LE SALESIANE PER
UN’ECONOMIA SOLIDALE
ANDARE OLTRE L’ASSISTENZIALISMO
Come essere presenti nel mondo
globalizzato, dove aumentano le distanze tra ricchi e poveri, sempre più
tagliati fuori dalla piazza
delle salesiane a Siviglia.
«Per una
economia alternativa. Volontariato, microcredito-microeconomie in rete
nell’oggi»: è stato questo il tema del II seminario internazionale di economia
solidale, presentato ora negli Atti, editi dalla EMI, che le Figlie di Maria
Ausiliatrice (Fma) hanno approfondito a Sanlucar la Mayor (Siviglia) dal 17 al
24 agosto 2005. Il seminario si pone in continuità con il primo svoltosi nel
2001 su Economia solidale. Percorsi comuni tra nord e sud del mondo per uno
sviluppo umano sostenibile. Proprio in questo primo incontro si era manifestata
la scelta delle Fma a ricercare percorsi concreti per una nuova visione
dell’economia. Opzione fondata su un’antropologia solidale che ha richiesto
alle religiose salesiane di puntare sulla qualità della formazione.
Il contenuto del
volume sta nel sottotitolo. Per Madre Antonia Colombo, superiora generale della
congregazione, le diversificate forme di volontariato, microcredito,
microfinanza, microeconomia possono «risolvere adeguatamente i problemi
strutturali della povertà».
Il tema, che
s’inserisce nel programma di educazione alla cittadinanza e traduce le istanze
del sistema preventivo di don Bosco: “formare buoni cristiani e onesti
cittadini”, pone delle questioni. Innanzitutto, chiede Madre Antonia Colombo
alle religiose, «come essere presenti in questo mondo globalizzato, dove le
reti informatiche configurano nuovi spazi per gli scambi di mercato, dove
aumentano le distanze tra ricchi e poveri, sempre più tagliati fuori dalla piazza
del mercato oggi divenuto immateriale?». Inoltre, «quali possibilità concrete
abbiamo di far sentire la nostra voce per difendere i diritti della persona
umana, i diritti dei poveri, particolarmente dei giovani?».
L’opera si
suddivide in cinque parti: Verso una economia alternativa; Esperienze di
microeconomia e microcredito; Reti di economia solidale; Prospettive di genere,
lavoro solidale e democrazia; Volontariato e solidarietà.
In questo primo
nucleo Marciano Vidal Garcia, redentorista e docente di teologia morale
all’Università pontificia di Scienze morali di Madrid, presenta le ragioni di
un nuovo umanesimo integrale (pp. 31-60), suor Candida Aspesi condivide le
scelte che hanno orientato l’istituto delle Fma nella nuova visione
dell’economia per una cultura della solidarietà e uno sviluppo umano
sostenibile (pp. 60-67), suor Ciri Hernandez puntualizza i rapporti e le sfide
che pone la missione ad gentes (pp. 68-81).
VERSO
UN’ECONOMIA
ALTERNATIVA
L’opzione per
un’economia alternativa – ha detto Vidal – è un’opzione etica. Non significa
tuttavia che essa manchi di razionalità. Anzi, è diffusa l’opinione che uno
stile di vita sostenibile si appoggi proprio su buone ragioni di carattere
economico. In un recente congresso organizzato dal Centro di economia ed etica
dell’università di Lovanio – ha ricordato – è stata discussa la questione: «Ha
senso la frugalità?». Gli interventi di esperti in economia e in etica hanno
messo in rilievo lo stretto rapporto esistente fra la categorie etiche di
frugalità, austerità, semplicità di vita, moderazione, e la razionalità
economica attuale. Teoria, etica e razionalità economica (politica economica e
stile di vita) – per il docente di teologia morale – si danno la mano per
costruire uno sviluppo umano “a misura di natura”, in funzione delle autentiche
necessità della persona e in solidarietà con tutti gli individui e i gruppi
umani. In questo modo l’opzione per uno stile di vita sostenibile, mentre
testimonia il valore della povertà evangelica, «è una garanzia per una società
che sappia reggersi su una genuina razionalità economica» (p. 56). Al di là del
principio etico, la sostenibilità costituisce pure un’opzione spirituale. Si
può parlare di una spiritualità della sostenibilità. Una spiritualità che
superi le impostazioni ascetiche del passato, formulate e vissute
frequentemente in una chiave di stoicismo. Una spiritualità, al contrario, che
si nutra della letizia evangelica e si esprima attraverso il godimento pieno e
solidale dei beni economici, segno dell’amore di Dio. Questa spiritualità in
chiave epicurea e non stoica, realizza le implicazioni teologali della povertà
evangelica nella razionalità economica di oggi e nella cultura solidale ed
ecologica del momento presente.
