
corpo spezzato, nel sangue versato ritroviamo la nostra identità…; la nostra
forma e norma di vita, ma anche la forza per attuarla.
“Prendete e mangiate!” Non ci si può
nutrire di quel pane senza la concreta disponibilità al dono di sé. La frazione
del pane è svelamento del mistero di Cristo dove le
forze speculative si arrestano, ma dove il discepolo si inchina e adora con
l’intento di conformare la vita alla morte e risurrezione del Maestro. La
frazione del pane è una scuola continua dove si apprende la logica cristiana
della vita: bene ricevuto che deve diventare bene donato; esistenza che troverà
la sua pienezza nella morte; gratitudine che apre a gratuità. Per chi è
chiamato come noi a “vendersi alla carità”,1 a “dimenticarsi per servire con
piacevolezza”,2 a “considerare i malati i propri padroni”,3 a “essere fiaccola
che si consuma per gli altri, sole che dà vita e luce”,4 a essere “memoria
vivente del modo di esistere e di agire di Gesù”,5 è naturale che l’Eucaristia
debba diventare quotidiana.
Essa è struttura portante del nostro
ritmo giornaliero, fatto di passione, di morte e di risurrezione, è tempo in
cui si concentrano i significati profondi e le motivazioni dell’esistenza, è lo
spazio in cui l’intimo battito del cuore vibra con i sentimenti di Gesù, è la
scuola in cui il discepolo impara a lasciar fluire nella sua piccola storia la
“grande vicenda” del Figlio di Dio.
Ben a ragione il Diritto canonico nel
suo stile lapidario dice: “I religiosi facciano tutto il possibile per
partecipare ogni giorno al sacrificio eucaristico, ricevano il Corpo santissimo
di Cristo e adorino lo stesso Signore nel sacramento.” (can. 663/2)
Possiamo depositare sull’altare
dell’offerta la nostra gratitudine, le nostre fatiche, le ansie, i dolori, le
richieste nostre ed altrui; nella consacrazione adoriamo e celebriamo un
mistero che ci trascende, ma che ci riscatta, un Mistero di morte e di
risurrezione che è compimento di un progetto di salvezza; nella comunione ci
nutriamo e ci lasciamo plasmare per conformare la nostra vita alle esigenze di
Gesù. Nella messa facciamo esperienza quotidiana di Chiesa e di comunione con
quanti ci attendono e con quanti ancora camminano verso la beata speranza. Quando
nella preghiera mattutina diciamo: “Cuore divino di Gesù, io ti offro…in unione
al sacrificio eucaristico…”, ci disponiamo a far diventare eucaristica la
giornata, a vivere in clima di mistero pasquale le passioni, le morti e le
risurrezioni nostre e dei nostri fratelli, forti di quella grazia che, come un
rivolo, scorre lentamente, fecondando preghiera e vita. Possiamo invitare il
Padre a “Fare memoria” di quanto è costata a Gesù la vita degli uomini.
“Ricordati, Padre!”
È ricca pertanto una comunità motivata
quotidianamente dalla celebrazione eucaristica. Ricca di una “presenza” che
convoca e istruisce, che nutre e riscatta, che benedice e invia a raccontare a
ogni vita l’evento della salvezza.
Maria, che nel silenzio profondo della
partecipazione, contemplava l’evolversi dell’evento pasquale nella vita del suo
Figlio Gesù ci educhi all’attenzione in ciò che celebriamo, ci aiuti a vivere
con coscienza di Chiesa il “memoriale” che viviamo insieme attorno all’altare e
interceda lo Spirito per noi di fissare i nostri occhi nel volto di Gesù.
Ripensare alle esperienze religiose
dell’“anno dell’Eucaristia” significa anche riviverle e ravvivarle.
Suor Letizia Adenti
Ancella della Carità
1 Cf. Ancelle
della Carità, Istruzioni disciplinari 1872.
2 Costituzioni 1851.
3 Costituzioni 1851.
4 Istruzioni disciplinari 1872.
5 Vita consecrata 22.