DON ANDREA SANTORO ASSASSINATO IN TURCHIA

IL MARTIRIO PREZZO DELL’AMORE

 

Il coraggioso prete romano ha speso la sua vita in terra musulmana, con lo stile di Gesù, offrendo un contributo di sangue cosciente e umile alla causa del dialogo fra le religioni e della pace tra i popoli. Sarà introdotta la causa di beatificazione.

 

Ha suscitato dovunque una grande emozione l’assassinio di don Andrea Santoro, a opera di un giovane fanatico musulmano. Il suo nome si aggiunge alla lunga lista di coloro che hanno pagato con il martirio il prezzo altissimo della loro fedeltà a Cristo e al Vangelo.

Pochi giorni prima di essere ucciso a Trabzon (Trebisonda) in Turchia, il 5 febbraio scorso, aveva inviato una lettera a Benedetto XVI. È stato lo stesso santo padre a rivelarlo: «Ho letto con profonda commozione questa lettera, che è uno specchio della sua anima sacerdotale, del suo amore per Cristo e per gli uomini, del suo impegno proprio per i piccoli… Il Signore accolga l’anima di questo silenzioso e coraggioso servitore del Vangelo e faccia sì che il sacrificio della sua vita contribuisca alla causa del dialogo fra le religioni e della pace tra i popoli».

Il profilo del sacerdote è stato tracciato da un commosso cardinal Ruini, annunciandone anche l’apertura della causa di beatificazione durante il funerale, a Roma, dov’era stata trasferita la sua salma: «Don Andrea ha preso tremendamente sul serio Gesù Cristo e, da quell’uomo tenace, rigoroso, addirittura testardo che era, ha cercato con tutte le sue forze di muoversi sempre e rigorosamente nella logica di Cristo… In realtà don Andrea era un uomo a cui il coraggio non mancava, un uomo abbastanza lucido e animoso da affrontare giorno dopo giorno, inerme, il rischio della vita. Il suo, infatti, era un coraggio cristiano, quel tipico coraggio di cui i martiri hanno dato prova, attraverso i secoli, in innumerevoli occasioni». Il cardinale ha quindi rivelato tra la commozione generale: «La mamma di don Andrea perdona con tutto il cuore la persona che si è armata per uccidere il figlio e prova una grande pena per lui essendo anche lui un figlio dell’unico Dio che è amore».

 

UN CHIODO

NELLA CARNE

 

Il giovanissimo assassino abita in una città che un tempo aveva una grande comunità cristiana, dove il canto degli armeni si intrecciava con quello dei greci. Un mondo scomparso tra massacri e spostamenti di popolazione con la prima guerra mondiale. Oggi sembra la terra del tramonto del cristianesimo.1 Eppure don Andrea amava quella terra, “grande terra santa dove Dio ha deciso di comunicarsi in maniera speciale all’uomo”, aurora cristiana dei primi concili e dei grandi Padri, capace di sopportare per sei secoli l’invasione ottomana e la persecuzione.

Durante un pellegrinaggio nel 1993, l’abuna ortodosso di Antiochia gli aveva regalato la reliquia di uno dei chiodi di Gesù. Un chiodo che rimase nella sua carne. Volle dapprima stabilirsi a Urfa, nel sud est ai confini con la Siria, dove rimase tre anni: «Urfa (con Harran, il villaggio di Abramo a circa 45 chilometri dalla città) è per me sempre l’eco delle parole dette da Dio ad Abramo: “Lascia la tua terra, la tua patria, la casa di tuo padre verso una terra che ti indicherò. Io ti benedirò e tu sarai una benedizione per tutti i popoli della terra”. Urfa è la potenza di una benedizione, di una gioia e di una fecondità senza fine, di cui Dio si rende garante».

Successivamente gli sarà chiesto di spostarsi al nord sul mar Nero, a Trabzon: duecentomila abitanti, molte moschee, una chiesa, una comunità cattolica di una decina di persone, una più folta comunità ortodossa sparsa per la città, un’emigrazione femminile dall’est europeo preda spesso della prostituzione e dello sfruttamento.