L’economia
solidale è, per suor Candida Aspesi, un «modello di trasformazione» che
racchiude esperienze pratiche, affermazioni di principio che le orientano, una
visione della persona e della vita alternativa. È ancora un «insieme di
pratiche che riguardano i diversi aspetti dell’economia» come la produzione, il
commercio, i servizi, il consumo, la moneta e anche il consumo critico, il
commercio equo e solidale, il risparmio etico, le imprese sociali e le reti di
scambio. Ed è un «processo in corso per orientare l’economia verso la
giustizia, per il benessere di tutti, partendo dal basso». Infine l’economia
solidale attua una «dinamica di solidarietà e reciprocità che crea legami tra
gli interessi individuali e l’interesse collettivo a partire dalle pratiche e
dai progetti locali in una prospettiva globale». A livello educativo, poi, la
nuova economia sollecita a passare «dall’assistenzialismo alla partecipazione e
alla comunione solidale». E impegna soprattutto ad agire perché i poveri
abbiano diritto alla vita, non attraverso la compassione o l’intervento
immediato, ma percorsi di cultura e di educazione come ad esempio la lotta
contro l’emarginazione attraverso la promozione di un’economia non competitiva
e capitalista, ma sociale e solidale (p. 62).
Per suor Ciri
Hernandez esiste «una stretta relazione tra autofinanziamento e inculturazione
del Vangelo». In tutti i continenti «si sente l’urgente bisogno di adoperare le
proprie risorse per sentirsi di casa e annunciare il Vangelo in maniera che
sorgano comunità locali autoctone sempre più autonome, missionarie di se
stesse, e solidali con le altre, secondo le loro modalità». La posizione presa
dai vescovi cattolici del Kenya nella lettera pastorale «È giunta l’ora di
prendere la Chiesa nelle nostre mani», ha ricordato suor Ciri, pone l’accento
sulla questione che «un’assistenza economica non controllata, crea dipendenza e
clientelismo e questo dà l’impressione sbagliata che senza l’aiuto esterno la
Chiesa non è in grado di funzionare». I vescovi hanno bisogno di assistenza ma
che questa si aggiunga «al contributo locale con riferimento alla sanità,
all’educazione, ai servizi sociali e alla cura pastorale». Ma, nella lettera
hanno ribadito i vescovi, che la «Chiesa deve abbandonare la tradizionale
sindrome di dipendenza e diventare una Chiesa più focalizzata sulla persona e
sull’auto-sviluppo» (pp. 73-74). In quest’ottica la missionaria, o il
missionario, è la persona che lascia dietro a sé il dato per scontato. Ed è
questa una costante sfida alla Chiesa e alle comunità consacrate e religiose,
quando sono tentate di accettare lo status quo, adagiandosi in uno stile di
vita comodo e confortevole, di prestigi istituzionali, sociali e culturali. Una
sfida che invita al rischio di attraversare la soglia del familiare (p. 80).
PROGETTUALITÀ
SOLIDALE
Centrale, sia
per lo spazio occupato nel volume (pp. 85-158) sia per la significatività della
scelta operata dalle Figlie di Maria Ausiliatrice di mettere in rete le risorse
nell’ottica di una progettualità solidale, è la seconda parte dell’opera
dedicata alle esperienze di microcreeconomia e microcredito realizzate nei
diversi continenti (pp. 85-140) e alla sintesi dei laboratori organizzati per
aree geografiche e linguistiche omogenee (pp. 141- 158). In questa seconda
parte il dialogo delle esperienze sembra svolgersi sul significato del “Padre
nostro” che segnala, tra l’altro, tre atteggiamenti: rinascere dal di dentro,
camminare al fianco, condividere il pane.
Nella terza
parte Euclides André Mance, specialista in antropologia filosofica e in
educazione all’Università federale del Paranà in Brasile, si è soffermato sul
modo in cui un’ economia solidale, affrontando le cause strutturali che
generano l’impoverimento di gran parte dell’umanità, possa costituirsi come una
pratica alternativa nella promozione del lavoro e del reddito di fronte alle
esclusioni provocate dal capitalismo contemporaneo (p. 161).
Ha inoltre
evidenziato come si possano organizzare reti che permettono di sostenere
un’imprenditorialità solidale, ponendo in connessione tra loro processi di consumo
e di produzione locale su domanda. Uno spazio è stato dedicato anche
all’utilizzo di internet circa il rafforzamento delle reti di economia
solidale. Perché per Mance nella misura in cui le reti locali di economia
solidale «cresceranno e si connetteranno tra loro a livello nazionale o
internazionale, infondendo maggior dinamismo all’interscambio di prodotti,
risorse produttive, valori economici e tecnologie sostenibili, sarà possibile
che esse contribuiscano a dare origine ad un nuovo modo di soddisfare le
necessità umane, sulla base di una collaborazione solidale fra persone e
popoli. Questa è una delle sfide della rivoluzione delle reti di collaborazione
solidale».<<inizia una nuova colonna>>
DONNA, LAVORO
SOLIDALE E
DEMOCRAZIA
«Perché una
prospettiva di genere?». È la domanda con cui si apre la quarta parte del
volume. Domanda che dalla stessa relatrice, suor Maria de los Angeles
Contreras, ha avuto una risposta: «La prospettiva di genere ci porta a essere
attive ed unite nell’assumere quei valori e atteggiamenti che riferiti
unicamente al femminile hanno finito con l’essere addirittura rimossi dalla
coscienza e dalla storia. Alcune donne si domandano se immaginazione, capacità
simbolica, improvvisazione, linguaggio metaforico, sentimento, gratuità,
accoglienza non possono piuttosto diventare paradigmi dell’umanità tutta,
uomini e donne insieme» (p. 197). Non si tratta di cercare l’omologazione ma
«di riscoprire noi stesse e far riscoprire l’originalità e la ricchezza umana
di alcuni paradigmi rimossi proprio perché predicati solo al femminile».