Per far conoscere quel mondo, caro a Dio, don Andrea scriveva sulla sua Finestra per il Medio Oriente, lettera di collegamento (e sito internet) da lui fondata, «per raccogliere le grandi ricchezze che Dio vi ha deposto e per spedire da lì a qui le ricchezze che Dio ha fatto maturare nei secoli. Un vero e proprio scambio di doni umani, spirituali, culturali e religiosi che possano arricchire entrambi e contrastare quello scambio di odio, di minacce e di guerra che troppo spesso è all’orizzonte». Mariagrazia Zambon, volontaria italiana in Turchia, riferisce che don Santoro non esitava a dire: «Spesso mi chiedo perché sono qui e allora mi viene in mente la frase di Giovanni Battista: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Sono qui per abitare in mezzo a questa gente e permettere a Gesù di farlo prestandogli la mia carne. In Medio Oriente satana si accanisce per distruggere, con la memoria delle origini, la fedeltà a esse. Il Medio Oriente deve essere riabitato come fu abitato ieri da Gesù: con lunghi silenzi, con umiltà e semplicità di vita, con opere di fede, con miracoli di carità, con la limpidezza inerme della testimonianza, con il dono consapevole della vita. Si diventa capaci di salvezza solo offrendo la propria carne. Il male del mondo va portato e il dolore va condiviso, assorbendolo nella propria carne fino in fondo come ha fatto Gesù».

 

IL MALE PORTATO

FINO IN FONDO

 

Era inginocchiato a pregare in chiesa quando un proiettile l’ha colpito al cuore. Una pista di indagine sospetta che il delitto sia legato alla mafia implicata nel traffico di prostitute cristiane provenienti da paesi dell’ex Unione Sovietica. Un’altra pista, invece, punta sulla provocazione politico-religiosa, sostenendo che l’intento degli istigatori è stato di provocare un conflitto tra religione islamica e cristiana, attualmente immotivato e inesistente in Turchia, ma esasperato in seguito alle vignette blasfeme su Maometto, pubblicate in Danimarca. Certamente un clima avvelenato ha armato quella mano. I giornali turchi concordano sul fatto che lo sparatore aveva conosciuto i fondamentalisti in un internet-caffè. Ricordiamo poi che ultimamente è stato girato un film intitolato La valle dei lupi – Iraq, anti-americano e anti-cristiano, proiettato in tutte le sale cinematografiche turche e pubblicizzato al massimo. Come se non bastasse, da mesi sui canali televisivi e sui giornali si assiste a discussioni per dire che cristianesimo ed ebraismo uniti cercano di distruggere la religione islamica e perciò attaccano Afghanistan, Iraq, Palestina. Un accanimento aumentato dopo che la moglie dell’ex primo ministro Bulent Ecevit ha dichiarato in televisione che “la religione islamica sta scivolando dalle nostre mani, l’islam sta perdendo vitalità e ci sono molti musulmani che si convertono al cristianesimo”.

Don Andrea aveva attirato interesse intorno alla sua parrocchia, attenta e accogliente verso tutti, prime fra tutti le vittime dell’immigrazione femminile dalle repubbliche vicine, per cui aveva chiesto un aiuto ad amiche suore missionarie. Stava tessendo quella rete di amicizia, solidarietà e collaborazione necessaria per formare e rafforzare una comunità. Forse qui sta il motivo profondo della sua morte: un cristianesimo che dà fastidio, perché si oppone a chi vuole tenere sotto controllo una situazione locale per gestirla secondo i propri interessi. «Il motivo vero dell’uccisione di don Santoro è l’esaltazione religiosa, motivata dal clima anticristiano» che si respira nella regione, in famiglia, a scuola, nelle letture»: così ha affermato mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia. E il nunzio in Turchia, mons. Antonio Lucibello, ha dichiarato ad AsiaNews: «In questo clima surriscaldato che si è creato in seguito alla pubblicazione delle vignette è chiaro che può succedere anche un omicidio. Sono comunque convinto che c’è un regista dietro tutto questo».