L’ottica di
genere nel mondo dell’economia alternativa – ha ribadito suor Maria de los
Angeles - «ci libera da integrismi, dal diventare un settore d’intervento». Le
donne, infatti, non sono un settore, «ma sono presenti in tutti i settori
sociali, in tutte le attività sociali, in tutte le attività umane, in tutti i
momenti» (p. 210).
E uno di questi
momenti è il lavoro. Il lavoro autonomo e associato solidale di cui ha parlato
il filosofo e sociologo Luis Razeto Migliaro. Ossia il lavoro come parte di una
impresa. Questa – ha detto il docente e vicerettore dell’Università Bolivariana
del Cile – «è un’organizzazione umana, non solo dei fattori stessi, ma dei
soggetti che li apportano e che lavorano con ciascuno di essi» (p. 218).
L’impresa non è solo un mero investimento di capitali che utilizza fattori per
generare un incremento del fattore investito, ma è una «comunità e
un’associazione di soggetti». I fattori – dal punto di vista di questa teoria
dell’economia comprensiva – sono azioni realizzate dagli esseri umani: il
lavoro è un fare; la tecnologia è un sapere; i mezzi materiali sono un
possedere, un usare, un avere; La gestione è un potere, un decidere; il
finanziamento è un credere; Il “fattore C” è un unire, un integrare, un amare.
Per questo organizzare un’impresa non è solo combinare tecnicamente sei
fattori, ma è anche coniugare sei verbi, simultaneamente: fare, sapere, avere,
potere, credere e unire.
L’economia di
solidarietà ha quindi una forza propria che le deriva dal «fattore C»: come
condivisione di un progetto, unione delle coscienze, delle volontà, delle
emozioni intorno a un obiettivo comune.
E uno degli
obiettivi è l’«educazione alla democrazia e alla partecipazione sociopolitica,
anche attraverso il lavoro», argomento approfondito dall’economista Riccardo
Moro. L’economia – per il direttore della Fondazione giustizia e solidarietà
della CEI – è originata dalla promozione della vita e mantiene questa finalità
anche quando si sviluppa. L’affermazione che il fine dell’economia sia il
profitto, per Moro, «è falso». Fine dell’economia «è l’uomo, la promozione
della sua vita». Il profitto «è il mezzo con cui l’economia di mercato si
sviluppa» (p. 240).
VOLONTARIATO
E SOLIDARIETÀ
Nell’ultima
parte del volume, suor Maria Grazia Caputo, direttore generale del Vides
internazionale, esamina le parole «solidarietà e volontariato per una cultura
della gratuità» (pp. 261- 267). Il volontariato viene visto come azione, stile,
cultura e formazione. «Esiste una cultura del volontariato?», si chiede la
suora salesiana. «A livello teorico – risponde – direi di sì, a livello
pratico, dipende». Il cuore e il ruolo del volontariato è nella produzione di
beni relazionali nella gratuità, nella relazione personalizzata e fraterna,
nella relazione di appartenenza alla comunità locale, nella coesione sociale.
Tuttavia, «concretizzare questa comunanza del sentire è difficoltoso, per
l’emergere di personalismi all’interno delle associazioni; per la
frammentarietà del volontariato in tante unità preoccupate di difendere i
propri interessi» (p. 265).
Per suor Caputo
«l’entusiasmo, la tenacia e la sensibilità presenti nel mondo del volontariato
devono fondersi con il senso pratico e un altruismo più sociale e meno
referenziale per il raggiungimento di comuni scopi e la vera realizzazione dei
progetti». Promuovere la cultura del volontariato e dell’impegno nel sociale,
dando visibilità e peso agli ideali di solidarietà, carità e collaborazione
richiede quindi un’opportuna formazione.
Gli Atti,
infine, attraverso l’immagine dell’albero, esprimono i risultati e le
prospettive concordate dalle Figlie di Maria Ausiliatrice di tutto il mondo.
Seguire cioè la via della prossimità, come hanno fatto don Bosco e Maria
Domenica Mazzarello. Significa per le suore salesiane – ha concluso la
superiora generale – «imboccare una strada diversa da quella
dell’assistenzialismo». Una strada che «promuove il dinamismo della crescita,
favorendo l’accesso al sapere nel segno della responsabilità e dell’amore».
Maria Trigila