 

UNA FINESTRA

DI PACE

 

Di fronte a tutto ciò, risplende ancor più la sua testimonianza. «Un altro ragazzo sui 25 anni ieri mi si è accostato e mi ha detto: “Sono tre mesi che vengo in chiesa a pregare. Ho scelto Gesù. Sento che mi chiama. Che debbo fare?”. Una donna non battezzata ma di famiglia cristiana, proveniente dal Caucaso, sposata a un turco musulmano mi diceva: “Quando vengo in chiesa respiro, trovo un’aria pulita, sento la serenità nel cuore”. Noi, vi assicuro, non ci preoccupiamo di cercare nessuno, aspettiamo quelli che Dio chiama. Solo i cristiani ortodossi andiamo a trovarli, a informarli che c’è una chiesa per loro e una porta aperta per accoglierli. Gli altri cerchiamo di amarli, di guardarli con gli occhi del Signore, di accoglierli con la sua stessa benevolenza, di incontrarli per strada cercando di immaginare come Gesù incontrava la gente. Apriamo la chiesa quando vengono in visita, cercando ancora prima di spalancare il nostro cuore… Questo vale anche per noi: quando il Signore bussa bisogna aprire e farlo entrare e poi sedersi a mensa con lui che viene per sedersi a mensa con noi. Quando arriva una sua folata di “vento” non dobbiamo pensare che sia una fantasia... Ieri due ragazze si sono presentate. Hanno preso un vangelo e mi hanno chiesto di parlare. Una fa: “Da tempo mi sento insoddisfatta. Da qualche settimana ho cominciato a pensare al cristianesimo. Ho visto anche il film su Gesù”. Ho letto loro alcuni capitoli del vangelo di Giovanni, dell’ultima cena, e il capitolo di Isaia sul servo sofferente che si è addossato i nostri peccati. Ogni volta che si parlava di amore, di dolore, di perdono, di salvezza, ogni volta che si faceva riferimento alla vicinanza di Dio una delle due ragazze annuiva profondamente. “Dio è uno, dice l’altra. Che differenza c’è tra islam e cristianesimo?”. “Si, Dio è uno, dico io, ma non vuol dire che è solo. L’unicità non va confusa con la solitudine. Nella solitudine non c’è felicità e invece Dio è felice perché ha un cuore trinitario, è un intimo mistero di amore e di gioia”. Allora ha esclamato: “Assolutamente forte!”» (17 giugno 2004).

Ultimamente il sacerdote rifletteva sul fatto che Europa e Medio Oriente, cristianesimo e islam debbano parlare di se stessi, della propria storia, del modo di concepire l’uomo e la donna, della propria fede. Devono confrontarsi . «Bisogna che accettino di fare a voce alta un esame di coscienza, senza timore di rivedere il proprio passato. Devono aiutarsi anzi a vicenda a purificare il proprio passato e la propria memoria. Solo dall’umiltà davanti alle proprie colpe e dalla misericordia davanti alle colpe dell’altro può nascere una riconciliazione fatta di reciproca assoluzione. Io credo che ognuno di noi dentro di sé possa diminuire la lontananza tra questi mondi. È a partire dallo sguardo di Cristo e dall’amore del Padre che lo ha inviato a tutti i suoi figli, che possiamo riscoprire vicini quanti sentiamo lontani. Come Gesù ci portava tutti dentro di sé, sui peccati di tutti versava il suo sangue e tutti ci sentiva pecore dell’unico suo gregge, così noi possiamo dilatare il nostro cuore. Questo non ci impedirà di annunciare chiaramente e per intero il Vangelo e di agire in totale conformità ad esso. Al contrario, ce lo farà sentire un debito e un dovere. Ma ce lo farà fare col cuore di Gesù sulla croce, spalancato dall’amore e aperto dalla lancia, non con i sentimenti duri di chi ha sempre un avversario davanti».

Don Andrea è morto dopo aver condotto una vita per metà “semicontemplativa” e per l’altra metà “sulla porta”, prestando se stesso a Cristo per essere “finestra”, passaggio di luce per comunicare ciò che abbiamo di più prezioso e accogliere ciò che gli altri hanno di più prezioso.

 

Mario Chiaro

 

2 La Turchia conta 70 milioni di abitanti, al 99% musulmani. I cristiani sono lo 0,6% della popolazione; i cattolici circa 30mila. Il vicariato dell’Anatolia ha 4550 cattolici, 7 parrocchie, 3 sacerdoti diocesani, 14 religiosi e 12 religiose.